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giovedì 21 marzo 2024

Guido Salvini: io inviso al potere, ma sul mio lavoro parlano i numeri



Riprendiamo da Il Dubbio lo scritto di Guido Salvini, un'autodifesa non dovuta di un magistrato che ha trattato un'infinità di processi difficili. 
Il cronista distratto vede la goccia sul pavimento ma non l'acqua spalata.
La lettura dell'articolo denigratorio sul Corriere della Sera (che trascura del tutto le statistiche del lavoro svolto da Salvini)  dimostra che taluni fanno danno quando lavorano, meglio un lavativo in redazione che un cronista disattento. 
I magistrati si valutano per quello che fanno; se si guardasse al non fatto sarebbero tutti da licenziare, visti i carichi dei ruoli di ciascuno.    

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La replica dell’ex magistrato a un articolo del Corsera: “Ho lasciato l’incarico da Gip a dicembre senza misure cautelari pendenti e con tutti i processi di rilievo per la collettività o conclusi o fissati”

Guido Salvini
20 marzo, 2024 • 22:50


Dispiace che il lungo ed astioso articolo del Corriere spari, con pretese di scoop, volutamente alle ombre, ed è ovvio perché è un articolo che ha il fine preciso che diremo alla fine, senza servire affatto a comprendere i problemi della giustizia a Milano.

Ho lasciato l’Ufficio quattro mesi fa – per questo la chiamo una vendetta postuma, studiata all’“interno” – senza alcuna misura cautelare pendente, nessuna intercettazione, nessuna archiviazione, nessuna sentenza fuori termine e con tutti i processi di rilievo per la collettività o conclusi o fissati.

Non ho mai ricevuto in questi anni, da pm o avvocati difensori, nemmeno di persone offese, richieste di sollecito o lamentele per qualche fascicolo urgente in attesa. Questo per non parlare, non dovrei farlo io, dei grandi processi di interesse collettivo terminati nella soddisfazione di tutte le parti, da Monte dei Paschi alle violenze degli ultrà interisti al fenomeno dei trapper, da tristi e complesse colpe mediche a un monumentale giudizio abbreviato per mafia, la cosiddetta cosca Aquilano, concluso, in un contesto difficilissimo di scontro tra accusa e difesa, con molte assoluzioni in soli 3 mesi nell’estate 2023, e senza pretendere mesi di esonero dall’arrivo dei fascicoli ordinari come chi mi aveva preceduto nel corso delle indagini. Nemmeno un giorno: i capi dell’ufficio lo sanno benissimo e tacciono. E, per concludere, il caso della loggia Ungheria, con 65 parti civili, finito in fotofinish una settimana prima del congedo.

Ovviamente in un ufficio come quello dei Gip, sotto organico da quando è nato (lo ha scritto molte volte anche il presidente del Tribunale), non ci sono “ruoli zero”, molti fascicoli restano in attesa e transitano da chi esce a chi subentra. Ma se stai attento, sono quelli di seconda e terza linea, non rilevanti in termini di pericolosità o di efficacia preventiva, spesso nati morti e destinati a fare poca strada, con le regole e le limitazioni introdotte dalla riforma Cartabia: quelli che nei corridoi chiamiamo scherzosamente “carte buone per un’amnistia” (per inciso, sarebbe una buona idea), carte senza sbocco, che non hanno un futuro significativo in un’aula.

Ci sono quelli che arrivano anche da altre sedi giudiziarie quasi prescritti e con la sorte segnata. Quello con 44 imputati che cita con enfasi il Corriere, ad esempio: un “falso in supporti Dvd” arrivato a Milano già in agonia da un’altra sede. Spesso ci sono richieste zoppicanti presentate dai Pm (non è una critica) tanto per fare statistica e liberare la stanza di un po’ di carte: un fenomeno che dopo la riforma dovrebbe pian piano attenuarsi, liquidando all’origine i processi inutili. Se il Corriere vuole, possiamo esaminare i miei fascicoli uno a uno: credo che dopo pubblicherebbe un articolo ben diverso.

Non c’è nessuna pendenza urgente o impegnativa nel ruolo che ho lasciato, un’autostrada sgombra per chi è chiamato a succedermi e che ha goduto anche dell’omaggio del mio archivio informatico e del completo know how per tutti i fascicoli. Lasciando l’ufficio a dicembre, avevo fissato fascicoli sino a maggio, non oltre. Si fa così, sembra un dettaglio ma è quello che smonta tutta la malevola narrazione del Corriere, perché non ci sovrappone mai a chi subentrerà, di cui non si conoscono tempi, modi, e organizzazione del lavoro che vorrà darsi, soprattutto se è una collega con una recentissima maternità.

Quando ero arrivato nel 2017 avevo trovato una richiesta di misura in carcere pendente per 35 accusati di associazione per delinquere transnazionale, ma non me ne lamento. L’ho fatta e basta.

Nell’articolo si leggono anche frottole, ne cito solo una: l’elenco dei processi è stato redatto regolarmente dalla Cancelleria su mia richiesta e messo a disposizione dell’Ufficio il giorno stesso del mio congedo. Poi non ci sono 900 archiviazioni pendenti ma zero, ripeto zero, tutte fatte e firmate. Semplicemente il nostro ufficio archiviazioni, per la mancanza di personale che conosciamo, non le ha ancora “registrate” e sono ferme addosso a una parete…

E so bene, anche questa è una astuzia giornalistica, che oggi parlare di Codice rosso ha un forte effetto evocativo. Ma tutti i seri processi in Codice rosso, potenzialmente pericolosi, erano già stati fissati o definiti, e rimanevano solo vecchi conflitti in famiglia da tempo risolti e a volte da non riaccendere, piccoli episodi datati e accuse a stranieri o persone offese irreperibili, in nessun modo definibili come priorità. Infatti, grazie a una selezione attenta e intelligente dei singoli casi, in danno di vittime che avevano presentato denunce non è mai successo niente, a differenza, purtroppo, di altre sedi giudiziarie.

Per intendersi in termini di numeri, senza ingannare i lettori, ogni Pm, certo senza sua colpa, ha di norma in ufficio anche 1.000 fascicoli. Io nel 2022 ne chiusi più di 280, poco sopra la media dell’ufficio, avevo deciso su ben 158 misure cautelari (e qui avevo invece il numero largamente più alto di tutti), e solo negli ultimi giorni di servizio avevo definito qualcosa come 1.150 archiviazioni. Ed è normale che ai nuovi arrivati, quando non ricevono il ruolo di un magistrato in uscita, si redistribuisca qualcosa, per il semplice fatto che non hanno ancora neanche un fascicolo. Di cosa si parla quindi con toni scandalistici? Di niente.

I fascicoli in stand by presso tutti, dico tutti, gli uffici del Tribunale di Milano sono una quantità enorme, decine e decine di migliaia: se non fosse così, non ci sarebbe il Pnrr e gli allarmi continui di tutti i capi ufficio. E a volte restare indietro non è il genere di fascicoletti che mi vengono attribuiti. Ricordo richieste di misura cautelare urgenti anche in materia di criminalità organizzata pendenti in uffici a pochi passi da me da oltre un anno, sentenze depositate dopo mesi e mesi, appelli, anche per processi importanti di criminalità amministrativa, ancora pendenti dopo 3 anni. E a me non è mai accaduto.

Può sembrare elevato dal punto di vista meramente numerico il residuo lasciato, ma non è nulla, sul piano quantitativo e qualitativo, in confronto alle migliaia e migliaia di fascicoli conclusi in questi anni. Quella che mi ha colpito è solo un’operazione di fredda disinformazione giudiziaria che gioca sull’inesperienza del lettore medio.

Ripeto: nessuno, né accusa né difesa, si è mai lamentato con me, e questa è la cartina di tornasole, insuperabile. Anzi, tantissimi avvocati hanno mostrato rincrescimento per il fatto di non trovarmi più, sempre “garantista” e disponibile ad ascoltare tutti, in aula come Gip o Gup, sopratutto nei giudizi abbreviati, rito che non a caso tantissimi con me sceglievano, con un aumento esponenziale, sul piano qualitativo, dell’impegno. Sfido chiunque, l’autore dell’articolo per primo, a dimostrare il contrario. Se qualcuno volesse scrivere di una lamentela nei miei confronti si troverebbe con la pagina bianca.

Ci sarà invece di certo, dietro tutto questo, qualche invidia, lasciata, inevitabilmente, in eredità. E anche qualche rancore a lungo coltivato. Sopratutto perché io ho spesso osato criticare, da giudice non “associato” e anche sulle colonne del Dubbio – e queste sono aggravanti – il mio mondo di appartenenza. Alla fine, in un modo o nell’altro, i dissenzienti si colpiscono, e possibilmente alle spalle.

Non ho mai chiesto medaglie, non ho mai fatto domande per passare a un ufficio non di prima linea e neanche per diventare capo ufficio, perché senza in tasca la tessera di una corrente sarebbe stata una domanda inutile. Anche dopo Palamara da noi non è cambiato niente. E anche perché non mi piaceva, per non rischiare di imitare quei capi tra noi che si vedono cinque mattine la settimana e poi si dedicano con maggior soddisfazione ai loro incarichi universitari.

So che non mi devo rimproverare alcunché, dopo essere andato in congedo con 80 giorni di ferie arretrate e aver passato negli ultimi anni quasi tutti i sabati e le domeniche in ufficio. Lo sanno tutti, i cronisti di giudiziaria e anche le guardie del Palazzo che mi salutavano, anche con un certo stupore, a tardissima, proprio tardissima sera, anche notte. Forse è questa la “sorpresa” di cui parla l’articolista.

Per concludere, il Corriere si è rifiutato di pubblicare un articolo di questo genere. Non ne dubitavo.

2 commenti:

  1. più che di cronista disattento parlerei di magistrati e cancellieri spioni-avvoltoi.
    certo! il corsera non scherza: prende la palla al balzo e fa il becchino. infatti, da notizia-trafiletto l'ha trasformata in notizia-bomba.

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  2. Si rimescola e si impasta aria fritta per profili negativi a carico di un magistrato che mai ha aderito a correnti e pertanto mai ha chiesto incarichi direttivi, causa primaria di una giustizia in coma irreversibile. In questo sventurato paese, il cittadino comune ritiene che se si ha torto marcio, l’unico modo per avere ragione è quello di rivolgersi alla giustizia, trascinando a forza il povero sventurato che ha ragione in processi su processi all’infinito, motivo per cui i procedimenti si contano a milioni.

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