Il Ministro Bonafede e la sua maggioranza dicono di voler riformare il C.S.M. per liberarlo dalle correnti e restituire credibilità alla magistratura.
Del resto nel "Contratto di Governo" con gli ex alleati del M5S il problema doveva essere già ben presente se vi si leggeva: Il Consiglio Superiore della Magistratura deve operare in maniera quanto più indipendente da influenze politiche di potere interne o esterne. Sarà pertanto opportuno operare una revisione del sistema di elezione, sia per quanto attiene i componenti laici che quelli togati, tale da rimuovere le attuali logiche spartitorie e correntizie in seno all’organo di autogoverno della magistratura.
Ma la riforma che oggi propongono è la solita soluzione gattopardesca: far finta di cambiare tutto per non cambiare nulla. Il potere delle correnti ne uscirà, infatti, persino rafforzato.
Vediamo perché. La riforma prevede, per come presentata dalla stampa:
• l’aumento dei togati da 16 a 20 e dei laici da 8 a 10
• 19 collegi composti da 1/17 dell’elettorato
• la possibilità di esprimere 3 preferenze
• un doppio turno con ballottaggio tra i due candidati più votati
• l'elezione al primo turno per chi otterrà la maggioranza assoluta.
Facciamo due conti.
19 collegi per eleggere 19 magistrati (non è ancora chiaro come verranno divisi pubblici ministeri e giudici). Ogni collegio è composto da 1/17 dell’elettorato.
I magistrati sono 9.000 circa, quindi 500 votanti più o meno per collegio.
Ciò significa che un magistrato che prende 251 voti al primo turno è eletto subito, altrimenti si va al ballottaggio tra i due più votati.
Si aprono tre scenari.