giovedì 14 maggio 2009

Il berlusconismo dell’Associazione Nazionale Magistrati


Versione stampabile



di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)



Ci sono cose che sai, ma che sono talmente gravi e clamorose che a volte, sotto sotto, è come se non ci volessi credere nonostante la loro evidenza.

Ho scritto tante volte che il potere interno alla magistratura, gestito dalle correnti, disgraziatamente è diventato identico al potere esterno, gestito dai politici, e ho illustrato in molti modi questa convinzione.

Ho scritto anche in diverse occasioni come i gestori del potere interno della magistratura difendano ormai solo il loro personale potere usando la asserita difesa dell’indipendenza della magistratura (e, si badi, NON dei magistrati) solo come alibi di facciata.

Ho scritto queste cose, che appaiono del tutto evidenti, ma probabilmente, da qualche parte dentro di me, speravo in una qualche smentita, in un cambio di atteggiamento, in una presa di coscienza.

Per questo le reazioni del “potere interno” alla sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha dichiarato illegittimo e annullato il trasferimento di Clementina Forleo disposto dal C.S.M. sono riuscite a stupire anche me.

Di quella sentenza, della sua fondatezza in diritto e della irragionevolezza della reazione dei consiglieri del C.S.M. iscritti al Movimento per la Giustizia (una delle correnti dell’A.N.M.) ho scritto in due articoli ai quali rinvio: “Il C.S.M. e Clementina Forleo: ovvero dei pessimi rapporti fra il potere e la legge” e “Il Movimento per la Giustizia il potere e la legge”.

Ieri l’Associazione Nazionale Magistrati ha emesso un comunicato su quella sentenza che offre la prova evidente che i capi dell’A.N.M. pensano esattamente come il Silvio Berlusconi al quale dicono di volersi contrapporre.

Nel citare qui Silvio Berlusconi non intendo riferirmi solo alla persona del Presidente del Consiglio, ma alla cultura politica che egli esprime e che – bisogna prenderne atto – risulta nei fatti condivisa da ampia parte del panorama politico italiano di qualunque colore politico. La vicenda Forleo riguarda proprio un caso – la vicenda delle c.d. scalate bancarie – che coinvolge esponenti di primo piano della sinistra, le cui linee di condotta sono state del tutto identiche a quelle che in altre occasioni hanno criticato alla destra.

Il comunicato dell’A.N.M. sulla sentenza del T.A.R. può essere letto a questo link.

Esso si connota per le seguenti caratteristiche, che, dopo avere elencato, illustrerò analiticamente, punto per punto:

1. Si finge che quella del T.A.R. sia una interpretazione della legge, mentre, invece, è pacifico – ed emerge dallo stesso comunicato dell’A.N.M. – che ciò che ha affermato il T.A.R. è puramente e semplicemente ciò che dice la legge.

2. Non si contesta al T.A.R. di avere violato la legge, ma si adducono argomentazioni secondo le quali ciò che dice la legge non starebbe bene e si dà ad intendere che il T.A.R. avrebbe dovuto violare la legge – come già aveva fatto il C.S.M. – perché questo starebbe meglio.

3. Manca qualsiasi riferimento, foss’anche minimo, al fatto che risulta ormai giuridicamente certo che il C.S.M. ha agito illegalmente e che Clementina Forleo è stata vittima di una grave ingiustizia commessa dall’organo che avrebbe dovuto tutelarne l’indipendenza.

4. Si dà l’ennesima prova del fatto che il potere interno alla magistratura è un blocco unico e che vi è una intollerabile commistione di ruoli fra A.N.M. (e dietro l’apparenza di essa, le correnti) e il C.S.M..

5. Ci si lamenta del «sistema disciplinare» tacendo del tutto sul fatto che esso è nelle mani della magistratura e non di imprecisati enti esterni.

6. Si reclama per il C.S.M. un tipo di potere che è ESATTAMENTE quello che vogliono Berlusconi e i politici di potere (di destra e di sinistra).


PRIMO.

Nel comunicato, dopo avere premesso che «la sentenza del giudice amministrativo è fondata prevalentemente su ragioni di diritto» - sicché ci si aspetterebbe che poi venissero addotti contro di essa argomenti giuridici - l’A.N.M. si sottrae al confronto sul tema posto – le questioni di diritto – parlando di «interpretazione» della legge da parte del T.A.R., ma non offrendo alcun argomento a favore di una qualche possibile interpretazione diversa.

Si sostiene soltanto che l’«interpretazione» del T.A.R. determinerebbe «una drastica, se non radicale, riduzione dell’ambito applicativo della norma in esame» (l’art. 2 della legge sulle guarentigie).

Ognuno potrà considerare se sia accettabile che dei magistrati che sostengono ad ogni piè sospinto di volere difendere le leggi e la costituzione possano addurre come argomento contro una sentenza non che essa violi la legge, ma che applicandola dia luogo a un inconveniente politico: l’impossibilità del C.S.M. di cacciare i magistrati che non gli piacciono.

E ognuno potrà considerare cosa ci sia di costituzionale in un C.S.M. che vuole essere padrone dei magistrati e libero di cacciarli al di fuori di specifiche previsioni di legge solo perché non gli piacciono.

Che l’A.N.M. non tenga in alcuna considerazione il tenore oggettivo della legge emerge peraltro clamorosamente dal brano del comunicato nel quale si dice: «Inoltre, secondo il TAR la norma sarebbe applicabile solo nei casi in cui sia venuta meno l’imparzialità o l’indipendenza del magistrato e non nelle fattispecie di effettiva lesione del prestigio».

I capi dell’A.N.M. scrivono che «secondo il T.A.R.» - e dunque non secondo la legge – l’art. 2 sarebbe applicabile «solo nei casi in cui sia venuta meno l’imparzialità o l’indipendenza del magistrato e non nelle fattispecie di effettiva lesione del prestigio».

Ma ognuno potrà verificare se questo sia «secondo il T.A.R.» o secondo la legge semplicemente leggendo la norma in discussione (art. 2 del R.D.L.vo 31 maggio 1946, n. 511), che recita testualmente:

«I magistrati (…) non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni (…) quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialita»
.

Come si vede, la legge e chiarissima nel fare riferimento solo alla «indipendenza e imparzialità» e non c’entra proprio nulla l’asserita «interpretazione» del T.A.R. della quale si parla pretestuosamente nel comunicato dell’A.N.M..

Per di più che il riferimento alla «lesione del prestigio» che il C.S.M. e l’A.N.M. vorrebbero utilizzare come alibi per cacciare i magistrati sgraditi al potere non solo non ci sia nella norma, ma sia espressamente non voluto dalla legge è provato dal fatto che quel riferimento era contenuto nella versione precedente della norma, che è stata modificata dal legislatore.

Sicché “interpretare” (???!!!) la norma come vorrebbe il potere interno significa con ogni evidenza violare la legge, facendo finta che la modifica fatta dal legislatore nel 2006 non ci sia stata.

Il testo precedente della norma diceva che i magistrati potevano essere trasferiti «quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario».

Ora il riferimento al «prestigio dell’ordine giudiziario» non c’è più. Sarebbe bello che i magistrati che governano l’A.N.M., invece di fare equivoci riferimenti alle «interpretazioni» del T.A.R., dicessero come deve essere intesa questa modifica.

Nello stesso comunicato si sostiene che sarebbe sbagliata l’«interpretazione» del T.A.R., «in base alla quale la nuova disciplina dell’art. 2 della legge sulle guarentigie non consentirebbe il trasferimento di ufficio di un magistrato per condotte “colpevoli”, anche nelle ipotesi in cui tali comportamenti non costituiscano illecito disciplinare».

Dunque, secondo i magistrati che governano l’A.N.M. e il C.S.M. si dovrebbe ritenere che l’art. 2 consenta il trasferimento dei magistrati anche per condotte “colpevoli”, ma che non costituiscono illecito disciplinare.

Al di là di quanto ho già scritto nell’articolo “Il Movimento per la Giustizia il potere e la legge” per dimostrare l’illogicità e l’incostituzionalità di un tale assunto, bisogna chiedere a questi magistrati come dovrebbe essere interpretata, secondo loro, la modifica dell’art. 2 fatta dal legislatore nei termini che seguono:

- testo anteriore alla riforma del 2006: «Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni (…) quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa …»

- testo successivo alla riforma del 2006 e attualmente in vigore: «Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni (…) quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa».

Come può constatare chiunque non eserciti il potere interno nell’A.N.M. e nel C.S.M., il legislatore ha tolto un “anche”. Prima era «anche indipendentemente da loro colpa» oggi è solo «indipendentemente da loro colpa». E sembra abbastanza incontrovertivile che i casi in cui c'è colpa non possono essere ritenuti «indipendenti da loro colpa».

Dunque, chiunque non eserciti il potere interno all’A.N.M. e al C.S.M., anche se non esperto di cose di legge, può comprendere come sia certo che quello che i capi dell’A.N.M. pretendono è ciò che la legge CERTAMENTE VIETA e che quello che i capi dell’A.N.M. vogliono fare passare come opinabile “interpretazione” della legge è, invece, il chiaro e univoco testo della legge.


SECONDO.

A fronte di queste evidenze di diritto, i capi dell’A.N.M. non offrono alcun contrario argomento di diritto, ma adducono soltanto che così loro e i loro compagni di corrente al C.S.M. non potranno esercitare il potere di cacciare i magistrati sgraditi.

Applicano, in sostanza, categorie tipiche del potere politico contemporaneo: non importa cosa dice la legge, importa ciò che noi vogliamo fare. Se la legge ce lo impedisce, si tratta di cambiarla (i politici) o di violarla (i magistrati, che non hanno il potere di cambiarla).

Inutile chiedersi se questo modo di ragionare abbia anche solo qualcosa di accettabile da parte di chi fa il magistrato.


TERZO.

Nonostante risulti ormai clamorosamente evidente che la cacciata di Clementina Forleo, fatta con ogni strepito sui giornali, propagandandola come atto in difesa della legge, è stato un atto illegale, gravemente ingiusto nei confronti della collega, manca nel comunicato dell’A.N.M. qualunque riferimento autocritico.

Risulta provato, in sostanza, che il C.S.M. ha agito illegalmente. E l’unica cosa che fa l’A.N.M. è rivendicargli poteri che non ha.

Si tratta anche in questo caso di una condotta esattamente identica a quella dei politici che, messi dinanzi all’illegalità delle loro condotte, ne rivendicano le ragioni politiche: “E’ vero che abbiamo violato la legge, ma non lo avessimo fatto non avremmo potuto …”.

Fa una notevole impressione dovere prendere atto che, come ho detto, il potere interno alla magistratura ha la stessa anima di quello esterno del quale si finge, al bisogno elettorale, antagonista.


QUARTO.

L’assoluto silenzio e la totale indifferenza sulla illegalità commessa dal C.S.M. e la rivendicazione contro la legge di un potere che il C.S.M. non ha danno l’ennesima prova del fatto che il potere interno alla magistratura è un blocco unico e che vi è una intollerabile commistione di ruoli fra A.N.M. (e dietro l’apparenza di essa, le correnti) e il C.S.M..

Il potere interno alla magistratura è un potere monolitico e non dialettico. Per tante ragioni e anche per questa, per niente democratico.


QUINTO.

Scrivono i capi dell’A.N.M. che saremmo «in presenza di un sistema disciplinare che continua a sanzionare prevalentemente condotte di scarso rilievo e registra, invece, inaccettabili ritardi di iniziativa in relazione a comportamenti e situazioni di rilevante gravità».

Fingendo di ignorare che il “sistema disciplinare” è in mano ai magistrati, sia per la parte relativa al promuovimento dell’azione (che compete al Procuratore Generale della Cassazione), sia per la parte relativa al giudizio (che compete al C.S.M.).

Surreale è il brano: «Si è discusso spesso in questi mesi, anche all’interno della magistratura, della necessità di un intervento da parte del C.S.M. su situazioni di opacità, su quelle “zone grigie” che appannano l’immagine e il prestigio della magistratura. E su tale questione la Giunta Esecutiva Centrale è sempre [???!!!] stata ferma nel richiedere a gran voce, al Consiglio Superiore e ai titolari dell’azione disciplinare, interventi tempestivi».

Evidentemente le discussioni di cui parlano i vertici dell’A.N.M. devono essere state segretissime, perché è sotto gli occhi di tutti che le uniche vere richieste di intervento fatte dalla G.E.C. al C.S.M. e ai titolari dell’azione disciplinare hanno riguardato i colleghi scomodi, cacciati nei noti modi.

Non risultano, per esempio, fra le tante possibili, accorate richieste di intervento in ordine alla illegittima avocazione di “Why not” o alle decine di situazioni molto incresciose che sono sotto gli occhi di tutti e vengono denunciate da tanti, rispetto alle quali della G.E.C. si nota solo l’ostinato silenzio.


SESTO.

Sostengono i capi dell’A.N.M.:
«In definitiva, noi riteniamo che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura non siano salvaguardate allorché il Consiglio Superiore della Magistratura venga privato di un fondamentale strumento di iniziativa autonoma».

E’ del tutto incomprensibile perché il fatto che il C.S.M. non possa cacciare quando e come gli pare i magistrati scomodi e/o sgraditi lederebbe «l’autonomia e l’indipendenza della magistratura».

C’è qui la prova più evidente della mistificazione del concetto di indipendenza della magistratura portata avanti da anni dai responsabili del potere interno.

L’indipendenza difesa dalla Costituzione è quella dei singoli magistrati, che devono potere giudicare con indipendenza i singoli casi a loro sottoposti.

Dunque, viola l’indipendenza dei magistrati la pretesa dei politici al potere di impedire a questo o quello di loro di giudicare in maniera giusta questo o quel caso.

L’indipendenza difesa dai capi del potere interno non è l’indipendenza dei singoli magistrati, ma l’indipendenza della corporazione. L’indipendenza del loro personale potere dagli altri poteri.

Dunque, secondo i capi del potere interno, loro devono potere cacciare questo o quel magistrato sgradito e/o scomodo.

Proprio come farebbe il potere politico esterno.

Ciò che i capi del potere interno rivendicano è in sostanza la pretesa di fare loro ciò che vorrebbero fare gli altri.

I capi dell’A.N.M. e i loco compagni di corrente al C.S.M. vogliono un potere come quello che vuole Berlusconi e un C.S.M. come lo vuole Berlusconi. Solo che Berlusconi (ma anche D’Alema e gli altri) vorrebbe essere lui a capo di quel potere e di quel C.S.M. e i capi del potere interno ci vogliono restare loro.

Ma la natura intrinseca del potere e le sue concrete conseguenze – esiziali – per l’indipendenza dei magistrati sono assolutamente identiche per entrambi i blocchi di potere.

Scrivono i capi dell’A.N.M. nel comunicato:
«Si è discusso spesso in questi mesi, anche all’interno della magistratura, della necessità di un intervento da parte del CSM su situazioni di opacità, su quelle “zone grigie” che appannano l’immagine e il prestigio della magistratura».

Ognuno può constatare quanto sia fumosa, indeterminata e pericolosamente arbitraria la pretesa dei vertici del potere interno di potere cacciare chiunque – A LORO INSINDACABILE GIUDIZIO, mancando una predeterminazione legale delle fattispecie – «appanna l’immagine e il prestigio della magistratura».

E come questa sia la stessa cosa che predicano da sempre i capi del potere esterno, che continuano a sostenere di avere “stima e rispetto incondizionato per la stragrande maggioranza dei magistrati che fanno il loro dovere in silenzio” (id est: senza rompere le scatole ai potenti) e di volere cacciare solo “singoli facinorosi che danneggiano l’immagine di tutta la magistratura”.



Alla fine di queste considerazioni, a un magistrato restano solo tre domande:

1. Quali differenze culturali, etiche, operative ci sono fra i capi del potere interno alla magistratura e i politici – di destra e di sinistra – che sono portatori di quella cultura dello stato e della legge che si suole chiamare “berlusconismo” (non il potere al servizio della legge, ma la legge al servizio del potere)?

2. Perché dovremmo temere che i “berlusconisti” si impadroniscano definitivamente della giustizia se essi farebbero solo le stesse cose che già fanno i magistrati che stanno ai vertici del potere interno?

3. Perché se le stesse cose che quando le fanno i “berlusconisti” sono ritenute “cattive”, se le fanno i capicorrente dovrebbero essere ritenute buone, se non per quello schema proprio di tutti i regimi, per il quale, essendo il “padrone” buono per definizione e dicendo egli di volere tutto ciò che fa per il bene del popolo, qualunque cosa egli faccia è buona “per definizione”?

C’è una cosa che i capi del potere interno sanno molto bene, perché gli è stata detta in tanti modi: che è molto importante definire esattamente i poteri del C.S.M., perché è possibile che un giorno il potere politico modifichi la composizione del C.S.M. medesimo e se ne impadronisca totalmente.

Ma per delimitare adeguatamente il potere di un eventuale futuro padrone esterno è necessario delimitare il potere anche del padrone interno.

I magistrati al potere interno hanno una tale brama del loro potere, da non accettare questa cosa e, pur di non perdere oggi il loro potere assoluto, sono disposti a lasciare che domani esso cada così com’è nelle mani del padrone esterno.

Se ciò accadesse, chi difenderebbe i magistrati da un potere assoluto e legibus soluto del C.S.M.?

In sostanza, com’è nella logica della questione democratica, si contrappongono due modelli di potere.

Uno è quello disegnato dalla Costituzione, nel quale non è importante “CHI” governa, ma secondo quali regole lo fa.

L’altro è quello proprio dei regimi, nel quale è importante solo chi governa, comunque governi.

Il modello di potere disegnato dalla Costituzione vuole un C.S.M. con regole di condotta ben precise, così che chiunque lo “occupi” (i politici o i capicorrente dell’A.N.M.) esso possa agire solo in difesa della legge.

Il modello di potere rivendicato dai capi dell’A.N.M. e del C.S.M. vuole un C.S.M. con la stessa onnipotenza senza regole dei politici.

Ovviamente, perché i politici lascino i capi del potere interno al comando di una cosa del genere è indispensabile che questi ultimi possano rassicurare i politici sul fatto che provvederanno loro a cacciare i magistrati scomodi.

La battaglia che si sta combattendo è, dunque, una battaglia per il potere fine a se stesso.

Come emerge chiaramente dal comunicato dei consiglieri del Movimento per la Giustizia che ho commentato nell’articolo “Il Movimento per la Giustizia il potere e la legge”, la minaccia che i capi del potere interno fanno ormai esplicitamente è: “Se non accettate di farvi cacciare da noi, verranno a cacciarvi quelli da fuori”.

La risposta banalmente ovvia è: chissenefrega!

Il sogno dei costituenti era che l’art. 107 della Costituzione venisse rispettato: «I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso». E potessero così giudicare con imparzialità quelli di destra e quelli di sinistra, quelli di sopra e quelli di sotto.

Se l’art. 107 deve essere nei fatti abrogato e i magistrati scomodi cacciati, che li caccino Berlusconi o D’Alema, invece che i consiglieri del Movimento per la Giustizia o quelli di Magistratura Democratica o di Unità per la Costituzione o di Magistratura Indipendente è francamente irrilevante, se non per i consiglieri delle varie correnti che potranno oppure no continuare a esercitare il loro potere e passare, magari, un domani, come capitato di recente, dal C.S.M. al ministero ombra del P.D. o dall’A.N.M. a una presidenza di regione o da una Procura Generale alla vicepresidenza di una autority.

E’ notte fonda. Non solo perché queste cose accadono, ma perché vengono addirittura scritte in un comunicato dell’A.N.M. dal tono paradossalmente supponente.




20 commenti:

Anonimo ha detto...

Che devo dirti mio caro amico - non mi firmo altrimento prendo le spese legali anche nelle richieste di decreto ingiuntivo - Ti guardi indietro e vedi sempre più corridori del gruppo che si fermano a bere o a mangiare ai banchetti organizzati sul percorso.
Non stancarTi anche quando la quotidianità è dura io ogni mattina dopo i primi pensieri concreti dico no.
Cittadino

Felice Lima ha detto...

Per Cittadino (commento delle 15.27).

Caro Amico,

io ho comprato in questi giorni un libro molto bello, che consiglio:

Giorgio Boatti, Preferirei di no, Einaudi.

Riporto il testo della quarta di copertina:
"L’8 ottobre 1931 Mussolini impone ai professori universitari il giuramento di fedeltà al regime fascista. Dodici ordinari su 1250 rifiutano di piegarsi al duce, perdendo nello stesso tempo la cattedra e la libertà.
Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi Della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco ed Edoardo Ruffini, Lionello Venturi, Vito Volterra – questi i nomi di coloro che compiono un gesto essenziale in nome di quegli «ideali di libertà, dignità e coerenza interiore» nei quali erano cresciuti. Dodici uomini, differenti per origini, carattere, modi di pensare, attitudini sociali e radicamento alla vita, che in quell’autunno salgono in cattedra per insegnare che dire di no è una scelta di veridicità dovuta prima di tutto a se stessi.
"Preferirei di no" ricostruisce il percorso di questi isolati viaggia-tori che scelsero la terra del no e attraverso l’intreccio delle loro vite riscopre mondi di umanità e semplicità che sanno ancora parlare con forza e efficacia.
Un libro che mostra in filigrana il percorso dell’intellighenzia italiana e l’atmosfera culturale di quell’epoca".

Un libro di grande attualità.

Felice Lima

Tiziana Pierleoni ha detto...

Ho letto con attenzione il suo post e vorrei esporre il mio pensiero:
1) Come accade ovunque esistono i "voltagabbana" che vanno dove "tira il vento". In questo momento la figura, diciamo!, più in vista e più potente è sicuramente Berlusconi. Colui che controlla più del 90% del nostro paese mediaticamente e sicuramente il 100% politicamente. Ora mi sembra chiaro che Magistrati che aspirino e mirino a Cariche di un certo prestigio e che magari vogliono accelerare la loro carriera, sicuramente affronterebbero certe situazioni "plasmando" l'esito ad immagine e somiglianza del loro padrone. Ritengo quindi che il "Berlusconismo" sia una malattia estremamente contagiosa. E comunque se non fosse stato Berlusconi sarebbe stata la stessa cosa (vedi De Magistris).
2) Proprio per "esaudire" la volontà del Padrone, si può anche andare contro la legge. In fondo oggi chi è che la rispetta! I primi sono i nostri politici a non rispettarla!
E allora la si "butta in caciara". Si trasferisce il Magistrato scomodo, così per settimane i media ne parlano mettendolo in cattiva luce, elogiando i magistrati buoni che lo hanno cacciato e gridando al "complotto" per l'inchiesta scomoda.
Così si rallentato le inchieste, si cambiano i magistati, passano da una procura all'altra e come se non bastasse il più delle volte i processi durano decenni così da far decadere tutto il prescrizione.
3)Il mio modesto parere, da non addetta, ma da semplice spettatrice, è che nel nostro paese ormai da decenni "un cancro" pericoloso e malvagio si stia inposessando della Libertà e della Legalità del nostro Paese. Dai più bassi livelli, alla mia portata, fino ad arrivare agli "alti ranghi". Diffuso, strisciante, subdolo, nascosto... Ma ormai entrato ovunque e a tutti i livelli. Un male da combattere, con forza, energia, grinta, e fermezza.
Questo sito e i vostri post stanno aiutando me, e sono certa anche molti altri, a giungere alla consapevolezza che insieme ci riusciremo. Grazie.

Stefano Riva ha detto...

Caro Felice,e cari lettori di Uguale per tutti, fingiamo (mi permetto confidenzialmente) insieme di ignorare che l'interpretazione della legge è guidata da criteri (appunto) interpretativi ben conosciuti e conoscibili da tutti coloro che han preso in mano un codice civile e l'abbiano aperto anche per pochi secondi nello svolgimento di una qualsiasi attività professionale o di studio;fingiamo di ignorare insieme che tali criteri si rinvengano in norme giuridiche ben precise come l'oramai e a questo punto "mitico" art.12 delle cd. "preleggi",disposizioni sulla legge in generale preliminari al codice civile,tanto per darci una base normativa;fingiamo pertanto, e ancora, di ignorare insieme l'elementare criterio letterale (alla legge non si può attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse)e l'altrettanto elementare criterio cd.funzionale o teleologico,ossia "l'intenzione del legislatore",cioè gli interessi che la norma intende tutelare delineandone ampiezza e significato;e fermiamoci qui.
Fingiamo insomma di non sapere un accidenti di niente su queste cose: come è possibile che esponenti ai vertici di un istituzione fondamentale dello Stato come la magistratura giungano a tali considerazioni,a tali "interpretazioni"?
perchè devo darmi per forza l'ovvia risposta che sono personalmente e direttamente interessati a palesare agli "altri" che anche loro sono capaci di esercitare (e sono unici titolari di) un potere assoluto sui magistrati?
Ho provato, come faccio spesso(me ne scuserà,a posteriori,Felice), a trovare delle falle, o meglio, delle "lacune" nel ragionamento che ci propone, caro Felice, ed è con soddisfazione mista a rammarico che mi trovo d'accordo su quanto afferma. Il rammarico deriva dal fatto che si conferma ancora una volta la situazione penosa e degradata in cui versano a braccetto l'Anm e il Csm,la soddisfazione deriva invece dalla convinzione che dalle Sue parole si possano apprezzare concretamente non solo l'imparzialità e l'indipendenza della Magistratura, ma anche e soprattutto l'esistenza del vero prestigio della stessa.
Personalmente,almeno questo non fingerò mai di ignorarlo.

P.S:Un vecchio brocardo latino ammonisce ancora oggi e soprattutto in questo caso: "ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit". A presto P.Stefano Riva

Anonimo ha detto...

Vorrei segnalare, sempre sulla scia come ti elimino il magistrato scomodo senza sparare, il caso del procuratore Pier Paolo Bruni.
Vi trascrivo cosa sta suceddende

"Rischiano una brusca battuta d'arresto le inchieste e i processi a carico degli esponenti della 'ndrangheta di Crotone. Da un mese circa il sostituto procuratore Pier Paolo Bruni non ha piu' infatti l'applicazione alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, per conto della quale ha seguito le inchieste piu' scottanti degli ultimi dieci anni. Secondo quanto si apprende in ambienti giudiziari, al rinnovo dell'applicazione erano favorevoli sia il procuratore capo di Crotone, Raffaele Mazzotta, sia il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardi, ma il procuratore generale Dolcino Favi non ha ritenuto di seguire le indicazioni."

Non so se notate la continuità e coerenza del P.G. Dolcino Favi.
Notizie sui giornali nazionale zero. Pure questo procuratore ha la n'drnagheta che mesi fa stava progettando come farlo fuori.

Ho una proposta adottiamo il magistrato o magistrata o che lavora con onesta per la giustizia e rompiamo il silenzio che attorno a lui si crea.

La mia solidarieta al procuratore Pier Paolo Bruni che spero stia leggendo questo blog.

Fate girare la notizia.

Salute a tutti

Rosanna da Torino

salvatore d'urso ha detto...

Dalle tangenti della prima repubblica ai conti intestato ad Andreotti e ciancimino - dai conti correnti criptati dei Ferruzzi ai soldi per Provenzano e Totò Riina - Lo svela un libro "Vaticano spa" che raccoglie l’archivio di monsignor Dardozzi - Tra il '90 e il '91 dal conto Spellman dello Ior escono 400 milioni per l’avv. del 'divo'

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-6065.htm

bartolo ha detto...

Povero Pier Paolo Bruni,
non ha saputo apprendere, nonostante la cacciata di de Magistris, che in Calabria è consentito indagare soltanto paralitici-disadattati-cialtroni e un'infinità di gente della plebe; mai e poi mai i colleghi, i capi, gli imprenditori, i "professionisti dell'antimafia" e i po(rci)litici

Anonimo ha detto...

Caro Felice,
non ho avuto neanche il tempo di leggere fino in fondo i tuoi documentatissimi post.
Ad istinto, direi che siamo tutti nella favola orwelliana di Animal Farm. Mi pare che ne abbiamo già parlato; vorrei condividere quella riflessione con altre persone, che ci leggono sul blog.

Alcuni di noi fanno la parte di Boxer (il cavallo stakanovista, che crede nei princìpi della rivoluzione animale), altri fanno la parte di Benjamin (l'asino alfabetizzato e scettico). Entrambe le parti sono dignitose, e quella di Boxer è più nobile, e forse più cristiana.
Comunque, l'essenza del potere è quella, nei secoli dei secoli. Figùrati se cambia. Ingenuo chi crede che le regole possano imbrigliare il potere. Ma lottare perché gli animali imparino l'alfabeto e capiscano il gioco dei maiali, beh, non è fatica sprecata. Come diceva Ezra Pound, in questi casi:
This is not vanity.
Here error is all in the not done (in ciò che non si è fatto),
all in the diffidence that faltered (che fece esitare).
Il sacrificio di Boxer non è vano, e forse è di sprone a Benjamin, nella sua opera, un po' triste, di interprete (e di storico...) delle lettere tracciate sul muro.

[Scusatemi se il commento, volutamente breve, risulta poco leggibile per chi non abbia presente la fiaba di Orwell.]

Va bene, va bene: cercherò in libreria il tuo Boatti e anche Bartleby lo scrivano. Saluti,
E. Anastasio

Raffaele Simonetti ha detto...

C'è da ringraziare ancora una volta UGUALE PER TUTTI che, con l'informazione e l'ampia analisi, ha fatto un lavoro prezioso.
Direi che ora sta a chi legge di continuare l'opera.
Nel mio piccolo l'ho segnalato sul mio spazio con il commento:
DA LEGGERE PER CAPIRE IN CHE CONDIZIONI CI TROVIAMO
DA DIFFONDERE PER CERCARE DI USCIRNE

Anonimo ha detto...

L'ESPOESSO
COMPLOTTO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA di Marco Travaglio

Caro Dott:Lima.
Meno male che gli scritti rimangono.
Su questo blog ci sono analisi Sue e di altri illustri (pochi) colleghi e avvocati che hanno sviscerato, analizzato e contestato i provvedimenti del CSM prima durante e dopo in perfetta sintonia con quanto si legge nella sentenza del TAR (mai si è letto un così duro verdetto sulla disapplicazione di precise norme di legge perdipiù operato da magistrati)su questa vicenda.
L'articolo di Travaglio conclude:
Ma il Capo dello Stato che lo presiede (il CSM) non ha nulla da dichiarare?
Come semplice cittadina me lo chiedo anch'io:
Alessandra

Anonimo ha detto...

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/complotto-superiore-della-magistratura/2082533/18

http://espresso.repubblica.
it/dettaglio/complotto-
superiore-della-magistratura
/2082533/18

Anonimo ha detto...

Caro dr. Lima
non tiri troppo la corda.....
In Italia ormai non c'è legalità che tenga.
Noi da questo blog non possiamo difenderci nè difenderla...
Se siamo davvero così tanti..... se non si comprende CHI abbia votato i ns. rappresentanti politici degli ultimi tempi ( e non vado fuori tema poichè anche il CSM è politico)formiamolo "sto" partito nuovo.....
Io ci sto l'ho sempre detto
Con affetto
Mathilda

siu ha detto...

Credo che il link per l'articolo di Travaglio dell'Espresso sia importante e assai utile, e per quanto mi riguarda lo diffonderò al massimo che mi sia possibile.
Perchè chi frequenta questo blog già conosce quei fatti, nei loro dettagli e nell'ormai lungo corso del loro sviluppo.
Ma ho spesso potuto constatare che molte, moltissime anche tra le persone più intelligenti, attente e profondamente avverse al berlusconismo queste cose in realtà non le sanno, i motivi del resto non sono difficili nè da immaginare nè da capire.
Li riassumerei nella constatazione che bisogna farsi un mazzo tanto, oggi in Italia, per capire quel che succede, dato il più che assordante silenzio sui fatti che davvero contano e sulle loro conseguenze nel quale viviamo immersi (rumorosissimo "pastone mediatico di regime" -e purtroppo non solo di regime- a parte, che allontana ancor più dalla realtà quale davvero è).
Proprio per questo la concisione dell'articolo di Travaglio mi sembra preziosa, con l'auspicio che possa raggiungere i tanti che tutto ciò avrebbero dovuto e magari anche voluto saperlo, ma non glien'è stata data occasione, o semplicemente per mille legittimi motivi non si sono fatti il mazzo tanto.
La brevità a volte, specie di questi tempi, è davvero una qualità indispensabile.

Anonimo ha detto...

come sempre l'analisi è lucida, diretta, coerente.
Emerge subito un senso di amarezza, ma temporaneo...quasi il presupposto per riprendere coraggio e decidere ogni giorno di svolgere la professione di avvocato (terribile ma meravigliosa) con onestà sempre, con delusione ogni tanto, con speranza per il futuro quasi sempre.
avv. giovanna bellizzi

Anonimo ha detto...

Per avv. Giovanna Bellizzi:dovrei mettermi in contatto con lei. Le lascio la mia e-mail :massili-21m@libero.it. Le spiegherò direttamente perchè.

siu ha detto...

Ringrazio la Redazione per aver postato l'intero articolo di Travaglio!

Anonimo ha detto...

Gentile dott Lima, io la seguo costantemente e fra i suoi articoli, tutti buoni, questo è fra i migliori. Mi permetto di intervenire perchè, come dicono i francesi, "ho fretta di sapere" (j'ai hate de savoir).
A suo tempo espressi qualche inquietudine sul ricorso degli ottimi giudici Nuzzi e Verasani.
Vi sono novità? A parte il fatto che spero che il ricorso abbia esito favorevole, in tutti i casi purtroppo dò per scontato quale sarebbe l'atteggiamento dell'ANM pure in questo caso.

Anonimo ha detto...

Ill.mo Dott. Lima,
seguo questo blog da quando è stato avviato e da quando proprio Lei, con gentile attenzione, volle fornire la risposta ad un mio primo post. E' passato del tempo e intenso è stato il turbinio di questioni che hanno interessato la Magistratura e di cui, su questo blog, si è ampiamente discusso, ma purtroppo, (o forse ad essere più onesti, come si poteva immaginare) le problematiche non si sono risolte, ma anzi, si sono accentuate e svelate in tutta la loro gravità e ciò a riprova di quello che era il vero percorso che quelli che lei definisce "i capi interni" si erano prefissi di percorrere sin dall'adozione dei primi provvedimenti riguardanti alcuni magistrati che cercavano solo di svolgere il loro lavoro.
La sua analisi di oggi, lucidissima e chiarissima, mette fortemente in evidenza uno stato di fatto che non mi pare sia stato denunciato da nessun altro tra i suoi colleghi, e lo fa con tanto realismo da non poter lasciare spazio a dubbi di sorta!( mi perdoni, ma nel leggerla mi è venuto spontaneo un banale ma liberatorio "finalmente!").
Per tutto ciò le esprimo tutta la mia stima perchè, in tempi come questi, ci vuole davvero molto coraggio e forte determinazione nell'affermare una realtà talmente oscena con tanta chiarezza. Dispiace e fa riflettere il fatto che ancora una volta sia il silenzio dei più a giocare un ruolo fondamentale per l'affermazione di logiche di potere incostituzionali e questo soprattutto all'interno della stessa Magistratura, nascondendosi per lo più dietro non meglio precisate ragioni di "rispetto dei provvedimenti adottati"
Con immutata stima.
Arianna

Anonimo ha detto...

Articolo superbo e coraggioso. Ne condivido finanche le virgole.
Con stima e ammirazione,

Irene

Annalisa ha detto...

Attonita riporto le parole dei vertici dell’ANM sulla proposta del leader della lega di una magistratura eletta dal popolo (dal Corriere di oggi):


“Così si calpesta la Costituzione e non si garantisce l'indipendenza della magistratura dal potere politico a garanzia dei cittadini, dice Palamara. «La Costituzione, su questo punto, va tutelata evitando qualsiasi discriminazione».

A Palamara fa eco il segretario dell'associazione Giuseppe Cascini: «L'Italia è un Paese che tutto il mondo guarda con attenzione e rispetto per la capacità che ha avuto la magistratura italiana di contrastare fenomeni come la corruzione della politica, la mafia, il terrorismo e i loro legami con centri di potere più o meno occulti. E questo è stato possibile grazie all'elevato livello di professionalità e di indipendenza dei magistrati italiani. Certamente è difficile immaginare che certe inchieste potessero solo essere avviate in un sistema in cui il pm fosse stato strettamente legato al potere politico».”