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sabato 6 ottobre 2007

Fannulloni e riforme mancate


di Paolo Carfì
(Giudice del Tribunale di Milano e Componente della Giunta Distrettuale di Milano dell’Associazione Nazionale Magistrati)

E le riforme necessarie a far funzionare un sempre più scandaloso e imballato processo penale?

Le auspicate, annunciate, strombazzate riforme – necessarie come non mai per provare a non essere più la vergogna d’Europa – che fine hanno fatto ora che è decorso un anno e mezzo dall’insediamento del nuovo Governo e del nuovo Parlamento?

Vagamente ricordo che importanti esponenti politici dell’allora opposizione con gran strepito promettevano l’avvento di un’era nuova e luminosa per la Giustizia italiana:

- nuovi strumenti processuali sarebbero stati messi a disposizione degli operatori del settore per dare rapida risposta a chi da anni l’attende, imputato o parte lesa che sia (forse più quest’ultima che il primo, a dire il vero );

- le c.d. “leggi vergogna” (compresa – qualcuno dovrebbe ricordarlo agli interessati – quella riforma della recidiva bollata come “classista” e feroce solo con i “poveracci”) sarebbero state abrogate immediatamente allo scopo di porre riparo ai gravissimi danni arrecati al sistema processuale, al sentimento democratico del popolo italiano, al prestigio internazionale del nostro paese;

- nuovo personale amministrativo avrebbe fornito sangue nuovo a un corpo ormai esausto contribuendo con gioia ed entusiasmo alla realizzazione di un avveniristico progetto: l’ufficio del giudice!

Così dicevano. Poi l’opposizione è diventata maggioranza. E in effetti ci insultano meno che in passato.

Il giorno 18 settembre celebro un’udienza monocratica fissata dal precedente 25 di giugno con programmato impegno anche nel pomeriggio a decorrere dalle ore 15.00, orario per il quale (per limitarne i disagi) è stato convocato un testimone proveniente da Napoli.

Da almeno due anni a causa della carenza di personale, il Tribunale di Milano non tiene ufficialmente (con tanto di circolare presidenziale) udienza monocratica oltre le ore 14.00, ma “forte” delle promesse di cui sopra e ritemprato dalle meritate (si può ancora dire?) ferie, ero convinto che una comunicazione fornita con quattro mesi di anticipo fosse sufficiente a permettere il reperimento di un segretario di udienza.

E in effetti qualche miglioramento rispetto al passato deve esserci stato se è vero che dopo affannosa ricerca in tutto il Tribunale di Milano mi è stato comunicato il positivo esito della ricerca: l’assistenza (l’ ufficio del giudice!?) era garantita con apposito ordine di servizio fino alle ore 15 e 12 (dodici) minuti: ribadisco 15 e 12 (dodici) minuti.

Mi astengo dal riferire i miei pubblici commenti e i metodi utilizzati per “prolungare” il servizio almeno fino alle 15.30 e non dover comunicare al solerte testimone che o mi diceva tutto in otto minuti (al netto delle formalità di apertura e chiusura del dibattimento e sperando nella puntualità di tutti) o doveva tornare un’altra volta nella nostra ridente città perchè il Tribunale alle ore 15 e 12 chiude!

Mi limito a questo solo piccolo episodio perché intanto chiunque abbia la voglia di leggere le mie “lamentazioni” sa bene in quali condizioni versa il sistema, sotto tutti i profili.

Ora, che ci siano giudici fannulloni e situazioni scandalose è assolutamente vero così come è assolutamente vero che non sempre l’accertamento e la sanzione interviene con la dovuta tempestività e severità.

E certo è triste constatare quanto ampio sia il discredito che i fannulloni gettano sull’intera categoria.

Però il disastro del nostro sistema processuale penale favorisce i “fannulloni” che, se proprio non la fanno troppo grossa, tra le “cause di giustificazione” potranno sempre provare a strumentalmente inserire – con qualche non remota possibilità di successo – anche tutte le disfunzioni che opprimono le nostre giornate lavorative, che spesso impediscono di lavorare anche a chi ne ha mantenuta la voglia e che tanto contribuiscono a diffondere un sempre più opprimente senso di un inutile girare a vuoto.

Eppure ci sono riforme a costo zero che potrebbero certamente contribuire a ridare un minimo di credibilità al nostro lavoro. A solo titolo di esempio, scrivendo di fretta e senza alcuna pretesa:

- rendere meno conveniente di quanto sia oggi il non accedere ai riti alternativi confidando nella maturazione del termine di prescrizione divenuto il più rapido (questo sì) del continente. Come? Per esempio stabilendo, come avviene altrove in Europa, che la prescrizione non opera più oltre la definizione di una certa fase processuale (iscrizione nel registro degli indagati, chiusura delle indagini preliminari, sentenza di primo grado ma non oltre) in uno con un ampliamento della possibilità di accedere ai riti alternativi ma abolendo nel contempo l’ulteriore “patteggiamento” sulla pena oggi sempre invocabile in appello e che spinge non pochi a percorrere tutti i gradi del giudizio sperando nel tempo che passa e sapendo che, mal che vada, si “patteggerà” in Corte;

- semplificando la materia delle notifiche, in particolare quelle successive alla prima: chi non si è imbattuto, ad esempio, nella paradossale situazione di dover rinviare il dibattimento su richiesta dello stesso imputato a cagione di un dedotto impedimento per motivi di salute magari “scadenti” il giorno dopo e di non poter aggiornare il processo all’udienza già programmata a breve in quanto manca il tempo per notificare all’imputato (che magari nel frattempo ha cambiato o revocato il domicilio eletto o dichiarato) l’ estratto dell’ordinanza con la quale viene accolta la richiesta da lui stesso formalizzata e presentata in udienza dal suo difensore di fiducia che prende atto dell’accoglimento e del rinvio!: neppure la Corte Europea dei diritti dell’ uomo pretende tanto;

- prevedendo – è scandaloso pensarlo? – un procedimento incidentale per l’esaurimento delle eccezioni di nullità in un tempo ragionevole, così da evitare l’azzeramento di questo o quel processo dopo anni e anni.

Di queste “banalità” si è a lungo parlato in passato ma da un po’ di tempo a questa parte tutto tace a livello politico (e le comunicazioni sull’iter della commissione Riccio non lasciano ben sperare su un positivo esito) tanto che a pensare male c’è da credere che, evidentemente, a pochi interessa una giustizia non dico efficiente ma almeno decente.

Ma il silenzio si avverte anche altrove.

Ricordo che allorquando nel novembre scorso si affrontò la difficile questione se proclamare o no uno sciopero per protestare contro la riforma dell’ordinamento giudiziario, l’opportuna decisione negativa fu però accompagnata da quella di premere per la messa in cantiere delle ineludibili riforme, valutare in tal senso l’effettivo spirito riformatore della nuova maggioranza e – in caso negativo – far sentire alta e forte la nostra voce, la nostra delusione, il nostro dissenso, sempre ovviamente nel rispetto del nostro e altrui ruolo.

Almeno per poter dire: non è solo e non tutta colpa nostra.

E se a questo punto innalzassimo ancora una volta – l’ultima – un cartello con scritto: “mettete chi fannullone non è nelle condizioni di lavorare e ai fannulloni veri togliete ogni alibi”?

A me sembra invece che l’unica reazione all’oblio in cui sembra essere caduta la “questione giustizia quotidiana” sia un rassegnato silenzio o al più un sommesso bisbiglio.

E come è noto, nelle attuali condizioni, spiegare estemporaneamente al vicino di ombrellone, all’amico e pure a qualche parente che non siamo tutti fannulloni è impresa titanica.


4 commenti:

  1. Egr. dott. Carfì, da semplice cittadino condivido tutte le "banalità" da lei proposte.Così come ho condiviso pienamente la trasmissione di Santoro "Annozero" che ha mostrato tutte le inefficienze della politica ma anche della magistratura.L'idea che mi sono fatto è che in questo Paese c'è un deficit di democrazia evidentissimo che si riflette anche sulla Magistratura che, al suo interno, annovera (oggi più che mai) non solo le cosiddette "toghe pulite".Ora, io penso che questi problemi hanno avuto un risalto così vasto, perchè oggi i mezzi di comunicazione, tra cui sopratutto internet, raggiungono la stragrande maggioranza della popolazione.Vent'anni fà, a mio avviso vi erano gli stessi problemi, ma ahimè non c'era Internet.Non sarebbe più giusto rendere molto più selettivo il concorso in magistratura ??Non sarebbe altrettanto giusto, estendere la legge n. 29/'93 anche ai magistrati che adesso operano in regime di diritto pubblico??Perchè se il CSM accerta (??) che un magistrato ha sbagliato, questo viene trasferito e se a sbagliare,(magari per qualcosa di meno grave) è un dipendente privato questo viene licenziato??Perchè il magistrato, che prima di tutto è un uomo, e deve anch'egli mantenere la famiglia, sa già che entrando in magistratura avrà risolto tutti i suoi problemi legati al "posto di lavoro" ?? Insomma, quanti magistrati sono stati licenziati perchè hanno abnormemente sbagliato ???Io penso che la condizione di assoluto benessere personale, pressochè priva di rischi in quanto il contratto di diritto pubblico è in questo garante (ammenochè non si opera in aree a rischio criminalità, e anche lì molti magistrati sono silenti)purtroppo ne condiziona anche l'operato.Insomma, non vorrei sembrare qualunquista, ma come diceva mio nonno, "con la pancia troppo piena è facile fare indigestione". E' quello che è sempre accaduto e continua ancor di più oggi, a politici e magistrati.Con Stima RICCARDO L.

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  2. il problema non è solo la giustizia, ma quello di considerare lo stato e quindi anche la giustizia, come un'entità a cui non dobbiamo nulla, serietà, dedizione, eque tasse..., ma dobbiamo solo avere, servizi gratuiti, pensioni, doppio lavoro....
    Credo sia per questo che non vi è la volontà di riformare il nostro stato rendendolo moderno e competitivo, ma se ciò non avverrà saremo surclassati dal punto di vista economico dalle nazioni emergenti.
    distinti saluti.
    f colombo

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  3. PURTROPPO SI E' ARRIVATI ALLA SITUAZIONE IN CUI SIAMO CON UN LUNGO PROCESSO DI "SELEZIONE DELLA SPECIE" CHE HA PORTATO DENTRO GLI UFFICI GIUDIZIARI PERSONAGGI DI TUTTI I TIPI, PERSONAGGI CHE MAI DOVREBBERO GIUDICARE GLI ALTRI.
    E, COME SOSTIENE RICCARDO I. BISOGNA COMINCIARE A LICENZIARE CHI SI MACCHIA DI GRAVISSIMI DANNI NEI CONFRONTI DEI CITTADINI UTENTI DEL SERVIZIO GIUSTIZIA.
    CONSIGLIO TUTTI DI ANDARE A QUESTO SITO:
    www.casosannino.com PER AVERE LA PROVA DI COME LA VITA DEI CITTADINI POSSA ESSERE MACELLATA DA GIUDICI CHE HANNO AVUTO TUTTO IL TEMPO, PER ANNI E ANNI, DI FAR DANNO.
    E I LORO "CAPI" COSA FACEVANO?
    IL CASO LI' RACCONTATO NON E' CERTO UNICO......

    LUIGIA PADALINO
    NOVARA
    lpadalino@tiscali.it

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  4. Egregio Dott. Carfì anche io prima ero comunista ma,da quando ho conosciuto lei mi sono ricreduto in quanto lei mi ha condannato per MAFIA, io questo reato non l'ho mai commesso, a lei non le è importato niente della vita o della morte delle persone, io credo che lei ha dovuto condannarmi per dimostrare che era il piu' forte. Lei crede che è stato dalla parte della ragione ma con me ha sbagliato sicuramente.
    Con tutti i problemi che mi ha creato non è riuscito ugualmente a creare un MAFIOSO.
    Comunque non si preoccupi ho ugualmente fiducia nella giustizia.
    La saluto di cuore.
    GIRARDI LUIGI (COMO)

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