Pubblichiamo, con il suo consenso, la mail con la quale un collega ha spiegato le ragioni che lo hanno indotto ad aderire alle nostre proposte di riforma dell'autogoverno della magistratura perchè ci ha colpito per la freschezza e l'ironia dell'esposizione.
Anche il suo contenuto è degno di attenzione perchè proviene da un magistrato che, in virtù della sua anzianità di servizio, ha avuto modo di conoscere bene i meccanismi dell'autogoverno e le modalità operative delle correnti.
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Sono il dr. Adolfo Coletta ed ho 65 anni.
Sono Magistrato dal 13 maggio 1980.
Sono in servizio presso la Procura della Repubblica di
Frosinone con funzioni di Sostituto.
Attualmente dirigo l’ufficio in ragione della mia anzianità
di ruolo in assenza del Procuratore.
Ho qualche amico fra i colleghi ed ho avuto la fortuna di
lavorare con molti magistrati, la più parte non conosciuti al di fuori
dell’ambiente di lavoro, di rilevante spessore umano e culturale.
Da tutti ho imparato molto.
Per i colleghi che non mi conoscono sul sito COSMAG sono sinteticamente oggettivati i dati dei miei quarant’anni di servizio, che non ho ragione di nascondere ad alcuno e che sono disponibile a rendere noti
se qualcuno me lo chiedesse.
Sono associato all’A.N.M. per iniziale convincimento che
fosse luogo di libera discussione sulle questioni della giurisdizione e
strumento idoneo per rappresentare all’esterno della “categoria” (parola che
non amo ma ch’è sempre meglio di “corpo” o “corporazione”) e far correre nella società civile le idee
elaborate, sotto il faro della Carta Costituzionale, per svolgere al meglio il
servizio di tutela dei diritti e di composizione
degli interessi in conflitto.
Non ho mai aderito ad alcuna “corrente” perché ho sempre
ritenuto che la loro stessa esistenza avrebbe comportato, com’è puntualmente
avvenuto, la nascita di “leadership” naturalmente tese al controllo della
stessa A.N.M. e, per sciagurata contaminazione, del luogo Costituzionale
dell’Autogestione, il C.S.M., tradendo in radice la sua funzione di garanzia
della Indipendenza del Magistrato come
singolo e come esponente dell’intera Funzione Giurisdizionale.
Scherzando con colleghi con i quali ho avuto maggiori
frequentazioni ho spesso rappresentato il senso del ridicolo che dovrebbe
coglierci quando ci arrivano gli inviti a partecipare ai rituali “congressi”
annuali di questa o quella corrente: siamo poco più di novemila persone che,
ove volessero riunirsi ogni anno e
discutere delle questioni d’interesse della categoria, potrebbero comodamente
farlo occupando, con buona pace dei colleghi laziali, la curva sud dello Stadio
Olimpico, magari per due o tre serate in agosto, quando da Monte Mario spira il ponentino.
Ma in molti di noi,
come mostrano gli sciagurati disastri documentati nelle Palamarate, il senso
del ridicolo, purtroppo, non alberga.
Ma debbo tornar serio ed anche confessare che, per
formazione culturale, non ho mai amato le strutture gerarchiche e i leaders.
Soprattutto, però, ho sempre pensato che il principio gerarchico fosse
inconciliabile con il principio Costituzionale che vuole i Magistrati
distinguersi soltanto per funzioni.
Principio cardine che non può tradursi nel mero costume per
il quale un giovane Sostituto Procuratore dia del “tu” (in luogo del “lei” o
del “voi”) al Procuratore Generale presso la Suprema Corte, ma che dovrebbe
veramente informare la consapevolezza e la concreta pratica dell’Indipendenza
nell’esercizio del servizio giurisdizionale e che avrebbe dovuto e deve
tradursi, ad esempio, in una normativa che imponga e disciplini la rotazione
permanente nella direzione degli uffici.
Tutto ciò non solo non
è avvenuto, ma le “correnti” (ed i loro leaders), pur lasciando ai
posteri qualche logorroico ed inefficace documento di protesta, si son ben
adeguate alla riforma che gerarchizzava le Procure, massimizzando il loro
potere con la gestione mercantile delle nomine
(soprattutto dei “Procuratori”) secondo un “pensiero unico” che, pur
quando attingeva ed attinge alla individuazione di ottimi colleghi, tradiva e
tradisce la fondamentale e laica funzione assegnata al CSM dalla Carta
Costituzionale e la pluralità culturale della concreta attività
giurisdizionale.
Di tale ultimo aspetto, a mio parere, è elemento probante
anche la vicenda della formazione, con troppa superficialità lasciata alla
gestione della Scuola secondo un disegno neoconformista ove hanno trovato
comodo albergo relatori “di corrente”, a volte addirittura inadeguati, che son
giunti fino a teorizzare una visione aziendalistica degli uffici giudiziari ed
una ridicola funzione manageriale dei Capi a quelli preposti.
Per le ragioni sinteticamente esposte, pur riservando approfondimenti
di dettaglio, ritengo mio dovere aderire
alle proposte per un autogoverno
costituzionale elaborate dai colleghi del Blog
“Uguale per tutti” di seguito indicate:
• Sorteggio
dei candidati al CSM
• Rotazione
dei dirigenti
• Abolizione
dell'immunita dei componenti del CSM
Il Magistrato
Adolfo Coletta
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