di Natalia Ceccarelli - Magistrato
Ci siamo recentemente occupati del
trojan horse utilizzato per indagare sulla corruzione ipotizzata a carico di Luca Palamara e della ragionevole perplessità del dott. Nino Di Matteo sull’assenza di analogo “equino” nel cellulare del corruttore, come emerso nel corso dei giudizi disciplinari in atto a carico dei compresenti dell’indagato all’Hotel Champagne la sera dell’8 maggio 2019.
Notizie di stampa riportano l’eco di ulteriori "curiosità" sul captatore informatico che, si ricorda, non può essere mantenuto attivo senza limiti di tempo o di spazio, ma deve essere “governato” da remoto, secondo doverose indicazioni del pubblico ministero.
La corsa del cavallino s'era compiuta, senza intoppi, la sera dell’8 maggio 2019, allorquando, preannunciata dai relativi sms organizzativi, si svolse la chiacchierata tra esponenti di più di un potere dello Stato sull’erede di Pignatone.
S'era inizialmente creduto che la captazione non fosse stata programmata per la sera successiva, in cui l’infaticabile dott. Palamara si sarebbe incontrato, a cena, solo con alcuni colleghi tra i quali il Procuratore di Roma uscente; coi quali - era verosimile attendersi - si sarebbe discusso dell’argomento “caldo”, ovvero della successione alla guida della Procura di Roma.
Se le notizie riportate dalla stampa sono esatte, emerge invece da informazioni rese disponibili dall’azienda milanese di intercettazioni che l'esclusione della cena del 9 maggio dal percorso del cavallino sarebbe attribuibile ad un repentino cambio di programmazione dell’accensione del trojan da parte degli agenti operanti (senza che risulti traccia di uno specifico ordine in tal senso del p.m.) e che, malgrado ciò, il cavallino, impertinente, registrò lo stesso in quanto le nuove istruzioni, decise in prossimità dell'evento, non avrebbero fatto presa sul purosangue.
Il mistero si infittisce se si considera che le attività di intercettazione erano state gestite in remoto da Roma grazie a un server localizzato a Napoli, in deroga alla previsione di cui all’art. 268 comma 3 c.p.p. secondo cui dette operazioni possono compiersi solo da impianti installati nella Procura della Repubblica che procede (nella specie Perugia) o, eccezionalmente, mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.
Non è qui d’interesse l’utilizzabilità delle intercettazioni nei giudizi per i quali esse sono state disposte.
Viene da domandarsi, però, se questo cavallino, alquanto imbizzarrito, non faccia rimpiangere i vecchi armamentari che intercettavano tutto, per tutta la durata autorizzata dal giudice, residuando magari solo la difficoltà di decifrare frasi farfugliate e quindi di difficile comprensione.
Sembra Palamara, quel 🐎 ...aspettiamo che ci dica qualcosa sull'amicizia con Pignatone, nata quando questi era a Reggio Calabria, la città più fantastica del mondo
RispondiEliminaPurtroppo si. Si tratta di un cavallino impertinente, molto pericoloso, ma utilissimo. Dovrebbe essere un un "quid pluris " usato con molta accortezza in ambienti rigidamente controllati. Pericolosissimo in quanto consente di "delinquere di nascosto. Dicevano i latini: Coloro i quali delinquono di nascosto, sono più colpevoli di coloro che lo fanno apertamente:"Qui clam delinquunt, plus delinquunt quam qui palm". Ovviamente i "clam" sono peggiori dei " palam ". Con questo aforisma i romani facevano, soprattutto, riferimento a coloro che approfittano della posizione di potere e di supremazia
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