venerdì 4 aprile 2008

La preoccupante alleanza fra magistratura e politica


Verione stampabile



di Silvio Liotta
(Consulente per le politiche di sviluppo regionale)



I numerosi interventi che hanno ad oggetto il “caso De Magistris” mettono spesso in evidenza il ruolo decisivo della politica nel determinare il corso degli eventi che indichiamo come “caso De Magistris”.

Tuttavia tale impostazione non sembra del tutto condivisibile, anzi sembra che il peso decisivo sia piuttosto attribuibile alla magistratura nel suo complesso.

Nel prosieguo si cercherà di dimostrare le motivazioni di tali affermazioni.

Il “caso De Magistris” può essere definito come una serie di eventi che hanno:

- ostacolato dossier di indagini condotte dal magistrato evidentemente esiziali per la tenuta di equilibri socio-politici a livello nazionale (anche se il “bubbone” del vasto fronte di malaffare è stato individuato tra Basilicata e Calabria);

- discreditato il magistrato attraverso ispezioni ministeriali e processi disciplinari tesi a sollevarlo dalla funzione requirente (in modo che non potesse più danneggiare direttamente gli equilibri di cui al punto precedente).

La maggior parte delle analisi di queste due componenti giunge alla conclusione generale che esiste un coacervo di interessi solido, capace di influenzare il corso degli eventi e modificarlo in proprio favore.

Le componenti di tale coacervo di interessi vengono solitamente individuate nella massoneria (concetto fumoso in quanto nulla ci dice sulle singole componenti di interesse nelle quali essa si articola) ‘ngrangheta, imprenditoria e politica.

Queste le componenti solitamente riscontrate dalle analisi proposte.

Manca però una componente fondamentale, ossia la magistratura.

Senza la commistione del sistema giudiziario, nella sua componente giudicante e requirente, con il sistema politico corrotto, il “caso De Magistris” sarebbe stato altra cosa.

Esiste infatti una “zona grigia”, caratterizzata da comportamenti devianti, che interseca il sistema giudiziario e quello politico e, attraverso progetti criminosi, mira al mantenimento di posizioni di potere e prestigio sia di parte dei politici che dei magistrati.

Puntualizzo che non si intende porre sotto accusa ciascun magistrato, ma il complesso dei comportamenti (vedi i provvedimenti di avocazione “impensabili” o il tonante e minaccioso silenzio dell’A.N.M.) che il sistema giudiziario pone in essere nel “caso De Magistris”.

Ci si riferisce quindi ad azioni realizzate da magistrati di alto livello, sia in procure di piccole dimensioni che nel C.S.M., nonché nell’ambito dell’A.N.M..

Quindi non sembra essere pretestuoso il riferimento al sistema giudiziario nel suo insieme, in quanto i gangli strategici del sistema stesso, nel “caso De Magistris”, si sono mossi all’unisono, permettendo di ostacolare i dossier di indagine ed evitando accuratamente di tutelare la sua funzione dagli indomiti attacchi che da più parti venivano sferrati.

Insomma, ciò che si vuol sostenere è che la magistratura ha avuto un ruolo di grande rilievo nell’ostacolare le indagini e nel processo di delegittimazione di un magistrato etichettato “cattivo” prima dell’acquisizione di una qualsiasi prova a suo carico (da parte della sezione disciplinare del C.S.M.).

Per dimostrare (e quindi comprendere meglio) il decisivo peso del sistema giudiziario, potrebbe risultare utile porlo a confronto con il caso “Mani pulite”, che ha visto una contrapposizione netta tra magistratura e politica.

A determinare un differente corso degli eventi tra il “caso De Magistris” e il caso “Mani pulite” (forse meglio “caso Tangentopoli” anche se i confini di quest’ultimo sono più vasti) non sono stati i nuovi poteri in capo al Ministro della giustizia, bensì la connivenza della magistratura.

Una connivenza finalizzata al mantenimento di un modus vivendi tra magistratura e politica tutelato dalla pax mastelliana.

Dunque qualunque magistrato, realmente indipendente, che nell’espletamento delle proprie funzioni minaccia tale equilibrio di potere, necessariamente viene percepito come un nemico da punire in modo esemplare, da parte di entrambi i contraenti del pactum sceleris, magistrati e politici.

Tale impostazione necessariamente genera due effetti principali:

- la delegittimazione della funzione costituzionale del potere giudiziario; in quanto esso non risulta più finalizzato esclusivamente alla realizzazione dello stato di diritto, ma mira a favorire un sistema di interessi costituito, prescindendo dalla valutazione giudiziaria delle componenti criminose presenti nel sistema stesso;

- l’evoluzione autoritaria del sistema politico in quanto privato dei contrappesi necessari ad impedire il sopruso nei confronti dei “non potenti”.

Tornando al confronto, nel caso di tangentopoli i processi sono stati celebrati, alcuni imputati condannati, ma la più parte è stata salvata da nuove leggi che sanavano le singole posizioni di reato (pratica che rimarrà stabile fino ad oggi).

Nel “caso De Magistris” non sono state varate nuove leggi che potessero ostacolare il normale corso della giustizia (a legislazione vigente); l’attacco alle indagini del magistrato è stato condotto da tre istituzioni fondamentali del sistema giudiziario:

- Ministero della giustizia garante di un equilibrio post-tangetopoli tra politica e magistratura, accettato quand’anche non promosso dalla magistratura (o sue maggiori rappresentanze, ma questo è sottointeso);

- Funzioni giudiziarie di controllo del Sostituto Procuratore (De Magistris) interne alla procura di Catanzaro;

- Consiglio Superiore della Magistratura che si incarica dell’atto materiale di decapitazione del magistrato.

Nel caso Tangentopoli, quindi, l’ultimo atto di decapitazione dei magistrati che indagavano è stato il varo di leggi “salva inquisiti” (il ricorso allo strumento legislativo inoltre dimostra il grande peso del sistema politico nell’ostacolare le indagini di tangentopoli).

Nel “caso De Magistris”, invece, l’ultimo atto è affidato al C.S.M. (per analogia al sistema giudiziario), metafora del peso decisivo avuto dal sistema giudiziario nella feroce punizione comminata ad un suo membro che minacciava gli equilibri interni del sistema stesso.

Tangentopoli ha scosso le fondamenta del rapporto sistema politico-sistema giudiziario; quella che comunemente identifichiamo come Seconda Repubblica (ovvero la notte della Prima Repubblica) ha adoperato parte rilevante del proprio tempo e delle proprie energie per ricomporre un equilibrio tra questi due poteri costituzionali (pax mastelliana); De Magistris ha minacciato l’equilibrio faticosamente raggiunto e la parte della magistratura garante di quell’equilibrio lo ha punito ferocemente (s’intende con l’aiuto importante della politica), in modo tale da garantirsi dal ripetersi della minaccia.

La lettura degli eventi proposta, induce ad interrogarsi su due importanti questioni: che possibilità ha, oggi, un magistrato “indipendente” di perseguire la corruzione (che si connota come pratica normale nella gestione delle dinamiche politiche e sociali) se la magistratura e la politica alzano le barricate a protezione di un sistema che si nutre di corruzione? Come può essere tutelato il magistrato “indipendente” in un contesto in cui non esiste più un contrappeso ad un sistema politico oligarchico e corrotto (e per questa via eversivo)?

Il “caso De Magistris” è un caso esemplare; genera un discrimine tra un sistema giudiziario asservito alle logiche di potere ed un sistema giudiziario soggetto esclusivamente al diritto.

Tutti i magistrati dovranno scegliere esplicitamente tra queste due opzioni.

Dirà qualcuno: ed il silenzio?

Il silenzio evidentemente opera a favore del mantenimento dell’equilibrio, sulla strada dell’asservimento.

Mentre la contrapposizione con la protervia del sistema politico è una condizione fisiologica di un assetto democratico.

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Pur concordando, in linea di massima con le analisi di Liotta, c'è qulcosa che non mi è ben chiara:
... "la delegittimazione della funzione costituzionale del potere giudiziario; in quanto esso non risulta più finalizzato esclusivamente alla realizzazione dello stato di diritto, ma mira a favorire un sistema di interessi costituito, prescindendo dalla valutazione giudiziaria delle componenti criminose presenti nel sistema stesso..."
La Storia, si è preoccupata di dimostrare che la maggior parte delle volte, il "favorire un sistema di interessi costituito", sia coinciso con la natura illecita (e/o criminosa ) degli stessi. Allora, più che di "allenza", non sarebbe meglio usare il termine collusione? Ovviamente, non è una differenza meramente nominalistica dato che,le conseguenze, comportano una responsabilità (penale) diversa.

Lia Gambino

Anonimo ha detto...

Come può essere tutelato il magistato "indipendente".?
Come possiamo essere tutelati noi cittadini?
Il "problema" della collusione tra criminalità organizzata, politica e affari (e dobbiamo aggiungere anche certa magistratura(?))al fine del voto di scambio e di gestione di denaro pubblico, che da decenni genericamente "affligge" TUTTA la politica, ESISTE O NO IN ITALIA?
Chi ne deve prendere atto?
E' democrazia questa?
Alessandra

Anonimo ha detto...

Ammiro il coraggio di Silvio Liotta
nel denunciare lo stato di degrado, che molti - Beppe Grillo, per citare il più popolare - imputano alla sola politica, dimenticando in (dubito)buona fede o piuttosto per interesse, che i politici non possono corrompere o farsi corrompere da soli.
La mia unica e flebile speranza è che simili denunce del malaffare siano di stimolo, affinchè non rimangano pochi ed isolati coloro, fra magistrati ed altre autorità preposte al controllo della legalità, a cominciare dall'ultimo dei vigili urbani, che intendono porre un argine al dilagare della collusione e della corruzione. A costoro, buon lavoro, coraggio e grazie.
guido fugazza,como

Peppe Rizzo ha detto...

Il Csm non è più ciò che dovrebbe essere.... A Gela sono stati scarcerati alcuni boss mafiosi per colpa di un .... di giudice che non ha mandato i documenti per tempo e cosa fà il Csm? Lo lascia tranquillo a scodinzolare fra le aule nonostante le pressioni del povero Mastella a cui non dà più retta nessuno e chissà perché... TUTTI DI NA PASTA SU FATTI!!!

Anonimo ha detto...

la casta politica è già molto pericolosa di suo, se poi si allea con la magistratura c'è da avere paura sul serio! spero che il popolo mandi a casa questa casta politica infame maledetta, altrimenti dovrò andare via da questo paese marcio. non voglio perdere altro tempo in questo paese allo sfascio generale.

Anonimo ha detto...

Segnalo l'intervento dell'Arcivescovo di Pompei, Monsignor Carlo Liberati.
Ho copiato ed incollato l'articolo, presente in rete su Metropolisweb.it

CRONACA
Vescovo di Pompei: "Classe politica, immoralità organizzata"
Sabato 5 Aprile 2008

Vescovo di Pompei: "Classe politica, immoralità organizzata" CITTA´ DEL VATICANO - Una condanna senza appello della classe politica, definita ´´una immoralita´ organizzata, una schifezza sociale´´. Un richiamo ai valori e alla progettualita´. La sfiducia verso i due maggiori candidati premier. Una severa accusa ai sindacati, asserviti ai ´´potenti e ai prepotenti´´. E infine un´amara constatazione sulla Chiesa, rimasta ´´sola e abbandonata a combattere la dura battaglia per la legalita´´´.

Questa le durissime parole di monsignor Carlo Liberati, arcivescovo-prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario, in una intervista all´ANSA a margine della presentazione del prossimo XXII meeting dei giovani nella cittadina campana. Il raduno organizzato per il 30 aprile-1 maggio, sara´, secondo Liberati, ´´un´occasione provvidenziale´´ per aggregare i giovani, ´´aiutandoli a distaccarsi dalle disillusioni e menzogne dette loro quotidianamente dai politici´´.

Vari ospiti del meeting, tra cui il vice direttore del Corriere della Sera, Magdi Cristiano Allam, incontreranno i giovani delle scuole sul tema della legalita´. L´arcivescovo, tra scandali rifiuti e mozzarelle alla diossina (anche se lui dice di non credere alla tossicita´ di questo prodotto pregiato), definisce la situazione in Campania allo ´´sfacelo´´, ed e´ da ´´almeno dieci anni che esiste questo malessere´´. Oggi, spiega il delegato pontificio, ´´il problema dei problemi e´ la mancanza di valori e progettualita´ politica. I cambiamenti non si possono fare in poco tempo´´, occorrono mesi e anni per ´´sradicare questo sistema di illegalita´ diffusa e assoluta´´. ´´La corruzione e il degrado - spiega - sono sentite come normali, come l´aria che si respira, a cui ci si abitua senza rendersene conto´´. Questa ´´inaffidabilita´´´ della classe politica e della societa´, non solo della Campania ma nazionali, generano un altro grave problema: la fuga dei giovani e degli imprenditori verso mercati dove ´´non occorre pagare il pizzo, ne´ denaro per vincere gli appalti, ne´ esiste il taglieggiamento´´. ´´Io non credo ai politici - osserva amaramente il prelato - perche´ nessuno meglio di loro sa ingannare. Pretestuosamente e occasionalmente fanno promesse solo per ottenere il voto´´.

Da qui, anche un´ulteriore considerazione contro la ´casta´. Come puo´, infatti, un politico che guadagna 5.500 euro chiedere il voto a chi ne guadagna solo 450? ´´Dovrebbe solo vergognarsi´´, scandisce Liberati. ´´Non si devono dire certe cose solamente perche´ siamo in campagna elettorale, come quel politico che ha dichiarato: noi sconfiggeremo la camorra. Io ho tanta paura che sconfiggeranno lui´´. ´´Bisogna dimostrare con gli atti´´, aggiunge, che non sono solo promesse, mentre ´´quelle di questi giorni puzzano di bruciato lontano mille miglia´´. Riferendosi al sistema elettorale, l´arcivescovo parla di un ´´sistema che non e´ veramente democratico in quanto - dice - non mi permette di votare il mio candidato ma quello presentato dal partito. Cosi´ sono costretto a scegliere il meno peggio´´.

Non manca l´accusa contro lo ´´scandalo dei sindacati´´, definiti dall´arcivescovo ´´servitori del potere, asserviti ai potenti e ai prepotenti. Per loro non esiste la poverta´. Non hanno sensibilita´ sociale´´. Pur sapendo degli esuberi del personale negli enti e negli apparati statali, ´´per una logica di divisione del potere, non hanno fatto nulla per aiutare la giustizia e la legalita´´´. Infine una sconsolata annotazione sulla Chiesa, ´´lasciata sola e abbandonata´´ e ´´addirittura criticata e combattuta´´ anche se spesso si sostituisce allo Stato, come quando a ´´catechismo insegna la raccolta differenziata´´, ma che continua ´´nel silenzio la sua battaglia per la legalita´ e la giustizia´´, in particolare nella terra campana.


qUESTO E' L'ARTICOLO: A NOI I COMMENTI.

David ha detto...

Condivido in pieno quanto scritto nell'articolo.
Ma da queste idee si apre un panorama sconcertante.
Dobbiamo davvero arrivare ad un crack economico e costituzionale, prima che si riesca davvero a dare una ripulita alla situazione?
L'unica vera via d'uscita che vedo è questa e non mi piace.

Rodja ha detto...

E' da stupidi cercare di rianimare un morto.
Viaggio molto in Italia.
Dovunque si vada è un ammasso di macerie morali. Le distruzioni matariali possono essere vinte con la buona volontà.
Ma quando la volontà è rotta e corrotta nulla potrà ricostruirsi. Sperimao che il Medioveo finisca presto.
Non c'è speranza. Nessuna.

Anonimo ha detto...

Bossi-Berlusconi-Fini, Veltroni-Di Pietro.
Attori “proprietari illegittimi ” del circo Italia; che, nonostante l'impegno, ad esibirsi, di persona, nei loro migliori numeri, non riescono a distogliere i suonatori (gli italiani) che imperterriti, (sul Titanic Italia), continuano a suonare mentre affondano. Questa la mia sensazione, dopo due giorni passati al Vinitaly e le folli dichiarazione lette e ascoltate nello stesso tempo. Tranquilli, quindi, la presente per informarvi che non vi ho abbandonato e neanche sono stato sequestrato; ma, più importante, che mi siete mancati.
bartolo

Anonimo ha detto...

A Rodja:
 
Perché te la prendi con il Medioevo ? Credi forse che i "lumi", con tanto di cazzuola e occhio inscritto nel triangolo, abbiano portato all'umanità minori disgrazie, a partire dall'eccidio della Vandea ?
 
Considera, realisticamente, il numero di morti non naturali del secolo appena trascorso e paragonali ai morti non naturali del Medioevo, anche facendo le dovute proporzioni, poi mi saprai dire.
 
Il Medioevo è durato mille anni, e ha lasciato opere immortali nell'arte, nella letteratura e  nel pensiero.
 
Le distruzioni morali, cui giustamente alludi, sono soltanto il prodotto di quest'epoca dove il vero e unico Dio è diventato, a tutti gli effetti, il Denaro, sia esso nella forma di moneta cartacea ovvero di obbligazioni di vario tipo.
 
Sono anche il prodotto di chi ammette il "principio" che un calciatore, invece di andare a zappare la terra (con tutto il rispetto per gli agricoltori) debba vivere meglio di un giudice, di un avvocato, di un medico, di un ingegnere, di un dipendente pubblico o privato, operaio o impiegato, di un piccolo commerciante, di un piccolo imprenditore, di un artigiano o, appunto, di un agricoltore !
 
Sono il prodotto di chi ha, scientemente o meno, contribuito a distruggere qualsiasi residuo principio morale in seno alla popolazione al solo scopo di vendere sempre più prodotti,  rimbecillendo la massa con false battaglie di libertà, massa che ogni giorno diventa sempre più gretta, ignorante, dozzinale, volgare e, in ultima analisi, tendenzialmente incline a delinquere.
 
Non si può combattere la mafia e la corruzione quando la "base", la gran massa della popolazione, è fondamentalmente priva di qualsivoglia valore. E non vale come scusa il fatto che oggi la "gente" non ce la faccia ad arrivare alla fine del mese: negli anni '50 la gente stava molto peggio ! La maggior parte della popolazione non aveva neppure il frigorifero, eppure non c'era tutta questa criminalità e tutta questa corruzione, sia nella politica, sia nei costumi !
 
La magistratura e la politica, del resto, vanno di pari passo, perché sia i magistrati, sia i politici, sempre con le dovute eccezioni, non sono niente di diverso dal popolo che li ha espressi, che assomiglia sempre di più al popolo biblico di Sodoma anziché a quel popolo italiano, sostanzialmente sano, sobrio, onesto e laborioso, che ricostruì la nostra nazione dallo sfascio della guerra.
 
Per questo concordo sostanzialmente con la tua pessimistica valutazione, pur concedendo alla Storia i suoi diritti e confidando perciò in un "corso" migliore per gli anni che verranno.

Rodja ha detto...

Per Paolo Emilio,
hai ragione. Perfettamente.
Vi è però che se chiudo gli occhi ed immagino i diversi periodi storici non posso evitarmi di associare al medioevo il colore marrone.
Mentre per altri periodi storici ciò non mi succede.
Saranno perniciose reminiscenze scolastiche...
Ad ogni modo non pui negare che in quel periodo la civiltà rallentò il suo corso.
Con stima.

Anonimo ha detto...

Il colore marrone del medioevo ha prodotto l'esplosione di colori del rinascimento.
Più recenti periodi storici, costruiti ad arte in ventennii hanno prodotto generazioni di "razze pure".
Questi ultimi vent'anni cosa vogliono costruire? Automi?
La delegittimazione della funzione costituzionale del potere giudiziario, l'ostacolo più duro.
"esami mentali per i PM".
La nostra ultima garanzia a tempi bui è una magistratura IMPARZIALE .
Alessandra

Anonimo ha detto...

A Rodja:

Lo nego. Si tratta, invero, di valutazioni soggettive. Dipende dai valori che si assumono come riferimento. Il colore "marrone" del Medioevo dipende dalle prime immagini che si formano nella nostra mente sin dalla fanciullezza. Ed è innegabile che la nostra storiografia prenda sempre a modello il Rinascimento, con le sue splendide opere d'arte figurativa, per paragonarlo agli statici mosaici bizantini. Qui, invero, non c'è competizione. Ma se avessero preso a modello le cattedrali, ad esempio, il risultato sarebbe opposto, sia per numero, sia per qualità.

E quanto è noiosa, quasi insignificante, la letteratura del '400 e del '500 a confronto di quella ... di due secoli prima (avrai capito a chi mi riferisco) !

Ma se proprio vuoi parlare di "civiltà", saprai certamente che l'Inquisizione (contrariamente a quanto pensa la gente comune, abbindolata da romanzetti e film) è un fenomeno tipicamente ... rinascimentale, niente affatto medioevale! Come saprai certamente che le grandi civiltà "classiche" da un lato (Grecia) ponevano la donna in condizione simil-servile, dall'altro (Roma imperiale) tenevano a bada la plebe con i "ludi" gladiatorii e le pubbliche, reiterate, stragi di innocenti negli anfiteatri.

Quando si pensa al Medioevo, viene subito in mente il "castello", isolato, lugubre e senza luce. Non si pensa mai alla civiltà dei liberi comuni italiani, né ai progressi tecnici di quel lunghissimo periodo (le staffe per i cavalieri, il collare per i cavalli da tiro, i ... bottoni, gli occhiali, le candele e tantissime altre innovazioni).

E quando si pensa al Rinascimento, viene subito in mente Leonardo, Michelangelo, Raffaello ... e non la fine della libertà degli italiani, con la discesa di Carlo VIII ! Non alla Riforma, e alle innumerevoli stragi che ne sono derivate, per oltre centocinquant'anni. Non al rinascere della schiavitù "classica", con l'inizio della tratta degli africani verso le Americhe. Non al "sacco" di Roma, ad opera dei Lanzichenecchi...

Insomma, quando si parla di Storia, occorre a mio sommesso avviso eliminare l'idea di "progresso" morale, falsa e bugiarda, e riferirsi soltanto ad eventuali progressi tecnici, che sono gli unici per i quali conviene, tutto sommato, vivere nella nostra epoca ... se non altro per la Medicina !

Con reciproca stima.