lunedì 15 ottobre 2007

La triste storia di re Leonzio


Con riferimento all'articolo "I magistrati non riescono a rendersi conto delle loro inefficienze", pubblicato qualche settimana fa nel nostro blog, ci giunge una nuova favola.

di Thomas More

C’era una volta un foresta fitta e pericolosa che, come è d’obbligo, aveva il suo re. In realtà si trattava di un immenso parco, così immenso che gli animali che lo abitavano credevano di stare in una libera foresta e dunque avevano il loro re. Meglio ancora avevano “i” loro re, dato che l’anziano monarca - re Leonzio - aveva numerosa prole, la quale tutta rivendicava il titolo di re. E’ ben vero che, a stretta regola, il titolo spettante agli eredi del re era solo quello di principe ereditario di primo grado, di secondo grado e via dicendo, ma voi capite che, essendo i principi in numero assai superiore al centinaio (il re, specie in gioventù era stato assai monello), dichiarare la propria gerarchia finiva per rendere la cosa complicata. Fu così che regnanti e sudditi decisero di semplificarsi la vita, facendo uso del termine “maestà”, con il che tutti furono resi felici.

Si crede in genere che la vita del leone sia un’ininterrotta e felice scampagnata, costellata di lauti banchetti imbanditi a scapito di qualche zebra o di qualche gnu. Le cose in verità stanno assai diversamente, dato che ai leoni sono state attribuite dal padreterno numerose funzioni.

In primis debbono, come è ovvio, contribuire alla selezione delle varie razze pappandosi i più deboli o infermi. Debbono poi, in secundis, (la cosa è poco nota) far rispettare la disciplina in modo che la foresta sia sì una foresta, ma non un immenso bordello dove ognuno fa quello che gli pare e piace.

Re Leonzio era stato, sul punto, diligente, preciso ed efficiente organizzatore. Aveva diviso la foresta in dieci zone, ognuna delle quali era assegnata a venti leoni (detti Cacciatori Agenti) che avevano il compito di far rispettare la disciplina e, che, a loro volta erano sorvegliati da tre leoni cui era stato attribuito l’ambito titolo di Cacciatori Giudici (in sigla C.G., nome con cui era indicato anche l’organo composto dai tre leoni quando si riunivano per deliberare).

Quel giorno Leonzio se ne stava sparapanzato sulla regia amaca, cullandosi all’ombra di una enorme palma, quando il suo appisolarsi fu interrotto da un voce che, pur timorosa, lasciò vibrare al tempo stesso delle note decisione.

“Scusate maestà” disse la voce

“Siiii......” rispose Leonzio, socchiudendo gli occhi

“Scusate, se ardisco”, ripeté la voce

Leonzio aprì ben bene gli occhi, mise i piedi in terra e scrollo la regia criniera. Davanti a lui, inchinato in segno di ossequio, se ne stava un piccolo formichiere.

“Che diavolo vuoi?”, chiese imperioso Leonzio

“E’ per via del formicaio”, farfugliò il formichiere.

“E cioè?”

“E’ che gli elefanti, contravvenendo all’editto della maestà vostra, vengono a pascolare nella zona riservata esclusivamente ai formichieri, orriteropi e gazzelle e voi capite, quelli schiacciano a focaccia tutti i formicai, e io come faccio...”

“Va bene, va bene”, lo interruppe Leonzio, "attiva l’apposita procedura e chiedi l’intervento dei Cacciatori Agenti: vedrai che tutto tornerà al suo posto".

“Già fatto, maestà”.

“E allora che diavolo vuoi?! Aspetta che gli Agenti facciano il loro lavoro e poi se ne riparla”.

“Ma maestà”, implorò il formichiere, “è tanto che aspetto ...”.

“Tanto, tanto ..., dite tutti così. Sentiamo, quanto sarebbe questo 'tanto'? Un giorno due giorni?”.

Quattro anni, maestà” pigolò il formichiere.

Se avessero detto a Leonzio che stavano per tramutarlo in un topo, avrebbe di sicuro reagito più pacatamente.

“Quattro anni?!!!”, ruggì Leonzio, balzando in piedi, “come diavolo sarebbe a dire quattro anni? Intendi proprio quattro: uno, due, tre e quattro?”.

“Uno, due, tre e quattro”, confermò il formichiere.

La notizia fece immediatamente il giro della foresta e tutti pensavano che i Cacciatori - Agenti o Giudici che fossero - sarebbero entrati in fibrillazione, ma si sbagliavano.

Accadde invece che il giorno dopo l’accaduto a re Leonzio pervenne una missiva mandata da uno dei Cacciatori Giudici. “Maestà”, diceva in soldoni la lettera, “è venuta a nostra conoscenza il fatto che un miserabile formichiere si è doluto del fatto che vi sarebbe stata colpevole inerzia da parte dei Cacciatori Giudici. Questa denunzia è falsa e suona calunniosa nei confronti del sottoscritto Agente Giudice il quale da tempo ha provveduto a redarguire formalmente i Cacciatori Agenti responsabili (precisamente il principe ereditario di ottantaduesimo grado e quello di novantesimo grado). Nel gran libro dei rimbrotti il loro nome è stato segnato - nero su bianco - già un anno fa. Giustizia è stata fatta”.

Re Leonzio convocò presso di sé il formichiere denunziante.

“I colpevoli sono stati individuati”, disse, “e severamente puniti. Il problema è risolto”.

“Veramente”, obiettò timidamente la bestiola, “vengo proprio ora da casa e per vero miracolo non sono stato schiacciato da un elefante che aveva appena distrutto tre formi...".

Un ruggito tuonante interruppe il poveretto, che non riuscì neppure a finire di pronunziare la parola.

“Che cos’altro diavolo vuoi?”, gli urlò sul muso re Leonzio, “I colpevoli sono stati puniti e tanto basta. E ora levati dalle scatole prima che io perda la santa pazienza e ti prenda a calcioni”.

La storia potrebbe finire qui, con la sconfitta del formichiere, se non fosse per un piccolo particolare (che poi tanto piccolo non è). Infatti due o tre giorni dopo i fatti di cui sopra, due rangers che passavano di lì videro gli elefanti che si aggiravano tra i resti dei formicai mentre, sparapanzati tra le erbe rade della radura, una decina di Cacciatori Agenti se la dormiva alla grossa.

“Secondo me”, disse un ranger indicando gli elefanti, “queste povere bestie stanno strette. Ci sono tutti quei leoni del cavolo che riducono gli spazi”.

“Ma i leoni sono necessari per ...”, obiettò l’altro, ma non riuscì neppure a finire la frase.

“Necessari per dormire”, ridacchiò il primo ranger, “Ne possiamo fare tranquillamente a meno di queste bestiacce inutili. Li avevamo messi lì perché tenessero lontani gli elefanti”.

Fu così che la settimana successiva una grandiosa battuta di caccia si concluse con la cattura di tutti i leoni e con la loro deportazione in vari zoo (o bioparchi, come si dice oggi: un nome diverso per gabbie del tutto eguali). Tutti tranne re Leonzio, che per il suo aspetto regale fu donato a un circo di passaggio dove, finì per esibirsi, curiosità della sorte, con un formichiere ammaestrato (il che costituiva una vera rarità perché - lo ammetterete anche voi - quanti formichieri si sono mai visti nei circhi?) cui il deposto re doveva inchinarsi nel mentre il domatore gridava forte al microfono: “Il circo è una repubblica e non conosce re”.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Solo ora ho scoperto il vostro blog. Vi faccio i miei auguri ed i miei complimenti per il vostro progetto, spero che possa avere un grande successo.
Vi farò nel mio piccolo un po di pubblicità.
Viva la magistratura libera!!!!!!!!

Daniele Barchetta

Anonimo ha detto...

pure io ho scoperto da poco questo blog e devo dire che mi piace per gli argomenti trattati.Spero che un giorno ci sia vera giustizia in Italia perchè senza quella "non siamo tutti uguali di fronte alla legge"

Anonimo ha detto...

Al blog uguale per tutti vorrei dire solo che forse i commenti dovrebbero essere lasciati aperti.
Mi rendo conto che molti utenti sfrutterebbero questo spazio per fatti personali, magari attacando questo o quel magistrato per singoli e personali casi giudiziari.
Penso però che in Italia la privacy già da tempo non esiste praticamente più.
Ne dobbiamo solamente prendere atto.
Avv. Maria Giovanna Villari (foro di Napoli)

Anonimo ha detto...

Mi fa piacere vedere che qualcuno che ancora crede nel famoso (?) articolo 3 esiste ancora, specialmente se non si tratta solo di comuni cittadini ma anche di gente che ha votato la propria vita e il proprio lavoro al servizio di tutti. Comunque ho l'impressione che dato che l'onestà non sarà mai una virtù di tutti (al massimo lo sarà di molti ma sappiamo benissimo che una mela marcia basta e avanza per farne marcire tante altre, mentre non si avvera il contrario), saremmo sempre qui a lottare per noi e per i nostri figli e per i nostri pronipoti. Mi auguro solo che procedendo nel tempo e nelle generazioni saremo sempre di più, e che restino veramente pochi -pochissimi- e isolati i maiali che si alzano nel cuore della notte per aggiungere "ma alcuni sono più uguali degli altri" alla tavola dei comandamenti.
Come volevasi dimostrare, nonostante la cattiva reputazione di ignoranti e rozzi animali, sono i maiali quelli che comandano, non le volpi...