di Massimo Vaccari - Magistrato
Ieri il Comitato direttivo centrale dell’associazione nazionale magistrati ha accolto, quasi all'unanimità, la proposta del collegio dei probiviri di espulsione di Luca Palamara dall'associazione medesima, per i rapporti da lui
tenuti con alcuni parlamentari, all’epoca appartenenti entrambi al P.D., per
concordare alcune nomine, tra le quali quella a procuratore di Roma.
La decisione del CdC era scontata, sebbene sia la prima volta che viene adottata nei confronti di un ex presidente dell'Anm, data la chiarezza delle
conversazioni che danno conto di quegli incontri, così come pubblicate da
diversi quotidiani, e la gravità e la reiterazione dei fatti.
L’illecito deontologico che veniva contestato al p.m. romano
è quello di cui all'art. 10 del codice etico dell’Anm, che prevede testualmente,
al suo primo comma, che: “Il magistrato non si serve del suo ruolo
istituzionale o associativo per ottenere benefici o privilegi per sé o per
altri” e, al terzo comma, che :”Il magistrato si astiene da ogni intervento che
non corrisponda ad esigenze istituzionali sulle decisioni concernenti
promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di incarichi”.
Molti non sapranno che, per ironia della sorte, queste
previsioni furono inserite nel codice etico nel novembre del 2010, su proposta
della apposita commissione di cui aveva fatto parte lo stesso Palamara, nella
sua qualità di presidente dell’Anm, a dimostrazione del fatto che già all'epoca
il problema dell’esasperato carrierismo in magistratura era ben noto ma ci si
illudeva di risolverlo con i precetti etici.
Non era invece previsto che all'incolpato venisse negata la possibilità di parlare, invero non prevista dalla statuto, ma evidentemente l'intento punitivo o, forse, il timore di quello che egli avrebbe potuto dire, hanno prevalso sul rispetto sostanziale del diritto di difesa.
Chiuso il "caso Palamara" l'Anm rimane alle prese con un altro che, per la sua estensione, è forse anche più grave del primo.
Non è dato sapere se i probiviri dell'Anm abbiano già assunto delle determinazioni nei confronti dei molti, troppi, magistrati
che, sulla base delle chat pubblicate a partire dal maggio scorso, risultano
aver raccomandato a Palamara, anche insistentemente, sé stessi o altri
(appartenenti alla medesima corrente del segnalante) per questo o quell’incarico
(direttivo, semi direttivo e finanche di membro della commissione per il
concorso in magistratura).
Il loro numero è davvero ragguardevole e tra loro ci sono
alcuni componenti togati dell’attuale Csm, alcuni componenti del precedente
Csm, presidenti di sezione, presidenti di tribunale, componenti dello stesso Cdc, nel frattempo dimessisi dalla carica, tutti animati dall'insana determinazione di soddisfare lo sfrenato carrierismo di vari questuanti, e, in alcuni casi, anche da quella
di pregiudicare la progressione di carriera di altri colleghi, appartenenti ad
una diversa corrente.
Poco tempo fa la Giunta esecutiva centrale dell’Anm aveva
lamentato di non poter avviare nessuna istruttoria su tali fatti in quanto non
era in possesso dei verbali contenenti le chat ma ora che esse sono state
pubblicate integralmente sul sito di un quotidiano, e sono liberamente
consultabili, quell’ostacolo può dirsi superato .
Il significato dei
messaggi attribuiti ai colleghi in questione poi è quasi sempre inequivoco e, del resto, in
pochissimi casi è stato smentito pubblicamente e comunque in modo poco persuasivo.
Non si vede pertanto quali considerazioni potrebbero trattenere i probiviri dal
formulare anche nei loro confronti delle richieste di sanzioni disciplinari.
Certamente non potrebbe valere quella sulla impressionate pervasività di
questo mercimonio, che pure qualcuno dei colleghi coinvolti non ha mancato di sottolineare, nel tentativo di giustificarsi.
La diffusione del fenomeno all’opposto, giustifica una reazione disciplinare molto dura per tentare di arrestare il fenomeno.
C'è invece un rischio più concreto.
Quello che la maggioranza dei componenti degli organi associativi possano essere influenzati nelle loro valutazioni delle timide posizioni espresse dalle due correnti (Unicost e Area), alle quali
devono la loro elezione e che vantano nelle loro schiere vari esponenti
coinvolti nei fatti sopra riferiti.
Tali gruppi infatti in alcuni loro comunicati hanno adombrato, neanche tanto velatamente, che le condotte tenute dagli associati di cui si è detto sarebbero meno gravi di quelle addebitate a Palamara.
Del resto non risulta che questi gruppi, coerentemente a quelle pubbliche dichiarazioni, abbiano adottato provvedimenti disciplinari nei confronti dei loro iscritti coinvolti nelle chat trojaniche perché se lo avessero fatto ne avrebbero dato notizia.
La stessa Giunta esecutiva centrale dell'Anm è parsa attestarsi su questa linea poichè nel
comunicato del 19 maggio, a proposito delle conversazioni tra una ex parlamentare - in quel momento
magistrato in aspettativa - e Luca Palamara aveva ribadito “come debba ritenersi
ingiustificabile e pericolosa ogni iniziativa assunta da membri del Parlamento
o da appartenenti ad altri organi dello Stato - ancor più se magistrati - volta ad orientare le scelte compiute dal
Consiglio Superiore nell’ambito dei propri
compiti istituzionali, ciò risolvendosi in una lesione delle prerogative
del Governo Autonomo della magistratura, previste dalla Costituzione a tutela
dell'autonomia e indipendenza della magistratura e, dunque, a presidio di
valori essenziali nell'assetto democratico del nostro Paese si astiene da ogni
intervento che non corrisponda ad esigenze istituzionali sulle decisioni concernenti
promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di incarichi”.
Pare quindi che per il massimo organo rappresentativo
dell’associazione una analoga iniziativa di un appartenente all’ordine
giudiziario, magari per fedeltà alla corrente, abbia un minor disvalore.
Insomma la nefasta miscela di carrierismo e correntismo che ha ispirato le condotte di molti associati sarebbe un diffettuccio.
La tesi è davvero irritante, perché all'evidenza autoassolutoria, ma anche infondata se solo si
considera che la norma del codice etico sopra citata non fa distinzione a
seconda che l’interferenza “sulle decisioni concernenti promozioni,
trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di incarichi” sia diretta a compiacere anche soggetti estranei alla magistratura o solo per realizzare interessi di corrente.
In entrambi i casi infatti si perseguono interessi di parte
e si attenta alle prerogative del C.S.M. a scapito della indipendenza dalla magistratura.
Chissà se l'Anm sarà in grado di fugare questi dubbi e, ancor più, quello instillato dalla autodifesa di Palamara, di averlo individuato come capro espiatorio ?
Se lo facesse, anche prima del rinnovo dei suoi organi, previsto per ottobre, darebbe sicuramente prova della sua capacità di rigenerarsi.
L'Anm lo deve, per usare le parole dello stesso Palamara, "ai tanti colleghi che sono fuori dal sistema delle correnti, che inevitabilmente saranno rimasti scioccati dall'ondata di piena che rischia ingiustamente di travolgere quella magistratura operosa e aliena dalle ribalte mediatiche".
E se davvero volesse rigenerarsi l'Anm dovrebbe avere la determinazione di individuare e perseguire, sotto il profilo disciplinare, anche i beneficiari delle tante sponsorizzazioni, non essendo credibile che essi non ne fossero stati al corrente quando non ne fossero stati addirittura gli ispiratori.
Potrebbe però essere di stimolo ad una simile svolta il durissimo discorso che il Capo dello Stato ha pronunciato proprio l’altro
ieri, in occasione della commemorazione dei magistrati caduti per mano del terrorismo e della criminalità organizzata.
Suona infatti come una vera e propria pubblica fustigazione il riferimento fatto dal Presidente della Repubblica in quella occasione ad “una Magistratura china
su se stessa, preoccupata di costruire consensi a uso interno, finalizzati
all’attribuzione di incarichi"; l'invito a "porre
attenzione critica sul ruolo e sull’utilità stessa delle correnti interne alla
vita associativa dei magistrati", e il richiamo a che nel C.S.M. "si
prescinda dai legami personali, politici o delle rispettive aggregazioni, in
vista del dovere di governare l’organizzazione della Magistratura
nell’interesse generale".
"DIFETTUCCI". E' proprio questo il problema fondamentale, che ad ogni costo si deve risolvere. Altrimenti si cerca di riempire un vaso interamente bucato.
RispondiEliminaA mio parere si è superato ogni limite, mi riferisce a chi dice che non vi siano condotte in violazione di legge penale. Voglio solo ricordare a voi tutti che il comportamento contrario ai doveri di ufficio è violazione penale e poi l'artt97 e l'artt3 della Costituzione bastano a delineare le violazioni compiute. Legalità trasparenza e imparzialità bastano da sole a delineare i fatti delittuosi. Occorre riformare ma anche guardarsi dentro. Si vedano le nomine degli ultimi 10 anni e si faccia pulizia Giudici, procuratori, aggiunti.ogni sera dovrebbero ripetersi oggi ho fatto il mio dovere? E amattino: vogli impegnarmi x fare imio dovere. Da voi dipende anche la vita dei vostri simili. Assegnazione ai GIP a rotazione, togliere i dipartimenti e rotazione aggiunti e Pm definita.
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