martedì 9 aprile 2024

Test di intelligenza



di Nicola Saracino - Magistrato 


Alcuni colleghi hanno elaborato un appello, rivolto al Consiglio Superiore della Magistratura, affinché esprimesse un parere contrario al testo normativo che introduce la “verifica della idoneità psicoattitudinale allo svolgimento delle funzioni giudiziarie” dei magistrati. 

Quel testo è già comparso sulla Gazzetta Ufficiale, si tratta del  decreto legislativo 28 marzo 2024, n. 44.

L’articolo 5 compie il misfatto. 

In sede di concorso è previsto un colloquio psico-attitudinale diretto a verificare l’assenza di condizioni di inidoneità alla funzione giudiziaria, come individuate dal Consiglio superiore della magistratura con propria delibera.

Il colloquio - del candidato che ha già dato prova di saperne di diritto - si svolgerà, davanti alla commissione esaminatrice, dopo la selezione scritta e dopo un preliminare test psico-attitudinale non meglio individuato se non per il suo “conformatore”, vale a dire lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura.   

Tutti sanno che la selezione del concorso in magistratura avviene con le prove scritte, che i candidati superano di solito in numero più o meno corrispondente ai posti da coprire. 

La bocciatura all’orale non è esclusa, ma resta un traumatico accidente statisticamente residuale. 

Questo solo dato deve far riflettere sulla rilevantissima dose di arbitrio inserita in una procedura concorsuale imposta dalla Costituzione.

La somministrazione di test e poi la sottoposizione al colloquio attitudinale del candidato (già vincitore in pectore del concorso) realizza una indefinita selezione degli aspiranti del tutto disancorata da parametri certi. 

Non è difficile prevedere che le “scuole” di preparazione al concorso in magistratura si attrezzeranno anch’esse di psicologi per esercitare i candidati ad “ingannare”, ove ve ne fosse bisogno, i test attitudinali, una volta che saranno predisposti dal CSM. 

Non sorprende che il Legislatore - per quanto se ne sa mai sottopostosi ad un test di intelligenza - non si sia interrogato sull’“attitudine” del soggetto al quale ha conferito una delega in bianco sul contenuto delle prove psicanalitiche.

Il CSM è quello che è. 

Un misto di delegati dalla politica e di politica da sottobosco burocratico, diviso in fazioni e volto alla lottizzazione di ogni cosa. 

E’ molto dubitabile che sia il soggetto più affidabile cui assegnare l’elaborazione dei  criteri capaci di sbarrare l’accesso alla professione.  

Se  quei test daranno buona prova - c’è da scommetterci - i futuri magistrati tenderanno all’adesione al sistema correntizio (non importa a quale corrente, conta il “sistema”), al conformismo, alla subordinazione al potere (non alla legge).   

Ed allora il CSM, non pago del buon risultato raggiunto, con propria regolamentazione (le fantozziane “circolari”) estenderà le prove attitudinali a qualsiasi procedura concorsuale per ogni incarico il magistrato dovesse richiedere nel corso della “carriera”. 

Un’arma tanto ignobile quanto efficace contro le residue possibilità di controllo di legalità del giudice  amministrativo sull’operato del CSM. 

Ed allora l’appello al CSM dei volenterosi colleghi trascura il tacito accordo di fondo che ha consentito a quel testo, sciatto ed indeterminato, di fare la sua comparsa in Gazzetta Ufficiale: il CSM, già molto prepotente, ne acquisisce ulteriore forza, sottratta ad ogni ipotizzabile prospettiva di controllo esterno. 

Se quell’effetto è voluto vuol dire che la politica conta sul CSM ed allora è meglio non appellarsi a quell'organo.

Se, invece, l'effetto non è stato considerato ciò dimostra la sicura utilità dei test di intelligenza.  


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giovedì 21 marzo 2024

Guido Salvini: io inviso al potere, ma sul mio lavoro parlano i numeri



Riprendiamo da Il Dubbio lo scritto di Guido Salvini, un'autodifesa non dovuta di un magistrato che ha trattato un'infinità di processi difficili. 
Il cronista distratto vede la goccia sul pavimento ma non l'acqua spalata.
La lettura dell'articolo denigratorio sul Corriere della Sera (che trascura del tutto le statistiche del lavoro svolto da Salvini)  dimostra che taluni fanno danno quando lavorano, meglio un lavativo in redazione che un cronista disattento. 
I magistrati si valutano per quello che fanno; se si guardasse al non fatto sarebbero tutti da licenziare, visti i carichi dei ruoli di ciascuno.    

       
   




La replica dell’ex magistrato a un articolo del Corsera: “Ho lasciato l’incarico da Gip a dicembre senza misure cautelari pendenti e con tutti i processi di rilievo per la collettività o conclusi o fissati”

Guido Salvini
20 marzo, 2024 • 22:50


Dispiace che il lungo ed astioso articolo del Corriere spari, con pretese di scoop, volutamente alle ombre, ed è ovvio perché è un articolo che ha il fine preciso che diremo alla fine, senza servire affatto a comprendere i problemi della giustizia a Milano.

Ho lasciato l’Ufficio quattro mesi fa – per questo la chiamo una vendetta postuma, studiata all’“interno” – senza alcuna misura cautelare pendente, nessuna intercettazione, nessuna archiviazione, nessuna sentenza fuori termine e con tutti i processi di rilievo per la collettività o conclusi o fissati.

Non ho mai ricevuto in questi anni, da pm o avvocati difensori, nemmeno di persone offese, richieste di sollecito o lamentele per qualche fascicolo urgente in attesa. Questo per non parlare, non dovrei farlo io, dei grandi processi di interesse collettivo terminati nella soddisfazione di tutte le parti, da Monte dei Paschi alle violenze degli ultrà interisti al fenomeno dei trapper, da tristi e complesse colpe mediche a un monumentale giudizio abbreviato per mafia, la cosiddetta cosca Aquilano, concluso, in un contesto difficilissimo di scontro tra accusa e difesa, con molte assoluzioni in soli 3 mesi nell’estate 2023, e senza pretendere mesi di esonero dall’arrivo dei fascicoli ordinari come chi mi aveva preceduto nel corso delle indagini. Nemmeno un giorno: i capi dell’ufficio lo sanno benissimo e tacciono. E, per concludere, il caso della loggia Ungheria, con 65 parti civili, finito in fotofinish una settimana prima del congedo.

Ovviamente in un ufficio come quello dei Gip, sotto organico da quando è nato (lo ha scritto molte volte anche il presidente del Tribunale), non ci sono “ruoli zero”, molti fascicoli restano in attesa e transitano da chi esce a chi subentra. Ma se stai attento, sono quelli di seconda e terza linea, non rilevanti in termini di pericolosità o di efficacia preventiva, spesso nati morti e destinati a fare poca strada, con le regole e le limitazioni introdotte dalla riforma Cartabia: quelli che nei corridoi chiamiamo scherzosamente “carte buone per un’amnistia” (per inciso, sarebbe una buona idea), carte senza sbocco, che non hanno un futuro significativo in un’aula.

Ci sono quelli che arrivano anche da altre sedi giudiziarie quasi prescritti e con la sorte segnata. Quello con 44 imputati che cita con enfasi il Corriere, ad esempio: un “falso in supporti Dvd” arrivato a Milano già in agonia da un’altra sede. Spesso ci sono richieste zoppicanti presentate dai Pm (non è una critica) tanto per fare statistica e liberare la stanza di un po’ di carte: un fenomeno che dopo la riforma dovrebbe pian piano attenuarsi, liquidando all’origine i processi inutili. Se il Corriere vuole, possiamo esaminare i miei fascicoli uno a uno: credo che dopo pubblicherebbe un articolo ben diverso.

Non c’è nessuna pendenza urgente o impegnativa nel ruolo che ho lasciato, un’autostrada sgombra per chi è chiamato a succedermi e che ha goduto anche dell’omaggio del mio archivio informatico e del completo know how per tutti i fascicoli. Lasciando l’ufficio a dicembre, avevo fissato fascicoli sino a maggio, non oltre. Si fa così, sembra un dettaglio ma è quello che smonta tutta la malevola narrazione del Corriere, perché non ci sovrappone mai a chi subentrerà, di cui non si conoscono tempi, modi, e organizzazione del lavoro che vorrà darsi, soprattutto se è una collega con una recentissima maternità.

Quando ero arrivato nel 2017 avevo trovato una richiesta di misura in carcere pendente per 35 accusati di associazione per delinquere transnazionale, ma non me ne lamento. L’ho fatta e basta.

Nell’articolo si leggono anche frottole, ne cito solo una: l’elenco dei processi è stato redatto regolarmente dalla Cancelleria su mia richiesta e messo a disposizione dell’Ufficio il giorno stesso del mio congedo. Poi non ci sono 900 archiviazioni pendenti ma zero, ripeto zero, tutte fatte e firmate. Semplicemente il nostro ufficio archiviazioni, per la mancanza di personale che conosciamo, non le ha ancora “registrate” e sono ferme addosso a una parete…

E so bene, anche questa è una astuzia giornalistica, che oggi parlare di Codice rosso ha un forte effetto evocativo. Ma tutti i seri processi in Codice rosso, potenzialmente pericolosi, erano già stati fissati o definiti, e rimanevano solo vecchi conflitti in famiglia da tempo risolti e a volte da non riaccendere, piccoli episodi datati e accuse a stranieri o persone offese irreperibili, in nessun modo definibili come priorità. Infatti, grazie a una selezione attenta e intelligente dei singoli casi, in danno di vittime che avevano presentato denunce non è mai successo niente, a differenza, purtroppo, di altre sedi giudiziarie.

Per intendersi in termini di numeri, senza ingannare i lettori, ogni Pm, certo senza sua colpa, ha di norma in ufficio anche 1.000 fascicoli. Io nel 2022 ne chiusi più di 280, poco sopra la media dell’ufficio, avevo deciso su ben 158 misure cautelari (e qui avevo invece il numero largamente più alto di tutti), e solo negli ultimi giorni di servizio avevo definito qualcosa come 1.150 archiviazioni. Ed è normale che ai nuovi arrivati, quando non ricevono il ruolo di un magistrato in uscita, si redistribuisca qualcosa, per il semplice fatto che non hanno ancora neanche un fascicolo. Di cosa si parla quindi con toni scandalistici? Di niente.

I fascicoli in stand by presso tutti, dico tutti, gli uffici del Tribunale di Milano sono una quantità enorme, decine e decine di migliaia: se non fosse così, non ci sarebbe il Pnrr e gli allarmi continui di tutti i capi ufficio. E a volte restare indietro non è il genere di fascicoletti che mi vengono attribuiti. Ricordo richieste di misura cautelare urgenti anche in materia di criminalità organizzata pendenti in uffici a pochi passi da me da oltre un anno, sentenze depositate dopo mesi e mesi, appelli, anche per processi importanti di criminalità amministrativa, ancora pendenti dopo 3 anni. E a me non è mai accaduto.

Può sembrare elevato dal punto di vista meramente numerico il residuo lasciato, ma non è nulla, sul piano quantitativo e qualitativo, in confronto alle migliaia e migliaia di fascicoli conclusi in questi anni. Quella che mi ha colpito è solo un’operazione di fredda disinformazione giudiziaria che gioca sull’inesperienza del lettore medio.

Ripeto: nessuno, né accusa né difesa, si è mai lamentato con me, e questa è la cartina di tornasole, insuperabile. Anzi, tantissimi avvocati hanno mostrato rincrescimento per il fatto di non trovarmi più, sempre “garantista” e disponibile ad ascoltare tutti, in aula come Gip o Gup, sopratutto nei giudizi abbreviati, rito che non a caso tantissimi con me sceglievano, con un aumento esponenziale, sul piano qualitativo, dell’impegno. Sfido chiunque, l’autore dell’articolo per primo, a dimostrare il contrario. Se qualcuno volesse scrivere di una lamentela nei miei confronti si troverebbe con la pagina bianca.

Ci sarà invece di certo, dietro tutto questo, qualche invidia, lasciata, inevitabilmente, in eredità. E anche qualche rancore a lungo coltivato. Sopratutto perché io ho spesso osato criticare, da giudice non “associato” e anche sulle colonne del Dubbio – e queste sono aggravanti – il mio mondo di appartenenza. Alla fine, in un modo o nell’altro, i dissenzienti si colpiscono, e possibilmente alle spalle.

Non ho mai chiesto medaglie, non ho mai fatto domande per passare a un ufficio non di prima linea e neanche per diventare capo ufficio, perché senza in tasca la tessera di una corrente sarebbe stata una domanda inutile. Anche dopo Palamara da noi non è cambiato niente. E anche perché non mi piaceva, per non rischiare di imitare quei capi tra noi che si vedono cinque mattine la settimana e poi si dedicano con maggior soddisfazione ai loro incarichi universitari.

So che non mi devo rimproverare alcunché, dopo essere andato in congedo con 80 giorni di ferie arretrate e aver passato negli ultimi anni quasi tutti i sabati e le domeniche in ufficio. Lo sanno tutti, i cronisti di giudiziaria e anche le guardie del Palazzo che mi salutavano, anche con un certo stupore, a tardissima, proprio tardissima sera, anche notte. Forse è questa la “sorpresa” di cui parla l’articolista.

Per concludere, il Corriere si è rifiutato di pubblicare un articolo di questo genere. Non ne dubitavo.

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mercoledì 13 marzo 2024

Poco da insegnare.



 di Andrea Reale - Magistrato 

Il plenum del 6 marzo ha designato i componenti togati del direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, il cui bando  risaliva al luglio 2023.
 
I criteri eccessivamente   generalisti che dovevano improntare la scelta hanno fatto dire ad un consigliere molto indipendente che si trattava di un “ setaccio in cui passavano i dinosauri (non i granelli )”.
 
E infatti 50 candidati sono stati immediatamente “defenestrati ” senza una riga di motivazione.
 
Pare, invece,  che la sestina vincente (sarebbe bello conoscere la cabala e puntare sui sei  numeri del Superenalotto delle correnti) sia stata “giocata” soltanto tra pochi preselezionati senza comparazione e con il metodo pubblicizzato qualche anno fa da un ex consigliere del CSM (purtroppo caduto in disgrazia….): tre a me, due a te e uno a loro!
 
Dopo mesi e mesi di trattive (estenuanti) e di mediazioni, è stata partorita la sestina vincente.
 
Altro che opzione trasparente e meritocratica: sembrerebbe essere stata preferita una trattativa privata tra gruppi per arrivare alla “ quadratura”, piuttosto che un metodo di esplicitazione della discrezionalità tecnica tipica del CSM.
 
A pensarla così, stavolta, non sono però solo quei pochi malpensanti cani sciolti che si annidano nella magistratura (uno dei quali scrive questa mail), ma anche  i “laici”, tanto amati dalle correnti quando servono ad intessere tele e alleanze, tanto detestati quando si permettono di svergognare il Sistema invalso tra i partiti della magistratura che controllano il governo autonomo.
 
Ad ascoltare i lavori del plenum del 6 marzo scorso, infatti,  sembra essere tornati indietro di 5 anni almeno, sicuramente prima dello scandalo dell'hotel Champagne.  A pronunciare le critiche feroci al correntismo ( absit iniuria verbis ), stavolta, però, sono (quasi) tutti i consiglieri laici, il  togato troppo indipendente di cui sopra  e due componenti togati che hanno cercato, con grande onestà intellettuale, di prendere le distanze da quello che sembra il perpetuarsi di un copione ultradecennale, rimasto invariato anche dopo il peggior scandalo  della Storia dell'Ordine giudiziario dalla  proclamazione della Repubblica.
 
Oltre  “ i macigni sopra la delibera ” scagliati  da autorevoli esclusi (uno dei quali  ex assistente di studio presso la Corte Costituzionale; un altro  magistrato di cassazione, già componente delle sezioni unite); dopo le perplessità espresse da una consigliera togata sui criteri di scelta utilizzati, i componenti laici del Consiglio si sono succeduti in interventi (che invito ad ascoltare su Radio Radicale) particolarmente urticanti.
 
La consigliera ECCHER ha denunciato il metodo adottato, compresa l'anomala trasmissione preventiva delle domande agli aspiranti candidati.
 
La consigliera  BERTOLINI invece è stata molto più tranciante. Della stessa mi pare giusto riportare integralmente alcune parti dell'intervento perché incisivi: “ avete messo in campo vecchi metodi spartitori che non hanno tenuto in considerazione la qualità delle scelte: ognuno doveva avere i propri rappresentanti..... vecchia liturgia fatta di rivendicazioni maggioritarie, di reciproche accuse, di spartizioni correntizie, di scelte al ribasso, di esclusioni eccellenti a favore di logiche di appartenenza: sono emerse e hanno avuto la meglio le logiche corporative, proprio quelle che sappiamo essere il vero vulnus della Magistratura italiana.. ... Prima avete scelto i nomi e poi gli avete cucito addosso la delibera”.
Ha concluso l'intervento dicendo che la scuola delineata dall'ultima  scelta del CSM  rappresenta “ancora una volta un mero centro di potere”.

Il consigliere GIUFFRE'   ha spiegato le ragioni della mancata presentazione di una “sestina alternativa” e il rischio di compromessi “deteriori” raggiunto, denunciando come  “ non si riuscivano a incastrare le caselle ” e come  alcuni nominativi di magistrati valorosi e particolarmente qualificati fossero  stati “sacrificati ” “ nottetempo ” e all'insaputa di certi consiglieri, per “ soddisfare gli equilibri delle tre principali correnti di questo Consiglio Superiore ”.

 All'interno del CSM però  esistono fieri difensori delle tradizioni, che non hanno perso occasione  di attaccare quei pochi coraggiosi che sin dall'inizio avevano previsto l'ennesima spartizione cencelliana, pienamente compiutasi anche stavolta.

Si è sentito  dire   da alcuni togati, non so con quale intima convinzione, che l'iter procedurale è stato “ alterato ” perché “ le appartenenze associative sono entrate per escludere prescindendo dal curriculum ” e che “ i soggetti che si reputavano appartenenti alle associazioni  sono stati impallinati sui giornali prescindendo dalla valutazione curriculare” , addirittura alla stessa stregua dei giochi “ sottotraccia” che facevano i “ chattanti ” (sic!) per colpire quelli di gruppi diversi!

Peccato non  avere  riferito   che la notizia dei primi prescelti circolava nei palazzi   tra gli stessi consiglieri   e che “ anche le pietre sapevano quali erano i progetti”, oltre che i nominativi.

E' stato accusato persino  di “ mistificazione ” chi ha denunciato le “ turbolenze ” che avevano caratterizzato i precedenti iter di designazione della SSM e che aveva avuto l'ardire di denudare i giochi (almeno una metà….) che sembravano fatti in partenza.

 Particolarmente toccante, quasi commuovente,  infine,  la citazione del grande scrittore Amos OZ, fatta da un altro consigliere (da sempre molto attento alla rifondazione etica dell'associazionismo giudiziario) con le espressioni tratte dal suo testo “Contro il fanatismo”.

Partendo dal particolare (“ La sestina che votiamo è un compromesso ma è un compromesso cui   abbiamo il dovere di sottoporci ”) è giunto al principio generale: “Il compromesso è sinonimo di vita. 

Dove c'è vita c'è compromesso. Il contrario di compromesso è fanatismo”.

Peccato non avere riportato anche il convincimento di AMOS OZ sui compromessi:  “Non esistono compromessi felici: un compromesso felice è una contraddizione !”

Ecco: a me pare che proprio con questa delibera il CSM confermi di essere destinato all'infelicità!



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martedì 23 gennaio 2024

Il pluralismo ... di pochi




Pubblichiamo un documento, che facciamo nostro,  redatto dai colleghi  dei 101,  anzi del centouno Cost.: La giustizia è amministrata in nome del popolo.  I giudici sono soggetti soltanto alla legge.


La maggioranza del CDC ha sfruttato la conferenza stampa del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura del 18.1.2024 per rimarcare il presunto ruolo di “indirizzo politico in materia giudiziaria” del CSM. 

Infatti, nel documento “Parole ed Equilibrio” approvato domenica 21 dalla maggioranza del CDC si legge – tra l’altro – che “ogni deliberazione assunta in materia di organizzazione e di amministrazione comporta, di necessità, una scelta tra opzioni culturali e politiche diverse”. 

È palese l’assonanza con l’ultimo deliberato di Area-DG sulla proposta dei sei magistrati per il Comitato Direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, nel quale è dato leggere un plauso alla VI Commissione del CSM per aver valutato i curricula dei candidati “alla luce dei criteri indicati dal bando e dell’esigenza di garantire un direttivo improntato al pluralismo professionale e culturale”. 

La domanda nasce spontanea: secondo quali criteri vengono vagliate le “diverse opzioni culturali e politiche”??? Su quali basi viene garantito il “pluralismo culturale”??? Come possono i Consiglieri del CSM apprezzare i “valori” impersonati dai singoli candidati se non facendo riferimento alla militanza/vicinanza a questa o a quella corrente, trait d’union tra i consiglieri e i “territori”, alle indicazioni dei quali, beatamente, si rivendica ancora oggi, dall’interno stesso del Consiglio, di continuare a prestare le orecchie? E come potrebbero mai essere apprezzati i valori impersonati dai magistrati che non appartengono né militano in nessun partito? 

Non ci vuole molto per capire che “l’indirizzo politico” del CSM, tanto rivendicato dalla maggioranza dell’ANM, snatura l’essenza e distorce la funzione del Consiglio. 

La nostra Costituzione, infatti, ha disegnato il CSM non come organo di rappresentanza e di indirizzo politico, ma come organo di garanzia, rappresentativo delle diverse categorie di Magistrati e arricchito da altri esperti di comprovato spessore professionale. 

Non per nulla l’art. 104 Cost. prevede la non rieleggibilità immediata dei Consiglieri affinché possano operare ispirati solo dalla legge e non al consenso elettorale, principio chiaramente eluso dalle elezioni dominate dalle correnti, le quali – durante ogni consiliatura – pensano a come accrescere il proprio consenso elettorale. 

L’idea del Csm espressa nel comunicato congiunto di Area, Md e Unicost – invece - è quella di un organo di governo autonomo comandato da gruppi di potere di tipo partitico: l’esatto opposto di quell'organo tecnico di garanzia, imparziale e di alta amministrazione, previsto dalla Costituzione; origine, causa e copertura delle degenerazioni correntizie e del nominificio al quale il CSM, di fatto, è stato troppe volte ridotto. 

 Anche la non adesione di Magistratura Indipendente non è altro che la manifestazione dell’ennesimo gioco di potere tra le correnti interno all’ANM: dopo il rinvio di sabato, motivato con la espressa necessità di ricercare una sintesi finalizzata a preservare il “valore dell’unità” dell’ANM, domenica mattina si è registrato lo smarcamento di Magistratura Indipendente. Evidentemente arroccata sulla necessità di stoppare ogni manifesta critica al Ministro e al Governo, MI ha giustificato il proprio recesso con la debole scusa che MD aveva reso pubblico il proprio comunicato già sabato sera. 

Giochi di partito interni all’ANM, che – purtroppo – si ripercuotono anche nell’attività consiliare, secondo la visione del Consiglio rappresentata e promossa dalle correnti.

All’unisono, invece, tutte hanno disatteso la nostra proposta.

Eppure, ricordando che la Costituzione attribuisce ai (singoli) magistrati – certamente anch’essi organi 
costituzionali – l’esercizio della funzione giurisdizionale, ci eravamo sostanzialmente permessi, anche 
evidenziandone le parole in grassetto, di richiamare il condivisibile pensiero del Presidente della Repubblica: 

Si tratta, in sostanza, della tutela dei diritti e della garanzia di giustizia che vi è connessa; senza queste lo Stato democratico, fondato sull'uguaglianza e sulla pari dignità delle persone, sarebbe gravemente compromesso. Principale corollario dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è l'imparzialità nell'esercizio della giurisdizione […] Il Consiglio superiore riveste un ruolo di garanzia imprescindibile nell'ambito dell'equilibrio democratico. Pertanto, è di grande urgenza approvare nuove regole per il suo funzionamento, affinché la sua attività possa mirare a valorizzare le indiscusse professionalità di cui la Magistratura è ampiamente fornita”.

Cristina Carunchio, Giuliano Castiglia, Ida Moretti e Andrea Reale

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