giovedì 17 aprile 2025

L’ingiusto processo penale telematico.







Volentieri ospitiamo l'accorato intervento di un autorevole operatore del diritto alle prese coi primi, ed a quanto pare sguaiati, vagiti del processo penale telematico. E' comunque di buon auspicio l'invocazione finale di un "giusto processo telematico" che non suona come anacronistica avversione all'evoluzione tecnologica, purché essa sia al servizio della giustizia e non il contrario.        


di Oliviero Mazza - Professore ordinario di diritto processuale penale ed Avvocato



Il frutto più velenoso della riforma Cartabia è certamente il processo penale telematico. Dietro al fascino suadente della innovazione si nasconde in realtà un Moloch tecnologico sul cui altare sono state sacrificate le garanzie del giusto processo, anche quelle che nell’ambiente analogico tradizionale sembravano intangibili.

La porta d’ingresso in questo brave new world, in cui i diritti sono confinati in un drammatico limbo esistenziale, sono due norme processuali in bianco (art. 111-bis e 111-ter c.p.p.) che delegano al potere regolamentare (il vero Moloch tecnologico) la scrittura di un processo penale parallelo, libero da vincoli, compresi quelli costituzionali. 

L’apparente insipienza del legislatore nasconde, in realtà, la callida scelta di aggirare ogni limite e di utilizzare lo sviluppo digitale quale cavallo di troia per infettare del più cupo germe inquisitorio quello che restava dei brandelli del processo accusatorio dopo la cura efficientista.

Ad esempio, la digitalizzazione cartabita stabilisce che magistrati requirenti e giudicanti, in quanto considerati abilitati interni, condividano un’applicazione (app) inaccessibile ai difensori abilitati esterni, ai quali è riservata solo la buca delle lettere del portale per il deposito degli atti.

Quale sarebbe il concetto separazione delle funzioni e di parità fra le parti che ha guidato la distinzione digitale fra abilitati interni ed esterni? È evidente che, nel processo digitale, pubblico ministero e giudice tornano ad essere indissolubilmente uniti non solo nei privilegi informativi negati ai difensori, ma anche nel concetto di autorità giudiziaria titolare della funzione di persecuzione penale.

Nell’ambiente digitale risorge dalle sue ceneri la tradizione inquisitoria dello Stato autoritario che promuove e sostiene la pretesa punitiva tramite  il corpo unico della magistratura dotato dei medesimi strumenti tecnologici. 

Nemmeno Manzini e Rocco sarebbero stati capaci di immaginare che, a quasi cento anni di distanza, la loro creatura avrebbe ritrovato nuova linfa nella digitalizzazione. Eppure, un modello di processo telematico di parti, accessibile a tutti i soggetti in condizioni di parità, era già disponibile grazie all’esperienza maturata nel settore civile. Perché non limitarsi a mutuare quel modello di processo adversary perfettamente funzionante nonché aderente ai principi di un processo accusatorio garantista? 

Appare di tutta evidenza la strumentalizzazione della rivoluzione digitale.

Al corpo estraneo della difesa è riservato un ologramma ingannevole di processo digitale. Il portale ha funzionalità limitate sostanzialmente al deposito degli atti, senza consentire l’accessibilità diretta ai fascicoli. Soprattutto, il portale si regge sull’idea di una funzionalità unidirezionale, ben lontana dalla interazione che sarebbe imposta dal processo di parti poste in condizioni di parità dinanzi al giudice terzo, ossia unico abilitato interno se si volesse mantenere questa discriminatoria terminologia burocratica.

Ma anche i pochi diritti riconosciuti ai difensori nell’ambiente digitale, sostanzialmente solo quelli di deposito, risultano condizionati dalla ricevuta di accettazione dell’atto, come se il sistema dovesse di volta in volta convalidarne l’operato. Accettazione che spesso giunge dopo un lungo periodo di valutazione, ma quando l’atto non è accettato, per insondabile dogma telematico e non certo per decisione di un giudice umano, e il termine per il suo compimento è spirato, al difensore rimane solo la preghiera della restituzione nel termine. 

Nel mondo digitale tutto può accadere, compresa l’istituzione regolamentare di una forma di invalidità di nuovo conio, ovviamente non prevista dalla legge, che va sotto il nome di irricevibilità, peraltro immotivata e senza appello,  e che colpisce anche atti propulsivi e decisivi, come le impugnazioni. Nemmeno nella peggiore visione distopica del processo si poteva immaginare che una condanna, magari all’ergastolo, passasse in giudicato solo perché un imperscrutabile sistema informatico avesse deciso di respingere l’atto di appello sulla base di una presunta incoerenza di dati formali, come il numero di RGNR.

Nel vecchio e rimpianto ambiente analogico tutto ciò non poteva accadere, l’umanesimo processuale è infatti l’antidoto per l’algidità digitale. Al cancelliere in carne ed ossa non sarebbe mai venuto in mente di rifiutare il deposito richiesto da un avvocato e comunque l’interazione umana avrebbe consentito di risolvere anche gli eventuali problemi. Quante volte è capitato che l’addetto alla ricezione atti correggesse a penna un numero di registro sbagliato, così sanando immediatamente l’errore materiale. 

Oggi, invece, l’atto incoerente per un mero errore materiale viene respinto, ossia diventa inesistente e scompare nel buco nero digitale.  

Bisogna cancellare immediatamente queste regole palesemente incostituzionali, eliminare la ricevuta di accettazione, lasciando solo quella di deposito e demandando al giudice ogni successiva valutazione, e istituire un unico sistema telematico che consenta alle parti, in condizioni di parità, e al giudice un accesso agli atti trasparente e controllabile.

I malfunzionamenti del portale e della app, pur evidenti nella loro quotidianità, sono solo la puerile giustificazione con cui si tenta di occultare la verità di un sistema digitale che è stato pensato sulla base di una ideologia processuale autoritaria. 

Non è solo un problema tecnico, peraltro innegabile, l’ambiente digitale va ripensato dalle fondamenta culturali prima che l’avvento, ormai prossimo, dell’intelligenza artificiale dia il colpo di grazia alle ragioni del garantismo. 

Vogliamo davvero che i difensori divengano gli strumenti dei loro stessi strumenti? Mi sembra fin troppo evidente che nel disegno riformista si sono importate nel processo penale le tecnologie potenzialmente utili, ma per ragioni sbagliate. 

È chiedere troppo avere un giusto processo telematico?






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sabato 8 febbraio 2025

Ma ve l’immaginate un CSM di sorteggiati?


di Nicola Saracino - Magistrato 


Magistrati ai quali la sorte non darebbe la forza morale e l’autorevolezza necessaria a fronteggiare i compiti cui è chiamato un consigliere superiore. 

Perché uno dei tanti mandato lì a caso non è rappresentativo, non ha un serbatoio elettorale da ringraziare e custodire. 

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domenica 12 gennaio 2025

Elezioni del Comitato Direttivo Centrale dell'ANM del 26-27-28 gennaio 2025 - Lista ArticoloCentouno

Ospitiamo le presentazioni dei candidati (in ordine alfabetico per nome di battesimo, per scelta del sistema operativo) alle elezioni del Comitato Direttivo Centrale dell'ANM dei prossimi 26, 27 e 28 gennaio 2025 della lista ArticoloCentouno, lista che non è una corrente, dato che non aspira ad avere "rappresentanti" al Consiglio Superiore della Magistratura, e che non ha un sito internet che le consenta di presentarsi agli elettori. 

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sabato 11 gennaio 2025

La fortuna aiuta.





Pubblichiamo l'intervista de Il Dubbio ad Andrea Mirenda, consigliere superiore per caso.   



La componente togata del Csm si è compattata contro la riforma costituzionale. Tutti d’accordo, tranne uno, l’indipendente Andrea Mirenda, unico ad astenersi e ad aver già vissuto sulla propria pelle il sorteggio. Che potrebbe rappresentare una soluzione, afferma, alle degenerazioni correntizie.

Lei è l’unico togato ad essersi astenuto dal voto sul parere sulla separazione delle carriere, dichiarandosi favorevole in particolare al sorteggio come strumento per riformare il Csm. Che effetti pensa che avrà, in concreto, questo intervento legislativo?


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sabato 23 novembre 2024

Gente distratta.



di Nicola Saracino - Magistrato 

Non so se commentare una legge in fieri, in particolare una “legge del governo” (neologismo di questi tempi, sic!) mi esporrà a conseguenze disciplinari. 

Corro il rischio. 

Ma è su tutti i giornali l’idea dell’esecutivo di chiedere al parlamento di approvare (ripristiniamo i “fondamentali”, tipo lo stop di petto) una disciplina che proibisca al magistrato, in quanto tale, di parlare, pubblicamente,  di diritto, dei diritti.

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lunedì 21 ottobre 2024

Siamo sicuri?



di Nicola Saracino - Magistrato 

Non lo sono Egitto e Bangladesh, secondo il tribunale di Roma. 

Ciò ha determinato la mancata convalida del trattenimento di alcuni migranti in Albania e le conseguenti polemiche, anzi il vero e proprio “scontro” tra politica e magistratura, ciascuna rivendicando l’esercizio delle proprie  prerogative.  

Invasioni di campo sono lamentate dall’una e dall’altra parte. 

E l’Arbitro dice ad entrambe di tenere in considerazione le ragioni dell’altra.

In mezzo la legislazione europea,  di rango sovraordinato a quelle degli Stati membri dell’Unione. 

Il punto è tutto lì.

Mentre per disapplicare una norma di legge  che violi la Costituzione occorre eliminarla dall’ordinamento giuridico con una pronuncia della Corte Costituzionale, quando sono in gioco contrasti con le norme europee i singoli giudici  degli Stati nazionali sono chiamati a dare applicazione diretta alle norme cd “pattizie”, senza che vi sia l’obbligo (né la possibilità) di sospendere il giudizio per sottoporre la questione ad una Corte Costituzionale Europea che possa "eliminare" le leggi degli stati membri contrastanti con l'ordinamento sovranazionale, quell'organo non esiste 

Tradurre in legge la lista degli Stati “sicuri”, pertanto,  non aiuterà. 

A meno che ciò non avvenga a livello di normativa europea. 

Tra i criteri  adottati a livello europeo per stabilire se uno Stato possa dirsi sicuro -  oltre alla garanzia delle libertà fondamentali come ad esempio la segretezza della corrispondenza   e la libertà di pensiero -  vi è quello del rispetto della separazione dei poteri e, in particolare, della non interferenza dei governi sull’operato della magistratura, che deve essere dai primi indipendente.  

Non deve, cioè, “collaborare” coi governi e nemmeno osteggiarli. 

Deve applicare le regole, sia quelle nazionali che quelle comunitarie, secondo gli schemi sopra accennati.

L’Italia è un paese sicuro? 


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domenica 22 settembre 2024

Buone letture: voci nuove sulla bontà del sorteggio dei membri del CSM.

Segnaliamo l'articolo di Francesco Lupia (curatore di un canale youTube sui temi della giustizia) che sconfessa gli anatemi delle correnti togate contro lo strumento che le priva del controllo lottizzatorio dell'istituzione. 


L'Autore  ipotizza la verginità del demonio, ma in questo blog sono documentate le plurime malefatte del correntismo.

E Palamara non era Belzebù ...

    
Buona lettura, a questo link

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giovedì 12 settembre 2024

Pretesto anonimo.




Alla fine, con voto segreto, la consigliera superiore Rosanna Natoli è stata sospesa dall’incarico. 

Ciò perché è stata avviata nei suoi confronti un’indagine penale con l’accusa di aver rivelato notizie segrete riguardanti la decisione di un processo disciplinare contro un magistrato. 

Sfociato in una sanzione più grave di quella preventivata, sol perché la difesa di quel magistrato era stata ritenuta troppo aggressiva, tema peraltro rimasto occulto perché mai fatto oggetto di contraddittorio né riconoscibile dalla motivazione della sentenza. 

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domenica 18 agosto 2024

Segreti e bugie




Passato il Ferragosto torna d'attualità il caso della consigliera del CSM Rosanna Natoli contro la quale la procura della Repubblica di Roma ha avviato un'indagine con due ipotesi di reato, il tentato abuso d'ufficio e la rivelazione del segreto d'ufficio. 

Pare che a settembre, alla ripresa dei lavori del Consiglio Superiore, si affronterà la questione se "dimettere" d'ufficio la consigliera che non ha assecondato gli inviti alle dimissioni "spintanee".

Ciò sulla base di una norma del 1958 secondo la quale il consigliere sottoposto a procedimento penale può essere (temporaneamente) estromesso dal CSM se a chiederlo è la maggioranza dei due terzi dei colleghi. 

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giovedì 15 agosto 2024

Meglio tardi che mai ...

Pubblichiamo un onesto articolo apparso sul "il Quotidiano" a firma di Ignazio Juan Patrone, un magistrato oggi in pensione che è stato segretario di Magistratura Democratica, una corrente non estranea al sistema, com'è ovvio se di "Sistema" può parlarsi.
Significativo che il Collega concluda rivendicando di non aver mai avanzato domande di incarichi direttivi al CSM, ciò confermando che il sistema si regge, soprattutto, sui "questuanti", tutti impuniti.    
   







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giovedì 1 agosto 2024

Ora pro nobis




Stanno pregando perché non sia vero.

Il presidente del tribunale dello Stato Vaticano sotto indagine per fatti di mafia.

Incredibile dictu.

Di Giuseppe Pignatone ci eravamo occupati qui e qui, a riprova dell'enorme potenza di questo magistrato capace di grandi influenze. 

Con lui è indagato anche un altro magistrato in quiescenza di notevole spessore (era stato consigliere superiore), Gioacchino Natoli. 

Entrambi si sono avvalsi della facoltà  di non rispondere, tuttavia proclamandosi innocenti.

Lo sono, fino a prova contraria.       

   

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venerdì 26 luglio 2024

Quante volte figliolo?


A fronte della minimizzazione del fenomeno del correntismo tentata improvvidamente dai suoi attuali esponenti per scansare la "mannaia" del sorteggio del CSM, ospitiamo, col suo consenso, una mail di un giovane collega che ha il pregio della memoria.  Francesco Lupia cura un canale YouTube divulgativo sui temi della giustizia. 







 di Francesco Lupia - Magistrato 

Per capire se la degenerazione delle correnti sia o meno un fenomeno circoscritto solo agli ultimi anni ed ai colleghi nei confronti dei quali sono state accertate in sede disciplinare specifiche condotte ad esso relative, credo che il modo migliore sia guardare al passato.
 Potrei citare parecchi articoli giornalistici, ma preferisco riportare le parole spese (o meglio i richiami effettuati) dai vari Presidenti della Repubblica (in qualità di Presidenti del CSM) che si sono succeduti nel tempo.

Li ho tratti da due  articoli (uno  a firma di Alessia Palazzo ed uno a firma di Ermes Antonucci) , ma successivamente li ho verificati.

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