martedì 26 ottobre 2021

Riforma elettorale del CSM: la (vera) posta in gioco


di Giovanni Genovese
Magistrato


In questi giorni, all’interno della magistratura, fervono gli appelli alla classe politica perché adotti questa o quella legge elettorale per l’elezione dei componenti togati per il CSM, prevista per luglio 2022.

In generale, i due gruppi più grandi premono per una legge di tipo maggioritario, con la motivazione di una maggiore vicinanza dell’eletto al territorio, mentre quelli più piccoli spingono per una riforma in senso proporzionale, adducendo la necessità che all’interno dell’organo di autogoverno venga rispecchiato il “pluralismo culturale” dei magistrati.

Gli uni e gli altri sono tuttavia accomunati da due costanti: la netta opposizione ad un sistema fondato sul sorteggio temperato e la totale obliterazione dei lavori e delle conclusioni della commissione di studio dell’ANM sulla legge elettorale.

Questa commissione, aperta alla partecipazione di qualunque iscritto all’ANM che ne avesse fatto richiesta, ha lavorato a ritmo serrato, al fine di predisporre un parere sulla proposta di riforma elaborata dalla c.d. Commissione Luciani (incentrata sul c.d. voto trasferibile) e di presentarlo tempestivamente al Comitato Direttivo Centrale dell’ANM, per consentire all’associazione di esprimersi in tempo utile. 

La relazione conclusiva del Presidente è disponibile al seguente link:

https://www.associazionemagistrati.it/doc/3590/relazione-sullo-svolgimento-dei-lavori.htm

Tutti coloro che hanno partecipato ai lavori di questa commissione hanno potuto cogliere come l'unico momento di frizione sia sorto sulla proposta preliminare di dividersi in due sottocommissioni: una sul sorteggio e una sugli altri sistemi elettorali. 

Un simile modo di procedere è stato subito contestato da parte dei fautori del sorteggio, i quali non avevano alcuna intenzione di essere confinati in una “riserva indiana”, dove avrebbero potuto interloquire soltanto fra loro, mentre tutti gli altri avrebbero discusso di quale sistema elettorale proporre come ANM (perchè non v'era alcun dubbio che, in sede di voto finale, la relazione dei "sorteggiatori" sarebbe stata messa in minoranza).

L'idea dei fautori del sorteggio era appunto quella di una contaminazione reciproca: si voleva da un lato dimostrare come il sorteggio non fosse un sistema elettorale, ma un metodo di designazione dei candidati astrattamente applicabile a qualunque sistema elettorale, sicché separare le due cose non avrebbe avuto senso; dall'altro constatare da vicino se e come il problema di fondo che la riforma avrebbe dovuto affrontare, cioè quello di sganciare l'autogoverno da una preselezione carrieristica diretta dalle correnti, fosse percepito come tale anche da chi opera all'interno di una corrente.

Il risultato finale è stato sorprendente, non soltanto sotto il primo profilo (il sorteggio, che prima era considerato alla stregua di una mera provocazione, è invece entrato a pieno titolo nel dibattito), ma soprattutto sotto il secondo: è risultato infatti evidente che la maggioranza non tollerava più la morsa delle correnti sul CSM.

Se si vanno a vedere le conclusioni finali (ma ancor più se si è assistito al dibattito, non documentabile se non per testimonianza personale), emerge con chiarezza una sostanziale unità dei partecipanti sulla pars destruens, con poche eccezioni (quasi tutte di autorevoli esponenti di correnti): la proposta Luciani è stata considerata irricevibile proprio perchè, anziché mettere i bastoni fra le ruote al condizionamento delle correnti, lo agevolerebbe e rafforzerebbe.

Si è infatti osservato che, mentre con l'attuale legge elettorale ogni corrente deve porsi un problema, e cioè quello di suddividere accuratamente il voto degli elettori per evitare dispersioni e massimizzare il risultato, il sistema del voto trasferibile glielo risolverebbe.

Oltretutto, farebbe ciò in modo occulto, evitando di introdurre apertamente un sistema di tipo proporzionale (che presterebbe il fianco alle critiche dell’opinione pubblica, perchè suonerebbe come una legittimazione a pieno titolo del ruolo delle correnti nell'autogoverno), ma creando un sistema che, sotto le mentite spoglie di una competizione fra persone, di fatto manterrebbe la competizione fra correnti, con un effetto che si potrebbe definire proporzionalistico con premio di maggioranza.

La critica a questo impianto, come si è detto, è stata ampiamente maggioritaria all’interno della commissione di studio: basti pensare che le premesse della proposta formulata dal Presidente sono state mantenute identiche nella proposta alternativa (ma con medesimo impianto) fondata sul sorteggio: l'obiettivo della riforma elettorale avrebbe dovuto essere, anche a parere di chi non voleva il sorteggio, quello di recidere il cordone ombelicale fra correnti e CSM.

E forse è proprio per questo che i lavori della commissione non hanno avuto alcun seguito dopo la loro presentazione, condannati alla damnatio memorie dagli organi dell’ANM e totalmente ignorati dalle singole correnti.

Recentemente, qualcuno ha ritenuto di invitare i magistrati che si riconoscono in ArticoloCentouno – iniziativa nata per mettere fine al sistema di autogoverno fondato sul controllo delle correnti, e tornare ad un autogoverno rispettoso del modello costituzionale – a prendere atto che una legge elettorale basata sul sorteggio temperato non si farà, e a schierarsi di conseguenza per una delle possibili alternative, cioè il proporzionale.

L’invito utilizza l’argomento classico della rappresentatività, cioè la possibilità che, con un sistema di tipo proporzionale, qualche candidato riconducibile ai Centouno possa essere eletto, scalfendo così il predominio delle correnti e contribuendo a contrastare l'attuale sistema di cooptazione personale e clientelare.
Una simile richiesta è ovviamente irricevibile: non soltanto chi propone il sorteggio non potrebbe mai ragionare in termini di appartenenza per schieramenti contrapposti, ma anche gli ipotetici benefici dell'elezione di qualche indipendente finirebbero per essere in verità effimeri, dal momento che il problema non è la qualità delle persone, ma il modo con cui vengono designate.

Essa consente tuttavia di svolgere un’ulteriore riflessione.

L’aspetto che non pare essere stato colto da chi formula tale richiesta è infatti proprio la crescente insofferenza che si sta diffondendo a macchia d'olio all'interno della categoria; e non soltanto fra chi delle correnti non ne vuole sapere, ma anche fra chi ne fa parte. 

Il dibattito che si è sviluppato nella commissione di studio non è altro che lo specchio di quello che sempre più, ogni giorno, i magistrati qualunque, quelli poco avvezzi ai giochi di potere, si dicono nei corridoi.

Ma mentre la prima può essere ignorata, ignorare i secondi è molto più difficile.

Sempre più colleghi sono ormai convinti che non sia normale che si telefoni al proprio referente territoriale di corrente per perorare la propria causa (che si tratti di un disciplinare, una valutazione di professionalità problematica, un incarico o altro); che ci siano carriere parallele; che una volta divenuti direttivi o semidirettivi si rimanga tali fino alla pensione, dividendo di fatto i magistrati in due categorie; che i posti vengano prima spartiti fra correnti e solo dopo, al loro interno, eventualmente per merito ecc...

Pensare che una rappresentanza di indipendenti (ammesso che, con tale sistema, possano restare tali a lungo) possa aiutare a migliorare la situazione, significa non aver colto qual è il vero problema.
Che non è l'accesso di ArticoloCentouno  al CSM (un ossimoro, per chi propugna l’assoluta separazione fra associazioni ed istituzioni dell’autogoverno) o l'equilibrio fra gruppi contrapposti, ma porre fine ad un sistema spartitorio in favore di uno rispettoso del ruolo dei magistrati, in tutti gli aspetti che possono influire sulla loro attività.

Detto in altri termini: alla domanda se sia meglio un autogoverno di tipo maggioritario, con una maggioranza ed una minoranza predeterminate, oppure uno di tipo proporzionale, con accordi di stampo consociativo, non si può che rispondere che il “bene” (di cui il “meglio” è notoriamente nemico) è un autogoverno del tutto scevro da queste logiche, i cui membri (quanto meno togati) non si comportino da politici, bensì da magistrati.

E i magistrati, nei loro consessi istituzionali, non si dividono in fazioni, non ricercano e non ricevono istruzioni dall’esterno (che si tratti di politici, capicorrente o altri centri di interesse poco importa), non ricevono auto ed etero segnalazioni, non valutano l’appartenenza dei colleghi, applicano le regole esistenti, ottemperano alle decisioni del giudice amministrativo, non programmano gli incarichi che dovranno ricoprire alla scadenza del mandato e tanto altro ancora.

È facile capire che, fintanto che il CSM resterà in mano alle correnti, la realizzazione di tale modello risulterà impossibile.

Oltretutto, continuare a ragionare come se il CSM fosse il Parlamento è il modo migliore per aprire la strada all’idea di un controllo diretto della politica: se i magistrati seguono logiche politiche pur non essendo legittimati dal voto popolare, al prossimo scandalo qualcuno potrebbe chiedersi se un simile potere non debba transitare direttamente nelle mani della politica.

Se davvero le correnti vogliono sopravvivere a se stesse, ed evitare che prima o poi l’autogoverno della magistratura venga travolto dalle sue stesse degenerazioni e sostituito da qualcosa di diverso, l’unica proposta seriamente percorribile è il sorteggio temperato, unico sistema che, a costituzione invariata, può coniugare l’autonomia dei magistrati con la selezione mediante voto.

Si dirà: ma se il legislatore non intendesse introdurlo, cosa potrebbero fare i magistrati?

Semplice.

Immaginiamo se tutti i segretari di corrente si riunissero e dichiarassero solennemente che, quale che sia la prossima legge elettorale, sorteggeranno al loro interno i candidati, e successivamente sosterranno esclusivamente candidati sorteggiati.

Si voterà col proporzionale? Sorteggeranno i componenti delle liste.

Si voterà per collegi uninominali? Sorteggeranno un candidato per collegio.

Si voterà con la legge attuale? Sorteggeranno un multiplo di candidati per ogni categoria.

Così facendo, il dibattito sulla formula elettorale sarebbe depotenziato e si avrebbe una competizione elettorale rispettosa del pluralismo culturale, ma con candidati del tutto scollegati dalla dirigenza dei gruppi associativi.

Si tratta, a ben vedere, del classico uovo di Colombo.

E proprio per questo, c’è da scommetterci, la proposta non avrà alcuna risposta.








1 commenti:

bartolo ha detto...

Bhe… premesso che la lingua batte sempre dove il dente duole… il "sistema" elettorale per la composizione dell'Organo costituzionale CSM, sorteggio temperato, può essere considerato identico alla Donna Camilla, piace a tutti ma, nessuno(le correnti) lo vuole. Per rimanere, nel campo dei proverbi, comandare è meglio che …., infatti, per comandare, la classe dirigente e politica nazionale, per intero, ha trovato un ottimo alibi: le mafie!!!