Il “sistema Palamara” lo avevano chiamato.
Come se da solo fosse capace di “violentare” gli indifesi colleghi del CSM, imponendo loro la logica spartitoria che da decenni è la cifra che ne distingue l’operato.
Uno a me, uno a te ed uno a lui.
E non rompete le scatole con la motivazione delle nostre scelte che è ormai un’attività tanto faticosa quanto inutile ed ipocrita.
Se qualcuno dovesse scandalizzarsi non se la prenda con questo blog.
Che la motivazione sia un’autentica rottura di balle lo dice proprio la difesa del CSM nel giudizio avente ad oggetto una delibera di straordinaria importanza, quella che doveva “selezionare” i magistrati cui affidare la gestione della Scuola della Magistratura.
A questo
link può leggersi l’interessantissima sentenza (n. 330/2021) con la quale il Consiglio di Stato ha annullato non una sola, ma ben sei nomine di magistrati il cui ruolo di “professore” pare non fosse stato adeguatamente vagliato.
La massima articolazione del Giudice Amministrativo è costretta, per l’ennesima volta, a ricordare al CSM - attenzione al CSM del dopo Palamara - i fondamentali, lo stop di palla in sostanza.
Tutti ricorderanno la solita bufera all’italiana scatenatasi dopo che erano divenuti di pubblico dominio i contenuti delle conversazioni intrattenute da moltissimi magistrati col dott. Luca Palamara al quale si rivolgevano per perorare le cause proprie ed altrui.
Cartellino rosso al capro espiatorio, radiato dall’ordine giudiziario con poche garanzie processuali e dimissioni di molti consiglieri superiori rei di aver confabulato col reprobo.
Esemplare soluzione all’italiana dei casi complessi, un maquillage di persone per continuare allegramente come prima.
Senza aver compiuto una analisi seria ed approfondita per capire se i difetti fossero realmente attribuibili ai singoli individui o fossero, piuttosto, il portato di un sistema da riformare.
La plastica controprova dell’inefficacia di simili palliativi di facciata sta proprio nelle censure che, in nome del Popolo Italiano, il Consiglio di Stato ha mosso al Consiglio Superiore della Magistratura, quello reso migliore dall’epurazione dei “complici” del dott. Luca Palamara.
Due i passaggi più significativi che val la pena di riportare.
Il primo.
“A diverso esito non porta la preoccupazione – sulla quale insiste la difesa erariale e che trova, di suo, fondamento nella logica dell’interpello diramato dal CSM – di assicurare, all’esito della selezione, un’adeguata e strutturata compagine di designati, che potesse interpretare le “variegate esigenze della formazione dei magistrati” e che “rappresentasse un equilibrio (non certo facile) tra le diverse istanze provenienti dall’esercizio della giurisdizione su tutto il territorio nazionale”. Non possono essere questi i criteri di scelta, mentre – grazie anche al consistente numero di aspiranti - ben potrebbero essere questi, applicati i seri criteri della professionalità, i risultati raggiungibili mediante un’idonea istruttoria ed un’adeguata motivazione, alla luce di un oggettivo e trasparente confronto comparativo tra i candidati.
Quanto all’assunto che un effettivo impegno selettivo avrebbe imposto adempimenti impegnativi e defatiganti, si tratta, come è chiaro di un mero adducere inconveniens, che non ha rilievo ai fini dell’apprezzamento della legittimità amministrativa.”
E’ qui che la difesa del CSM tenta di sottrarre l’organo al dovere di spiegare, dar conto, ai cittadini delle sue scelte, al pari di ogni altra autorità investita di funzioni pubbliche non politiche.
Il CSM aspira cioè a dettare legge piuttosto che ad applicarla.
Ma il Consiglio di Stato è costretto a sillabare che l’unico atto a non richiedere motivazione è la legge e che quelli del CSM sono atti amministrativi che alla legge, invece, devono adeguarsi attraverso la motivazione.
Il secondo.
“Mentre, però, relativamente alla competenza del Ministro, la discrezionalità selettiva che la connota può arrivare ad assumere, per la natura strettamente amministrativa dell’organo e la responsabilità politica del Ministro, il tratto di una individuazione intuitu personae (cioè di una nomina ‘a scelta’, dove l’apprezzamento del merito professionale e della capacità rispetto all’ufficio ad quem sono rimessi all’autonomo apprezzamento discrezionale ministeriale), nel caso del Consiglio Superiore della Magistratura (che non è organo politico ma organo di alta amministrazione di rilievo costituzionale; cfr. ex multis Cons. Stato, V, 7 gennaio 2021, n. 215), la scelta va connessa non solo all’ufficio di destinazione, ma prima ancora alla particolare natura a struttura del CSM. E proprio in ragione del suo carattere di organo di governo autonomo a base composta ed essenzialmente elettiva, la valutazione tecnico-discrezionale orientata ad una tale selezione va condotta secondo canoni di trasparenza, di verificabilità, di idoneità e di razionalità che accentuino – rapportandoli alle caratteristiche di questo particolare organo di rilievo costituzionale – i connotati già propri di ogni attività amministrativa (cfr. art. 97 Cost. e 1 l. n. 241 del 1990), emancipandoli dai caratteri di una ripartita nomina ‘a scelta’. Sicché, nel rispetto dell’alta funzione propria dell’organo di governo autonomo, costituzionalmente ben distinta da quella ministeriale, e anche ad evitare che l’occasionale formula di rappresentatività del selettore prevalga sull’obiettiva valutazione comparata delle attitudini dei selezionandi, il vaglio della professionalità - in termini di merito e di attitudini - va svolto e congruamente motivato secondo rigorosi ed obiettivi parametri, strettamente professionali e non mai di altra natura o ordine.”.
Si deve gratitudine al Consiglio di Stato per essere ormai l’ultimo baluardo contro la politicizzazione della magistratura, negandole il diritto di cittadinanza costituzionale. Nel ricordare al CSM il rispetto delle regole quel giudice evita, almeno sul piano formale, che la giurisdizione sia consegnata al potere politico, specialmente se si considera che quel potere politico ha origine tutta interna alla magistratura e tiene i cittadini totalmente all’oscuro dei suoi intenti.
Oltre un secolo fa(1909) Gaetano Salvemini denunciava il dogmatismo delle università e coniava il termine " Baronie"; elencava poi i grandi mai della Scuola italiana. Negli anni sessanta, alla Scuola viene portato un attacco sistemico di proporzioni stratosferiche, paragonabile ai bombardamenti degli americani (1945)sulla linea per Berlino(v. Hannover: rimase in piedi un solo palazzo). Successivamente si è operato sui valori primari e sui principi a fondamento della dignità dei grandi ruoli, con la stessa violenza. Per primo cade il pudore. La giustizia si pone a capo dell'ingiustizia alla luce del giorno, e anche i più ripugnanti vermetti cercano di arrampicarsi sul carro del vincitore.
RispondiEliminail "Consiglio di Stato...l’ultimo baluardo contro la politicizzazione della magistratura"???
RispondiEliminaDevo ridere o piangere???
Magari leggere, Luigi.
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