Non molti sono a conoscenza dell’esistenza di una
peculiare delibera del 22 settembre 2010 con la quale il Consiglio Superiore
della Magistratura, facendo uso dei suoi “superpoteri”, applicava per la prima
volta l’istituto dell’esonero totale dal lavoro ordinario ad un magistrato che,
essendo assegnato allo svolgimento di funzioni di vice-capo di una missione
dell’Unione Europea in un paese terzo, avrebbe dovuto semplicemente e
legittimamente essere collocato fuori ruolo.
Non occorrevano voli pindarici, elucubrazioni mentali
o sforzi interpretativi per collocarlo fuori ruolo. Sarebbe semplicemente
bastato applicare la normativa di riferimento. Eppure si fece ricorso a questa
strana delibera che, oltre che ingiustificabile, non appariva neanche tanto
inoffensiva visto che, nel garantire al magistrato esonerato di tenere al caldo
il suo posto, comportava che i suoi
colleghi d’ufficio si facessero nel frattempo
carico del suo lavoro.
Capita però che il 6 novembre 2012 viene emanata la
legge 190 che, all’art 1 comma 68, statuisce che “i magistrati ordinari,
amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato
non possono essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo che,
nell’arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni, anche
continuativi”.
Tale norma evidenzia con chiarezza l’intento di
limitare il numero di anni di “allontanamento” del magistrato dalle funzioni di
giudice o pubblico ministero, connaturali alla sua posizione. Tanto ciò è vero
che l’art 1, comma 70, della stessa legge prevede che il termine decennale
massimo di collocamento fuori ruolo - oltre a non applicarsi “ai membri di
Governo, alle cariche elettive, anche presso gli organi di autogoverno” - non
si applichi neanche ai soli “componenti delle Corti internazionali comunque
denominate”. Lo stesso CSM, in numerose delibere ed in conformità ai pareri
dell’ufficio studio, sottolinea per l’appunto che il principio del limite
temporale è quello di non distogliere il magistrato dalle funzioni connaturali
al proprio lavoro.
Poiché però il Consiglio (o meglio le correnti che se
ne sono impossessate), è un padre buono nei confronti dei figli “affettuosi”,
certamente può inventarsi qualcosa.
Perché lui (rectius le correnti”) è al di sopra della
legge e può questo ed altro.
Ed è così che, appena prima della pubblicazione della
legge, ma, guarda caso, durante i lavori preparatori della stessa, di cui il
CSM doveva essere a conoscenza, il 6.10.2012 viene emanata una nuova delibera
che deroga abilmente ai limiti temporali che la legge, in vigore da lì a poco, avrebbe
imposto ai magistrati fuori ruolo ed oblitera anche la norma che sancisce il
numero totale dei magistrati collocabili fuori ruolo.
Essa stabilisce infatti che, ogni qual volta si tratti
di progetti dei quali il C.S.M. è
partner, i magistrati italiani selezionati per partecipare ad essi debbano
fruire dell’esonero dal lavoro ordinario anziché essere collocati fuori ruolo.
Con l’evidente vantaggio per questi ultimi non solo di conservare il proprio posto ma anche di non
veder decorrere il termine massimo di 10 anni di collocamento fuori ruolo.
Pare quasi superfluo menzionare che si tratta di posti
che comportano anche vantaggi economici e in relazione ai quali per tanto tempo
non sono mai stati neanche pubblicati i bandi di concorso e, quando pubblicati,
la selezione è avvenuta con i criteri consiliari che, ahimè, ormai tutti
conosciamo (modello correntizio: eteropropozione, autopromozione, cene in terrazza,
rapporti amicali ecc.ecc.).
Al definitivo sdoganamento dell’applicazione
dell’esonero totale il CSM perviene in assenza di qualsiasi base legale, ed
esclusivamente sulla base della sua stessa giurisprudenza, ovverosia della
delibera del 22 settembre 2010 e della relazione n. 443/2010 predisposta
dall’ufficio studi su richiesta della Sesta Commissione dello stesso CSM (!!!).
Viene così sancito il principio: io me la canto, io me
la suono, poi me la ricanto e me la risuono e poi la spaccio come vangelo.
Altrettanto bizzarra è la giustificazione che il CSM,
a sostegno del curioso principio, allega nella successiva delibera datata 25
febbraio 2016: rientrando tra le
funzioni del CSM “quella di assicurare la formazione e la permanenza di
un adeguato bagaglio professionale dei magistrati”; tenuto conto “del rilievo
che la prospettiva internazionale, ed in particolare modo continentale, ha
assunto nell’esercizio ordinario e quotidiano della funzione giurisdizionale”,
e considerato che da ciò deriva che “l’impegno
di magistrati italiani in contesti internazionali di cooperazione e formazione
costituisce un patrimonio di sicura ed estrema utilità per l’incremento e la
promozione del bagaglio professionale del singolo coinvolto – che
inevitabilmente riverserà nel successivo impegno ordinario le conoscenze
acquisite – e della magistratura tutta”, l’attività che questi magistrati
svolgeranno non può che essere considerata “funzione propria specifica ed
esclusiva dell’Organo di governo autonomo della magistratura”.
Quindi – attenzione –
il grande impegno professionale del magistrato in campo internazionale
che aumenterà il suo bagaglio professionale e, “a cascata”, quello di tutti i
suoi colleghi, gli farà meritare l’esonero totale piuttosto che il collocamento
fuori ruolo perché profuso nei progetti gestiti dal CSM - di cui sono
considerati una sorta di longa manu – dove, guarda caso, lo stesso CSM
seleziona “discrezionalmente” i partecipanti.
Per spiegarlo con parole più semplici: se un
magistrato si è sudato il proprio posto in campo internazionale con colloqui ed
esami sostenuti presso l’organismo internazionale (o l’istituzione di altro
Stato Membro dell’UE) il CSM continuerà, correttamente, ad applicare il collocamento fuori ruolo e il magistrato,
decorsi 10 anni, non potrà che rientrare in ruolo così come previsto dall’art 1,
comma 68, della legge 190/2012.
Se invece il magistrato viene selezionato dal Csm per
svolgere quella stessa attività da parte del CSM, sulla base di appartenenza o
“fiancheggiamento” correntizio o magari di mera amicizia con il consigliere,
invece di essere collocato fuori ruolo, cosicché detto collocamento possa
essere regolarmente computato nel termine decennale, viene "esonerato
totalmente" dall'esercizio delle sue funzioni, mantenendo così integro
"il pacchetto dei 10 anni di possibile collocamento fuori
ruolo".
Va nuovamente sottolineato che la “innovativa”
applicazione dell’esonero totale non presenta solo problemi di disparità di
trattamento ma anche e soprattutto problemi di mancata garanzia di continuità
della funzione giudiziaria relativamente alla sede occupata dal magistrato.
Infatti, mentre il collocamento fuori ruolo permette
al Consiglio di porre rimedio ad una situazione di vuoto, consentendo una
veloce copertura del posto lasciato libero dal magistrato, il “congelamento del
posto” per il magistrato esonerato, se certamente avvantaggia quest’ultimo
facendogli ritrovare al ritorno il suo bel posticino, certamente arreca
pregiudizio all’ufficio di provenienza nonché ai colleghi che del suo lavoro
dovranno in qualche modo farsi carico.
Che diversi magistrati abbiano fruito di questo
curioso strumento ce lo dice espressamente lo stesso CSM nella “Risoluzione in
materia di inquadramento giuridico dei magistrati incaricati dei progetti
internazionali di collaborazione con istituzioni e organismi internazionali
(Delibera Plenaria del 22 luglio 2020)
in cui finalmente, dopo ben dieci anni dalla prima bizzarra delibera, il
Consiglio si “rende conto” che “la circostanza che il magistrato impegnato nel
progetto internazionale patrocinato dal Consiglio Superiore sia promanazione
diretta di quest’ultimo non esclude che lo stesso possa essere collocato fuori
ruolo.”
E’ finalmente lo stesso CSM che nella citata delibera
afferma che esistono una serie di norme che possono costituire una valida base
legale per il collocamento fuori ruolo del magistrato alle quali lo stesso CSM
è sottoposto così come i suoi magistrati selezionati arbitrariamente.
Ma guarda un po’, gli ci sono voluti ben dieci anni (e
vari protetti esonerati) per accorgersene nonostante l’esistenza di tante menti
sopraffine presso il suo ufficio studi (per carità, selezionati per indubbio
merito, mai per bieca appartenenza e/o obbedienza correntizia) ed altrettante menti
sopraffine votate da numerosissimi magistrati che mai ricorrerebbero al
sorteggio perché vogliono essere ben sicuri che i votati siano gli eccelsi.
Ora vi chiederete: ma almeno dopo dieci anni si
metterà fine a questo scandaloso, imparziale e dannoso trattamento?
Piacerebbe pensare di sì ma pare proprio di no.
Infatti il CSM (rectius le correnti) - che non può proprio fare a meno di
conservarsi quello spazio di arbitrarietà che lo contraddistingue - asserisce
che “varie potranno essere le soluzioni da adottare per regolamentare lo status
dei magistrati chiamati a ricoprire incarichi internazionali conferiti dal
Consiglio.” Da notare che nel proseguo della delibera il CSM, pur facendo
apparentemente riferimento a dei limiti temporali, comunque estensibili, per
l’utilizzo dell’uno o dell’altro strumento, mai utilizza la parola “deve” ma
sempre la parola “può” farsi ricorso al collocamento fuori ruolo e/o esonero
totale. Eppure lì sono tutti giuristi e ben conoscono la differenza tra dovere
e facoltà.
E poi cita una serie di elementi da valutare, tempi, proroghe, esigenze e blablablablabla…
A completare il quadro della fantasiosa attività del
CSM, non si può non fare cenno ad alcune delibere dell’organo consiliare in cui lo stesso, dopo essersi letteralmente
sperticati per garantire un esonero dal lavoro ordinario ai “figli affettuosi”,
quasi per ripicca decide invece che ai magistrati che abbiano svolto funzioni
giudiziarie presso tribunali dell’ONU o dell’Unione europea quali EULEX o UNMIK
vada computato anche questo periodo ai fini del decorso del decennio (inutile
dire che in questi casi il CSM difficilmente può influenzare la scelta del
candidato operata da altro organismo internazionale) sebbene la legge
190/12 e le stesse circolari del
Consiglio prevedano espressamente che il periodo in cui il magistrato abbia
svolto funzioni giurisdizionali presso “Corti Internazionali comunque
denominate” non debba computarsi ai fini
del periodo decennale fuori ruolo.
Quale soluzione si inventa il CSM per superare questo
banale ostacolo? Che queste Corti non sono internazionali (poveri professori di
diritto internazionale che non lo sapevano e hanno scritto articoli su articoli
sulla natura internazionale di queste cd Corti internazionali ibride!!!)
Insomma, non si può che concludere che alla fin fine,
altro che scandali e appelli alla coscienza dei consiglieri – il CSM continuerà
a fare tutto ciò che ha sempre fatto, ovverosia “quel che gli pare e piace”.
Con il plauso della politica che "può", l'ANM/CSM è " la coppia più bella del mondo, e ci dispiace per gli altri"!!! Chi non capisce un assunto così semplice e lineare, non merita nessuna considerazione
RispondiEliminaEsatto! In una sola parola e niente di più!
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