Passato il Ferragosto torna d'attualità il caso della consigliera del CSM Rosanna Natoli contro la quale la procura della Repubblica di Roma ha avviato un'indagine con due ipotesi di reato, il tentato abuso d'ufficio e la rivelazione del segreto d'ufficio.
Pare che a settembre, alla ripresa dei lavori del Consiglio Superiore, si affronterà la questione se "dimettere" d'ufficio la consigliera che non ha assecondato gli inviti alle dimissioni "spintanee".
Ciò sulla base di una norma del 1958 secondo la quale il consigliere sottoposto a procedimento penale può essere (temporaneamente) estromesso dal CSM se a chiederlo è la maggioranza dei due terzi dei colleghi.
Senonché, va notato, nel 1958 era in vigore un altro codice di procedura penale, c'era il giudice istruttore (il PM era una sua mera ancella), il soggetto sottoposto a procedimento penale acquisiva immediatamente la qualità di "imputato" e partecipava all'assunzione dei mezzi di prova nell'istruzione formale.
Oggi si diventa imputati solo all'esito delle indagini preliminari, dopo che vi sia stato un vaglio del materiale d'accusa raccolto contro l'interessato.
Per essere sottoposti a procedimento penale, al giorno d'oggi, basta un nulla: un pazzo ti denuncia e finisci nel registro degli indagati.
Ci basta questo per legittimare l'esercizio di poteri coercitivi verso il malcapitato?
Diremmo di no.
Che altrimenti la presunzione d'innocenza, recentemente rafforzata con l'introduzione dell'art. 335 bis cpp, sarebbe ridotta ad ipocrisia da forcaioli.
Per giunta, di qui a pochi giorni, cadrà l'accusa relativa all'abuso d'ufficio, non più penalmente perseguibile in quanto abrogato.
Il che innesterà anche un problema di competenza perché l'atro reato, la rivelazione del segreto d'ufficio, sarebbe stato consumato a Catania e non a Roma.
Chi vivrà vedrà.
Proprio l'ipotesi della rivelazione del segreto resta, comunque, la più interessante.
In sostanza la consigliera Natoli nel dialogo (registrato a sua insaputa dall'interlocutrice) aveva dichiarato di violare il segreto della camera di consiglio nel rivelare che la difesa troppo accorata dell'incolpata aveva determinato un cambiamento d'idea del collegio giudicante che le applicò una sanzione molto più grave di quella in un primo tempo stabilita.
Bisogna stare attenti a come ci si difende ed anche a scegliere un avvocato non troppo combattivo, sembrava suggerire la consigliera al magistrato "indisciplinato".
La qual cosa dovrà, d'ora in poi, mettere in guardia tutti i magistrati giudicati dalla Sezione Disciplinare del CSM e consigliar loro di adottare strategie difensive che risultino gradite al giudice, che altrimenti quello poi si vendica con la sanzione.
E' un'ipotesi talmente grave - e perciò assurda - che viene da pensare che quello rivelato non fosse un "segreto" ma una fandonia.
E se era una fandonia il reato (quel reato) non c'è.
Ma allora perché scomodare una norma del 1958, oltreché abrogata sicuramente incostituzionale se letta con la lente (opacizzata dal tempo) che usano al CSM?
Se realmente esistesse un giudice illegalmente vendicativo, rivelarne l'operato sarebbe un merito, non un reato.