Non pochi affermano che la rotazione dei magistrati nei ruoli direttivi e semidirettivi degli uffici giudiziari sarebbe un'ottima soluzione per la giurisdizione ma la ritengono tecnicamente irrealizzabile.
Orbene, il Blog mette a disposizione di tutti la bozza di un ipotetico disegno di legge che dimostra esattamente il contrario.
Il progetto può essere consultato cliccando sul link che segue.
Otto articoli, chiari nella loro linearità e, soprattutto, radicalmente lontani dalla infausta scuola di pensiero che regge l’attuale sistema della dirigenza giudiziaria.
Non più la ricerca del "migliore" (soi-disant), disastrosa non solo nel rapporto costi-benefici alla luce dei modestissimi risultati di 15 anni di "Mastellone" ma, ancor più, per essere stata l’espediente con il quale il singolo magistrato è stato asservito al sistema spartitorio correntizio, sottoponendolo a quella lunghissima catena di abusi, soprusi e “modestie etiche” del Lauto Governo, culminata nella paradigmatica notte dell’Hotel Champagne.
Qui “si vira”, verrebbe fatto di dire, in tutt’altra direzione.
Otto articoli che puntano giustamente a valorizzare le risorse interne degli uffici, sulla premessa che la conoscenza diretta, quella vera perché maturata sul campo, lontana dalle fabbriche di medagliette extracurricolari, sia la migliore garanzia di competenza e adeguatezza del magistrato di volta in volta chiamato a compiti di coordinamento della struttura giudiziaria in cui opera.
Giunge, così, un approccio inclusivo che chiama ogni magistrato con un minimo di anzianità di servizio e di ruolo, alla “governance” progressivamente crescente del suo luogo di lavoro, secondo una prospettiva davvero nuova che, escluso ogni valore onorifico ad personam, assegna ad essa valenza di preciso onere: l’onere dell’autogoverno.
Otto articoli che declinano in modo rigoroso il modello voluto dai Costituenti: quello di un magistrato soggetto soltanto alla legge, pari per dignità delle funzioni assolte, indipendente anche dai condizionamenti interni e, perciò, profondamente terzo.
Un modello che si colloca agli antipodi di quello attuale, dove la gerarchizzazione surrettizia generata dall’oligarchia a vita dei sodali, caratterizzata da una carriera a senso unico ascendente, esclude già sulla carta il 90% dei magistrati dalla possibilità di cimentarsi nell’autogoverno, ora ridotto a sterile formula declamatoria.
Le poche norme in esame si rivelano, così, ampiamente sufficienti a superare la condizione di eterogovernati in cui versano i magistrati italiani. L’esperienza maturata sul campo e la proattiva partecipazione di tutti all’autogoverno in situ sono, in ultima analisi, i pilastri fondamentali della proposta.
In particolare, la previsione di una soglia di accesso (per anzianità di ruolo e di servizio) alla funzione di coordinamento (come, in effetti, sarebbe meglio definire la funzione direttiva nel rispetto dei principi costituzionali menzionati), accanto al periodo massimo triennale di svolgimento della relativa funzione (sulla giusta premessa che la continuità gestionale degli uffici sia assicurata non dalla longevità della leadership bensì dalla diffusione e condivisione della funzione organizzativa) e, infine, al successivo ritorno ad un duraturo bagno di giurisdizione piena divengono i cardini di una concezione nuova dell’autogoverno, capace di riconciliare l’incarico di coordinamento con il principio di pari dignità di ogni funzione giudiziaria e, all’un tempo, di sedare pericolose ambizioni personali…
Otto articoli capaci, dunque, nel loro rassicurante schematismo, di infliggere un colpo mortale a quell’ufficio di collocamento correntizio finalizzato unicamente a piazzare i sodali nei gangli essenziali della giurisdizione.
Non c’è dubbio, poi, che alla politica toccherà il delicato compito del “tuning” di questa preziosa proposta, magari prevedendo soglie diverse di anzianità di servizio e di ruolo per l’accesso alle funzioni di coordinamento, una loro diversa durata o una diversa estensione del successivo tempus lugendi.
Ma che la rotazione sia la strada giusta, quella forse più efficace affinché i cittadini tornino ad avere fiducia in una magistratura autonoma e indipendente e una giurisdizione terza e imparziale, è cosa oramai indubitabile.
Almeno agli occhi della società civile…
NON PUO' ESSERCI ALCUN DUBBIO che la proposta indicata da questo blog è l'unica via possibile per portare la magistratura fuori dalle sabbie mobili dove sta fino al collo.Si tratta di proposta di grande equilibrio, ovviamente uno strumento per partire col piede giusto in vista di una riforma della giustizia che deve essere un lavoro di grande impegno giuridico, fatto lentamente e con grande saggezza, ponderazione e competenza giuridica.
RispondiEliminaA Perugia nel procedimento a carico di L. Palamara il Gup P. Frabotta stabilisce di citare il csm, quale parte offesa(nella persona del v.presidente D. Ermini). Un atto che porta dritto alla nullità del giudizio del csm nei confronti di Palamara. Viola il principio fondamentale(giudice "terzo" imparziale), su cui si fionda la giurisdizione. Oltre a violare in modo gravissimo, il principio di ragionevolezza, tutelato dall'art. 3 della Costituzione.
RispondiEliminaMaria Angioni, Giuliano Castiglia, Ida Moretti e Andrea Reale(CD 101), in occasione delle elezioni del CSM previste per domani e martedì prossimo, invitano a votare solo per SORTEGGIO, votando per un'idea(ANSA). Grazie !
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