di Michele Serra
da Repubblica.it del 27 marzo 2010
La lunga diretta di Michele Santoro, ben al di là del giudizio di amici e nemici, è stata un evento storico: la capillare messa in rete di un’infinità di media di piccolo e piccolissimo calibro ha infine radunato un pubblico vastissimo.
Un pubblico che si è trovato al di fuori e al riparo dal ferreo controllo governativo sulla televisione generalista. Per la prima volta in modo così evidente la gabbia del duopolio è stata clamorosamente scardinata: un’evasione di massa che ha coinvolto giornalisti e artisti a vario titolo “impubblicabili” - specie in questi giorni di campagna elettorale - sul grande quotidiano dell’etere tradizionale.
Insieme a loro sono evasi, a milioni, telespettatori (e cittadini) che non aspettavano altro. Un’audience confederata e autoconvocata è stata la vera protagonista dell’evento, e lo è stata a pieno titolo: il vero esiliato dalla tivù, la vera vittima dei protervi editti e delle telefonate padronali del Re Censore, è quella fascia di pubblico, in larga parte giovane, che ritiene di non avere più rappresentanza televisiva.
Il suo esilio, prima ancora che politico, è culturale: il linguaggio della tivù, in gran parte calibrato su un’idea corriva e classista dei “gusti popolari”, non gli appartiene da anni. Quel mix di perbenismo politico e donnine scollacciate, di moralismo pubblico e immoralità privata, non gli dice nulla. Il mondo berlusconiano gli fa un effetto ridicolo e deprimente.
È un pubblico che cerca la realtà ovunque (Internet, amici, scuola, socialità diffusa) ma non in tivù, se non nelle sempre più rade occasioni di informazione non controllata, non sanzionata, non addomesticata.
L’isteria censoria del premier e il servilismo dei suoi impiegati hanno fatto il resto. Sono stati il clamoroso lancio pubblicitario di una serata, più che antigovernativa, ingovernabile.
E questo strappo mediatico, che in un paese normale già avrebbe il suo peso specifico, in Italia assume un peso molto maggiore: perché è precisamente il campo mediatico quello scelto dal premier per esercitare la sua egemonia politica, pubblicitaria (dunque economica) e culturale.
Basta vedere cosa ha fatto ieri il Cavaliere alla vigilia del voto: con l’intervista in contemporanea su Tg1 e Tg5 e l’invasione di altri quattro telegiornali e del Gr1.
È in casa del premier - e non è una metafora - che microfoni e telecamere sono stati trafugati e autogestiti da chi intende l’informazione come un potere autonomo e non come il cingolo di trasmissione di questo o quel governo (ma soprattutto di questo).
Chi ha seguito la serata, comunque la giudichi nei suoi singoli interventi e nel complesso della sua impostazione, ha colto l’eccezionalità, e direi ha provato lo choc, di un luogo televisivo di libertà incondizionata.
Una libertà “scandalosa”, vale a dire non consueta, non normale in un quadro televisivo che ci ha via via abituati alla cautela, all’esitazione, all’autocensura come norma prevalente.
E ci ha anche aiutato a capire quanto preziosi, e per questo detestati da Silvio Berlusconi, siano gli spazi di libertà d’informazione già presenti nei palinsesti, e ultimamente tacitati.
Ovvio che Silvio Berlusconi giudichi “un obbrobrio” una così plateale effrazione delle sue regole e dei suoi voleri.
Sarebbe ancora più preoccupato se i suoi fornitori di sondaggi gli presentassero un’analisi accurata del target che ha accompagnato Santoro e i suoi compagni di fuga.
Bassa età media, fitta rete di contatti (non controllabili) sulla rete, irrequietezza politica a tutto campo, non certo inquadrabile solo nella comoda casella della “sinistra”.
Rispetto ai tradizionali movimenti scolastici e universitari, che nascono e si spengono nell’ambito depresso e “specializzato” della scuola, questi milioni di disobbedienti si muovono e si formano dentro il fiume mediatico, cioè nel cuore stesso del potere italiano.
Mitizzano “la realtà” come metodo antitetico al sogno berlusconiano, pretendono giornalismo, circolazione delle notizie, divulgazione dei fatti, insomma informazione, con un fervore che si presta magari a qualche trappola ideologica, a qualche scorciatoia faziosa, ma centra in pieno il cuore di ogni questione nazionale.
Nella lettura governativa del fenomeno, si tratta dunque di autentici eversori.
Sanzionare questo o quel giornalista, chiudere la bocca a questo o quel programma è nelle facoltà del premier, e si è ampiamente visto. Ma ricondurre milioni di italiani nell’alveo della docilità mediatica, questo non è più possibile: il merito fondamentale della serata bolognese è stato mettere in scena questa fuga di massa dalla Verità Ufficiale.
E' stata la rivoluzione delle idee e delle parole: è stata una boccata d'aria fresca presa ad ampio respiro, senza le costrizioni dell'area protetta; è stato un esempio di democrazia; è stata la vittoria del 'giovane' web sul dinosauro TV: è stata LIBERTA'!
RispondiEliminauna bella serata di sacrosanta libertà, contro un regime veramente infame, che speriamo finisca molto presto...
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