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martedì 10 febbraio 2009

La memoria difensiva dei magistrati di Salerno





A questo link si può leggere la memoria difensiva dei colleghi Apicella, Verasani e Nuzzi, relativa al procedimento che hanno subito dinanzi al C.S.M..




Va sottolineato come la memoria in questione sia stata scritta nel pochissimo tempo che il C.S.M. ha deciso di lasciare ai colleghi incolpati per difendersi.





3 commenti:

  1. Caro dr. Lima (me lo consenta)
    In questi giorni un suo collega ha ritenuto le posizioni di elettorato attivo e passivo "non di diritto soggettivo" .....trascurando il dettato dell'art. 53 Cost. e di qualche sentenza di cassazione a sezioni unite.
    Non ho pubblicato il provvedimento, non ho pubblicato il reclamo: siamo sub iudice.
    Se ogni avvocato, parte, giudice pubblicasse i propri atti nel mentre è in corso un procedimento, a cosa servirebbe il rispetto per l'operato di tanti magistrati PREPARATI, DEONTOLOGICAMENTE CORRETTI ? Credo proprio a nulla....
    Mathilda....come al solito contestatrice

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  2. Cara Mathilda, lei sostiene che la pubblicazione di atti di un procedimento in corso implicherebbe mancanza di rispetto per l'operato di tanti magistrati PREPARATI, DEONTOLOGICAMENTE CORRETTI, soprattutto, se non ho capito male, quando gli atti pubblicati appiano non conformi al diritto e alla diligenza.

    La prego di spiegarsi meglio, perché mi sfugge del tutto il nesso di derivazione logica tra presupposti e conclusione.

    Credo che uno sforzo argomentativo al riguardo sia necessario, considerato che la sua é una chiara censura all’essenza stessa del blog, che si propone di affrontare i problemi relativi al mondo della giustizia e che li affronta in modo efficace e corretto consentendo a tutti l’accesso diretto agli atti di cui si parla e che quella giustizia possono esprimere compiutamente oppure oltraggiare.

    Mi permetto anche di evidenziare la differenza fra un procedimento “ordinario”, ossia di interesse esclusivamente dei soggetti che vi sono coinvolti, e un procedimento di grandissimo interesse pubblico quale quello che ci sta occupando.

    Mi permetto anche di sottolineare la differenza fra un procedimento in cui si fronteggiano diverse tesi interpretative del diritto e un procedimento in ordine al quale esistano dubbi (ed uso un chiaro eufemismo) in ordine ad un eventuale uso distorto del potere, avente il fine di eliminare o elidere la indipendenza dei magistrati, ovvero, qualunque sia stato il suo fine, avente certamente questo effetto, palesemente contrastante con la Costituzione.

    Aggiungo che non capisco perché debba considerarsi rispettosa la non pubblicazione di atti (pubblici, s’intende): vuole forse fare riferimento al principio in base al quale i panni sporchi si lavano in famiglia?

    I giudici esercitano la giurisdizione in nome del popolo italiano.
    Ritengo giusto ed indispensabile che il popolo italiano sappia come quella giustizia viene amministrata nel suo nome.

    E che lo sappia anche durante il corso del procedimento, non soltanto dopo, a distanza di moltissimi anni e quando tutto é ormai compiuto.

    Anche per questa ragione sono contraria al divieto di pubblicazione degli atti giudiziari (pubblici) che il nostro legislatore approverà.

    Nelle famiglie in cui i panni sporchi si lavano soltanto all’interno delle mura domestiche, la produzione della sporcizia nei panni é notevolmente superiore a quella delle famiglie la cui porta, anche della lavanderia, é aperta. E molto spesso nelle famiglie del primo tipo quei panni sporchi non vengono nemmeno lavati, ma nascosti sotto il tappeto del salotto.

    Sono certa di avere compreso male le sue parole e che lei, spero presto, avrà la cortesia di chiarirmi il suo intervento.

    Un abbraccio a lei, “come al solito contestatrice”, e agli altri amici del blog.
    Anna

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  3. Intervengo solo per dire che, per quanto mi riguarda, sono assolutamente grato alla redazione per avermi dato l'opportunità di leggere anche gli atti difensivi del procedimento.
    V'è in genere l'idea, coltivata da più parti, che la semplice lettura dei provvedimenti terminativi dei giudizi possa consentire una chiara percezione delle ragioni poste a fondamento delle decisioni.
    Questo può essere vero senz'altro per coloro che al processo hanno partecipato e che ne conoscono le varie articolazioni.
    Per chi invece non ha partecipato al giudizio, l'idea di potersi formare una opinione leggendo la sola motivazione della decisione finale, è una idea che fonda su una fiducia assoluta sull’altrui operato che non penso possa essere condivisa,
    Il provvedimento finale, infatti, scegliendo una tesi piuttosto che un'altra risponde sempre e per forza di cose ad una ottica di parte (il che non vuol dire che sia un provvedimento di parte).
    La decisione pertanto di mettere a disposizione di tutti gli atti dell'intero procedimento, è non solo felice, ma risponde ad una ideale di democratico esercizio della libertà di critica che, non comprendo per quali ragioni, dovrebbe essere oscurato.
    Gentile Mathilda, se Lei come me, nella Sua vita professionale ha avuto l'occasione di leggere baggianate giuridiche scritte da magistrati (la cosa purtroppo accade, fa parte dell'ordine numerico delle cose, e di certo non sarà pubblicando le baggianate che si porrà fine alla loro germogliare) fino ad oggi non Le ha mai rese note, al di là della cerchia delle persone con le quali normalmente si confronta, se, come dicevo, fino ad oggi non ha cercato conforto alla sua frustrazione mostrando al mondo quel che irrita la sua sensibilità, probabilmente ciò è dipeso dal fatto che Lei, da persona più che prudente ed intelligente, si rende conto dello scarso interesse che le Sue vicende professionali (personali) susciterebbe ove oggetto di pubblica segnalazione.
    Nella mia vita professionale ho letto tantissime affermazioni giuridiche rese in provvedimenti che non ho condiviso; nel mio piccolo ho cercato di confrontarmi con colleghi e non ho dato la stura a campagne mediatiche per la semplice ragione che, avendo tutti gli altri miei colleghi provato le stesse sensazioni nella loro vita professionale, ero certo che non avrei attratto l'attenzione di alcuno. Che se invece avessi pensato il contrario, non solo avrei cercato di pubblicare le storture in cui di volta in volta ritenevo - secondo la mia personalissima opinione - di essermi imbattuto, ma avrei fatto noleggiato un aero per pubblicizzare l'accaduto.
    Purtroppo leggere cose ritenute insensate scritte da magistrati, al pari delle cose altrettanto insensate che possiamo scrivere noi avvocati, costituisce il nostro pane quotidiano, e non penso che sia interesse del mondo sapere come si componga il nostro desco quotidiano.
    La situazione sulla quale invece oggi ci stiamo intrattenendo mi sembra essere un tantinino diversa, posto che non rammento di avere mai avuto la opportunità di essere informato circa episodi simili a quelli che stiamo commentando, e penso che mai prima di oggi potessero esservi le condizioni per consentire a ciascuno di formarsi DAVVERO una propria opinione.
    Ed allora, vista la eccezionalità della situazione, e l’interesse sicuramente soprapersonale della stessa, non solo penso che bene abbia fatto la redazione a pubblicare gli atti, ma penso che la pubblicazione degli stessi non dovrebbe neanche recare pregiudizio o fastidio ai compilatori degli stessi, i quali, ciascuno secondo la propria prospettiva, non potranno che essere lieti di sapere che la bontà e la qualità del proprio operato è stata resa verificabile dai fruitori finali delle loro funzioni.
    Mi pare, del resto che il giudice pronunci in nome del popolo italiano, sicchè penso sia auspicabile che il polo oltre a sapere che ci sono terzi che “pronunciano” in suo nome, sappiano anche cosa e come “pronunciano”.
    L'idea, poi, che sottende il suo intervento (che sono certo voleva essere provocatorio e non dissacratorio) secondo la quale, come si diceva una volta: "le sentenze non si commentano ma si applicano", appartiene un po' alla preistoria del pensiero democratico (anche se penso che lo stesso sia ancora alla fase adolescenziale: mi riferisco alla coscienza democratica dei popoli)), e stranamente metteva sempre d'accordo quelli che dalle sentenze traevano vantaggi, relegando gli sconfitti al ruolo di traditori della patria ove ne avessero fatto oggetto di censura.
    Personalmente penso che non solo le sentenze si possano commentare, ma che anzi il più grande controllo esercitabile sull'operato della giustizia, possa essere esercitato proprio attraverso la valutazione critica dell'operato della giurisdizione (se non possiamo cambiare il corso delle cose, almeno parliamone), posto che, da sempre ed in tutti i settori, la critica ha sempre svolto un ruolo essenziale nella formazione del pensiero umano. Quale che fosse la direzione in cui lo stesso si avventurasse.
    Per parte mia cono contento di aver potuto constatare che la affermazione del CSM secondo la quale i magistrati di Salerno si sarebbero allontanati dall'aula era quanto meno reticente. Nel leggere poi le motivazioni del CSM ho anche tratto argomenti - sempre secondo il mio personalissimo pensiero - non favorevoli in toto all'operato dei magistrati di Salerno, anche se l'ida che mi sono formato è che mentre questi, se hanno commesso qualche "errore", lo hanno fatto nel tentativo di far venire alla luce situazioni GRAVISSIME, ed ahhno peccatto semmai del peccato di aberratio, quelli di Catanzaro hanno ecceduto in maniera assai ma assai più evidente nell'uso (abuso) degli strumenti processuali tanto da far pensare che forse avessero interesse ad IMPEDIRE che si chiarisse qualche aspetto che non gradivano fosse approfondito.
    In questo quadro mi sarei aspettato dal CSM un provvedimento che partisse prima dall'analisi del contenuto e che poi si fosse intrattenuto sulla forma.
    Mi sembra invece che i fatti sottostanti a questa vicenda e che avevano determinato l’azione dei giudici di Salerno fosse assolutamente estraneo agli interessi dei giudici disciplinari (che infatti sul contenuto avevano già messo una pietra tombale, utilizzando ancora una volta la censura della forma e mostrando di non gradire ulteriori approfondimenti) mentre assai più importante, anzi unicamente importante, per il giudice disciplinare è stata la valutazione della forma.
    Ancor più strano, infine, mi è sembrato che a fronte di una evidentissima disparità della abnormità dei provvedimenti adottati (quelli assunti dai giudici di Catanzaro, hanno peccato sotto il profilo dello "stracciamento di tutte le regole processuali", anche di quelle note agli uscieri della più piccola università di giurisprudenza, regole di merito, di forma, di prudenza e di sostanza) il CSM ha ritenuto maggiormente sanzionabile un provvedimento giuridicamente corretto ma tuttalpiù non condivisibile nella forma e nelle modalità dell’esecuzione, piuttosto che altro provvedimento assolutamente risibile i tutte le sue componenti. Che se ll’esame di procedura uno studente rappresentasse come possibile quanto hanno fatto i magistrati di Catanzaro, non solo verrebbe bocciato all’esame con ignominia, ma gli verrebbe anche consigliato di cambiare facoltà.
    Penso allora che sia più utile, ed in questo sento sollecitata la mia attenzione, che si discuta di questo, piuttosto che discettare se è opportuno o meno discutere in se e per se.
    Altrimenti non comprendo neanche quale potrebbe essere la Sua presenza in questi stessi spazi.
    Mi sono sentito di dire queste cose senza nessun intento polemico rispetto a Lei, ma solo per spirito critico rispetto alla Sua ultima affermazione.
    E mi scusi le eccessive parentesi, ma le cose da dire si accavallavano l'una sull'altra e, come spesso avviene, non ho voluto frenare l'impeto dei miei pensieri.

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