Nei giorni scorsi la dott.ssa
Donatella Ferranti, già deputata del Pd per dieci anni e già presidente della
commissione Giustizia della Camera, da due anni rientrata nei ruoli della
magistratura con funzioni di giudice di Cassazione, ha smentito seccamente le
dichiarazioni rilasciate alla stampa da Luca Palamara secondo cui, in alcune
cene con lui e con esponenti dell’Anm,
erano state concordate delle nomine in uffici giudiziari italiani.
Se l’ex parlamentare, secondo la sua versione dei fatti, rifuggiva quel tipo di cene ci pare che invece gradisse sicuramente lo
scambio di messaggi, per discutere di nomine, con Luca Palamara.
Infatti dalle chat pubblicate da il
quotidiano “la Verità” emerge che, nel periodo in cui era ancora parlamentare, ella
aveva scambiato diversi sms con il p.m. romano per sostenere la nomina di
due magistrati ad incarichi di un certo prestigio.
Quelle comunicazioni danno conto innanzitutto
di come la dott.ssa Ferranti avesse seguito passo dopo passo l’iter per la
nomina, poi effettivamente avvenuta, con delibera del Csm del 6 febbraio 2019, ad
avvocato generale del dott. Francesco Salzano.
Le comunicazioni si collocano in un periodo
di tempo che va da novembre 2017 a novembre 2018, quando Palamara aveva cessato
il suo mandato di consigliere al Csm, e tra le più significative si segnalano
quelle in cui la Ferranti:
- chiede ragioni delle perplessità
del gruppo a cui appartiene Palamara sulla candidatura di Salzano e assicura
che egli lavora senza supponenza, con umiltà ma serietà e rigore ed è
preferibile ad altro candidato (Salvato) da
lei ritenuto inadatto dopo l’esperienza negativa dello stesso presso la
segreteria generale del CSM (15.11.2017);
- palesa la sua contrarietà a che
alla Procura generale della Corte di Cassazione possano essere nominati due
civilisti (15.11.2017);
- invita Palamara a cercare di “chiudere
lui le cose prima di andarsene”, ossia prima di concludere il mandato al Csm
(20.7.2018);
- chiede se è vero che stiano
cercando di fregare Francesco (Salzano) e se Palamara voglia tirarsi indietro
(26.7.2018);
- quando Palamara, il 27.7.2018, le
comunica che la nomina dell'avvocato generale è stata rinviata a settembre del
2018 esprime approvazione (“così che possono riflettere meglio”);
- a settembre (13.9.2018) scrive a Palamara
di “non fare scherzi oggi per avvocato generale”, aggiungendo: “avevi parlato
tu con Francesco, non puoi abbandonarlo” e, con due successivi messaggi, lo
invita a “chiudere” e gli comunica che Forteleoni (altro membro del Csm) è con
loro;
- il 20.11.2018, sebbene Palamara non
faccia più parte del Csm, gli chiede se “si stiano facendo i posti di avvocato
generale” e poi lo invita “a far ragionare tutti” (evidentemente perché il
p.m. romano è in grado di influire su alcuni componenti dell’organo di
autogoverno).
Ora, per giustificare questa
serie di interventi a favore del “suo candidato” l’ex presidente della
commissione giustizia ha affermato che non serviva a “pilotare una nomina, era
un intervento a garanzia di un collega di valore” (http://www.tusciaweb.eu/2020/06/tutti-sanno-ceno-casa).
Una spiegazione che lascia a dir
poco allibiti.
Cosa significa intervento di
garanzia ? ma soprattutto quale previsione di legge o quale circolare consente
ad un soggetto estraneo al Csm di fornire garanzie su singoli candidati e, per
di più, in modo del tutto informale, al di fuori della procedura di valutazione
prevista e demandata all’organo di autogoverno?
L’altro collega per il quale la
Ferranti dimostra un vivo interessamento è Eugenio Turco, aspirante al posto di
presidente di sezione del tribunale di Viterbo e dal 2016 fuori ruolo presso
l’autorità anticorruzione in Serbia.
Il 4 marzo del 2018 la Ferranti segnala
a Palamara, riferendosi al dott. Turco, che "ha uno specifico interesse per pres.
sezione Viterbo, ti manderà un sms, tra
l’altro è interesse avere un magistrato residente che conosce problematiche
reali tribunale. Stimato da tutto il foro” e poi, con un successivo messaggio: “Ti
manderà direttamente sms perché ha sciolto sue perplessità... preferiva Roma ma
se a Roma non ci sono possibilità meglio Viterbo”; Palamara risponde comunicando il suo sostegno
(ovvero il voto): "Ho visto Eugenio l'altro giorno e considerami al suo
fianco".
La Ferranti ha giustificato la
sua segnalazione a favore del dott. Turco con il fatto che si tratta di: “Persona
stimatissima da tutti i magistrati e dal foro viterbese; aveva fatto un grosso
progetto anti corruzione con Cantone. Mi rappresentarono che c’era una
forzatura al contrario nei suoi confronti, io ho dato un contributo di
garanzia. Poi non so nemmeno come è andata a finire”.
Ora dobbiamo innanzitutto smentire
l’ex onorevole su quest’ultimo particolare.
Infatti andò a finire che Turco
fu nominato presidente di sezione e la dott.ssa Ferranti era stata avvertita da
Palamara della votazione a lui favorevole da parte della commissione incarichi
direttivi del Csm con due messaggi del 13 settembre 2018: “Eugenio già fatto”;
“5 a 1”, che alludeva al numero dei voti favorevoli ottenuti.
Poi, senza voler mettere in
discussione il valore del collega, anche nel suo caso, come per la nomina di
Salzano quello che è inaccettabile è il metodo con in quale fu scelto.
E’ evidente come le sue qualità, ed
in particolare la conoscenza dell’ambiente giudiziario a cui aspirava,
evidenziate dalla dott.ssa Ferranti, dovessero e potessero essere valutate dall’organo che era deputato a farlo, utilizzando le fonti informative di cui
disponeva, ivi compresa l’audizione dell’interessato.
Questa è stata invece sostituita
da un contatto informale del dott. Turco con Palamara, che ha tutte le caratteristiche
di una perorazione della domanda presentata dal primo (prassi peraltro molto comune, secondo quanto dichiarato dallo stesso "signore delle nomine" in una delle sue uscite televisive).
In realtà quelli che la dott.ssa Ferranti
ha definito come interventi di garanzia, nel vano tentativo di nobilitarli, non
sono niente di più che raccomandazioni.
Infatti, come tutti sanno, la raccomandazione
è l’”intercessione in favore di una persona, soprattutto al fine di ottenerle
ciò che le sarebbe difficile conseguire con i mezzi e i meriti propri o per le
vie ordinarie”.
Si tratta però di raccomandazioni
particolarmente odiose perché rivelano nessuna considerazione non solo per gli
altri candidati a quei posti ma anche per la stessa funzione del Csm,
evidentemente ritenuto, dalla dott.ssa Ferranti, incapace di valutare
adeguatamente le due posizioni da lei segnalate.
A ben vedere poi si risolvono in
interferenze sul corretto funzionamento dell’organo di autogoverno dei
magistrati.
Se così è non pare esservi una
sostanziale differenza tra le conversazioni a distanza sopra riportate e quelle
avvenute nel corso dell’incontro tenutosi, il 9 maggio 2019, presso un hotel
romano tra alcuni consiglieri del Csm, lo stesso Palamara, quale tramite, e
altri due parlamentari del PD (gli onorevoli Ferri e Lotti, al fine di
concordare la nomina del procuratore di Roma, episodio per il quale il
procuratore generale ha comunicato di aver promosso l’azione disciplinare nei
confronti dei magistrati coinvoltivi.
Anche quelli, per utilizzare il
vocabolario della Ferranti, potrebbero essere definiti dai diretti interessati,
come “interventi di garanzia”, anche se di garanzia per i rappresentanti della
politica piuttosto che per l’amministrazione della giustizia.
La condotta della Ferranti è
stata però stigmatizzata anche dall’Associazione nazionale magistrati,
solitamente molto timida e guardinga sulle vicende che riguardano l’autogoverno.
Infatti la Gec dell’Anm il 19
maggio ha emesso un comunicato piuttosto duro, proprio in merito alle chat
sopra riportate, nel quale ha evidenziato “come debba ritenersi
ingiustificabile e pericolosa ogni iniziativa assunta da membri del Parlamento
o da appartenenti ad altri organi dello Stato - ancor più se magistrati - volta ad orientare le scelte compiute dal
Consiglio Superiore nell’ambito dei propri
compiti istituzionali, ciò risolvendosi in una lesione delle prerogative
del Governo Autonomo della magistratura, previste dalla Costituzione a tutela
dell'autonomia e indipendenza della magistratura e, dunque, a presidio di
valori essenziali nell'assetto democratico del nostro Paese si astiene da ogni
intervento che non corrisponda ad esigenze istituzionali sulle decisioni
concernenti promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di
incarichi”.
Del resto l’Anm è perfettamente
consapevole che le condotte sopra descritte integrano violazione dell’art. 10 del
codice etico dell’associazione, che prevede testualmente, al suo primo comma,
che: “Il magistrato non si serve del suo ruolo istituzionale o associativo per
ottenere benefici o privilegi per sé o per altri” e, al terzo comma, che :”Il
magistrato si astiene da ogni intervento che non corrisponda ad esigenze
istituzionali sulle decisioni concernenti promozioni, trasferimenti,
assegnazioni di sede e conferimento di incarichi”.
E il codice etico, va ricordato, vale anche per
i magistrati in aspettativa, situazione nella quale si trovava la dott.ssa Ferranti
all’epoca dei fatti.
Di fronte a questo degrado vogliamo consolarci chiudendo in musica:
non chiamarmi Donatella!
Grazie dottore. Della canzone ovviamente.
RispondiEliminaIn quanto a raccomandazioni, innocue, anch'io mi sono più volte raccomandato col Prefetto. Venivo allontanato immotivatamente dal lavoro e chiedevo aiuto a colui mi veniva indicato dai datori di lavoro fosse la causa. A differenza della onorevole, però, le mie raccomandazioni sono state inutili. A riconoscere i miei diritti soltanto una folta schiera di magistrati. Quelli che non chiedono e non accettano raccomandazioni. E, quindi, di conseguenza, nessun motivo hanno avuto di temere la famigerata antimafia. La stessa antimafia che nessun timore incute ai vertici della magistratura associata, per servire la politica.
veramente discutibile la giustificazione data dell'interferenza nella nomina di un collega. Del resto, non ricordo raccomandazioni fatte sostenendo che il raccomandato era inadeguato o peggiore dei concorrenti...
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