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domenica 31 maggio 2020

L'immensa questione morale in magistratura

Pubblichiamo un estratto dell'intervento di Andrea Mirenda, magistrato di sorveglianza a Verona, nel corso del dibattito dal titolo "Giustizia da rifare" tenutosi lo scorso 18 maggio 2020 e organizzato da Fondazione Ottimisti&Razionali, Il giorno dopo e Il Riformista.

Il dibattito integrale, svoltosi attraverso la piattaforma Google meet, è stato registrato da Radio radicale e può essere ascoltato a questo link.

In pochi minuti, Andrea Mirenda mette a fuoco il principale problema della magistratura italiana e offre le soluzioni adeguate per affrontarlo.





Le parole che non ti ho detto

di Andrea Reale, Magistrato 


Condivisibile e chiaro il pensiero del Capo dello Stato nel comunicato emesso il 29 maggio 2020sulle vicende inerenti al mondo giudiziario”.

Nel ribadire “grave sconcerto e riprovazione per quanto emerso” e nel propugnare riforme legislative volte a restituire  “il prestigio e la credibilità incrinati da quanto appare, salvaguardando l’indispensabile valore dell’indipendenza della Magistratura”, il Presidente della Repubblica ha evidenziato che non  vi sarebbero le condizioni per lo scioglimento dell’attuale Consiglio Superiore della Magistratura, auspicando gli interventi riformisti  del Governo e del Parlamento. 

Ha specificato che un eventuale provvedimento del genere avrebbe l’effetto di rallentare i tempi della giustizia disciplinare, frattanto attivatasi nei confronti di alcuni consiglieri accusati di condotte disciplinarmente rilevanti.

Ha sottolineato, infine,  l’inopportunità di pronunciamenti in ordine a certe affermazioni fatte da singoli magistrati nei confronti di esponenti politici.

sabato 30 maggio 2020

Non ci sono più le prostate di una volta ...




“Bisogna voltare subito pagina”, ha dichiarato Bruti Liberati, che ha poi definito “giuste e sagge” le parole di Sergio Mattarella, che ieri ha escluso lo scioglimento del Csm (non ci sono le condizioni) ma ha invitato con decisione il governo e tutti i gruppi parlamentari ad approvare in tempi brevi una nuova normativa, se realmente intendono riformare il sistema giudiziario. Inoltre Bruti Liberati ha dichiarato che “è un fatto che magistrati in posizione di rilievo si compiacciono della rete di relazioni che hanno intessuto”: per questo “occorre fare chiarezza” sulle “deprecabili interferenze su nomine e trasferimento”  (qui la fonte). 


Ohibò, quasi non ci si crede.

Mattarella ha senz'altro ragione e questa è  l'unica affermazione sensata.

Ma non può passare indenne  che il pensionato Bruti Liberati dimentichi  che da maggiorente in carica della sua corrente nonché da Procuratore di Milano si permise di arringare in tal modo il suo aggiunto Robledo:  “Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Consiglio che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto, che poi avremmo sbattuto all’esecuzione”.

Si tratta di affermazioni mai smentite nel loro dato testuale.

Che somigliano  proprio ad un compiacimento della rete di relazioni intessute da  un magistrato in posizione di rilievo.

Del resto l'indignazione del dott. Bruti Liberati non   scattò quando, senza necessità del trojan, un consigliere superiore della sua corrente ammise pubblicamente (ma senza volerlo) che gli incarichi si davano senza tener conto dei meriti ma privilegiando le appartenenze.

Ed una giornalista amica di Palamara queste cose non può averle dimenticate.

Dottoressa Milella, la seconda domanda!


Non posso, ma se potessi ...


Nota dell’Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica sulle vicende inerenti al mondo giudiziario

«In riferimento alle vicende inerenti al mondo giudiziario, assunte in questi giorni a tema di contesa politica, il Presidente della Repubblica ha già espresso a suo tempo, con fermezza, nella sede propria - il Consiglio Superiore della Magistratura - il grave sconcerto e la riprovazione per quanto emerso, non appena è apparsa in tutta la sua evidenza la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati.

Il Presidente della Repubblica ha, in quella stessa sede, sollecitato modifiche normative di legge e di regolamenti interni per impedire un costume inaccettabile quale quello che si è manifestato, augurandosi che il Parlamento provvedesse ad approvare una adeguata legge di riforma delle regole di formazione del CSM.

​Una riforma che contribuisca – unitamente al fondamentale e decisivo piano dei comportamenti individuali – a restituire appieno all’Ordine Giudiziario il prestigio e la credibilità incrinati da quanto appare, salvaguardando l’indispensabile valore dell’indipendenza della Magistratura, principio base della nostra Costituzione.

venerdì 29 maggio 2020

La fuffa, ovvero la collina che partorì il topolino


Il Ministro Bonafede e la sua maggioranza dicono di voler riformare il C.S.M. per liberarlo dalle correnti e restituire credibilità alla magistratura.

Del resto nel "Contratto di Governo" con gli ex alleati del M5S il problema doveva essere già ben presente se vi si leggeva: Il Consiglio Superiore della Magistratura deve operare in maniera quanto più indipendente da influenze politiche di potere interne o esterne. Sarà pertanto opportuno operare una revisione del sistema di elezione, sia per quanto attiene i componenti laici che quelli togati, tale da rimuovere le attuali logiche spartitorie e correntizie in seno all’organo di autogoverno della magistratura

Ma la riforma che oggi propongono è la solita soluzione gattopardesca: far finta di cambiare tutto per non cambiare nulla. Il potere delle correnti ne uscirà, infatti, persino rafforzato.

Vediamo perché. La riforma prevede, per come presentata dalla stampa:

l’aumento dei togati da 16 a 20 e dei laici da 8 a 10
19 collegi composti da 1/17 dell’elettorato
la possibilità di esprimere 3 preferenze
un doppio turno con ballottaggio tra i due candidati più votati
l'elezione al primo turno per chi otterrà la maggioranza assoluta.

Facciamo due conti.
19 collegi per eleggere 19 magistrati (non è ancora chiaro come verranno divisi pubblici ministeri e giudici). Ogni collegio è composto da 1/17 dell’elettorato.

I magistrati sono 9.000 circa, quindi 500 votanti più o meno per collegio.

Ciò significa che un magistrato che prende 251 voti al primo turno è eletto subito, altrimenti si va al ballottaggio tra i due più votati.

Si aprono tre scenari.

Dialogo tra un giudice ed un avvocato.


di Pietro Murano, Magistrato 

Sconcerto e turbamento non colgono del tutto impreparata l'Avvocatura che quotidianamente si confronta con i dirigenti degli uffici giudiziari selezionati con logiche che dovrebbero essere mille anni luce distanti dal mondo dei Tribunali. In questa mail di un giudice ad un avvocato l'invito a riflettere insieme.   
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In questo momento di grande difficoltà per l'istituzione a cui appartengo sento la necessità di segnare le differenze perchè non siamo tutti uguali. Sono anni che, insieme a (purtroppo pochi) altri magistrati disseminati in tutta Italia, cerchiamo di divulgare una diversa concezione del ruolo: essere "uguali per tutti", cioè nei confronti di tutti coloro che hanno la disavventura di venire in contatto con noi. 

Evidente che, perchè questo sia possibile, è necessario per un magistrato essere veramente autonomo e indipendente, cioè libero da condizionamenti. Infatti la giurisdizione potrà farsi garante delle libertà individuali solo attraverso la libertà dei soggetti che la esercitano.

giovedì 28 maggio 2020

La separazione tra politica e magistratura, gli incarichi extra giudiziari, l’indipendenza, il ruolo ed i doveri del magistrato: l’attualità del pensiero di Rosario Livatino.

di Mario Fiorentino - Magistrato 


La separazione tra la politica e l’esercizio delle funzioni giudiziarie è un necessario ed indefettibile corollario del principio della separazione dei poteri.

Questo implica che il “controllore” deve non solo godere di una posizione di autonomia rispetto al “controllato”, ma anche evitare, sotto il profilo comportamentale, ogni possibile contatto, interferenza, sì da far sorgere anche solo il sospetto che la sua azione possa non essere imparziale.
Rosario Livatino, nella sua celebre relazione, ancora attualissima, “Il ruolo del giudice nella società che cambia” (1984), magistralmente affermava che “L'indipendenza del giudice, infatti, non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrifizio, nella sua conoscenza tecnica, nella sua esperienza, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della stia condotta anche fuori delle mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie, nella sua indisponibilità ad iniziative e ad affari, tuttoché consentiti ma rischiosi, nella rinunzia ad ogni desiderio di incarichi e prebende, specie in settori che, per loro natura o per le implicazioni che comportano, possono produrre il germe della contaminazione ed il pericolo della interferenza”.

Rhotax, prima che sia troppo tardi

di Massimo Vaccari - Medico di base, anzi no,  Magistrato 

Il male, apparentemente incurabile, che da almeno vent'anni affligge la magistratura italiana, un correntismo pervasivo e vorace, è stato diagnosticato dai più solo un anno fa, grazie al trojan inoculato  nel cellulare del paziente, “poco sintomatico”, Palamara.

Il ministro Bonafede nel question time di ieri alla Camera ha rivelato agli allarmati e disorientati  cittadini italiani di aver trovato finalmente una serie di cure alla metastasi in atto, tra le quali: 
l’introduzione di una norma che introduca oggettivi criteri meritocratici nell’assegnazione degli incarichi”.
Ci dispiace deludere il ministro taumaturgo ma il rimedio da lui indicato è un semplice palliativo.
Infatti poichè l’oggettività non esiste in assoluto, e la sua concreta applicazione passa attraverso delle valutazioni soggettive, l’introduzione di una norma siffatta lascerebbe al CSM quel margine di discrezionalità grazie al quale le correnti riescono a spartirsi, con una scientifica lottizzazione, praticamente tutti i posti direttivi e semi- direttivi d’Italia.
L’appartenenza a questo o quel gruppo continuerebbe ad essere il principale, se non esclusivo, parametro sulla base del quale l’organo di autogoverno opererebbe le sue scelte tra i vari candidati, con buona pace del merito.
Ed allora non si può fare nulla e si deve lasciare il malato al suo destino?

mercoledì 27 maggio 2020

L’azione giudiziaria secondo modelli “culturali”.


di Nicola Saracino - Magistrato 


Uno degli alibi esibiti dal correntismo invoca il pluralismo “culturale” che naturalmente induce ad associarsi in gruppi per affinità ideali. 

Queste stesse affinità quasi fisiologicamente incidono nel premiare quel magistrato, quel “modello”, che più fedelmente incarna l’ideologia del gruppo.  

Così al CSM passano in second’ordine i profili attitudinali e di merito, premiandosi il prescelto per essere egli espressione delle stesse idee di chi lo deve nominare. 

Tradotto in termini comprensibili a tutti, si tratta di lottizzazione.

martedì 26 maggio 2020

La prepotenza

Tante cose deprecabili sono emerse dalle chat del telefono sequestrato a Luca Palamara. Tra queste, anche condotte per interferire nelle scelte dei magistrati di partecipare ai concorsi o di ritirarsi dai medesimi, per condizionare la calendarizzazione delle pratiche del CSM onde orientarne l'esito e persino per influenzare l'avvio o l'esito di procedure consiliari in funzione educativa o punitiva dei soggetti coinvolti.

In questo contesto si inserisce la storia che ci racconta, nella lettera che pubblichiamo qui sotto, un magistrato che, 
senza alcuna sua responsabilità, è  incappato nel congegno usato dal sistema per affermare la sua autorità. Accertata nelle sedi competenti la sua correttezza,   ha comunque deciso di dire basta.



Una testimonianza diretta   
di Fernando Prodomo

Sono Fernando Prodomo, magistrato di settima valutazione, almeno sino al 31 maggio prossimo, dopo andrò in pensione, anticipata, molto, perché ho 64 anni, ma sono stanco e indignato.

Devo però alla Magistratura, che tanto mi ha dato professionalmente sino a qualche anno fa, una testimonianza, il racconto di fatti che mi sono accaduti da quando ho avuto le funzioni semidirettive.

Sino ad allora – era il 2012 – risultavo essere un magistrato normale, nella media, con tante esperienze organizzative (informatico, formatore, coordinatore uditori, relatore a convegni, persino docente alla SSM).

lunedì 25 maggio 2020

Pessime convergenze: storia di una metamorfosi

di Donato D'Auria - Magistrato


Dopo la nomina di Alfonso Bonafede a ministro della Giustizia tanti - forse ingenuamente - pensarono che l’aria di rinnovamento che una parte della classe politica lasciava intravedere potesse incidere significativamente sulle stantie logiche correntizie che ammorbano la Magistratura.

Le iniziali dichiarazioni lasciavano ben sperare: «È scritto nel contratto di governo che si vuole pensare e ipotizzare un sistema elettorale per il Csm che possa combattere il fenomeno del correntismo. In questa intenzione credo di avere il consenso di gran parte dei magistrati e secondo me è sacrosanto portare avanti una battaglia di questo tipo.
All'interno delle ipotesi di possibile sistema elettorale ci sono quelle che prevedono una fase di sorteggio, non integrale» (tanto dichiarò partecipando ai lavori del Congresso nazionale forense che si tennero nell’ottobre 2018 a Catania).

domenica 24 maggio 2020

Gli inseparabili

di Massimo Vaccari - Magistrato 



L’Associazione nazionale magistrati è l'unica associazione di carattere per così dire sindacale della magistratura italiana.

Il suo scopo principale è la tutela dell'indipendenza dei magistrati ed è evidente che per realizzarlo essa dovrebbe vigilare sul rispetto delle regole primarie e secondarie da parte dei capi degli uffici ed anche sulla attività del Consiglio superiore della magistratura che, come è noto, è l’organo deputato a scegliere i "capi" degli uffici giudiziari.

L’Anm ha però abdicato da tempo a tale sua rilevantissima funzione poiché, essendo in realtà un'associazione di tutte le correnti che governano la magistratura, è stata da queste sempre utilizzata per far fare carriera ai loro iscritti o simpatizzanti.

Un pensiero

di Andrea Reale -Magistrato


Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro, né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia” (G. FALCONE).

Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della loro scorta rimanevano vittime  della c. d.  strage di Capaci.
Ventotto  anni fa il peggior nemico dei magistrati erano la mafia e l'anti-Stato, inteso come quel pezzo dello Stato che si genufletteva  davanti al crimine organizzato, o inciuciava con  esso,  per salvare i privilegi dei potenti ed il malaffare.
Oggi il pericolo maggiore per i colleghi di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino non proviene dall'esterno, da eclatanti e  clamorosi attentati di enorme impatto mediatico.
Oggi l'avversario è interiore, è invisibile,  corrosivo, come un virus o un tumore.
Esso mina la prerogativa fondamentale del loro status: l'indipendenza interna.

sabato 23 maggio 2020

Scusate se insisto

di Andrea Mirenda - Magistrato


(ANSA) - ROMA, 14 APR 2018 - Il giudice Andrea Mirenda è nei guai per le dichiarazioni rilasciate a Riccardo Iacona nel suo libro-inchiesta "Palazzo d'ingiustizia. Il caso Robledo e l'indipendenza della magistratura. Viaggio nelle procure italiane", appena arrivata in libreria per Marsilio. Lo rende noto la casa editrice veneziana spiegando in una nota che il giudice Mirenda - che ha denunciato nel libro il tumore delle correnti e del carrierismo del Csm - è oggetto di una richiesta di sanzione disciplinare, pervenuta al ministro Orlando dall'ex membro laico del Csm Pierantonio Zanettin, oggi parlamentare di Forza Italia.  "Il Csm ormai non è affatto un padre amorevole per i magistrati, non è più l'organo di autotutela, non è più garanzia dell'indipendenza, ma è diventato una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati, ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi. È chiaro che è un'espressione di colore…" dice nella dichiarazione riportata nel libro Mirenda. Il testo, ripreso in parte dal settimanale 'Il Venerdì' di Repubblica, venerdì 13 aprile, "con l'omissione della parte finale, ovvero tralasciando, accanto all'inciso "metodo mafioso" la riga successiva, che chiarisce che l'accostamento è 'una chiara espressione di colore', ha portato alla richiesta di sanzione" si legge nella nota di Marsilio dove si sottolinea: "un'enfasi, destinata solo - come è costretto oggi a precisare Mirenda - a far capire la drammatica potenza e la pervasività condizionante delle correnti della magistratura".

Sin qui la storia.

venerdì 22 maggio 2020

Il "capo" espiatorio


Dalle  chat tra magistrati che sono state meritoriamente diffuse in questi giorni da pochissimi organi della stampa libera, tralasciati gli aspetti pecorecci della spartizione di poltrone d’ogni tipo, sono emerse le conseguenze dannose per la tenuta dello Stato   democratico che si basa sul rispetto della volontà degli elettori a nessuno essendo concesso di abusare del proprio potere per alterane l’esito. 

E’ emerso che un Ministro dell’Interno caldeggiava la scelta del Procuratore Nazionale Antimafia. 

E’ emerso che tra magistrati si propugnasse la contrapposizione a Salvini, a prescindere.

C’è da sobbalzare e invece il dibattito pubblico è ridotto al minimo. Nulla di nulla, ad esempio, in TV; pochissime le testate giornalistiche impegnate su questo importantissimo fronte. 

Magistratura senza etica

di Francesco Bretone - Magistrato


Non ci può essere società senza giustizia. Non c’è potere più grande di quello di un giudice.
Già Aristofane ( “Le Vespe”)  lo aveva capito: “Se nel testamento un padre affida a qualcuno la figlia ereditiera, noi mandiamo a farsi fottere il testamento e il sigillo messovi sopra con tanta pompa e la ragazza la diamo a chi ci persuade con le suppliche. E di tutto questo non dobbiamo rendere conto a nessuno. Nessun potere sta alla pari del nostro.". 

Le democrazie hanno questo di differente dai regimi, proteggono l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario, baluardo allo strapotere politico. 
I nostri padri costituenti fecero lo stesso,  crearono il Consiglio Superiore della Magistratura, che in forma autonoma rispetto alla politica (rappresentata solo per 1/3 dei membri) decidesse sull’intera vita del magistrato ( carriere, trasferimenti, procedimenti disciplinari ecc).
Un potere (rectius ordine) autonomo (la magistratura) che non deve rendere conto a nessuno e che si autogestisce tramite il C.S.M.

Quale è allora il contrappeso a questo potere? 

giovedì 21 maggio 2020

Correntismo: il fallimento della tecnica endoscopica.



di Nicola Saracino - Magistrato

La malattia: nota sotto il nome di “correntismo”  produce effetti nocivi per l’organismo democratico dello Stato mediante la pratica della spartizione dei più importanti incarichi della magistratura tra gruppi di potere costituiti dagli stessi magistrati a tale precipuo scopo. 

La difficoltà di diagnosi: si deve all’elevata discrezionalità dell’Organo (CSM, Consiglio Superiore della Magistratura) i cui membri risultano immuni alle terapie somministrate ordinariamente a tutti  gli altri, vale dire le sanzioni civili, amministrative ovvero, nei casi più gravi, penali; per legge, cioè,  non rispondono dei misfatti commessi nello svolgimento dei proprio compiti.

La genesi della patologia: alcune cellule che compongono le correnti della magistratura (libere e lecite associazioni private) vengono innestate mediante elezione nell’istituzione CSM.  Queste cellule di solito sono quelle che già nell’ambito della corrente e della loro casa madre (l’ANM, Associazione Nazionale Magistrati) avevano raggiunto un grado di virulenza molto elevato.

I sintomi: una volta  raggiunto il nuovo organismo esse si riuniscono in gruppi che portano lo stesso nome della corrente d’origine.

mercoledì 20 maggio 2020

La grande ammucchiata (dei poteri)


di Nicola Saracino - Magistrato



Legislativo, esecutivo, giudiziario.  

Nella concezione di Montesquieu  la loro separazione costituisce  la precondizione di uno Stato democratico nel quale i cittadini possano dirsi realmente liberi. 

La Costituzione della Repubblica Italiana lo tenne ben presente. 

La massima concessione che il legislatore nazionale ha fatto tende al “dialogo” tra i poteri, introducendo il principio della loro “collaborazione”.   

La qual cosa non significa che si debbano voler bene e stringere rapporti amicali con cene, aperitivi ed incontri al buio. Quel principio si manifesta in specifiche disposizioni normative che, sul piano formale, impongono le condotte “collaborative”. 

Se la separazione dei poteri venisse meno, per fare solo un esempio, il poliziotto non avrebbe bisogno del pubblico ministero per fare le indagini da portare al vaglio di un giudice: potrebbe fare tutto da sè, indagini, processo e condanna. Un quadro poco rassicurante, come ognuno può notare. 

Ebbene, qualcuno deve essersi portato troppo avanti nell’applicazione del principio della (s)leale collaborazione dei poteri e deve essersi detto: ”ma perché non fare una bella ammucchiata?”. 

martedì 19 maggio 2020

I questuanti


di Nicola Saracino - Magistrato

Non si riesce a star dietro alle notizie che quotidianamente fanno conoscere le comunicazioni di magistrati in contatto con il dott. Luca Palamara.

Per la verità i quotidiani che diffondono le notizie – devastanti per il mondo giudiziario – sono pochissimi.

Ed anche questo dà conto della gravità della situazione di un Paese formalmente democratico, ma nel quale le commistioni tra politica e magistratura comprovano le accuse alla seconda di essere politicizzata e di agire senza imparzialità.

Queste brevi note scaturiscono da una riflessione che ciascun magistrato onesto è chiamato a compiere, alla luce di ciò che ormai non può negare alla propria coscienza.

lunedì 18 maggio 2020

Capitano! Mio capitano!


Un desolante tour nel mercato delle nomine


di Massimo Vaccari
Magistrato


È già stato scritto, anche su questo Blog, come le intercettazioni centellinate in questi giorni dal quotidiano “La verità” offrano un quadro molto vivo, e altrettanto sconfortante, della pervasività del sistema lottizzatorio radicato all’interno della magistratura italiana.

Solo leggendo attentamente gli stralci di conversazioni pubblicati ogni giorno è possibile rendersi conto del numero e della varietà (per rango, provenienza geografica e corrente) dei magistrati che si rivolgevano al "capitano" Palamara per ottenerne appoggio nelle progressioni delle carriere proprie o altri o nell’acquisizione di posti a loro graditi.

domenica 17 maggio 2020

Le regole per i nemici si applicano, per gli amici si interpretano (G. Giolitti)


di Massimo Vaccari
Magistrato

Tra le trascrizioni delle intercettazioni effettuate dalla Procura della Repubblica di Perugia nei confronti dell’ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Anm Luca Palamara, pubblicate dal quotidiano La Verità il 16 maggio 2020, ve n’è una in cui l’attuale consigliere del Csm Giuseppe Cascini, in quota alla corrente progressista denominata Area, chiede a Luca Palamara se avesse qualcuno da indicargli al Coni con cui poter parlare dei biglietti per lo stadio per portarci anche il proprio figlio, chiamato con il diminutivo di Lollo.

Il dott. Cascini, venuto a conoscenza di tale intercettazione, ha dichiarato (vedasi mail del dott. Cascini pubblicata da La Verità oggi 17 maggio 2020) che: “appena arrivato al consiglio, avevo ricevuto una tessera del Coni che lo autorizzava ad entrare allo stadio (un benefit che ora è stato giustamente eliminato) e avevo chiesto a Palamara, che era appena cessato dal Csm, se era possibile portare mio figlio con me e se aveva un riferimento al Coni”.

sabato 16 maggio 2020

Non a Milano!

Circa un anno fa scoppiava il caso Palamara grazie al famigerato “trojan”, strumento informatico che ha permesso la captazione delle conversazioni  intrattenute dall’ex consigliere del CSM con colleghi e politici. 

Destò scalpore, in particolare, la trascrizione di un incontro al quale presero parte oltre al dott. Luca Palamara,  gli onorevoli Luca Lotti e Cosimo Ferri  ed altri  consiglieri superiori. 

Tanta fu l’indignazione che in molti non poterono trattenersi dall’esprimerla.

venerdì 15 maggio 2020

Le (dis)avventure di Luca e Ciccino

di Donato D'Auria - Magistrato 



Mancinetti: Chiedi tu a Maria Casola se prende la Golfieri? - Palamara, circa una settimana dopo: Sei contento per la Golfieri? - Mancinetti: Si … se mi chiamava per ringraziare era meglio (la dott.ssa Maria Casola è il Direttore generale della Direzione Generale dei magistrati del Ministero di Giustizia; la dott.ssa Maria Teresa Golfieri è un magistrato attualmente in servizio presso il Ministero di Giustizia).
Ed ancora, con riferimento alla dott.ssa Maria Vittoria Caprara, Mancinetti: Da più parti viene considerata di Cartoni. Lei è libera di fare quello che vuole, ma sta lì a 2.200 euro al mese in più da cinque anni con i voti di Unicost Roma. Questo è intollerabile. Lei se ne deve andare da lì ...

mercoledì 13 maggio 2020

La GEC dell'ANM e la censura dei magistrati

Riceviamo e pubblichiamo un intervento che, opportunamente, chiarisce come va inteso l'intervento dei giorni scorsi della Giunta Esecutiva Centrale dell'ANM che i media italiani hanno propagandato come censura dell'Associazione Nazionale Magistrati nei confronti di Antonino Di Matteo per il suo intervento telefonico nel programma Non è l'Arena del 4 maggio 2020.

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Sul comunicato dell'ANM in merito al caso Di Matteo-Bonafede

 

di Mario Fiorentino
Magistrato

Nei giorni scorsi gli organi di stampa hanno diffuso la notizia che l’Associazione Nazionale Magistrati avrebbe inoltrato un comunicato di “richiamo” o “ammonimento” nei confronti del Dott. Nino Di Matteo per il suo intervento avvenuto nel corso della trasmissione televisiva “Non è l’Arena” (il comunicato è facilmente reperibile su diversi siti web).

Sul punto lo scrivente, pur premettendo di non voler minimamente entrare nel merito della vicenda tra il Cons. Di Matteo ed il Ministro della Giustizia ovvero giudicare quanto accaduto e di considerare pacifici gli obblighi di rigore, misura ed equilibrio, che ricadono in capo a chi riveste funzioni pubbliche (tra cui i magistrati), ritiene corretto – quale magistrato iscritto all’A.N.M. – puntualizzare quanto segue.

domenica 10 maggio 2020

Al mercato delle nomine *


di Andrea Mirenda - Magistrato

*Articolo tratto da Il Riformista
del 9 maggio 2020

La diffusione “centellinata” delle intercettazioni della Procura della Repubblica di Perugia, in seno all’indagine per corruzione che ha investito il Dott. Luca Palamara, Sostituto procuratore della Repubblica a Roma nonché ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura ed ex Presidente dell’Associazione Nazionale magistrati, delinea un quadro tetro sulle modalità di nomina dei dirigenti giudiziari e sulle relative interferenze.

Nulla di nuovo, per carità, salvo due aspetti certamente non secondari: il carattere dilagante e pervasivo del mercimonio, da una parte e, dall’altra, la “pistola fumante” di una prassi illegale eretta a vero e proprio controsistema occulto. Perché - al di là di quelli che saranno gli esiti dell’inchiesta - l’osservatore disincantato non potrà negare ai magistrati perugini il merito di aver fatto definitivamente luce su quel “mondo parallelo”.

venerdì 8 maggio 2020

La partita dei cuori... infranti

Di Matteo versus Bonafede

Cronaca di un DAP annunciato


di Carmen Giuffrida
Magistrato


Ed ecco che la nostra Italia non ci delude mai! Invece di analizzare con distacco e obiettività la vicenda Di Matteo-Bonafede, in assenza del campionato di calcio, coglie l'occasione per creare ad hoc la partita dell'anno e costituisce due squadroni: i dimatteoniani e i bonafediani. 

Nella prima giocano quelli che vedono in Di Matteo il salvatore della patria. Ci giocano pure quelli a cui di Di Matteo non gliene frega niente ma prendono la palla al balzo per tirare un calcio di rigore contro i grillini, praticamente a porta vuota.

giovedì 7 maggio 2020

Finalmente risolto il dilemma della mancata designazione di Di Matteo al DAP.

E’ di queste ore la polemica scaturita dalle dichiarazioni rese in diretta televisiva da Antonino Di Matteo e dalla imbarazzata replica del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
In sintesi: secondo Di Matteo Bonafede non tenne … fede alla proposta di destinarlo al DAP.
Nel volgere di poche ore da quell’offerta, infatti, quel posto venne destinato ad altri e nel frattempo erano emerse intercettazioni di delinquenti che vedevano con grande preoccupazione il conferimento a Di Matteo dell’incarico di direttore degli affari penitenziari.
Il Ministro si è detto sdegnato dell’allusione ed ha smentito nettamente di essersi fatto condizionare dalla volontà dei delinquenti intercettati.
E c’è sicuramente da credergli perché l’ipotesi contraria sarebbe davvero preoccupante.