sabato 21 gennaio 2023

Ridateci Fofò.



di Nicola Saracino - Magistrato 

Il terribile virus paralizzava il Paese. 

Il lock-down veniva accettato dai più quale porzione di libertà da sacrificare in nome della salute pubblica. 

La compresenza di persone era infatti il miglior veicolo per la diffusione del virus.  

La paralisi andava limitata con i mezzi possibili. 

Con riguardo alla Giustizia  venne in soccorso l’informatica e la telematica: era possibile celebrare i processi anche a distanza, senza, appunto, la compresenza delle persone coinvolte (parti, avvocati, cancellieri, giudici e, non ultimo, il pubblico). 

In questo catastrofico quadro ebbe origine la disciplina cd “emergenziale” dei processi, civili e penali. 

La personale esperienza professionale mi induce a limitare lo sguardo al settore civile per dire che quelle poche norme, ideate e promulgate in tutta fretta, hanno consentito alla giustizia civile non solo di sopravvivere al Covid ma addirittura di migliorare le proprie performance essendosi registrato un generalizzato aumento della cd “produttività” del sistema, vale a dire che sono aumentate le definizioni delle cause. 

Questo perchè, per la prima volta, una riforma processuale aveva effettivamente liberato risorse di tempo da dedicare alla stesura dei provvedimenti (sentenze ed ordinanze) da parte dei giudici; l'udienza telematica ha il pregio di far risparmiare molto tempo a tutti (avvocati, cancellieri, giudici).   E quel risparmio di tempo s'era tradotto in un innegabile aumento dei provvedimenti che i giudici possono redigere.   

Quel sistema, concepito quando al Ministero della Giustizia era insediato Salvatore Bonafede, è stato via via prorogato anche dal  successivo Governo.

Al quale, tuttavia, è venuto in mente di intervenire su meccanismi  già sperimentati che avevano offerto ottima prova sul campo.
 
La presunzione gioca sempre brutti scherzi. 

Siamo in epoca di PNRR (Piano nazionale di resistenza e resilienza) la cui attuazione è condizione alla quale vengono subordinati i finanziamenti europei. 

Ed allora, trascurando che era stato già fatto molto per modernizzare il processo civile, s’è pensato di innovare ulteriormente la disciplina del processo telematico, stravolgendo le abitudini degli operatori (avvocati, cancellieri, magistrati) appena acquisite e che non erano affatto “vecchie” in quanto maturate in un solo biennio di vita del processo civile telematico sostitutivo    di quello in “presenza”. 

E’ così che vede la luce la riforma che prende il nome dal Ministro della Giustizia Cartabia che, in pochi tratti, è stata capace di smantellare quanto di buono era stato già fatto dal predecessore.

Perché d’un colpo ha fatto  scomparire l’udienza come concetto di riferimento del processo civile che per puro nominalismo viene soppiantata dallo scambio di note telematiche pre-autorizzato dal giudice.

Con conseguenze devastanti. 

Gli applicativi software ministeriali, infatti, proprio sull’udienza sono calibrati e la sua (prematura ed inutile) scomparsa ha letteralmente mandato in tilt gli uffici giudiziari. 
Riforma che deve essere apparsa così intelligente al nuovo governo tanto da anticiparne addirittura l’entrata in vigore. 

Con quali devastanti effetti sarà presto visibile a tutti. 

In molti uffici giudiziari si annuncia il ritorno alla compresenza ed  alla carta, tanto risulta ostico l’impiego  della telematica non tempestivamente aggiornata da chi ne ha il compito (il Ministro della Giustizia). 

Con un equivoco suicida. 

Non sarà un ritorno alla “normalità” ma un anacronistico salto nel passato.  

Si abbandonano strumenti innovativi che hanno funzionato egregiamente perché sostituiti da congegni infernali la cui praticabilità risulterà preclusa agli operatori, anche i più volenterosi. 

Il che fa suonare quell’acronimo (PNRR) in modo sinistro, quasi uno sberleffo, una sorta di pernacchia. 

Il meglio è nemico del bene.

Ridateci Fofò ... 


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