martedì 31 maggio 2011

La dittatura dei giudici


Ennesima delirante uscita del Presidente del Consiglio contro la Giustizia.

La notizia dappertutto.

Due articoli di stampa a questo link e a quest'altro.

Per non piangere la vignetta qui sotto.








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martedì 17 maggio 2011

Le verità essenziali





di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)






da Il Fatto Quotidiano online del 17 maggio 2011


Io credo che le colpe più gravi degli italiani siano quelle intellettuali e morali.

In particolare, su tutte, una: la violenza alla verità.

Gli italiani più di tutti gli altri credono di potere “piegare” la verità a piacimento.

Siamo il popolo che più di ogni altro è incline al “Cara non è come sembra”.

E, con riferimento alle cose più serie, siamo il popolo della “finanza creativa”, dei trucchi di bilancio, della sostanziale depenalizzazione del falso in bilancio, delle sanatorie edilizie e di quelle fiscali.

Da noi, insomma, le cose non sono mai ciò che sono, ma ciò che noi vogliamo, anzi pretendiamo che siano.

Da noi mentire non è disonestà morale, vergogna, attentato al bene comune, oltraggio alle intelligenze altrui, ma astuzia, “coraggio”, “decisionismo”, “metterci la faccia”, “virilità”, “potere”.

E la sincerità, l’onestà intellettuale e morale sono “moralismo” e “bacchettoneria”.

Questo rende difficile, ai limiti dell’oggettiva impossibilità, una vita civile.

Perché la vita di una società civile è fatti e idee.

Se i fatti vengono negati spudoratamente e le idee costruite su menzogne palesemente tali, è praticamente impossibile parlare davvero e confrontarsi.

Per questo – e me ne scuso con i miei pochi e generosi lettori – da un po’ scrivo poco. Perché è difficile parlare, quando le parole non sono più “pietre” sulle quali costruire, ma sassi tirati per demolire la verità.

Il 99% del dibattito pubblico del nostro Paese si avvita ormai non più sui fatti, sui nostri problemi reali, sulle necessità di questo e di quel pezzo di un Paese che va in bancarotta, ma su un racconto totalmente falso che le televisioni di un regime elaborano a reti unificate ventiquattro ore su ventiquattro e che un popolo di sudditi e spettatori/consumatori si bevono passivamente.

Io ho sempre ritenuto gli americani un popolo culturalmente un po’ rozzo e giuridicamente molto rozzo.

Ma sono folgorato dalla quantità di vero e di buono che ogni tanto la loro cultura e soprattutto le loro prassi producono.

Dalla enorme mole di articoli sulla vicenda di Dominique Strauss-Kahn mi hanno folgorato poche battute:

- l’udienza per la convalida dell’arresto è durata OTTO minuti, OTTO; un solo giudice (non una Corte di cinque o sei, ma un solo giudice, del quale nessun giornale si sogna di raccontare per chi vota e di che colore ha le calze) ha consentito a due avvocati fra i più pagati del mondo di difendere uno degli indagati più potenti del mondo dicendo pochissime cose (quelle – le uniche pertinenti – che si possono dire in cinque minuti); il di più sarebbe stato ritenuto oltraggio alla Corte;

- la decisione del giudice è stata pronunciata dopo che l’indagato ha «atteso il suo turno come un criminale comune, seduto su una panchina e guardato a vista da un poliziotto»; ha atteso il suo turno, non gli hanno fatto un turno apposta né un’udienza apposta;

- nonostante abbia offerto una cauzione di unmilione di dollari, il giudice ha detto che deve restare in galera, non “ai domiciliari”, “in galera”, perché – semplicemente e banalmente – ci sono gravi indizi che abbia davvero commesso il reato per cui è accusato ed è plausibile che tenti di sottrarsi alla pena.

Punto.

E basta.

Anche l’America ha tante malattie, ma evidentemente si è data dei limiti su quelle che è disposta a tollerare.




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