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giovedì 4 giugno 2020

Difese politiche e aggressioni corporative

di Nicola Saracino - Magistrato 

Alla seconda uscita in TV il dott. Luca Palamara sembra tradire minore emozione ed esercitare  più controllo su quel che dice, sempre senza contraddittorio ma questa volta con una opportuna appendice di commento alle sue dichiarazioni lasciata a più voci esterne (i giornalisti Belpietro, Polito e Gomez, oltre all’ex  magistrato Carlo Nordio).
Tralasciato in questa occasione che il sorteggio – eresia diabolica impronunciabile per le correnti  - sembra ormai essere comunemente accettato come l’unico rimedio contro la triviale degenerazione della magistratura italiana, saltano agli occhi due bugie che sfuggirebbero  solo ad un pubblico non specializzato.

La prima, più facile da individuare, è l’affermazione secondo la quale la lottizzazione non riguarderebbe i posti più importanti ma il resto dello spartibile (incarichi semidirettivi e posti in cassazione). Peccato che nella stessa trasmissione sia stata mandata  la trascrizione della conversazione nella quale Palamara diceva “se (la procura di)  Roma va ad M.I. , (la procura di) Perugia è nostra e ci mandiamo chi vogliamo noi”. 
Si tratta di due uffici apicali molto importanti, il secondo perché ha competenza ad indagare sui reati commessi da magistrati della capitale.  

Ma la vera balla -  di quelle  che a Roma direbbero “nun se po’ sentì” -  è quella secondo cui l’intervento del CSM a favore dell’iniziativa contro Salvini intrapresa dalla procura di Agrigento dipese dall’orgoglio corporativo che induce istintivamente a prendere le parti del magistrato aggredito dalla politica. 
A nessuno sfugge ormai che il dott. Luca Palamara praticava idee politiche vicine al PD, partito col quale sperava di candidarsi alle elezioni europee; che il vice presidente del CSM, esponente dello stesso partito, si sarebbe candidato di lì a pochi mesi col partito democratico per governare un regione del centro Italia. Che il procuratore di Agrigento ebbe contatti telefonici col dott. Luca Palamara che gli garantiva il sostegno del CSM ancor prima che l’inquirente avesse iscritto Salvini nel registro degli indagati.  Insomma quello di Agrigento era un "modello" di magistrato da premiare, secondo le esigenze del momento. 
Che il dott. Luca Palamara non sia sensibile alle fortune della corporazione più di quanto appaia esserlo verso la politica (verso una precisa area politica) si ricava con immediatezza dall’atteggiamento da lui tenuto in altre occasioni nelle quali fu artefice di vere e proprie aggressioni verso magistrati che indagavano “in direzione ostinata e contraria”. 
La più eclatante delle quali è senz’altro l’affaire De Magistris contro cui il dott. Palamara con l’amico Giuseppe Cascini alla guida dell’ANM dell’epoca invocò ogni falce disciplinare per estirpare la “mela marcia” poi divenuta acclamata  risorsa politica per la città di Napoli. Con l’appendice dell’azzeramento anche della procura salernitana che intendeva fare chiarezza sull’ostracismo riservato a Luigi De Magistris. 
Sempre con Napoli nel cuore il dott. Palamara  si era occupato, in tempi più recenti, del pubblico ministero Henry John Woodcok, sottoposto ad un risibile disciplinare per aver dato fastidio agli amici di Renzi ed in particolare a quel Lotti che poi aspirava a scegliersi il suo accusatore a Roma,  in compagnia di Palamara. 
Ebbene ci sentiamo di dire al dott. Luca Palamara che la sua prima uscita televisiva da Giletti su LA7 si lascia preferire per un tasso di sincerità superiore;   l’incipiente  scaltrezza del dott. Palamara esibita da Vespa è stata fortunatamente bilanciata dal dibattito che ha fatto seguito al monologo del reprobo del correntismo. 
Quello che molti vorrebbero “capo espiatorio”. 


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