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lunedì 21 ottobre 2024

Siamo sicuri?



di Nicola Saracino - Magistrato 

Non lo sono Egitto e Bangladesh, secondo il tribunale di Roma. 

Ciò ha determinato la mancata convalida del trattenimento di alcuni migranti in Albania e le conseguenti polemiche, anzi il vero e proprio “scontro” tra politica e magistratura, ciascuna rivendicando l’esercizio delle proprie  prerogative.  

Invasioni di campo sono lamentate dall’una e dall’altra parte. 

E l’Arbitro dice ad entrambe di tenere in considerazione le ragioni dell’altra.

In mezzo la legislazione europea,  di rango sovraordinato a quelle degli Stati membri dell’Unione. 

Il punto è tutto lì.

Mentre per disapplicare una norma di legge  che violi la Costituzione occorre eliminarla dall’ordinamento giuridico con una pronuncia della Corte Costituzionale, quando sono in gioco contrasti con le norme europee i singoli giudici  degli Stati nazionali sono chiamati a dare applicazione diretta alle norme cd “pattizie”, senza che vi sia l’obbligo (né la possibilità) di sospendere il giudizio per sottoporre la questione ad una Corte Costituzionale Europea che possa "eliminare" le leggi degli stati membri contrastanti con l'ordinamento sovranazionale, quell'organo non esiste 

Tradurre in legge la lista degli Stati “sicuri”, pertanto,  non aiuterà. 

A meno che ciò non avvenga a livello di normativa europea. 

Tra i criteri  adottati a livello europeo per stabilire se uno Stato possa dirsi sicuro -  oltre alla garanzia delle libertà fondamentali come ad esempio la segretezza della corrispondenza   e la libertà di pensiero -  vi è quello del rispetto della separazione dei poteri e, in particolare, della non interferenza dei governi sull’operato della magistratura, che deve essere dai primi indipendente.  

Non deve, cioè, “collaborare” coi governi e nemmeno osteggiarli. 

Deve applicare le regole, sia quelle nazionali che quelle comunitarie, secondo gli schemi sopra accennati.

L’Italia è un paese sicuro? 

domenica 22 settembre 2024

Buone letture: voci nuove sulla bontà del sorteggio dei membri del CSM.

Segnaliamo l'articolo di Francesco Lupia (curatore di un canale youTube sui temi della giustizia) che sconfessa gli anatemi delle correnti togate contro lo strumento che le priva del controllo lottizzatorio dell'istituzione. 

L'Autore  ipotizza la verginità del demonio, ma in questo blog sono documentate le plurime malefatte del correntismo.

E Palamara non era Belzebù ...

    
Buona lettura, a questo link

giovedì 12 settembre 2024

Pretesto anonimo.




Alla fine, con voto segreto, la consigliera superiore Rosanna Natoli è stata sospesa dall’incarico. 

Ciò perché è stata avviata nei suoi confronti un’indagine penale con l’accusa di aver rivelato notizie segrete riguardanti la decisione di un processo disciplinare contro un magistrato. 

Sfociato in una sanzione più grave di quella preventivata, sol perché la difesa di quel magistrato era stata ritenuta troppo aggressiva, tema peraltro rimasto occulto perché mai fatto oggetto di contraddittorio né riconoscibile dalla motivazione della sentenza. 

Ipotesi che, a prima lettura,  era apparsa talmente  assurda da non meritare credito.

La sanzione (civile, penale, disciplinare) è collegata all’addebito del quale si risponde, mai alle modalità della difesa dell’incolpato, sebbene sgradite al giudice. 

Invece il CSM col voto senza volto di ieri ha accreditato proprio la veridicità del racconto della consigliera sospesa. 

Ben ventidue consiglieri superiori  hanno ritenuto l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio credibile e non manifestamente infondata. Tra quei ventidue anche (alcuni o tutti) i colleghi del collegio disciplinare del quale faceva parte la consigliera troppo loquace. 

Un’autorevole conferma che il racconto della Natoli non fosse campato in aria. 

Di questo deve oggi prendersi atto.

Perché se, al contrario, il racconto della Natoli fosse stato frutto di sola fantasia nessun segreto sarebbe stato rivelato. 

Di tanto,  almeno alcuni dei ventidue votanti anonimi, dovevano avere consapevolezza certa, perché loro erano  parte del collegio i cui segreti s’ipotizzano rivelati. 

La legge del 1958  - applicata dal CSM come se nulla fosse cambiato da quell’epoca ad oggi  - lega indissolubilmente la sospensione del consigliere superiore al procedimento penale e quindi al reato che ne è oggetto.

E’ impensabile che si possa deliberare la sospensione di un consigliere superiore senza compiere almeno  un vaglio di verosimiglianza dell’addebito penalistico, che altrimenti la legge del 1958 non avrebbe subordinato l’esercizio di quel potere alla sottoposizione ad un procedimento penale, se non riducendo quel presupposto a mero pretesto per far pagare all’interessata colpe diverse da quelle di rilievo penalistico.

E se le colpe non sono quelle ipotizzate dalla procura della Repubblica che accusa la consigliera Natoli si è al cospetto di una vendetta, per giunta coperta dall’anonimato di chi l’ha compiuta, non dell’applicazione della legge. 

La dimostrazione logica? 

Se la consigliera Natoli nella confabulazione  registrata a sua insaputa non avesse fatto riferimento al tema della sanzione inflitta,  nessuna rivelazione del segreto d’ufficio sarebbe stata ipotizzabile con la conseguenza che mai poteva essere iscritta nel registro degli indagati per quell’ipotesi  né il Consiglio Superiore sospenderla. 

Le due cose, quindi, stanno o cadono insieme.

Il Consiglio Superiore ha ieri certificato la verosimiglianza non solo della  rivelazione del segreto d’ufficio ascritta alla consigliera sospesa, ma anche  del vendicativo esercizio del potere punitivo ad opera del giudice disciplinare dei magistrati. 

A ciascuno la scelta di guardare il dito o la luna.
  

  



domenica 18 agosto 2024

Segreti e bugie




Passato il Ferragosto torna d'attualità il caso della consigliera del CSM Rosanna Natoli contro la quale la procura della Repubblica di Roma ha avviato un'indagine con due ipotesi di reato, il tentato abuso d'ufficio e la rivelazione del segreto d'ufficio. 

Pare che a settembre, alla ripresa dei lavori del Consiglio Superiore, si affronterà la questione se "dimettere" d'ufficio la consigliera che non ha assecondato gli inviti alle dimissioni "spintanee".

Ciò sulla base di una norma del 1958 secondo la quale il consigliere sottoposto a procedimento penale può essere (temporaneamente) estromesso dal CSM se a chiederlo è la maggioranza dei due terzi dei colleghi. 

Senonché, va notato, nel 1958  era in vigore un altro codice di procedura penale,  c'era il giudice istruttore (il PM era una sua mera ancella),  il soggetto sottoposto a procedimento penale acquisiva immediatamente la qualità di "imputato" e partecipava all'assunzione dei mezzi di prova nell'istruzione formale. 

Oggi si diventa imputati solo all'esito delle indagini preliminari, dopo che vi sia stato un vaglio del materiale d'accusa raccolto contro l'interessato. 

Per essere sottoposti a procedimento penale, al giorno d'oggi, basta un nulla: un pazzo ti denuncia e finisci nel registro degli indagati.

Ci basta questo per legittimare l'esercizio di poteri coercitivi verso il malcapitato? 

Diremmo di no.

Che altrimenti la presunzione d'innocenza, recentemente rafforzata con l'introduzione dell'art. 335 bis cpp, sarebbe ridotta ad ipocrisia da forcaioli.

Per giunta, di qui a pochi giorni, cadrà l'accusa relativa all'abuso d'ufficio, non più penalmente perseguibile in quanto abrogato.

Il che innesterà anche un problema di competenza perché l'atro reato, la rivelazione del segreto d'ufficio, sarebbe stato consumato a Catania e non a Roma. 

Chi vivrà vedrà.

Proprio l'ipotesi della rivelazione del segreto resta, comunque,  la più interessante.

In sostanza la consigliera Natoli nel dialogo (registrato a sua insaputa dall'interlocutrice) aveva dichiarato di violare il segreto della camera di consiglio nel rivelare che la difesa troppo accorata dell'incolpata aveva determinato un cambiamento d'idea del collegio giudicante che le applicò una sanzione molto più grave di quella in un primo tempo stabilita.

Bisogna stare attenti a come ci si difende ed anche a scegliere un avvocato non troppo combattivo, sembrava suggerire la consigliera al magistrato "indisciplinato".

La qual cosa dovrà, d'ora in poi, mettere in guardia tutti i magistrati giudicati dalla Sezione Disciplinare del CSM e consigliar loro di adottare strategie difensive   che risultino gradite al giudice, che altrimenti quello poi si vendica con la sanzione.

E' un'ipotesi talmente grave  - e perciò assurda - che viene da pensare che quello rivelato non fosse un "segreto" ma una fandonia. 

E se era una fandonia il reato (quel reato) non c'è. 

Ma allora perché scomodare una norma del 1958,  oltreché abrogata sicuramente incostituzionale  se letta con la lente (opacizzata dal tempo) che usano al CSM?    

Se realmente esistesse un giudice illegalmente vendicativo,  rivelarne l'operato sarebbe un merito, non un reato.   
  

   

                               

giovedì 15 agosto 2024

Meglio tardi che mai ...

Pubblichiamo un onesto articolo apparso sul "il Quotidiano" a firma di Ignazio Juan Patrone, un magistrato oggi in pensione che è stato segretario di Magistratura Democratica, una corrente non estranea al sistema, com'è ovvio se di "Sistema" può parlarsi.
Significativo che il Collega concluda rivendicando di non aver mai avanzato domande di incarichi direttivi al CSM, ciò confermando che il sistema si regge, soprattutto, sui "questuanti", tutti impuniti.    
   






giovedì 1 agosto 2024

Ora pro nobis




Stanno  pregando perché non sia vero.

Il presidente del tribunale dello Stato Vaticano sotto indagine per fatti di mafia.

Incredibile dictu.

Di Giuseppe Pignatone ci eravamo occupati qui e qui, a riprova dell'enorme potenza di questo magistrato capace di grandi influenze. 

Con lui è indagato anche un altro magistrato in quiescenza di notevole spessore (era stato consigliere superiore), Gioacchino Natoli. 

Entrambi si sono avvalsi della facoltà  di non rispondere, tuttavia proclamandosi innocenti.

Lo sono, fino a prova contraria.       

   

venerdì 26 luglio 2024

Quante volte figliolo?


A fronte della minimizzazione del fenomeno del correntismo tentata improvvidamente dai suoi attuali esponenti per scansare la "mannaia" del sorteggio del CSM, ospitiamo, col suo consenso, una mail di un giovane collega che ha il pregio della memoria.  Francesco Lupia cura un canale YouTube divulgativo sui temi della giustizia. 







 di Francesco Lupia - Magistrato 

Per capire se la degenerazione delle correnti sia o meno un fenomeno circoscritto solo agli ultimi anni ed ai colleghi nei confronti dei quali sono state accertate in sede disciplinare specifiche condotte ad esso relative, credo che il modo migliore sia guardare al passato.
 Potrei citare parecchi articoli giornalistici, ma preferisco riportare le parole spese (o meglio i richiami effettuati) dai vari Presidenti della Repubblica (in qualità di Presidenti del CSM) che si sono succeduti nel tempo.

Li ho tratti da due  articoli (uno  a firma di Alessia Palazzo ed uno a firma di Ermes Antonucci) , ma successivamente li ho verificati.

Il primo richiamo al CSM a non farsi controllare dalle correnti nelle nomine risale addirittura al 1981 e fu pro-nunziato da Sandro Pertini, che rimarcò "la necessità di rigorosi accertamenti sulla idoneità dei magistrati all'esercizio delle funzioni direttive ".

Più diretto fu Luigi Scalfaro "l'importante è che ciascuno, nel momento in cui giudica se un collega sia idoneo o me-no, si dimentichi di quale settore fa parte nella varia distribuzione interna, che è un segno di libertà della magistratura, quando ritiene che questo collega abbia le capacità. Una virgola di tentativo di avere più benevolenza per chi ha lo stesso gruppo sanguigno porterebbe loro agli stessi mali che noi parlamentari a volte abbiamo generato "

Storici gli interventi di Cossiga sul punto.

 "Sapete perché sta accadendo tutto questo?  Forse voi non lo sapete: ci sono le votazioni per la giunta dell'Associazione nazionale magistrati ed allora vi sono membri del Consiglio Superiore della Magistratura che, notte tardi, mi telefonano dicendo: «Ha ragione Lei, ma se io  prendo posizione a suo favore, quelli della corrente avversa avranno più voti che non quelli  della mia corrente». Immaginatevi se posso prendere come cosa seria gli atteggiamenti dell'Associazione Nazionale Magistrati! È la disgrazia della magistratura italiana: quella di tante correnti che recitano da partitini e che, recitando da partitini, hanno esigenze di concorrenza corporativa" .
 
In un'altra occasione Cossiga individuò con grande lucidità le cause dell'emergere del fenomeno del "correntismo" nello smantellamento del tradizionale sistema di carriera dei  magistrati (sostituito da un avanzamento per mera anzianità) e nella legge elettorale utilizzata per l'elezione del Csm: "Quando lei fa eleggere un organo con la proporzionale ed i voti di preferenza, l'organo diventa politico per forza perché così come non è vero che il saio non faccia il monaco, il monaco è fatto anche dal saio, la legge elettorale fa l'organo e se lei fa una legge elettorale proporzionale, con liste concorrenti e con i voti di preferenza, è logico che si formino squadre politiche", dichiarò Cossiga in un'intervista al quotidiano "Il Giornale".  Da ricordare anche l'appello rivolto da Cossiga il 30 novembre 1991 affinché i magistrati si  ribellassero alla politicizzazione e alle logiche spartitorie delle correnti: "Aiutatemi a difendervi, aiutatemi a difendere i magistrati dalle suggestioni dell'avventurismo politico, dal potere di organi che vogliono esercitare funzioni che la Costituzione non riconosce loro, da quella parte fortemente ideologizzata del Consiglio Superiore della Magistratura che, con rinnovati tentativi di assunzione di competenze contro la Costituzione e contro le leggi, tende a non realizzare una corretta amministrazione del corpo dei magistrati in forme che ne garantiscano effettivamente la libertà e l'indipendenza, ma ad attribuirsi un potere di governare i magistrati con metodi lottizzatori, di cui gli stessi magistrati sarebbero le prime vittime".
 
Si passa a  Carlo Azeglio Ciampi "Su questo campo e, più in generale, su quello dell'amministrazione della giurisdizione, e, segnatamente, della gestione dei trasferimenti e delle nomine, il Consiglio ha incontrato difficoltà. Ci sono state delle lentezze che il Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura e il Primo Presidente della Corte di Cassazione hanno  addebitato anche ai condiziona-menti di logiche correntizie che hanno imposto 'pause,  frenate e mediazioni faticose ben al di là della pur necessaria dialettica'. Capisco, condivido,  auspico l'esercizio della dialettica; comprendo le 'affinità elettive', ma non 'discipline di  gruppo' che tendano a influenzare le valutazioni dei singoli ".

Ed a Napolitano "Le nomine debbono essere tempestive e  non passare sotto le forche caudine di interminabili tentativi di mediazione, che espongono  questo adempimento primario a polemiche sul condizionamento di visioni correntizie che  travalichino i limiti della normale dialettica "

Ed ancora lo stesso Napolitano, qualche anno più tardi ""Tra i punti più delicati,  nell'interesse della riaffermazione dello stesso ruolo del Consiglio Superiore, c'è quello del  rigore e della misura, dell'obbiettività e imparzialità, con cui il Consiglio deve esercitare le  sue funzioni: senza farsi, tra l'altro, condizionare nelle sue scelte da logiche di appartenenza  correntizia. Il rispetto degli equilibri costituzionali e dei limiti che esso comporta per  ciascuna istituzione vale per tutti, vale per tutte le istituzioni " ed ancora qualche anno dopo lamentando "estenuanti impropri  negoziati nella ricerca di compromessi e malsani bilanciamenti tra correnti ".

Mattarella "la copertura di tutti i posti vacanti e, in particolare, di quelli direttivi e semi direttivi, sia effettuata celermente; e non venga ritardata dalla ricerca di intese su una pluralità di nomine "
Il climax si raggiunse ovviamente dopo che vennero divulgate nel 2019 le intercettazioni sul caso Palamara.

Fu proprio Mattarella a pronunziare un discorso che resterà nella storia (nera purtroppo) della Magistratura "il coacervo di manovre nascoste, di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato", una prassi che si manifesta "in totale contrapposizione con i doveri basilari dell'ordine giudiziario e con quel che i cittadini si attendono dalla magistratura "

Chiudiamo questa triste carrellata ancora con l'intervento del Presidente Mattarella del 2020 "è necessario che il tracciato della riforma sia volto a rimuovere prassi inaccettabili, frutto di una trama di schieramenti cementati dal desiderio di occupare ruoli di particolare importanza giudiziaria e amministrativa, un intreccio di contrapposte manovre, di scambi, talvolta con palese indifferenza al merito delle questioni e alle capacità individuali ".

Alla luce di questi elementi ritengo che ognuno possa farsi una propria opinione circa la durevolezza e l'estensione del fenomeno.

giovedì 25 luglio 2024

Stupori




Capita che si stia svolgendo un procedimento penale per verificare o falsificare l’ipotesi che un magistrato abbia indebitamente distrutto dei reperti già utilizzati come prova processuale. 

Al CSM un consigliere laico, Enrico Aimi, si stupisce che a Palazzo dei Marescialli  (manco fosse una questura dell’est europeo)  non sia giunta notizia ufficiale dei dettagli di quell’indagine penale coinvolgente un magistrato. 

Sillabiamo qui la disciplina di legge. 

L’art.  329 del codice di procedura penale pone l’ obbligo del segreto in questi termini:  “Gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.”. 

L’art. 289 dello stesso codice prevede  la misura cautelare della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio con la quale il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.

Laddove, logicamente,  non ricorressero i presupposti per misure cautelari più gravi (custodia in carcere o arresti domiciliari). 

Dunque se un magistrato è indagato egli non gode di alcun “privilegio” e, ricorrendone le condizioni, deve essere sottoposto a misura cautelare. 

Va da sé che la rivelazione di un segreto è reato (art. 326 c.p.)..

E allora perché mai l’avvocato penalista Enrico Aimi, adesso membro laico del CSM, si stupisce e rammarica di non aver saputo nulla di quell’indagine? 

Ma perché assurto a Palazzo dei Marescialli è stato immediatamente colpito dalla “circolarite”, grave patologia che affligge i giuristi non più capaci di orientarsi nella gerarchia delle fonti del diritto. 

Infatti il CSM, sempre in preda a manie di onnipotenza (anch’esse a quanto pare incurabili), ha stabilito con una circolare (!) che quegli articoli dei codici non si applicano  quando si tratti di rivelare il segreto al supremo organo di governo dei magistrati, che altrimenti giungerebbero in ritardo gli interventi di sua competenza (solo il trasferimento per incompatibilità ambientale, in realtà).

A ognuno il vaglio di quei pretesti. 

A noi l'amara considerazione che ultimamente al CSM i segreti non è che siano molto tutelati … 

Ventre molle




Approvata ieri dal CSM l’ennesima circolare, questa volta relativa all’obolo per togati. 

Si trattava di stabilire i criteri per autorizzare il collocamento fuori ruolo dei magistrati, chiamati fiduciariamente dalla politica a svolgere funzioni estranee a quelle per le quali lo Stato li ha assunti. 

 Chiamata diretta: senza concorso  e senza alcuna verifica della effettiva sussistenza delle attitudini ai nuovi compiti. Tutto sulla fiducia del politico di turno.  

I vantaggi così conseguibili dalla toga svolazzante dall'aula di tribunale a quella di un gabinetto sono plurimi: di solito si sta a Roma, sede ambitissima; si guadagna di più; le esperienze acquisite senza scrivere sentenze saranno smisuratamente sopravvalutate quando tornerà nei ranghi, il che assicurerà la prevalenza sui magistrati che non lasciano i propri compiti.  Proprio come per i chirurghi:  li mandiamo a scrivere i bugiardini in qualche ministero e poi gli affidiamo i pazienti sul tavolo operatorio.     



Di seguito l’intervento critico del Consigliere Andrea Mirenda che non ha votato quella circolare. 

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La mia posizione culturale sui fuori ruolo già vi è nota e si impronta al massimo self restraint e all’idea del rispetto della separazione dei poteri,  per evitare che si arrivi  a non  capire più chi fa che cosa.

Questa è la sede delle scelte e la proposta in esame le scelte le fa eccome.
E le fa, a mio sommesso avviso, al ribasso, a ventre molle, tutta protesa com’è ad assicurare AGIO agli aspiranti fuori ruolo, commmodities, anziché - come si dovrebbe - mettere al centro l’interesse pubblico all’efficiente  esercizio della giustizia.

QUATTRO RIFLESSIONI

A)
Toccava a noi decidere, per precisa indicazione del legislatore, e SI POTEVA DECIDERE DIVERSAMENTE, se mantenere o ridurre  l’attuale soglia massima di scopertura degli ufficialmente (si è mantenuto il 20% quando poteva seriamente essere il 15 o il 10) ed ancora, è criticabile il fatto che in quella percentuale siano valutati anche i semidirettivi tra le presenze utili al salva-soglia, essendo noto che i dirigenti contribuiscono assai meno al raggiungimento degli obiettivi di performance degli uffici,  per ragioni legate principalmente al - non sempre razionale - sgravio negli affari di cui  godono.
Nel silenzio della norma primaria - che un simile risultato avrebbe consentito - si è è scelta, invece, la soluzione “a ventre molle” che ha incluso nel calcolo, con chiaro easy going, giudici e semidirettivi, omogeneizzati in un simpatico “todos caballeros”…

B) 
appare, poi, assai debole la tutela dell’interesse dell’amministrazione al collocamento Fuori Ruolo, ancora una volta reso del tutto ancillare rispetto a quello dell’amministrazione di destinazione (art.105): nessun riferimento all’idoneità “verificata” del collega chiamato dalla PA, magari con una con una semplice seconda valutazione in tasca, a compiti delicatissimi di law maker o che altro… 
Avevamo chiesto, a  tal fine, di inserire almeno l’audizione dell’interessato e la verifica dei suoi titoli… ma niente… 
Suona quindi paradossale (se non irridente) il comma 4 dell’articolo 105 … che richiede che  l’incarico da conferire abbia caratteristiche di elevato grado di preparazione in materie giuridiche ovvero di particolare conoscenza dell’organizzazione giudiziaria o di esperienza pratica maturata nell’esercizio dell’attività giurisdizionale, senza poi andare a verificare se l’interessato abbia o meno quelle caratteristiche.

C)
anche il nuovo articolo 107 della circolare, nella formulazione che avrà attuazione dal 2026, appare espressione di questa cultura a ventre molle, quella  del “tutti liberi”.
La scopertura di sicurezza del 3% per ogni punto di scopertura nazionale dei posti, è stata portata a 2% per “correggere“ gli effetti della riduzione dei numeri di posti fuori ruolo voluta dal legislatore, nel chiaro tentativo di sminare, diluire e neutralizzare, per quanto possibile, la già molle scelta del regolatore, anziché assecondarla e potenziarla riducendo ulteriormente i posti fuori ruolo rispetto al massimo consentito.

D)
Mi si conceda, infine, di giudicare come “codina” la proposta di emendare l’art. 104 con l’abolizione della lett. d) (lì dove richiede almeno la terza valutazione di professionalità) perché la Cartabia si limitava a prevedere che il magistrato dovesse avere esercitato le funzioni per almeno 10 anni dalla data del loro conferimento, mandando al consiglio di individuare un termine eventualmente superiore, che ora si vuole incomprensibilmente riportare alla seconda valutazione, nella logica del ventre molle che caratterizza questa circolare .

Per queste ragioni, voterò contro l’emendamento e, tuttavia, mi asterrò dall’approvazione della circolare nel suo complesso

L’Europa sprona l’Italia: sorteggio dei componenti del CSM anche per i non togati e separazione delle carriere estesa a tutte le magistrature.






Abbiamo un problema. 

Nonostante sulla "Carta" (costituzionale) sia proclamata l'indipendenza della magistratura dal potere politico,  i cittadini si sono accorti che così non è. 

Solo il 36% della popolazione ci crede.

Evidente che l'attuazione della Costituzione in materia di toghe non è avvenuta. 

I magistrati italici  - voluti dal Costituente senza padrone - si sono auto assoggettati al potere politico, quello interno del sistema lottizzatorio-correntizio, mantenendo una solo formale autonomia dai partiti politici, coi quali trattare ogni cosa (compreso chi distaccare ai ministeri, si veda la nota sulla circolare dei fuori ruolo appena approvata).

Di qui l'esortazione della burocrazia europea a rendere più efficace il sorteggio anche per i componenti del CSM provenienti da esperienze diverse da quella della magistratura.

Lo stesso parere evidenzia che in Europa non esiste alcuna regola che imponga o vieti la separazione delle carriere. 

Di qui l'invito a compiere scelte coerenti: se si separano le carriere nella magistratura ordinaria lo stesso andrebbe fatto per le giurisdizioni speciali dove esista un "pubblico ministero", come ad esempio quella della Corte dei Conti.     

             

Solo gli stupidi non cambiano idea




E' di poco fa la notizia della chiusura delle indagini sulla tragedia di Cutro, tante vittime la cui morte oggi si afferma evitabile. 

Da quella tristissima vicenda nacque il cd Decreto Cutro, misura che mirava ad evitare sbarchi pericolosi ma che contraddittoriamente rendeva la vita difficile a quanti avessero toccato, vivi, il suolo italiano. 

Tra quelle misure una particolarmente odiosa.

L'imposizione agli ultimi della terra di una cauzione di 5.000,00 euro per protrarre il soggiorno in Italia.

Quella disposizione era apparsa alla dott.ssa Apostolico contrastante col diritto europeo e disapplicò quel decreto, con quali conseguenze mediatiche tutti ricordano. 

Politici e mezzi di informazione hanno fatto oggetto quella magistrata di una vera e propria persecuzione, tirando persino fuori video polizieschi di anni prima. 

Era cioè più facile demolire l'autore del provvedimento che contestarne le motivazioni.

Ci ha provato l'Avvocatura dello Stato proponendo ricorso per Cassazione.

La Cassazione ha passato la palla alla Corte Europea,  che la questione l'era parsa troppo difficile. 

Si apprende in questi giorni che lo Stato, per mezzo della sua Avvocatura, ha rinunciato a quel ricorso, gli sta bene quel provvedimento. 

Anche perché, nel frattempo, l'immonda gabella di 5.000,00 euro sull'umana  disperazione è stata modificata.

Era una cosa stupida. 

Bene sia stata cambiata. 

Adesso manca solo una manifestazione di intelligenza di quanti posero in essere una campagna mediatica diffamatoria contro un giudice che bene conosce ed applica il diritto europeo.

Ci piace richiamare un commento di Felice Lima sull'argomento, leggibile a questo link.  

  

                 

Oste, com'è il tuo vino?



In queste ore si svolgono le "audizioni" in Parlamento sulla riforma della giustizia ed in particolare sul sorteggio dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura.

Tra tutti, è il punto chirurgico e nevralgico: col sorteggio del CSM nessuno avvertirebbe più la necessità di separare le carriere,  che nessun PM si sentirebbe protetto dalle alte sfere correntizie al CSM nell'intraprendere iniziative politicamente orientate (ammesso che in questo Paese mai siano esistite, che di "prove" non se ne sono mai raccolte) e probabilmente anche il disciplinare sarebbe gestito meno faziosamente. 

Ebbene chi viene sentito? 

Ma i correntisti, ovvio. 

Nessuno di quel 42% di magistrati che invoca a gran voce il sorteggio del CSM. 

Deve esserci, allora,  una strategia della maggioranza parlamentare.

Quanto più i correntisti contrasteranno il sorteggio per sostenere la bontà del metodo elettivo (che tanto fa "sistema"), tanto più sarà dimostrata l'efficacia  e l'urgenza del sorteggio.

Non c'è altra spiegazione. 


         

Procure a gerarchia controllata




Da "Dimensione informazione" un contributo sulla neonata regolamentazione degli uffici di procura.

Non cambia la legge ma a quanto pare cambia il "capo", adesso è il CSM.

    

domenica 21 luglio 2024

Da il Fatto Quotidiano, intervista a Felice Lima sull'ennesimo scandalo che coinvolge il CSM.




Palamara passa, il sistema resta.  Un'analisi, a prima lettura e salvi gli approfondimenti a venire, condivisibile. Come inquietanti appaiono gli interrogativi sugli scopi dell'inusuale convegno:  non era stato attivato dalla dott.ssa Fascetto che anzi ci andò munita di registratore. Cosa voleva la consigliera Natoli da lei? Per conto di chi?


   da il Fatto Quotidiano del 21 luglio 2024.      

“L’operato di Natoli è di una gravità inaudita”. 

A dirlo è Felice Lima, sostituto procuratore generale a Catania, da sempre lontano dalle correnti e voce fuori dal coro della magistratura.

Lima, il nuovo scandalo al Csm pare un déjà-vu: che idea s’è fatto? Natoli deve dimettersi?

È necessario distinguere le responsabilità personali da quelle “di sistema”, per evitare che le une diventino alibi delle altre e viceversa. L’operato della consigliera è d’inaudita gravità: se non si dimette non soltanto minerà, per il seguito del suo mandato, la sua – ormai inesistente – credibilità, ma anche quella della Istituzione. Come si può lavorare con chi, uscito dalla camera di consiglio, cerca l’incolpata e intavola accordi con lei? Quest’ennesimo scandalo racconta le conseguenze della protervia d’un potere politico che tratta le istituzioni come cosa propria. E ci manda persone scelte con criteri che è un eufemismo definire discutibili. Ma ci dice anche cosa – e come – si fa al Csm. Poi però ci sono questioni di sistema, che rimandano allo scandalo Palamara e alle riunioni all’Hotel Champagne.

Fonti del Csm raccontano che Natoli sia stata convinta a non partecipare alla seduta dell’ultimo plenum, pena l’apertura d’un dibattito, con scandalo immediato, sulla notizia dei suoi colloqui con la magistrata sottoposta a disciplinare. Che ne pensa?

Se fosse vero, se qualcuno ha esercitato pressioni perché non partecipasse al voto per la nomina del Procuratore di Catania, sarebbe inaccettabile: si sarebbe alterato l’esito di quel voto. Finché non si dimette, la Natoli è un Consigliere del Csm in carica. Lasciarla al suo posto, inducendola a fare o non fare questo o quest’altro, è peggio ancora che lasciarla al suo posto e basta.

Come è stato possibile che dopo lo scandalo Champagne si siano determinate le condizioni di una nuova bufera sul Csm?

La storia ha ormai dimostrato che sia i membri laici sia i togati rivendicano spudoratamente, contro la lettera e ancor più lo spirito della Costituzione, un ruolo “politico” al Csm. Entrambi – laici e togati – dicono di riferirsi alla “politica” in senso alto e nobile. I fatti dimostrano che perseguo-no interessi privati contro l’istituzione e contro la giustizia. Le chat di Palamara, al di là di ogni ragionevole dubbio, hanno tolto qualsiasi alibi ideale ai faccendieri che da decenni condizionano l’attività del Csm. Chi detiene il “potere interno” della magistratura ha scelto – ignominiosamente – di fingere di credere che Palamara abbia agito da solo e sia stata l’unica mela marcia. Sicché, cacciato il reprobo, nulla è cambiato.  Non c’è un “dopo Palamara”: siamo  allo stesso “sistema” di sempre. Temo che ora i politici tenteranno di fare lo stesso con Natoli, fingendo sia un incidente privo di rilievo collettivo.

Che tipo di reato si potrebbe configurare a carico di Natoli?

È difficile dirlo. Certo è che il dialogo fra Natoli e Fascetto suscita molti interrogativi, alcuni molto delicati. Sembra, infatti, che, per un verso, la Natoli prometta aiuto alla Fascetto, ma, per altro verso, le chieda alcune cose. L’insieme della vicenda fa pensare che possa essere stata la Natoli a tentare di condizionare la Fascetto, e non viceversa. E spiegherebbe perché Fascetto consideri Natoli “nemica” e la “bruci” depositando le registrazioni.

sabato 20 luglio 2024

Generalizzare, se conviene.




di Nicola Saracino - Magistrato 

Lo scandalo Natoli è  scoppiato, la rassegna stampa odierna ne offre tutti i  risvolti.

Compreso quello del famelico e rapidissimo approfittamento delle correnti per alterare la maggioranza dietro alla scelta del nuovo procuratore di Catania, costringendo proprio la consigliera di origini etnee a non partecipare alla seduta di plenum, che altrimenti l’avrebbero pubblicamente dileggiata.
  
Per non appesantire il discorso il fatto è qui riportato “per relationem”: cercate su Google  Csm Natoli e saprete tutto. 

Quando emerse il “Sistema” dalle chat palamariane l’associazione nazionale magistrati ed in generale il corpo togato si affrettarono a disincagliarsene e lo scandalo doveva portare  il solo nome di Luca Palamara.

Non contava che rivelasse  quanto i magistrati fossero dediti alle trame e come il CSM fosse in mano a fazioni agguerritissime nella lottizzazione di ogni cosa. 

Con l’ausilio della Procura Generale dell’epoca tutto è stato nascosto sotto al tappeto, impunità di massa. 

Questa volta è diverso.

A qualcuno non conviene   parlare di “scandalo Natoli”, meglio coinvolgere tutti i cd membri “laici” del consiglio superiore della magistratura. 

Con inusitato senso istituzionale,  ecco i togati mettere in discussione l’assetto costituzionale del CSM attuale che a loro avviso risulterebbe inquinato proprio dalla presenza di  non magistrati eletti dal Parlamento, tutti accomunati nelle cattive intenzioni di una di loro. 

Correntisti alla riscossa. 

Il via alle danze lo dà il segretario  di una corrente in questi termini  "Leggo le notizie sulle improvvide frequentazioni di una consigliera  laica, giudice disciplinare, con una incolpata sua concittadina. Questi sono i laici ai  quali la politica affida la tutela della autonomia della magistratura? … Episodi come questi dimostrano quanto sia  pericoloso creare la alta corte disciplinare per i magistrati e rafforzare la presenza  della politica nel CSM".

Segue un più articolato comunicato di Magistratura Democratica secondo il quale  il fatto denoterebbe “ …una tendenza a utilizzare le dinamiche consiliari per finalità di ricerca del consenso da parte della componente laica vicina all'attuale maggioranza parlamentare”.

Di qui il pericolo rappresentato da una Corte disciplinare non racchiusa nel CSM, luogo notoriamente distante da logiche di ricerca del consenso, secondo Magistratura Democratica.

Apprezzo il coraggio. 

Perché sparare fandonie di questa dimensione facendo finta di niente non è da tutti. 

A scrivere, infatti, sono gli stessi che difendono “la ricerca del consenso”  quale presupposto dell’ascesa allo scranno di consigliere superiore: difendono coi denti “il voto” per il CSM che vogliono “politico”. 

La politica reca in sé cose buone e cose meno buone. 

Il clientelismo al CSM non è appannaggio dei laici, tutt'altro; è gestito direttamente dalle correnti che proprio ai laici chiedono appoggio nelle diverse pratiche, non lo disdegnano.

La permeabilità del giudice a condizionamenti non è il frutto della discendenza non togata di alcuni componenti,  ma dell’elezione, della scelta    dei giudici proprio ad opera degli stessi magistrati soggetti al suo giudizio. 

Sono, in definitiva,  i limiti del giudice elettivo, non del giudice “laico”. 

Tanto più che la presidenza dell’organo giudicante è assunta proprio da un laico, il vice presidente del CSM, per giunta "vicino all'attuale maggioranza parlamentare": quale conclusione dovremmo trarne secondo Zaccaro e Magistratura Democratica?

Il membri laici del CSM, quindi, sono sotto attacco, tutti. 

Sta a loro chiarire se le “dinamiche togate” al Consiglio Superiore della Magistratura siano cristalline ed immuni  dalla sistematica lottizzazione correntizia. 

giovedì 18 luglio 2024

Toh, una prova ...



Cari lettori del Blog,

quelli che ci seguono da più tempo hanno affrontato l’esplosione (implosione) dello scandalo del Sistema (non dello scandalo Palamara) senza particolari sorprese. 

Che avvenisse quel che avveniva lo si capiva dalle scelte del CSM in tutti i settori del suo intervento, dalle carriere alle punizioni dei magistrati indipendenti. 

Quindi chi aveva attivato i neuroni non si è sorpreso quando è comparsa la “prova” di quanto già ampiamente narrato negli anni da questo Blog, le chat di Palamara erano in realtà del mondo togato intero con Palamara.  

Com’era ovvio e si nega ancor oggi nelle sentenze disciplinari. 

Capita adesso che un’avventata avvocata, eletta al CSM del quale compone la Sezione Disciplinare (quindi un “giudice”, sia pur laico, a tutti gli effetti), si sia fatta inconsapevolmente  registrare mentre discuteva con una magistrata coinvolta in un procedimento disciplinare.

Si veda la notizia a questo link e si colga quanto faccia "figo" dirsi anti Palamara a quest'altro link.  

Fuori dal processo, quindi, uno dei componenti della Sezione Disciplinare (organo collegiale) sembra discutesse privatamente con l’incolpata del suo andamento. 

Per scelta difensiva  -  le cui finalità saranno note non appena si comprenderà quale risultato il difensore della magistrata volesse ottenere -  le trascrizioni di quelle registrazioni vengono depositate proprio alla Sezione Disciplinare del CSM.

Ma che scandalo,  ma che sorpresa!

E’ la lettura attenta delle decisioni di quel giudice  a dover sollecitare l’interesse (si legga Zurlo, ad esempio). 

L’uso mai univocamente decifrabile della clemenza connessa alla tenuità del fatto che manda assolto taluno e condanna l’altro. 

La disparità di trattamento, condanne severissime ed assoluzioni sconcertanti, non rassicura sull’equilibrio del giudice elettivo.  

La stessa interferenza del disciplinare su alcuni processi in corso e l'invocazione dell'opposto dogma quando  le maggioranze consiliari lo sconsiglino,  denotano scelte ondivaghe. 

Per molti dei componenti  del CSM l’essere “eletto” l’autorizza a far “politica”. 

Ma  chi fa politica  solitamente è incompatibile con l’ufficio del giudice. 

Quindi nessuno stupore  che taluni incolpati abbiano canali privilegiati coi loro giudici disciplinari. 

La sorpresa è che oggi ne sia stata depositata una prova documentale a quello stesso giudice. 

Che non crederà ai suoi occhi …
 

domenica 14 luglio 2024

Altre voci sul trapasso dell'art. 323 c.p..

Nel segnalare un articolo del collega Rosario Russo apparso sulla testata "Domani" e leggibile a questo link, riceviamo e pubblichiamo il contributo del collega 

Mario Fiorentino - Magistrato 


     “Male non fare, paura non avere”  
(ei fu, l’art. 323 c.p. ovvero  l'abuso d’ufficio).

Provo disaccordo rispetto al percorso che ha portato all'abolizione dell'abuso d'ufficio, anche se occorre stare attenti alle strumentalizzazioni di parte o della stampa. 

E' un percorso che inizia da lontano. 

Già con il governo di centro sinistra del 1997 (rel. Sen. Salvi), attraverso la riformulazione  dell'art. 323 c.p., ne fu ridotto profondamente l'ambito di operatività, tanto che qualcuno ritenne che, così scritto, sarebbe divenuto un reato (quasi) impossibile da commettere o provare (l'abbassamento delle soglie di pena impediva, peraltro, che si potessero disporre intercettazioni, a meno che non ricorressero più gravi ipotesi di reato). 

Proseguì in tal senso  il governo dei 5 stelle-lega, limitandone ulteriormente  l’ambito di applicazione.

Ora la definitiva abolizione con il centro destra, anche se alcuni ritengono(probabilmente con qualche ragione) che si trattava di un reato già “quasi morto”.

Non siamo di certo in Svezia. 

Ed uno dei mali più profondi del nostro paese sono gli abusi che spesso si perpetrano ai danni dei cittadini per bene e della collettività. 

Il nepotismo, le raccomandazioni, le distorsioni amministrative per favorire imprese o interessi vicini a quello o quell'altro personaggio o a centri di interesse, in barba alla meritocrazia, degradano la società: la deprivano delle scelte migliori, in tutti i settori.

L'abuso d'ufficio nasce proprio per tutelare l'imparzialità dello Stato, affinché le scelte dei pubblici funzionari, anche quando non integrino più gravi ipotesi di reato (ad es. corruzione), non siano dettate da interessi personali o di partito, siano le più giuste, le più adeguate per l'interesse collettivo.

Al giorno d'oggi, e già dopo aver verificato gli effetti della riforma del 1997, occorreva semmai rafforzarne l'efficacia, ovviamente nel pieno rispetto dei diritti della persona sottoposta ad indagini e con tutte le garanzie del caso.

Invece, constatatene le gravi “condizioni di salute”, anziché curarlo, si è deciso di “sopprimerlo”.

Probabilmente, chissà, il Governo starà studiando le forme migliori per combattere il malaffare dei “colletti bianchi”, con adeguati aggiustamenti.

E certamente non è da ora che i cittadini (e la società tutta) risultano privi di effettivi rimedi, di fronte a condotte tese ad alterare il corretto funzionamento della macchina pubblica.

Ma il messaggio che passa è quello che da domani sarà possibile abusare del proprio ufficio (ad es; fare vincere un concorso o un appalto senza merito, etc.) senza temere, laddove non si ravvisino più gravi reati, responsabilità penali.

Una giustizia sempre più forte con i deboli e debole con i forti?

Ai penalisti l’ardua sentenza.

La strana Corte.



Le sentenze si rispettano. 

E nessuno, infatti, pretende di mettere in galera un assolto o di liberare un condannato.

Ma nessun potere può limitare la critica. 

Il testo di Stefano Zurlo raccoglie recenti sentenze della Sezione Disciplinare del CSM non mancando di stupirsi  - e di stupire - per il nonsense di alcune motivazioni.

Un giudice disciplinare elettivo risponde, inevitabilmente,  a pulsioni insondabili. 

Zurlo le sonda.          

Disciplinare magistrati: anche di media statura, purché la Corte sia esterna al CSM.



Le cronache degli ultimi mesi danno conto del colpo di spugna con il quale la Sezione Disciplinare del CSM archivia il caso “Palamara” (l’unico a pagare) come fenomeno di costume tutto italiano ed al quale i magistrati non sono estranei. 

Raccomandarsi  è lecito, dividersi i posti tra correnti fisiologico. 

Ed allora passi pure che “mio cugggino” sia votato all’unanimità dal CSM che altrimenti faccio brutta figura in famiglia. 

Non è che l’ultimo dei bislacchi episodi sottoposti al vaglio del CSM, uscendone indenni da conseguenze. 

Chi ottenne l’incarico direttivo col “naso turato” degli stessi consiglieri che lo votarono prosegue indenne il cursus honorum.  

Insomma favoritismi e lottizzazione sono stati sdoganati dall’interno della  magistratura, la stessa che frigna se le tolgono il reato di abuso d’ufficio che tanto era utile quando si trattava di dar fastidio agli altri. 

Che il CSM abbia assolto più o meno tutti si spiega  perché delle malefatte degli incolpati lo stesso organo sarebbe stato complice, consapevole oppur no. 

Perché il paradosso è che molte delle raccomandazioni poi sfociate all’attenzione del giudice disciplinare erano andate a buon fine, esattamente nei termini voluti dai confabulanti.

L’estesa diffusione del fenomeno svelata anche dai libri il cui autore era indicato come uomo-sistema, vale a dire Luca Palamara, aveva a tal punto preoccupato l’opinione pubblica  da indurre il legislatore ad introdurre una specifica ipotesi disciplinare,  che in realtà riguarda fatti già ampiamente punibili con le norme preesistenti, vale a dire, all’art. 3  del d.lgs 109/2006, le lettere 

 l-bis) l'adoperarsi per condizionare indebitamente l'esercizio delle funzioni del Consiglio superiore della magistratura, al fine di ottenere un ingiusto vantaggio per sé o per altri o di arrecare un danno ingiusto ad altri;
l-ter) l'omissione, da parte del componente del Consiglio superiore della magistratura, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illecito disciplinare ai sensi della lettera l-bis)

Ora, vi immaginate in quale condizioni si trovi il giudice disciplinare, cioè lo stesso CSM, nel dover prendere atto del pieno successo delle trame poste in essere dall’incolpato per il raggiungimento del risultato illecito perseguito?

Nemo iudex in causa propria

Val la pena ricordare il famoso assioma "non poteva non sapere" sulla cui base si scatenò un terremoto politico.  Quello stesso assioma il CSM di certo non lo  applica a sé stesso. 
 
Ecco, allora, che l’idea di spostare all’esterno del CSM il procedimento disciplinare è cosa molto saggia ed urgente; l’immaginetta in alto denota, al di là delle  utilitaristiche polemiche politiche, il vasto consenso su quell’ipotesi. 

Certo, lo schema del disegno di legge costituzionale è alquanto rozzo e dovrà essere raffinato per raggiungere una sufficienza giuridica tale da superare il contrasto con i principi del diritto europeo, ma l’idea è giusta. 

Una corte di media statura sarà sufficiente, purché rispettosa delle garanzie, specialmente in tema d'impugnazione,  che devono assistere chiunque.  

Stesso "Sistema", stessi metodi




Il Tribunale del riesame di Genova ha negato la revoca degli arresti domiciliari al Governatore della Regione Liguria Toti. 

Permane, secondo quel giudice, il pericolo di reiterazione del reato in un  quadro indiziario grave. 

Aggiunge, il giudice genovese, che l’indagato non riconoscendo di aver sbagliato denota attitudine a ripetere i suoi errori. 

Dal CSM giunge  - con sorpresa dei soli  smemorati – la richiesta di due consiglieri (laici) di sottoporre il tribunale ligure ad accertamento disciplinare per supposta abnormità di un provvedimento che riecheggia, a loro avviso, i metodi della santa inquisizione.  

Oggi l’ANM alza gli scudi e denuncia la grave interferenza.

Nel 2009 era invece ammesso che ANM e CSM sollecitassero il Ministro ad agire disciplinarmente contro la procura di Salerno,  rea di indagare su altra procura della Repubblica. 

L’abnormità (il pretesto), quella volta, fu ravvisata nella lunghezza del decreto di sequestro. 

In questa intervista di Gabriella Nuzzi un memo di quanto accaduto all’epoca per mano del Sistema. 

Se non si ripeterà per i magistrati genovesi ciò sarà dovuto, semplicemente, al rapporto di forza in seno all’ANM ed al CSM (che fanno, per l’appunto, “sistema”). 

Che altrimenti Genova si ritroverebbe senza tribunale del riesame in un batter di ciglia, sol che al CSM vi fosse una maggioranza pronta a costituire  il collegio dell'inquisizione …

venerdì 12 luglio 2024

L'abuso dell'abuso.



di Nicola Saracino - Magistrato 

 
L’art. 323  del Codice Penale è stato, alla fine, abrogato. 

Com’è noto dava vita ad una vera “star” tra i reati ascrivibili ai pubblici ufficiali, ovvero l’abuso del potere commesso per favorire o danneggiare qualcuno o comunque la mancata astensione nell’ipotesi di conflitto di interessi. 

Da cittadino sarei alquanto preoccupato se fosse vero che saremo completamente  sprotetti di fronte alla prevaricazione del potere. 

Ma che l’abuso non sia più reato non significa affatto che sia una condotta lecita. 

Resta sicuramente illecita, sotto tutti i profili tranne quello penale. 

Se un atto “sviato” arreca danno alle casse pubbliche l’autore ne risponderà contabilmente e dovrà risarcire l’erario. 

Se danneggia un privato  è oggi previsto il risarcimento del danno anche se lesivo di un interesse legittimo. 

Per me, dunque, non cambia moltissimo  se è vero che sul versante penale l’efficacia dell’azione della magistratura è stata alquanto deludente. 

Solo nel cinque per cento dei procedimenti penali avviati sull’ipotesi dell’abuso d’ufficio sfociava in condanna. 

Sono i dati che più volte il Ministro Nordio – mai smentito - ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica per giustificare il definitivo martirio dell’art. 323 c.p. , già ridotto in brandelli da precedenti riforme poste in essere da forze politiche antagoniste rispetto a quelle oggi al governo del Paese. 

In sostanza per giungere al misero risultato di cinque condanne si impegnavano le forze di cento procedimenti. 

Ma, soprattutto, per punirne cinque se ne massacravano “processualmente” novantacinque. 

Ecco allora che qualche riflessione autocritica da parte della magistratura sarebbe opportuna, perché all’eliminazione della “primadonna” dei reati contro la pubblica amministrazione ha fornito un formidabile concorso. 

Quante volte al tg abbiamo sentito “aperta indagine per abuso d’ufficio contro Tizio …".

Tantissime volte. 

A quanto pare solo cinque volte su cento abbiamo avuto notizia che Tizio è stato condannato per quel delitto. 

I magistrati, che tanto piangono il trapasso dell’art. 323 del codice penale, si trincerano dietro alle difficoltà tecniche della prova dell’abuso d’ufficio. 

Il che è senz’altro vero. 

Perché l’illiceità da punire penalmente non era la semplice illegittimità dell’atto amministrativo, ma la volontà “cattiva” che l’aveva determinata (per l’appunto, quella di favorire o danneggiare qualcuno). 

Prima ancora della difficoltà della prova, allora, doveva prendersi atto della difficoltà di formulare l’ipotesi e le denunce superficiali che si limitavano a segnalare illegittimità amministrative andavano cestinate se non offrivano un qualche elemento immediatamente indicativo di quella “volontà cattiva”. 

Invece la magistratura ha iscritto ogni segnalazione come ipotesi di reato. 

Come se si dovessero traslocare dal tribunale amministrativo regionale alle procure della Repubblica tutte le pratiche delle impugnative di atti amministrativi denunciati per vizi di legittimità, migliaia e migliaia, non basterebbero i camion.
 
Di qui la desolante percentuale di “successo” delle ipotesi accusatorie che avevano dato origine ad un numero abnorme di procedimenti penali. 

La deterrenza, vale a dire la capacità di sconsigliare condotte scorrette  (in questo caso dei pubblici ufficiali), di renderle non convenienti per l’aspirante reo, è senz’altro uno degli scopi delle norme penali.  

E’ un effetto lecito e voluto direttamente dalla legge penale quando minaccia la sanzione.  

Insopportabile, al contrario, la  minaccia di dover subire un processo anche quando nessuna “cattiva volontà”  ispiri l’azione del pubblico ufficiale. 

Novantacinque su cento hanno dovuto subire il danno mediatico, economico, morale ed anche politico di iniziative processuali sfociate in nulla di fatto. 

Questa particolare deterrenza non è fisiologica, non è nella legge ed in effetti frena non già l’illecito,  ma la stessa azione della pubblica amministrazione. 

Sicché fa davvero sorridere l’affermazione di qualche procuratore della Repubblica secondo la quale da domani non potrà  aiutare  il cittadino che lamenti abusi: andrebbe ricordato a quel procuratore che le sue risposte erano assai carenti anche prima dell’abrogazione del delitto, rispondeva bene solo nel cinque per cento dei casi. 

Nessuno si fascerà il capo,  forse cinque su cento. 

Se poi la pretesa della magistratura fosse  quella di impaurire i “sudditi” con la minaccia di coinvolgimento in processi destinati comunque all’archiviazione o all’assoluzione, ecco allora che può tacciarsi proprio quell’aspirazione di essere “abusiva”. 

In definitiva l’abuso è morto per l’abuso che se ne è fatto. 

Risorgerà? 

Non è escluso,  cambia la maggioranza e cambia la legge, è nelle regole democratiche. 

Ma servirà un legislatore accorto ed una magistratura meno incline a mascherare ogni sua inefficienza dietro al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale: ho sbagliato ma ero obbligato … 

lunedì 10 giugno 2024

Una vittima di Magistratura Democratica.


di Nicola Saracino - Magistrato 

E’ ancora fresco il clamore della bocciatura ad opera del Consiglio Superiore della Magistratura del magistrato Emilio Sirianni al quale è stata negata la positiva valutazione quadriennale di professionalità, la settima e quindi l’ultima.  

Cosa ciò implichi è presto detto: l’interessato non consegue il trattamento economico collegato alla progressione di “carriera” (tale non è in realtà); viene retrocesso ai colleghi di pari anzianità di servizio immuni da incidenti di percorso per ogni incarico dovesse richiedere; se, tra due anni, il CSM dovesse esprimersi negativamente sulla sua “professionalità” egli sarebbe dispensato dal servizio, cioè licenziato. 

Un danno economico e morale di notevole peso, dunque. 

Ma perché il collega è stato valutato negativamente? Non perché non scrivesse buoni provvedimenti o ritardasse l’inizio delle udienze; non per violazione dei suoi doveri di servizio; non per conflitti coi colleghi o con l’avvocatura.
 

domenica 2 giugno 2024

Il DDL costituzionale Meloni-Nordio su separazione delle carriere, sorteggio e Alta Corte.


di Giuliano Castiglia
Magistrato

Giovedì 30 maggio il Consiglio dei Ministri ha varato il disegno di legge costituzionale di riforma dell’ordinamento giudiziario.

Come spiega Nicola Saracino in “Una riforma utile perché dannosa”, su queto Blog, l’articolato si impernia su tre pilastri: la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri con la creazione di due distinti CSM, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica; la selezione mediante sorteggio dei componenti dei due nuovi Consigli; la sottrazione al CSM della competenza a emettere «i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati» e l’attribuzione della «giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari» a un giudice di nuovo conio, definito «Alta Corte»,  composto da magistrati, professori universitari e avvocati, anch’essi selezionati mediante sorteggio come i componenti dei due Consigli superiori.

Va riconosciuto che, al netto dei processi alle intenzioni, non si vedono solo ombre.