Francesco Siciliano
(Avvocato del Foro di Cosenza)
L’Italia, si dice, è un paese di poca memoria, ma certamente una parte di essa sta nella Costituzione Repubblicana.
Legge fondamentale, questa, che, dalle macerie del fascismo, ha provato a ricostruire le regole di convivenza e reciproca limitazione tra i poteri dello Stato e quelle tra questi e le libertà fondamentali del cittadino in modo che, dopo gli anni di fascistizzazione dei poteri dello Stato e dei suoi simboli, l’Italia potesse incamminarsi, finalmente, in un percorso di democrazia.
Fondamentale in un paese che usciva dalla propaganda come strumento di comunicazione, tipico di ogni regime, è stata certamente la consacrazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e, soprattutto, i precisi limiti, consacrati nella norma superprimaria, attraversi i quali la stampa e ogni mezzo di comunicazione potesse essere sottoposto a censura.
Sempre da giurista per caso e in estrema sintesi, può dirsi che il tema delle libertà ha una particolare valenza nell’ambito del diritto pubblico posto che queste rappresentano la codificazione e la delimitazione dei rapporti tra lo Stato autorità e il singolo cittadino e ciò spiega il motivo per il quale le moderne costituzioni abbiano espressamente affermato e consacrato le libertà dei cittadini.
La puntuale affermazione di queste libertà nell’ambito della costituzione, non rappresenta, tuttavia, una mera enunciazione di principio ma, nel nostro ordinamento, ha portato ad una vera e propria autolimitazione dei poteri dello Stato che è costretto dalle norme positive a rispettare le libertà del singolo cittadino e a potere interferire sul loro esercizio nei modi previsti dalla legge.
Ciò ha consentito, quindi, di individuare nelle libertà dei cittadini, e in quella di libera manifestazione del pensiero, un vero e proprio diritto inviolabile o diritto assoluto che è assistito da tutta una serie di garanzie nei confronti dei pubblici poteri che sono azionabili e reclamabili nei confronti dello Stato.
In altri termini, la violazione di una libertà costituzionalmente prevista e riconosciuta al singolo cittadino legittima quest’ultimo a ricorrere ad un altro potere dello Stato quale la magistratura per sanzionare quella violazione eventualmente attuata da un altro potere dello Stato.
Si comprende, quindi, che la previsione costituzionale di una libertà, vista in questa ottica, non si risolve in una enunciazione di principio per l’ordinamento ma limita in senso proprio l’esercizio dei poteri dello Stato.
Il cittadino, quindi, nell’esercizio della libertà garantitagli e nella difesa di tale libertà è assistito da una serie di azioni possibili che lo pongono sullo stesso piano dei pubblici poteri, potendo ottenere la sanzione di un comportamento dello Stato per la salvaguardia della propria sfera di azione.
Tali libertà, infatti, godono di un elevato grado di garanzia nel senso che esse possono essere limitate dalle pubbliche autorità nei soli modi e nei casi previsti dalla legge o a seguito di un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria che, chiaramente, agisce anch’essa nei modi e nei casi previsti dalla legge.
Più in particolare per ciò che attiene alla libertà di informazione, la Costituzione Repubblicana all’art. 21, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 10 Dicembre 1948 all’art.19 e l’art 10 C.E.D.U. - Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché la Corte Costituzionale (ex plurimis Cort.Cost. 15/21 novembre 2000, n. 519) hanno affermato l’esistenza, non solo e non tanto, del diritto all’informazione, ma anche e soprattutto del diritto dei cittadini ad essere informati che, ovviamente, presuppone la pluralità dell’informazione con riferimento a tutti gli aspetti culturali del paese.
Diritto quest’ultimo che evidentemente non può essere imposto per legge all’editore privato stante il limite dell’art. 41 a mente del quale l’iniziativa economica privata è libera.
Diverso è il caso della RAI il cui editore è lo Stato attraverso il Ministero del Tesoro.
In altri termini se per l’editore privato (sia esso radiotelevisivo o di carta stampata) le leggi dello stato non possono e non debbono imporre alcuna completezza dell’informazione (intendendo per questa l’obbligo di informare gli utenti circa tutte le tendenze politiche, culturali ed economiche) ben potendo l’editore selezionare le informazioni da dare ( a parte i limiti della par condicio nell’ambito della comunicazione politica), diverso è il caso dello Stato che si fa editore poiché lo Stato nelle sue articolazioni soggiace innanzitutto alla Costituzione Repubblicana che della legge rappresenta la norma superprimaria.
Piaccia o meno agli eletti dal popolo (sic!), l’editore della RAI (finanziata dai cittadini non solo per il canone ma soprattutto perché l’azionista è lo Stato cioè l’ente che incamera le entrate tributarie dei cittadini e successivamente le redistribuisce in attività, investimenti e servizi) cioè lo Stato è soggetto alla Costituzione Repubblicana e nell’esercizio della informazione deve rispettare i principi propri dell’art. 21 Cost., lato passivo, cioè il diritto dei cittadini ad essere informati.
Questa è in estrema sintesi la situazione giuridica dei diritti degli utenti RAI e dei giornalisti RAI e, in nessuna norma di legge si troverà scritto che questo diritto costituzionale possa essere delimitato o mediato dai partiti politici che, viste le percentuali dei votanti, rappresentano solo una parte (seppure maggioritaria) dei cittadini italiani.
In altri termini nella Costituzione non vi è distinzione tra amore e odio né una strettoia per cui lo Stato possa con la sua televisione limitare l’informazione a ciò che dettano i partiti politici dovendo invece cercare di informare su ciò che accade nella totalità dell’universo dei cittadini.
Emblematica in questa direzione è l’enorme numero di utenti televisivi (circa 5-6 milioni di persone dati non contestati) che settimanalmente segue Annozero il cui messaggio culturale a più voci e la cui informazione quasi sempre descrive un paese diverso da quello riassumibile nelle dichiarazioni di ogni leader politico.
Esiste, infatti, in Italia un numero cospicuo di persone (circa 15 milioni) che non esprime un voto politico non scegliendo tra bianchi e neri, tra guelfi e ghibellini, che, allo stesso modo, ha diritto di essere informato e di manifestare liberamente il proprio pensiero anche attraverso la scelta di un tipo di informazione assolutamente fuori dal coro.
A chi ritiene di poter sempre decidere non solo all’interno dei poteri che la legge gli assegna bisognerebbe ricordare che una cosa sono i diritti riconosciuti dalla legge altro è l’appartenenza politica.