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mercoledì 27 aprile 2022

Etologia giudiziaria

               

di Lorenzo Matassa - Magistrato
    

Ammetto che il tema che affronterò di qui a poco potrebbe indurre all’umorismo più di uno smaliziato lettore.

Forse ne abbiamo bisogno in tempi in cui, tra pandemia e guerra, diventa sempre più difficile articolare i dodici diversi muscoli facciali del sorriso.

D’altronde, non era il vecchio Sigmund che assumeva che il sorriso è il risparmio nel mondo economico dei sentimenti?

Si sorride allorché tutte le lacrime possibili sono esaurite.

Va bene… cercherò di non farla lunga con i preamboli e le premesse andando direttamente al punto in cui il mulo ed il magistrato hanno la loro confluenza.

Avete letto bene: questo articolo affronta – senza censure di sorta – un luogo di convergenza etologica mai prima d’ora esplorato.

Non giudicatemi, da subito, irriverente ed eversore dell’ordine giudiziario.

Non sono certo io che ho sollevato l’ardito accostamento, ma, addirittura, l’appena nominato Procuratore della Repubblica di Milano.

Insediandosi nel prestigioso incarico, solo tre giorni fa, Sua Eccellenza ha subito chiarito il punto di vista (molto siciliano) agli interlocutori meneghini.

La frase riportata da tutti i giornali sembra sia stata di questo tenore: “L’animale simbolo del lavoro del magistrato non è l’aquila né il leone, ma il mulo“.

Sicuramente, più di un milanese sarà rimasto di sasso nell’ascoltare e metabolizzare il paragone etologico.

Se non altro perché di quadrupedi ibridi, a Milano, non se ne vedono da molto tempo, mentre in Sicilia questi pazienti animali aiutano (in alcuni paesi delle Madonie) nella raccolta dei rifiuti.

Beh… è possibile che qualcuno, tra i magistrati, possa essersi sentito offeso.

Non certo colui che, in quella stessa sede giudiziaria, usava paludarsi di notte in pelle di volpe con due code.

Però, dobbiamo ammettere che, in un sol colpo, la maestosa natura del rapace e quella regalmente ruggente della criniera felina sono state oscurate dall’altisonante e cacofonico raglio asinino.

Se era un modo per dire che il vero uccello si vede in volo e che non basta fingere di ruggire per sentirsi dei leoni, suppongo che il messaggio sia pervenuto forte e chiaro.

Conoscendo la tempra dell’Eccellente etologo neo-insediato suppongo che molti, in quell’ufficio, dovranno farsene una ragione.

D’altronde – sempre alludendo alle leggi della savana – a volte il leone (quello vero…) deve fare sentire il suo ruggito quantomeno per ricordare alle gazzelle la loro paura.

Tuttavia, da convinto animalista, ci si permetta un suggerimento al capo dell’organo inquirente milanese.

Non vi è una natura etologica che specificamente possa essere accostabile a quella del magistrato.

O, meglio, se può affermarsi – con inequivoca certezza – che i nostri magistrati martiri sono stati aquile e leoni uccisi da sanguinari bracconieri, allo stesso modo può dirsi che altri (tradendo il loro ruolo) sono stati miserabili iene, avvoltoi o serpenti.

In questa giungla, savana o deserto (o come la si vuol chiamare…) della giustizia italiana poi vi sono tanti altri abitanti.

Alcuni sono degli ingombranti ippopotami, altri strani armadilli, altri ancora singolari ed impacciati ornitorinchi.

La nomofilachia, poi, genera comportamenti etologicamente scimmieschi.

Come in ogni eco-sistema, nello zoo della Giustizia italiana vi è di tutto.

Per questo motivo ritengo sia stato inappropriato, per il mulo, formulare il non preciso accostamento…


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P.S. E ci sono tanti struzzi che fanno finta di non vedere la devastazione che le correnti hanno creato nella magistratura...

sabato 23 aprile 2022

Le libertà dei "democratici".



 “Lo sa cosa ha dichiarato l’altro giorno il giudice Andrea Reale, componente del Comitato direttivo dell’Anm per Articolo 101? Considerato che questa riforma segna il successo delle correnti, ha proposto a tutti i rappresentanti dell’Anm di andare a fare un brindisi all’hotel Champagne o presso il bar Ungheria. Brindisi da fare nella prossima ‘notte della legalità’ (evento indetto dall’Anm nei prossimi giorni per protestare contro la riforma)”.

E’ quanto riportato dal quotidiano il Riformista a margine di un’intervista al dott. Luca Palamara il quale l’ha presa bene e  si è messo a ridere. 

Si sono offesi, invece, i correntisti di AREA Democratica per la Giustizia (per nulla riformisti, a differenza di Reale), a tal punto da isolare l’autore di quella provocazione abbandonando la chat whatsapp che include(va) tutti i componenti di  un comitato direttivo dell’ANM. 

Sono arrabbiati perché quelle cose Andrea Reale le aveva dette prima a loro e poi sono finite sulla stampa. 

Castratori di canguri, ovvero l’arte di acchiappare palle al balzo quando non si ha di meglio da fare e da dire.  

Ignoriamo come il giornalista conoscesse la proposta di Andrea Reale ma è riconoscibile il pretesto dei correntisti per bloccare la diffusione delle idee non collimanti con le proprie. 

Ove anche fosse stato lo stesso Andrea Reale ad aver diffuso l’"invito" alla festa dello Champagne  per festeggiare l’ennesimo regalo al Sistema messo in campo dalla finta riforma del CSM, ne aveva tutto il diritto. 

Perché è un atto di denuncia pubblica dell’inciucio tra le correnti e la politica. 

Che si sappia in giro, evidentemente, non piace ai “democratici”. 

sabato 16 aprile 2022

Vicini vicini




di Nicola Saracino - Magistrato 

E’ ormai chiaro a tutti che non sarà riformato un bel nulla. Quindi si brinda, anzi si sciopera!  

Il CSM verrà eletto su base politica con le candidature in mano alle correnti (i partiti togati) ed il sorteggio dei collegi (bestemmia, invocato invano) rafforza gli eserciti organizzati perché determina che i candidati non sono neppure conosciuti nel territorio ove le votazioni si svolgono; il voto sarà elargito per direttiva della corrente e vi saranno scambi elettorali abilmente concordati. La “disciplina” del voto è sempre stata un’arte correntizia. 

La separazione delle funzioni rispecchia quanto già è in atto, visto che i passaggi dalla magistratura requirente alla giudicante e viceversa sono già  da molto tempo una rarità; resta il fatto che le due categorie continueranno ad essere rappresentate nei consigli giudiziari ed al CSM, condizionandosi reciprocamente.

Questa simbiosi nell’ultimo ventennio non ha portato in dote più “giurisdizione” ai pubblici ministeri, semmai più “gerarchia” nella giudicante. 

Agli avvocati il contentino di un “voto unitario” (cioè un solo voto nell’ambito di organo collegiale) sul gradimento del magistrato in valutazione; se vogliono incidere sulla vita professionale dei magistrati, accettino  a loro volta di essere giudicati dagli stessi organismi a composizione mista.  Se calderone dev’essere è corretto che lo sia per tutti.  

Le porte tra politica e magistratura non hanno mai girato per i tipi alla De Magistris,  che raccolgono una valanga di voti e si dimettono dalla magistratura. I partiti, tuttavia, forse la smetteranno di riempire le loro liste elettorali con toghe sospette, a meno che non garantiscano loro un’elezione sicura che li ricompensi del sacrificio di non dover più scrivere sentenze o istruire processi.
 
Resta la lusinga dell’incarico d’oro, visto che il magistrato chiamato all’alta burocrazia dalla politica, oltre al “gettone” di circa 250.000 euro all’anno conserverà anche il suo stipendio, sebbene non metta piede in un’aula di tribunale. La politica si mostra piuttosto generosa coi subalterni, magari tornano utili quando vestiranno nuovamente la toga a capo di qualche ufficio di procura. 

Della serie mi ritorni in mente, pensando a Palamara: vengono introdotti due “nuovi” illeciti disciplinari consistenti nell’adoperarsi per condizionare indebitamente l’esercizio delle funzioni del CSM, al fine di ottenere un ingiusto vantaggio per sé o per altri o di arrecare un danno ingiusto ad altri e nell'omissione, da parte del componente del CSM, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire l’illecito disciplinare del condizionamento indebito. Ma quindi Palamara ed i consiglieri dello Champagne sono stati condannati senza una legge? 
E' solo fuffa, se si ammette il condizionamento “debito” del CSM,  che continuerà a legittimare la spartizione politico/correntizia.

In ultimo il fascicolo del magistrato che raccolga i suoi “insuccessi”, sentenze demolite o accuse non provate. E’, tra tutte, la vera mandrakata, degna del compianto Gigi Proietti. Al netto delle evidenti anomalie che abbiamo già segnalato, sarà divertente vedere come il governo attuerà la delega che sta per farsi dare dal Parlamento. Perché le valutazioni di professionalità del magistrato avvengono ogni quattro  anni ed i processi d’impugnazione durano mediamente molto di più. Quindi nessuno saprà che fine hanno fatto i provvedimenti del valutabile. 

Ogni riforma che riguarda la magistratura, per tradizione, va sugellata con uno scioperino dei magistrati: è il brindisi all’accordo tra la politica e le correnti che della prima sono la longa manus

Perché più  la politica si accanisce coi singoli magistrati, più è chiaro che vuole  rafforzare le correnti, i partiti togati, che avranno libero arbitrio su chiunque si mostri irrispettoso delle gerarchie politiche del momento storico. 

E così un’indagine "sensibile"  si farà solo se avrà il preventivo benestare dell’establishment; in caso contrario verrà stroncata con la punizione del colpevole, cioè dell’indagante impertinente.  

Il fatto che l’ANM stia proprio in queste ore allestendo il cerimoniale della protesta di rito,  conferma e rinnova la vicinanza tra politica e magistratura.  
 

giovedì 14 aprile 2022

Incostituzionalisti



Una categoria di nuovo conio.

Include quelli che se non sono d’accordo con un’idea la bollano di “incostituzionalità”, senza neppure spiegare perché.

Al massimo si arrischiano in una prognosi di non promulgazione, così anticipando il pensiero del Presidente della Repubblica.

Scartato il sorteggio temperato, senza motivi diversi da quello palese di conservare al Sistema il controllo politico dei magistrati, il correntismo esce assai rafforzato dalla finta riforma che il Parlamento si accinge a votare così come licenziata dal Governo. 

Seguirà, stiamone certi, la finta protesta del Sistema.

Gli incostituzionalisti, tuttavia, non disdegnano di avallare ipotesi strampalate quando ciò possa dare l’idea di far qualcosa contro i magistrati (mai contro il Sistema).

E allora ecco sul tappeto quella di penalizzare i giudici che non vedano confermate le loro decisioni nei gradi di impugnazione o i pubblici ministeri le cui richieste non incontrino il favore dei giudici.

Cosicché il giudice non è più soggetto soltanto alla legge (art. 101 Cost.) ma all’ultima sentenza della Cassazione, almeno sino a quando non sarà superata da altra di segno opposto.

La qual cosa si verifica, nella pratica, quotidianamente.

La cd. funzione nomofilattica della corte di legittimità è una chimera poiché su un numero sempre crescente di questioni esprime orientamenti differenziati.

Pertanto è solo questione di sorte se la sentenza di un giudice troverà o meno l’avallo delle corti “superiori”, dipende da quale sezione, addirittura da quale collegio, esaminerà il caso dato che i contrasti interpretativi sono spesso presenti all’interno di una medesima sezione della corte di cassazione.

Non era questo il “sorteggio” buono, vien da chiosare.  

Al giudice, a quello stesso giudice al quale si chiede di dubitare delle leggi quando esse non appaiano conformi a Costituzione, si proibisce di dubitare dei precedenti giurisprudenziali, che legge non sono.

La rozzezza dell’ipotesi risalta sol che si consideri che essa non assicurerà neppure l’obiettivo del “conformismo” giudiziario cui tende. Perché se i contrasti interpretativi si manifestano in sede di giudizio di cassazione viene a mancare lo stesso parametro al quale conformarsi.

Gli incostituzionalisti ignorano che alla Carta fondamentale risultano indigeste le leggi che sragionano e quindi non si pongono neppure, questa volta, il dubbio che una simile trovata possa incontrare ostacoli in sede di promulgazione.

 

lunedì 11 aprile 2022

Segreti e bugie



  Si è più volte parlato dei segreti che confluiscono a Palazzo dei Marescialli dalle procure di tutto il paese. 

   Una circolare obbliga i procuratori della Repubblica a rivelare ogni indagine penale che riguardi un magistrato, avendolo stabilito lo stesso CSM. 

  Non esiste, tuttavia, alcuna regolamentazione dell'uso di quei segreti, finché restano tali.

  Una possibile chiave di lettura l'ha offerta il saggio a firma Sallusti-Palamara nella parte in cui racconta di come i "cecchini", assoldati da "Il sistema", abbiano buon gioco quando si debba, ad esempio, eliminare (figurativamente) una toga dalla corsa ad un incarico.

  Talvolta quei segreti sono come castagne appena tolte dal fuoco e risulta molto difficile maneggiarli.

  E' quanto accaduto con la vicenda della cd Loggia Ungheria il cui scottante incartamento ha percorso strade piuttosto impervie, per poi finire la sua corsa sulle prime pagine dei quotidiani

  Dalla qual cosa sono scaturiti processi penali con l'accusa di rivelazione del segreto d'ufficio rivolta a magistrati.

  Dell'esito, in primo grado, di uno di quei processi si è occupato Nicola Saracino in un commento, di natura tecnica, ospitato dalla rivista giuridica Archivio Penale che può leggersi a questo link: Quando l'inganno è autorevole (o autoritario?)

              

sabato 9 aprile 2022

Siamo preoccupati



Il disegno di legge governativo, che sarà sottoposto alla scontata ratifica del Parlamento e quindi alla sospirata promulgazione presidenziale, è ormai delineato nel senso del completo abbandono di ogni credibile tentativo di arginare il correntismo.

Il metodo elettorale prescelto per il Consiglio Superiore della Magistratura non scalfisce il dominio correntizio delle candidature ed alimenterà il Sistema negli anni a venire. 

Il carrierismo dei singoli sarà, come prima, il suo combustibile, sempre a buon mercato.

Ma un prezzo c’è ed a pagarlo saranno i cittadini ai quali viene negata una giurisdizione indipendente ed imparziale. 

Non siamo preoccupati per noi. 

Da sempre consapevoli che la cosa difficile non è fare carriera in magistratura bensì resistere in una magistratura di carrieristi, diretta con logiche di appartenenza che contraddicono il primario impegno che ogni magistrato dovrebbe mantenere, quello dell’imparzialità.  

Eppure il senso dei sistematici, ripetuti, accorati quanto inascoltati moniti presidenziali contro la politicizzazione del CSM è sempre stato chiaro, inequivocabile quello del  Presidente Cossiga nel 1990: "La natura di rappresentanza sostanzialmente politica assunta, anche terminologicamente, da talune componenti del Csm e il carattere politico che il Consiglio è venuto assumendo, rivendicando poteri, che finiscono per incidere sulla stessa giurisdizione, così attuando una politica della giustizia mediante inchieste, indagini, pronunciamenti di vario genere, non consentono una partecipazione del presidente della Repubblica, ancorché fosse convinto, ma non lo è, della legittimità di questi comportamenti.".

Abbandonare i magistrati ad un CSM politico significa privarli d’ogni garanzia che la Costituzione ha previsto perché essi possano svolgere il proprio compito con piena autonomia ed indipendenza, sudditi soltanto della legge nell’interesse dei cittadini.

E’ per i cittadini, dunque, che siamo preoccupati. 

Perché una riforma fatta in fretta e furia al dichiarato scopo di arginare il correntismo ed il Sistema che ne è il frutto produce un risultato in plateale contrasto con quell’obiettivo, peraltro ripescando un congegno elettorale (quello dei collegi sorteggiati) abbandonato nei primi anni 2000 proprio perché agevolava le trame spartitorie delle fazioni togate.

Siamo preoccupati perché siamo certi della buona fede della politica.

Siamo persone che il Sistema lo conoscono molto bene perché lo avversano da molti anni.

Siamo "competenti". 

Verificare la vacuità del prodotto scaturito dal concitato lavoro che non pone alcun rimedio al male del correntismo - in tal modo disattendendo, nel merito, l’ennesimo “monito” di un Capo dello Stato - genera profondo sconforto. 

Anche se per noi non cambia nulla. 

E neppure per Voi.

venerdì 8 aprile 2022

Il passo del gambero.



Si aggirano nei corridoi dei palazzi romani suggeritori di professione che le sparano tutte per impedire la fine del Sistema.

Con questo paradosso: pur di evitare che, attraverso quello dei candidati, si sottragga alle correnti il potere di designare i componenti del CSM, il sorteggio è stato elevato a fine, quasi un "principio del sorteggio”.

E quando si mescolano alla rinfusa mezzi e fini, il risultato tragicomico è inevitabile.

Non era un ingrediente, era la pietanza finita: non basta cioè mettere, qua o là poco importa, un po’ di sorteggio per indorare la pillola avvelenata del correntismo. 

Una prima versione del sorteggio tot al chilo appare nel maxiemendamento governativo, quella del “sorteggio residuale”: se le correnti, oltre ai predestinati, non candideranno anche un numero minimo di portatori d’acqua, a questo ci penserà la sorte. Insomma, al destino le vittime sacrificali.

In questo modo, ovviamente, non si fa un passo avanti sulla strada verso la soluzione del problema dell’occupazione correntizia del CSM.

Che non si troverà mai nel sistema elettorale, ovvero nelle regole di distribuzione dei seggi tra i candidati, già sperimentate in innumerevoli forme e combinazioni.

La soluzione sta nel precludere ai partiti togati di INDICARE i candidati e quindi i sicuri componenti del CSM.

Lo strumento tecnico per realizzare questo obiettivo è il sorteggio dei candidati, c.d. “sorteggio temperato”.

Solo se occorre mascherare la resa può spiegarsi che del concetto stesso del sorteggio sia fatta la mattanza annunciata in queste ultime ore. 

Nell’ultima versione, “il principio del sorteggio” assume le vesti della “roulette dei collegi”: non si sorteggiano i candidati ma i collegi nei quali i soliti candidati di corrente saranno votati.

Anche questa, come quella del “sorteggio residuale”, completamente inservibile allo scopo dichiarato di contrastare le degenerazioni del correntismo.

Non solo, è di tutta evidenza che il sorteggio dei collegi, lungi dall’indebolire le correnti, le rafforza ancora di più perché, con le basi di consenso perennemente alimentate su tutto il territorio, avranno gioco facile a imporre i loro candidati già programmati.

La cosa sorprendente non è tanto la proposta in sé, che è per giunta roba vecchia e dismessa.

Tra le tante insalate elettorali che contrassegnano la storia delle elezioni, infatti, il CSM ha già vissuto questa esperienza.

Correva l’anno 1990 e si doveva eleggere il nuovo CSM con la partecipazione della neo corrente denominata Movimento per la Giustizia-Proposta ’88, formata da fuoriusciti di altre due correnti (Unicost e Magistratura Indipendente); tra loro, un tale Giovanni Falcone.

Raccogliendo le sollecitazioni delle correnti storiche, forse impaurite da quella ingombrante figura di magistrato, il legislatore intervenne poco prima delle consultazioni elettorali, più o meno come sta per fare adesso, con una legge d’aprile.

Un mix costituito dall’innalzamento della soglia di sbarramento dal 6 al 9 per cento e, appunto, dal sorteggio dei collegi

La sortita non impedì che il Movimento per la Giustizia conquistasse alcuni seggi al CSM, ma permise di sbarrare la strada a Giovanni Falcone, risultato, ancora una volta, il “non eletto”.

Il correntismo continuò a spopolare imperterrito non diversamente da prima, se non per il fatto che le correnti erano una in più.

E spopolava così tanto che nel 2002, per frenarlo, intervenne l’allora Ministro della Giustizia,  l’ingegner Roberto Castelli, proprio per eliminare il “sorteggio dei collegi”.

Ogni modifica del sistema elettorale che lasci il pallino delle candidature in mano alle correnti è comunque destinato a fallire (oppure no, dipende da cosa realmente si vuole). 

Di fatto, la riforma voluta dalla Lega del Ministro Castelli - che abolì il sorteggio dei collegi - non ha impedito al Sistema di prosperare sino ai giorni nostri. 

A sorprendere è che proprio dalla stessa forza politica dell’ex ministro Castelli - che volle abolirlo - proviene oggi la boutade del sorteggio dei collegi, che non a caso ha messo d’accordo tutti in quattro e quattr’otto.

Tanto valeva sorteggiare gli scrutatori, perché questa è la fine del sorteggio, non il “principio” del sorteggio. 

Una cosa è sicura: sentiremo per molti anni ancora i piagnistei sulla giustizia politicizzata ed a quelli risponderemo con un link che, a  caso, ricondurrà sempre e comunque a questo rassegnato editoriale.


giovedì 7 aprile 2022

Schedati?





di Nicola Saracino - Magistrato 

Proposta come un’assoluta novità compare, tra le altre, l’idea di registrare l’attività del magistrato secondo l’esito dei processi che ha curato e quindi si propone di  rilevare analiticamente i casi nei quali le sue decisioni hanno retto al vaglio dei successivi gradi di giudizio (o, per i pubblici ministeri, i casi nei quali le loro richieste siano state accolte) per trarne conseguenze sulle sue capacità e preparazione.

Come per tutte le cose, la trovata non è né buona né cattiva in sé, tutto dipende dall’uso che se ne vorrà fare.  

Si parta da un dato: nel processo (civile o penale, poco importa) non si praticano scienze esatte. 

Si ricostruiscono fatti e vicende umane in base alle prove la valutazione delle quali può non collimare tra una testa ed un’altra. Si applicano norme giuridiche che richiedono, previamente, d’essere interpretate ed il margine di opinabilità di moltissime questioni è, tradizionalmente, piuttosto ampio (quot capita, tot sententiae).

Del resto a questo tipo di scrutinio sfuggirebbero tutti i giudici che oggi accedono alla Corte di cassazione in età giovanile: le decisioni che concorrono a prendere collegialmente non potranno essere modificate da nessuno, non perché corrette in assoluto ma perché, appunto, non contestabili davanti ad altra autorità giudiziaria. 

Per giunta è fenomeno comune, quasi quotidiano, il contrasto di decisioni tra le diverse sezioni della stessa corte di cassazione su identiche questioni di diritto. 

Si aggiunga che spesso le innovazioni giurisprudenziali (prendetele un po’ come delle “scoperte” scientifiche) vedono la luce come errori, se non addirittura come veri e propri “sgorbi” giuridici, i cd. atti abnormi. 

Salvo a diventare dei cigni quando quelle tesi, nate come bizzarre, riescano ad insinuarsi nella stessa giurisprudenza della Cassazione che, rimeditando precedenti indirizzi,  avvalori la nuova soluzione.

Certo è, però, che se le sentenze di un giudice fossero oggetto di sistematica correzione nei gradi di impugnazione potrebbe dubitarsi del contributo di quel magistrato all’efficienza della giustizia. 

Così come, del resto, sarebbe incauto affidarsi ad un avvocato che non abbia mai vinto una causa. 

Così inquadrato il tema, deve osservarsi che, a dispetto della pretesa d’originalità dell'ideatore, esso non è affatto nuovo in quanto già correntemente nelle valutazioni periodiche della professionalità dei magistrati uno dei parametri da scrutinare è proprio quello dell’anomalia nel rapporto tra decisioni impugnate e riformate (o annullate). 

Sin qui, pertanto, nessuna novità degna di nota e soprattutto tale da destare stupore.  

A meno che non s'ipotizzi un mero automatismo che dalla percentuale di “correzioni” delle decisioni nei gradi di impugnazione tragga conclusioni negative sulle qualità professionali del togato. 

Sarà sempre necessario, a fronte di anomalie del tipo segnalato, verificare se esse dipendano da impreparazione o scarso impegno o se, invece, ci si trovi al cospetto di un novello, ma incompreso,  Carnelutti (un grande e versatile giurista, n.d.r.).

Sorprende, pertanto, che la reazione - a quella che non è affatto una novità, ma una prassi già da tempo invalsa per valutare, ogni quadriennio, la professionalità dei magistrati - sia stata una levata di scudi dai toni piuttosto accesi, evocandosi da taluni addirittura l’idea di una “schedatura” delle toghe.
 
Schedatura che, almeno in parte, già deve essere praticata se ha un senso il parametro, attualmente in voga, dell’anomalia nella percentuale di correzione delle decisioni del magistrato.

Di schedatura si può parlare solo quando la raccolta dei dati avvenga con modalità incontrollate ed essi  non siano conoscibili dall’interessato e soprattutto quando di quei dati non sia noto, perché non regolato dalla legge, l’uso che vuol farsene. 

Ed allora tanto l’ANM che la politica dovrebbero farsi carico della sistematica schedatura dei magistrati che avviene per via di una circolare del CSM, maldestra e di stampo poliziesco. 

Quella che, in contrasto con lo stesso codice di procedura penale, obbliga i pubblici ministeri a comunicare al CSM (ed al Ministro della Giustizia) notizie segrete in ordine ad indagini penali riguardanti magistrati. 

Una pratica che, in modo sinistro, fa somigliare il Palazzo dei Marescialli (sede del CSM)  al suo stesso nome, perché vi confluiscono dati spuri, non verificati né sottoposti al contraddittorio degli interessati impossibilitati a difendersi, il cui uso è per tutti, ancor oggi, avvolto in un alone di mistero. 

Che un qualche uso debba esserci lo impone la logica: se si pretende di conoscere un dato, per giunta segreto, e si ordina alle procure di comunicarlo al CSM è per farne impiego al di fuori del procedimento penale nel quale esso è stato raccolto.

Di tale impiego, però, manca ogni regolamentazione. 

Non risulta che l’ANM si sia mai preoccupata di questi archivi segreti e dell’uso che se ne fa, sia al CSM che al Ministero della Giustizia, contro i magistrati. 

Fiducia nel Sistema?



Il disvelamento al pubblico del “sistema” magistratura dopo l’esplosione del caso Palamara ha imposto all’agenda politica il tema del suo smantellamento. 

A volerlo la più alta carica dello Stato che, all’indomani dello scandalo, denunciò la “degenerazione del sistema correntizio”, rimandando a Governo e Parlamento il compito di intervenire con opportune riforme, dato che il  Presidente della Repubblica non ravvisò i presupposti per lo scioglimento anticipato del CSM, che infatti ancor oggi opera nella composizione  frutto delle elezioni svoltesi sulla base delle candidature di corrente, sia pure con successive integrazioni dovute all’epurazione di più d’un consigliere superiore incappato nelle ormai note trame dell’Hotel Champagne, ove si confabulava intorno al successore di Pignatone al vertice della procura capitolina. 

Questa l’origine dell’attuale dibattito politico sulla riforma (tra le altre) del sistema elettorale del CSM dopo che il Governo, rispondendo  a quelle sollecitazioni, ha predisposto un disegno di legge che, tuttavia,  nella sostanza  tradisce il suo stesso dichiarato scopo di debellare la “degenerazione del sistema correntizio”,   perché lascia le candidature per il CSM nelle mani delle correnti, esattamente come prima. 

domenica 3 aprile 2022

Non candidato, eppure eletto.



di Nicola Saracino - Magistrato 

Il “mantra” dell’incostituzionalità del sorteggio temperato per l’elezione dei componenti del CSM viene ripetuto tante volte quante si pensano necessarie affinché un'affermazione, sebbene non argomentata, risulti alla fine vera. Per sfinimento. 

S’è pure detto che ove approvata, la riforma elettorale del CSM che s’affidasse al pre-sorteggio dei candidati, troverebbe ostacolo in fase di promulgazione, quasi ad anticipare il pensiero del Presidente della Repubblica al riguardo. 

Il quale, in uno dei suoi ultimi interventi sul tema, ha ricordato che “Il Consiglio (Superiore della Magistratura) riveste un ruolo di garanzia imprescindibile nell'ambito dell'equilibrio democratico.”. 

Garanzia: è la parola chiave. 

sabato 2 aprile 2022

Eccesso di ribasso



L'eccesso di ribasso denota l'andamento anomalo di un titolo azionario quotato in Borsa. Quando si verifica, gli organi di controllo bloccano l'operatività su quel titolo perché oggetto di potenziale speculazione. Solo dopo una congrua pausa di riflessione, che curi il cd. panic selling, il titolo viene riammesso alle contrattazioni.    



Lo “monita” niente di meno che l’on. Salvatore Bonafede, ex ministro della Giustizia che della riforma in discussione si sente un po’ il papà, dato che l’idea di sconfiggere il Sistema venne a lui per primo, subito dopo la scoperta (dell’acqua calda, si direbbe) della sua esistenza disvelata dall’affaire Palamara. 

Primo ribasso.