A parlare del caso Boffo si corre il rischio di fare il gioco di qualcuno che almeno l’obiettivo di spostare l’attenzione da magagne ben più significative l’ha sicuramente ottenuto.
Lo facciamo perché ci preme evidenziare ai lettori del blog che, anche questa volta, sono state dette, oltre che diverse e gravissime falsità (come l’avere spacciato una lettera anonima per una “informativa giudiziaria”), tante inesattezze; lo facciamo anche per segnalare alcuni aspetti della vicenda, finora non evidenziati, che destano ulteriori perplessità ed interrogativi.
Si è parlato di “rinvio a giudizio”, si è parlato di “patteggiamento”, si è parlato di “sentenza” (per tutti, si leggano il fondo di Vittorio Feltri su Il Giornale del 28 agosto e l’articolo a firma Gabriele Villa dello stesso giorno sulla stessa testata).
Da quel che emerge dal sedicente – diremo fra breve perché – “certificato generale del casellario giudiziale” di Boffo Dino pubblicato sul giornale di Berlusconi (Paolo?) e spacciato per “sentenza” risulta che non c’è stato alcun “rinvio a giudizio”, non c’è stato alcun “patteggiamento”, non c’è stata alcuna “sentenza”.
Prima di dire che cosa risulti dal sedicente “certificato generale”, si impone di conoscere la contravvenzione di molestia o disturbo alle persone e di sapere cos’è il decreto penale di condanna.
Per quanto riguarda la prima, riportiamo il testo dell’art. 660 c.p.: Molestia o disturbo alle persone – “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”.
Quanto al decreto penale di condanna, bisogna sapere che nel nostro sistema processuale penale esiste un procedimento speciale, adottabile per i reati meno gravi che possono in concreto essere puniti con la sola pena pecuniaria (multa per i delitti e arresto per le contravvenzioni), definito dal legislatore procedimento per decreto (disciplinato dagli artt. da 459 a 464 c.p.p.).
In sintesi, il procedimento funziona così:
- il Pubblico Ministero, trasmettendo al Giudice (per le indagini preliminari) il fascicolo delle indagini, gli chiede di condannare per un certo fatto ad una certa pena una certa persona, la quale non sa nulla di questa richiesta;
- il G.i.p., se ritiene che il fatto risulta dimostrato dagli atti trasmessigli dal P.M. e se ritiene corretta la qualificazione giuridica data al fatto dallo stesso P.M. e congrua la pena da questi richiesta, emette un provvedimento di condanna alla pena richiesta dal P.M. che assume la forma del decreto e che si chiama, appunto, decreto penale di condanna;
- una volta emesso dal G.i.p., il decreto viene notificato al condannato, che così ne viene a conoscenza;
- il condannato può proporre opposizione al decreto entro un certo termine dal giorno in cui il medesimo gli è stato notificato;
- se l’opposizione non è proposta, il decreto diviene irrevocabile ed esecutivo;
- se invece il condannato propone opposizione si svolge il giudizio ordinario (si procede, cioè, alla raccolta ex novo delle prove davanti al giudice del dibattimento che, all’esito, decide con sentenza) a meno che, con la stessa opposizione, il condannato non chieda il giudizio abbreviato (in tal caso si procede, nel contraddittorio tra le parti, ad un giudizio basato sugli atti delle indagini; con la sentenza, in caso di condanna, a fronte del risparmio legato al mancato svolgimento del dibattimento, la pena da infliggere è diminuita di un terzo) o il c.d. “patteggiamento” (l’interessato trova un accordo con il P.M. su una certa pena, che, evitandosi il giudizio, il legislatore consente possa essere ridotta fino ad un terzo rispetto a quella che sarebbe applicabile in via ordinaria; si chiede l’applicazione della pena concordata al giudice, il quale, se ritiene il tutto rispettoso della legge e congrua la pena richiesta, la applica con una sentenza).
Tanto premesso, dal sedicente “certificato” pubblicato su il Giornale risulta:
- che Boffo è stato condannato alla pena di € 516 di ammenda per avere commesso, nel gennaio 2002 a Terni, un fatto integrante la contravvenzione punita dall’art. 660 c.p. (molestia o disturbo alle persone);
- che la condanna è stata inflitta con un decreto penale emesso dal G.i.p. del Tribunale di Terni il 9 agosto 2004;
- che al decreto penale non è stata fatta opposizione e che esso, pertanto, è divenuto esecutivo in data 1 ottobre 2004;
- che prima ancora che il decreto divenisse esecutivo, precisamente in data 7 settembre 2004, l’ammenda di € 516 era già stata pagata.
Dal sedicente “certificato”, invece, non risulta in che cosa concretamente è consistito il comportamento del Boffo. Per saperlo occorrerebbe leggere il decreto, atto normalmente assai sintetico, dal quale comunque risulta il fatto concreto costituente l’oggetto dell’addebito. I decreti penali, peraltro, sono atti dei quali chiunque può chiedere il rilascio di copia.
Nessun rinvio a giudizio e nessun giudizio. Il rinvio a giudizio è un atto – che assume la forma del decreto – del procedimento penale ordinario. Lo emette, quando ci sono i presupposti, il Giudice dell’udienza preliminare (G.u.p.) a seguito di una richiesta del PM ed all’esito dell’udienza preliminare che si svolge nel contraddittorio tra le parti. L’udienza preliminare, peraltro, è prevista solo per i procedimenti che riguardano i reati più gravi. Per la contravvenzione punita dall’art. 660 NON è prevista l’udienza preliminare. Il giudizio ordinario, quindi, si svolge senza passare per l’udienza preliminare e, quindi, senza un atto di rinvio a giudizio del giudice ma con citazione diretta a giudizio da parte del P.M.. Ad ogni modo, nel caso Boffo, come visto, non si è seguito il procedimento ordinario ma, come di fatto accade in tutti i casi di questo tipo, il procedimento speciale per decreto.
Nessun patteggiamento. Come abbiamo visto, Boffo ha pagato l’ammenda inflittagli con il decreto penale; non ha fatto opposizione e non c’è stato, quindi, alcun patteggiamento.
Nessuna sentenza. Boffo, ribadiamo, è stato condannato con un decreto penale al quale non ha fatto opposizione. Pertanto, non si è giunti al giudizio e non c’è stata alcuna sentenza.
Va detto, a questo punto, che il decreto penale di condanna, al pari di una sentenza di condanna emessa all’esito di un giudizio, è comunque un atto con il quale si statuisce che l’imputato è colpevole del reato per il quale, con lo stesso decreto, lo si condanna.
E veniamo al sedicente “certificato generale del casellario giudiziale”.
Innanzi tutto, diversamente da quanto qualcuno ha scritto, il documento che è stato pubblicato non è il certificato del casellario giudiziale “di Terni”.
Il certificato del casellario giudiziale di un certo soggetto, infatti, è un documento che può essere formato presso qualsiasi ufficio giudiziario ed esso riporterà, se ce ne sono, tutte le condanne riportate da quel soggetto in Italia, qualunque sia l’ufficio giudiziario o gli uffici giudiziari che abbia o abbiano emesso le condanne. Esemplificando, se Tizio è stato condannato dal Tribunale di Terni, la condanna risulterà dal certificato del casellario giudiziale di Tizio formato presso qualsiasi ufficio giudiziario italiano.
Detto questo, il “certificato” in questione presenta qualche particolare o dettaglio che ci inducono a dubitare che effettivamente si tratti di un vero certificato del casellario giudiziale.
Vi è, innanzi tutto, una certa stranezza esterna del documento: il formato non ci sembra corrispondente a quello dei certificati che quotidianamente vediamo tra le carte del nostro lavoro. Molto molto sorprendente è lo stranissimo riferimento ad un sedicente “ufficio locale di …”, denominazione assolutamente sconosciuta all’organizzazione giudiziaria.
Vi è poi un’incongruenza interna al documento: il “certificato” reca, da un lato, l’intestazione “Procura della Repubblica” (in alto sotto lo stemma della Repubblica italiana) e, dall’altro, la sottoscrizione “Il Cancelliere” (in basso a destra). Come è noto, però, nelle Procure della Repubblica non ci sono cancellerie e non vi prestano servizio “cancellieri” ma, semmai, ci sono segreterie alle quali sono addetti segretari.
Infine, merita una considerazione la scelta processuale di Boffo di non proporre opposizione al decreto penale.
La contravvenzione punita dall’art. 660 c.p. rientra tra quelle per le quali l’art. 162 bis c.p. consente il ricorso al beneficio dell’oblazione, ossia un meccanismo premiale che consente di estinguere il reato mediante il pagamento di una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge. Insomma, il direttore dell’Avvenire, proponendo opposizione al decreto penale, avrebbe potuto chiedere di essere ammesso all’oblazione e, pagando la metà del massimo dell’ammenda stabilita dall’art. 660 c.p. – ossia, in concreto, metà della somma che ha effettivamente pagato –, estinguere il reato, sicché il procedimento si sarebbe concluso con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato.
Se fosse stata percorsa questa strada, sul certificato del casellario giudiziale di Boffo Dino oggi risulterebbe “NULLA”. Sorprende che una persona sicuramente avveduta come il direttore dell’Avvenire, che pensiamo potrà essersi avvalso del consiglio dei migliori avvocati, non abbia fatto ricorso a tale possibilità.
Lo facciamo perché ci preme evidenziare ai lettori del blog che, anche questa volta, sono state dette, oltre che diverse e gravissime falsità (come l’avere spacciato una lettera anonima per una “informativa giudiziaria”), tante inesattezze; lo facciamo anche per segnalare alcuni aspetti della vicenda, finora non evidenziati, che destano ulteriori perplessità ed interrogativi.
Si è parlato di “rinvio a giudizio”, si è parlato di “patteggiamento”, si è parlato di “sentenza” (per tutti, si leggano il fondo di Vittorio Feltri su Il Giornale del 28 agosto e l’articolo a firma Gabriele Villa dello stesso giorno sulla stessa testata).
Da quel che emerge dal sedicente – diremo fra breve perché – “certificato generale del casellario giudiziale” di Boffo Dino pubblicato sul giornale di Berlusconi (Paolo?) e spacciato per “sentenza” risulta che non c’è stato alcun “rinvio a giudizio”, non c’è stato alcun “patteggiamento”, non c’è stata alcuna “sentenza”.
Prima di dire che cosa risulti dal sedicente “certificato generale”, si impone di conoscere la contravvenzione di molestia o disturbo alle persone e di sapere cos’è il decreto penale di condanna.
Per quanto riguarda la prima, riportiamo il testo dell’art. 660 c.p.: Molestia o disturbo alle persone – “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”.
Quanto al decreto penale di condanna, bisogna sapere che nel nostro sistema processuale penale esiste un procedimento speciale, adottabile per i reati meno gravi che possono in concreto essere puniti con la sola pena pecuniaria (multa per i delitti e arresto per le contravvenzioni), definito dal legislatore procedimento per decreto (disciplinato dagli artt. da 459 a 464 c.p.p.).
In sintesi, il procedimento funziona così:
- il Pubblico Ministero, trasmettendo al Giudice (per le indagini preliminari) il fascicolo delle indagini, gli chiede di condannare per un certo fatto ad una certa pena una certa persona, la quale non sa nulla di questa richiesta;
- il G.i.p., se ritiene che il fatto risulta dimostrato dagli atti trasmessigli dal P.M. e se ritiene corretta la qualificazione giuridica data al fatto dallo stesso P.M. e congrua la pena da questi richiesta, emette un provvedimento di condanna alla pena richiesta dal P.M. che assume la forma del decreto e che si chiama, appunto, decreto penale di condanna;
- una volta emesso dal G.i.p., il decreto viene notificato al condannato, che così ne viene a conoscenza;
- il condannato può proporre opposizione al decreto entro un certo termine dal giorno in cui il medesimo gli è stato notificato;
- se l’opposizione non è proposta, il decreto diviene irrevocabile ed esecutivo;
- se invece il condannato propone opposizione si svolge il giudizio ordinario (si procede, cioè, alla raccolta ex novo delle prove davanti al giudice del dibattimento che, all’esito, decide con sentenza) a meno che, con la stessa opposizione, il condannato non chieda il giudizio abbreviato (in tal caso si procede, nel contraddittorio tra le parti, ad un giudizio basato sugli atti delle indagini; con la sentenza, in caso di condanna, a fronte del risparmio legato al mancato svolgimento del dibattimento, la pena da infliggere è diminuita di un terzo) o il c.d. “patteggiamento” (l’interessato trova un accordo con il P.M. su una certa pena, che, evitandosi il giudizio, il legislatore consente possa essere ridotta fino ad un terzo rispetto a quella che sarebbe applicabile in via ordinaria; si chiede l’applicazione della pena concordata al giudice, il quale, se ritiene il tutto rispettoso della legge e congrua la pena richiesta, la applica con una sentenza).
Tanto premesso, dal sedicente “certificato” pubblicato su il Giornale risulta:
- che Boffo è stato condannato alla pena di € 516 di ammenda per avere commesso, nel gennaio 2002 a Terni, un fatto integrante la contravvenzione punita dall’art. 660 c.p. (molestia o disturbo alle persone);
- che la condanna è stata inflitta con un decreto penale emesso dal G.i.p. del Tribunale di Terni il 9 agosto 2004;
- che al decreto penale non è stata fatta opposizione e che esso, pertanto, è divenuto esecutivo in data 1 ottobre 2004;
- che prima ancora che il decreto divenisse esecutivo, precisamente in data 7 settembre 2004, l’ammenda di € 516 era già stata pagata.
Dal sedicente “certificato”, invece, non risulta in che cosa concretamente è consistito il comportamento del Boffo. Per saperlo occorrerebbe leggere il decreto, atto normalmente assai sintetico, dal quale comunque risulta il fatto concreto costituente l’oggetto dell’addebito. I decreti penali, peraltro, sono atti dei quali chiunque può chiedere il rilascio di copia.
Nessun rinvio a giudizio e nessun giudizio. Il rinvio a giudizio è un atto – che assume la forma del decreto – del procedimento penale ordinario. Lo emette, quando ci sono i presupposti, il Giudice dell’udienza preliminare (G.u.p.) a seguito di una richiesta del PM ed all’esito dell’udienza preliminare che si svolge nel contraddittorio tra le parti. L’udienza preliminare, peraltro, è prevista solo per i procedimenti che riguardano i reati più gravi. Per la contravvenzione punita dall’art. 660 NON è prevista l’udienza preliminare. Il giudizio ordinario, quindi, si svolge senza passare per l’udienza preliminare e, quindi, senza un atto di rinvio a giudizio del giudice ma con citazione diretta a giudizio da parte del P.M.. Ad ogni modo, nel caso Boffo, come visto, non si è seguito il procedimento ordinario ma, come di fatto accade in tutti i casi di questo tipo, il procedimento speciale per decreto.
Nessun patteggiamento. Come abbiamo visto, Boffo ha pagato l’ammenda inflittagli con il decreto penale; non ha fatto opposizione e non c’è stato, quindi, alcun patteggiamento.
Nessuna sentenza. Boffo, ribadiamo, è stato condannato con un decreto penale al quale non ha fatto opposizione. Pertanto, non si è giunti al giudizio e non c’è stata alcuna sentenza.
Va detto, a questo punto, che il decreto penale di condanna, al pari di una sentenza di condanna emessa all’esito di un giudizio, è comunque un atto con il quale si statuisce che l’imputato è colpevole del reato per il quale, con lo stesso decreto, lo si condanna.
E veniamo al sedicente “certificato generale del casellario giudiziale”.
Innanzi tutto, diversamente da quanto qualcuno ha scritto, il documento che è stato pubblicato non è il certificato del casellario giudiziale “di Terni”.
Il certificato del casellario giudiziale di un certo soggetto, infatti, è un documento che può essere formato presso qualsiasi ufficio giudiziario ed esso riporterà, se ce ne sono, tutte le condanne riportate da quel soggetto in Italia, qualunque sia l’ufficio giudiziario o gli uffici giudiziari che abbia o abbiano emesso le condanne. Esemplificando, se Tizio è stato condannato dal Tribunale di Terni, la condanna risulterà dal certificato del casellario giudiziale di Tizio formato presso qualsiasi ufficio giudiziario italiano.
Detto questo, il “certificato” in questione presenta qualche particolare o dettaglio che ci inducono a dubitare che effettivamente si tratti di un vero certificato del casellario giudiziale.
Vi è, innanzi tutto, una certa stranezza esterna del documento: il formato non ci sembra corrispondente a quello dei certificati che quotidianamente vediamo tra le carte del nostro lavoro. Molto molto sorprendente è lo stranissimo riferimento ad un sedicente “ufficio locale di …”, denominazione assolutamente sconosciuta all’organizzazione giudiziaria.
Vi è poi un’incongruenza interna al documento: il “certificato” reca, da un lato, l’intestazione “Procura della Repubblica” (in alto sotto lo stemma della Repubblica italiana) e, dall’altro, la sottoscrizione “Il Cancelliere” (in basso a destra). Come è noto, però, nelle Procure della Repubblica non ci sono cancellerie e non vi prestano servizio “cancellieri” ma, semmai, ci sono segreterie alle quali sono addetti segretari.
Infine, merita una considerazione la scelta processuale di Boffo di non proporre opposizione al decreto penale.
La contravvenzione punita dall’art. 660 c.p. rientra tra quelle per le quali l’art. 162 bis c.p. consente il ricorso al beneficio dell’oblazione, ossia un meccanismo premiale che consente di estinguere il reato mediante il pagamento di una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge. Insomma, il direttore dell’Avvenire, proponendo opposizione al decreto penale, avrebbe potuto chiedere di essere ammesso all’oblazione e, pagando la metà del massimo dell’ammenda stabilita dall’art. 660 c.p. – ossia, in concreto, metà della somma che ha effettivamente pagato –, estinguere il reato, sicché il procedimento si sarebbe concluso con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato.
Se fosse stata percorsa questa strada, sul certificato del casellario giudiziale di Boffo Dino oggi risulterebbe “NULLA”. Sorprende che una persona sicuramente avveduta come il direttore dell’Avvenire, che pensiamo potrà essersi avvalso del consiglio dei migliori avvocati, non abbia fatto ricorso a tale possibilità.
54 commenti:
Non sono molto d'accordo relativamente al punto che recita: "Vi è, innanzi tutto, una certa stranezza esterna del documento: il formato non ci sembra corrispondente a quello dei certificati che quotidianamente vediamo tra le carte del nostro lavoro. Molto molto sorprendente è lo stranissimo riferimento ad un sedicente “ufficio locale di …”, denominazione assolutamente sconosciuta all’organizzazione giudiziaria".
Infatti, a norma dell'art. 35 del D.P.R. 313/2002 al rilascio del certificato sono abilitati anche "altri uffici, anche diversi da quelli giudiziari, individuati con decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia, che
definisce altresì le modalità tecniche di collegamento telematico finalizzate
all'utilizzabilità del sistema da parte di detti uffici, sentiti la Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie e il
Garante per la protezione dei dati personali".
Esatto: sorprende proprio che non si sia avvalso di tale possibilità. Bene farebbero, però, per evitare altri mesi di "veleni" e di disgustosi pescaggi nel torbido, con accuse e controaccuse, a dare alla stampa tutti i documenti relativi a quel procedimento penale, così si saprebbe in breve tempo qual è la verità, oltre alle tesi dell'una e dell'altra parte.
Molte grazie per il chiarimento.
Queste precisazioni andrebbero inoltrate a quel genio di Travaglio, che dagli schermi di YouTube continua a ripetere: "ha patteggiato".
Per quanto riguarda l'oblazione, posso supporre che il Boffo avesse fretta di chiudere la questione, senza aspettare i tempi necessari per depositare la richiesta e attendere la decisione del giudice.
Comunque il Boffo, anche senza oblazione, poteva ottenere l'estinzione del reato dopo 5 anni (e guarda caso stavano per passare!) grazie alla riabilitazione.
Anche senza oblazione, il certificato generale di Boffo doveva apparire ufficiosamente pulito, visto che è uno dei benefici del decreto penale.
L'altro beneficio è l'assenza di effetti civili, quindi senza opposizione al decreto penale, non ci poteva essere una esosa richiesta di risarcimento danni in sede civile.
Magari questi sono i ragionamenti che hanno fatto i suoi avvocati.
Il mutar dei tempi affina gli strumenti, ma il senso, poi, non cambia.
La calunnia è un venticello
Un'auretta assai gentile
Che insensibile sottile
Leggermente dolcemente
Incomincia a sussurrar.
Piano piano terra terra
Sotto voce sibillando
Va scorrendo, va ronzando,
Nelle orecchie della gente
S'introduce destramente,
E le teste ed i cervelli
Fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
Lo schiamazzo va crescendo:
Prende forza a poco a poco,
Scorre già di loco in loco,
Sembra il tuono, la tempesta
Che nel sen della foresta,
Va fischiando, brontolando,
E ti fa d'orror gelar.
Alla fin trabocca, e scoppia,
Si propaga si raddoppia
E produce un'esplosione
Come un colpo di cannone,
Un tremuoto, un temporale,
Un tumulto generale
Che fa l'aria rimbombar.
E il meschino calunniato
Avvilito, calpestato
Sotto il pubblico flagello
Per gran sorte va a crepar.
Rossini - Il Barbiere di Siviglia
text by http://www.aria-database.com
Molto modestamente, ritengo che se vi fosse una alternativa politica, appena, appena credibile, questi personaggi (descritti a suo tempo anche da Giovenale) si esilierebbero automaticamente, inseguiti da uno tsunami di fragorose risate e...
Penso anche, che siamo arrivati al punto, ove necessita partire da zero, per principiare l'alternativa possibile! E questa constatazione desolante, stimola il pianto e la rabbia. Ma non la disperazione.
Riconoscente, per l'impegno da Voi profuso in questo "unico" blog, colgo l'occasione per porgere fraterni saluti.
Stefano
Genova
Per Luigi Castaldi delle 19.11.
Ringraziamo Luigi Castaldi per il suo commento. Facciamo notare, però, che deve escludersi che il documento provenga da un ufficio non giudiziario per il semplice motivo che reca l’intestazione “Procura della Repubblica”.
Aggiungiamo che il d.P.R. n. 313 del 2002 definisce gli “uffici locali” al solo scopo di creare una nozione sintetica per richiamare, all’occasione (come quella relativa all’indicazione degli uffici competenti al rilascio dei certificati del casellario di cui all’art. 35), con un solo riferimento, uffici diversi; ma non esistono, allo stato, articolazioni dell’organizzazione giudiziaria denominati “uffici locali”.
Spinti dal commento di Luigi Castaldi a dare una scorsa veloce al d.P.R. 313/02, notiamo che il “certificato generale del casellario giudiziale”, che viene rilasciato all’interessato su sua richiesta, stando a quanto previsto dall’art. 24 comma 1 lett. e) del predetto decreto, non dovrebbe riportare le condanne inflitte con decreto penale.
Nel nostro caso, invece, abbiamo un “certificato generale del casellario giudiziale” che riporta una condanna inflitta con decreto penale, il che rende ancor più anomalo questo sedicente certificato.
Un’ultima precisazione. Con i rilievi sul sedicente “certificato” non intendiamo in alcun modo mettere in dubbio che Dino Boffo sia stato condannato per la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p.. Egli stesso, con le sue dichiarazioni, ne ha fornito implicita conferma. Ed è innegabile che, se davvero dietro la condanna ci dovessero essere i fatti di cui si vocifera, si tratterebbe, per Boffo e per chi ne era a conoscenza ed aveva voce in capitolo, di una circostanza imbarazzante.
Ciò che intendiamo sottolineare, invece, è che – a parte il metodo a dir poco preoccupante, relativamente al quale condividiamo la definizione datane da eminenti esponenti dell’episcopato – i documenti utilizzati per divulgare la notizia del precedente a carico del direttore dell’Avvenire sono una lettera anonima ed un fantomatico certificato che portano appresso, intatto, il lezzo dell’ambiente nel quale sono stati forgiati.
Per Giovanni delle 23.21.
Dall'anno 2000 è stato eliminato il beneficio collegato al procedimento per decreto consistente nella non menzione del decreto nel certificato penale.
Come spiegare allora questa intestazione?
Scusate ma se uno fa una ricerca su google "procura cancelliere" trova sfilze di risultati sui siti di varie procure italiane in cui sono menzionati svariati cancellieri che dirigono uffici, segreterie e quant'altro c'è in un tribunale. (Es.: http://www.procura.ravenna.it/page.php?19 )
Poi non capisco, nel penultimo commento dite che il certificato:
"non dovrebbe riportare le condanne inflitte con decreto penale."
Poi nell'ultimo invece dite:
"Dall'anno 2000 è stato eliminato il beneficio collegato al procedimento per decreto consistente nella non menzione del decreto nel certificato penale"
Ma quindi ci dev'essere o no, questa condanna per decreto penale nel certificato? Mi pare vi stiate contraddicendo da soli. Oppure non capisco io, e parlate di due certificati diversi?
Per l'anonimo delle 11.33.
I cancellieri in servizio presso le Procure della Repubblica si chiamano "segretari".
La contraddizione circa la menzionabilità del decreto nel certificato discedne da un difetto di coordinamento tra la disposizione codicistica (art.460 cpp) modificata nel 2000 proprio nel senso di escludere il beneficio della non menzione nel procedimento per decreto ed il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti introdotto con D.P.R. n. 313 del 2002, art. 24 e 25 lett. e)che ancora includono il decreto tra i provvedimenti che non debbono menzionarsi nel certificato richiesto da privati.
Perchè Boffo si dimette se è così sicuro del suo? Bah!
Una mia lettera a Boffo:
http://www.moschebianche.it/2009/09/02/lettera-a-boffo/
Ce la possiamo fare se lo vogliamo
Teresa Sarti non c’è più, o meglio il suo corpo, spazzato via da un male che l'ha aggredito due anni fa, non c’è più, perché nulla, davvero nulla potrà mai cancellare la sua bellezza dolce, rassicurante e forte.
L’ho conosciuta tanti, tanti anni fa, quando Emergency che aveva fondato, di cui era Presidente, per dare forza all’impegno di suo marito, Gino Strada, per alleviare il dolore di bimbi, madri, padri, dilaniati dalle bombe in ogni angolo del mondo, era un piccolo ufficio in V.Bagutta a Milano. Ed io, che allora lavoravo a Epoca, ero andata a trovarla per raccontare la campagna “antimine” che Emergency aveva ideato per raccogliere fondi a favore dei mutilati dalle potenti e silenti mine che strappavano gambe, braccia e le facevano volare in aria come fossero coriandoli, di chiunque camminasse sui terreni dove le mine erano rimaste inesplose.
I suoi folti e ricci capelli rossi, la sua voce dolce, la sua gestualità misurata mi conquistarono immediatamente. Capì che a muovere ogni sua parola, ogni suo gesto, era la passione. Una passione contagiosa. Capì, ancor più di quanto credessi, che non tutte le donne sono “grandi” in quanto donne. No, sono grandi le donne che, come Teresa, rifuggono i riflettori e cercano il cuore per parlare, per farsi capire, per urlare indignazione, per esigere rispetto. Che non hanno bisogno di apparire per contagiare la loro grandezza perché la loro grandezza la senti a pelle, la leggi nei loro occhi, occhi che accolgono. Ci credeva davvero Teresa in tutto ciò che faceva, sostenuta dalla condivisione e dall’amore del suo uomo. Un amore che viveva e si rafforzava nella lontananza perché si nutriva di ideali autentici, di quella coerenza di cui abbiamo bisogno come il pane. Sapere che lei c’era mi dava forza. Così come mi davano forza quelle parole con cui, quando ci sentivamo, chiudeva la telefonata: “ce la possiamo fare se lo vogliamo davvero”.
Ce la possiamo fare a rendere più giusto questo Mondo, più uguale questo Mondo, più umano e delicato questo Mondo. Sì, Teresa, ce la possiamo fare. Anche grazie al tuo esempio, Teresa.
Articolo scritto da Sandra Amurri tratto da L'Antefatto,
L'aspetto più rilevante del caso Feltri-Boffo,a mio parere, è dato dall'atteggiamento assunto dalla Chiesa. Premesso che il comportamento per cui risulta condannato il Boffo,E' INDIFENDIBILE, in quanto ripugnante atto di violenza morale su terzi,persona estranea ai "fatti amorosi" per cui si argomenta,PENALMENTE RILEVANTE,mai paragonabile ad altri comportamenti relativi la sfera sessuale,ancorchè disdicevoli sotto il profilo etico-morale,privi di contenuti penali o di violenze contro terzi. Comportamento peraltro oggi severamente punito,e ove fosse stata accertata la finalità,ovvero a costringere una persona ad azioni contro la propria volontà,idoneo ad integrare il più grave reato di cui all'art. 610 c.p.,
Va detto che la Chiesa non ignora che una difesa ad oltranza,in forma brutale, di tale comportamento la espone a gravissime e motivate censure da parte di chi ragiona obbiettivamente. Tuttavia ha ritenuto tale difesa, assai poco conveniente ,necessaria al fine di stroncare sul nacsere un pericolo molto serio,ovvero la libera valutazione di circostanze ad essa sfavorevoli. Con tale atteggiamento la Chiesa ha voluto ricordare a chi di dovere, di quale enorme potere dispone e soprattutto che è intenzionata ad usarlo. Prova ne è che, immediatamente il Presidente del Consiglio dei ministri si è affrettato a precisare che egli non era a conoscenza di quanto stava per essere pubblicato.Affermazione ancorchè veritiera,inverosimile, secondo la logica comune.
L'USO ABNORME DI UN POTERE ABNORME E SMISURATO, E' IL VERO PROBLEMA!
In quanto causa primaria dell'igiustizia.
Ormai siamo consapevoli che le grosse lobbies di potere ci informano per disinformarci, ovvero per imporre solo la loro verità.Una serie di interventi ben orchestrati, ed ecco sparire o, al contrario, affermare la credibilità di una persona.Costoro, però, non sono responsabili in toto delle menzogne che ci propinano: siamo noi stessi che talvolta ci lasciamo condizionare, perchè privi di strumenti interpretativi o di capacità di reazione.
L'aver imparato a leggere e a scrivere per fortuna ci dà la possibilità di leggere e scrivere cose buone, utili per noi stessi e gli altri, per costruire un domani migliore e distruggere chi ci disinforma.
I regimi totalitari, negazione della crescita democratica e libera, negazione della libertà, della civiltà stessa, fondano il loro potere proprio sulla confusione legislativa. Non è questo che sta succedendo anche da noi?
Rosa Grazia Arcifa
Pavia
Per Anonimo delle 11.33 del 2 settembre e per Giovanni delle 23.21 dell’1 settembre.
Nel ringraziare i frequentatori del blog per gli appunti che ci muovono e gli spunti che ci offrono, facciamo presente che abbiamo approfondito l’argomento circa la (non) menzione dei decreti penali nei certificati del casellario spediti su richiesta dell’interessato.
La conclusione, supportata anche da quanto risulta dai lavori preparatori, è che sia il certificato generale che il certificato penale richiesti dall’interessato non devono riportare le condanne inflitte con decreto penale (DP).
Incidentalmente, come già segnalato nel commento delle 10.53 del 2 settembre, ribadiamo che ciò rende ancor più anomalo il sedicente “certificato generale del casellario giudiziale” pubblicato da “il Giornale” perché, con quella denominazione, esso non avrebbe dovuto far menzione del DP.
La vicenda normativa della menzione dei decreti penali nei certificati del casellario richiesti dagli interessati è piuttosto aggrovigliata...
In sintesi, è accaduto questo:
- l’originario art. 460 c.p.p. prevedeva che, tra l’altro, nell’emettere il decreto penale, il giudice “concede la non menzione della condanna nel certificato penale spedito a richiesta di privati”;
- beninteso, si trattava di una scelta discrezionale, con la conseguenza che il giudice poteva non concedere la non menzione; in sostanza, il “concede” era interpretato nel senso di “può concedere” alla stessa stregua di come ancora oggi si intende l’analoga espressione, sempre contenuta nell’art. 460 c.p.p., “concede la sospensione condizionale della pena”;
- dei certificati del casellario giudiziale si occupavano originariamente gli artt. 688 e 689 c.p.p. (ora abrogati dall’art. 52 del d.P.R. 313/02 – T.U. casellario). L’art. 689, che si occupava dei certificati spediti su richiesta privata, prevedeva originariamente che in essi non si facesse menzione di alcuni provvedimenti, tra cui c’erano, per esempio, le sentenze previste dall’art. 445 c.p.p. (applicazione pena, c.d. “patteggiamento”) ma non c’erano i decreti penali;
- la menzione di questi ultimi nei certificati spediti su richiesta privata, dunque, dipendeva da ciò che era stato deciso con il decreto penale: se era stata concessa la non menzione, il certificato non avrebbe contenuto l’indicazione della condanna, altrimenti l’avrebbe contenuta;
- l’art. 37 della legge n. 479/99 (c.d. legge Carotti), modificando l’art. 689 c.p.p., stabilì che tra le iscrizioni nei certificati del casellario spediti su richiesta dell’interessato non fossero menzionate le condanne inflitte con decreto penale ma, per via di un emendamento dell’ultimo minuto approvato senza particolare riflessione, restò inserita nell’art. 460 comma 2 la previsione secondo cui il giudice concede la “non menzione della condanna nel certificato penale spedito a richiesta di privati”;
- quest’ultima norma, però, finiva evidentemente con l’essere assolutamente superflua ed inutile, atteso che, con la modifica dell’art. 689 c.p.p., la non menzione dei decreti penali nei certificati del casellario spediti ai privati era divenuta regola generale ed automatica;
- l’art. 2 decies del d.l. n. 82/00 convertito nella legge 144/00, con l’intento (espressamente manifestato nel corso dei lavori preparatori) di eliminare questa incongruenza, ha soppresso nell’art. 460 c.p.p. il riferimento alla “non menzione della condanna nel certificato penale spedito a richiesta di privati”;
- in questo modo restava la previsione della non menzione delle condanne inflitte con decreto penale, come regola generale, nell’art. 689 c.p.p.;
- quest’ultimo, infine, è stato trasfuso nel T.U. emanato con il d.P.R. n. 313/02 (artt. 24 e 25).
Quanto alla scelta di Dino Boffo di non richiedere l’oblazione, l’idea che l’abbia fatto per la “fretta di chiudere la questione” ci sembra molto molto debole. Si trattava di potere evitare una condanna – particolarmente per lui – molto grave e che – come puntualmente si è verificato – avrebbe potuto recargli molto molto disagio.
In merito alla possibilità di ottenere l’estinzione del reato dopo cinque anni dalla condanna e di essere riabilitato, ci permettiamo di osservare che non è la stessa cosa. Un conto, infatti, è essere riabilitato; altro conto, invece, è essere incensurato. Pensiamo a quello che è successo. Pensate che la formale riabilitazione avrebbe potuto cambiare qualcosa?
Abbiamo già detto della questione relativa alla menzione della condanna nel certificato. Aggiungiamo solo che menzione o non menzione, la condanna resta mentre l’oblazione l’avrebbe evitata.
Quanto agli effetti civili, infine, non capiamo bene il ragionamento di Giovanni. Se uno viene condannato con decreto penale non è certo esonerato dall’obbligo di risarcimento. Un’eventuale richiesta di essere ammesso all’oblazione, rispetto ad una condanna con DP, non avrebbe aumentato di un grado i rischi di Boffo sul piano delle conseguenze civili della sua condotta.
In ogni caso, secondo le notizie a disposizione, Boffo avrebbe raggiunto un accordo con la vittima, risarcendola, anche a fronte della remissione di querela in relazione al reato di ingiuria. Ragion per cui, anche da questo punto di vista, non possono essere stati i timori delle conseguenze civili a distogliere dalla via dell’oblazione.
Per LA REDAZIONE 3 sett. 8.37.
I MISTERI delle vie giudiziarie sono infiniti. Bisognerebbe chiedere lumi allo stesso Boffo,sempre che lo sappia.
Nel 1974 ho chiesto, a brucia pelo, ad un avvocato, alla presenza del suo cliente,per quale motivo aveva deciso di spedirlo in galera. A fronte di un'indagine sommaria del PM,priva di elementi incriminanti ,aveva chiesto la formalizzazione dell'istruttoria.Era in vigore il c.p.p. Rocco. Spalancò gli occhi ,ma non rispose nulla, nemmeno una parola. Qualche anno dopo l'ho rivisto e in quell'occasione mi ha chiesto se ero soddisfatto per avere egli seguito le mie indicazioni. Di rimando gli ho chiesto se era soddisfatto lui per l'assoluzione in istruttoria del suo cliente,peraltro nipote di un importante avvocato ed rilevante politico.
Circa 10 anni fa un vecchio signore mi rappresentava la sua disperazione per un procedimento penale che si protraeva all'infinito con costi e dispiaceri elevati. Aveva con se il fascicolo e dopo una rapida occhiata, gli ho dato un foglio di carta e gli ho dettato una breve istanza all'Autorità giudiziaria competente , di immediato proscioglimento,in quanto si trattava di un caso di palese "Ne bis in idem". Lo rividi quasi subito , mi riferì che era stato immediatamente prosciolto. Ancora oggi quando mi incontra,mi esprime la sua infinita meraviglia ,non riesce a capire come era stato possibile risolvere quel caso in 10 minuti. Sono i misteri della giustizia.
sine verbis
non sono cattolica, non ho mai letto Avvenire, non sapevo chi fosse Boffo
tanto premesso
ma che sarà mai fare alcune telefonate ad un rivale in amore? è stato condannato, ha pagato, punto e fine ...cose che possono succedere a chiunque ed ogni giorno
e cosa importa se trattasi di relazione omosessuale o meno?
e come è possibile che a tutt'oggi qualcuno sia "attenzionato" dalla polizia quale omosessuale abituale?
tutti gli altri esseri umani sono "attenzionati" quali eterosessuali abituali?
ma la libertà cos'è in questo Paese?
mi fanno paura i moralisti...provano una forte attrazione, repressa, contro la trasgressione ...
e la tanto sbandierata privacy?
solidarietà a Boffo, e chi è senza peccato (magari anche soltanto perchè non è stato beccato!) scagli la prima pietra...
si sa che questo l'Italia è il Paese dei furbi, soltanto questi ultimi meritano plauso...
tutti, continuamente, teniamo comportamenti potenzialmente leggibili come fatti di reato
se ci fossero tempo e risorse per trattarli tutti ciascuno di noi avrebbe più di un precedente nel proprio casellario giudiziario...
rosa3361@virgilio.it
grazie per le delucidazioni.
Non mi aspettavo di trovare anche voi dietro a Feltri e Boffo, ma sono contento di questa "oasi" di approfondimento e chiarimento che avete messo su.
edoardo ammannati
Il giudicato penale, o principio del NE BIS IN IDEM, garantisce all’imputato già condannato o assolto con sentenza definitiva di non essere di nuovo processato per il medesimo fatto.
Manuale di approfondimento
Per Rosa
sine verbis
sono cattolica non ho mai letto Avvenire, non sapevo chi fosse Boffo
tanto premesso
telefonare ad un rivale in amore non è reato ma come dice Francesco Grasso” ripugnante atto di violenza morale su terzi, persona estranea ai "fatti amorosi" per cui si argomenta, PENALMENTE RILEVANTE, mai paragonabile ad altri comportamenti relativi la sfera sessuale, ancorchè disdicevoli sotto il profilo etico-morale, privi di contenuti penali o di violenze contro terzi”
non penso che nella quotidianità per ottenere un fine si debba ledere la libertà di un altro e c’è la legge che ci tutela
non interessa se Boffo sia omosessuale o meno questo spetta solo a lui ed è una stupidaggine che qualcuno sia "attenzionato" dalla polizia quale omosessuale abituale poiché la polizia ha smentito tale affermazione
la libertà cos'è in questo Paese? Spero quella di non essere oggetto di attenzioni da parte dei rivali in amore
Non si tratta di moralismo come si vuol far credere ma mi sembra che il portavoce dei vescovi italiani ancorchè omosessuale (sono fatti suoi finchè restano nella sua mente poiché se si esplicitano nella realtà la chiesa vieta con rigore i rapporti sessuali ai suoi uomini togati) non possa essere macchiato da nessuno dei peccati che la chiesa intende purificare con la confessione poiché in primis è uomo di Dio ( ovvero non può mentire), secondariamente non può sferrare attacchi ad alcuno (anche se condivisibili) soprattutto quando la macchia è dello stesso tipo di chi vuole attaccare.
e la tanto sbandierata privacy? Funziona a 360 gradi se vale per Boffo dovrebbe valere per tutti cosa che non è nella realtà soprattutto per chi non ha i mezzi per difendersi.
solidarietà a Boffo in quanto essere umano condanna in quanto uomo di chiesa
“e chi è senza peccato (magari anche soltanto perchè non è stato beccato!) scagli la prima pietra”...ecco in tal senso Boffo è stato beccato!!! Non può attaccare mediaticamente e poi difendersi dietro la toga
“tutti, continuamente, teniamo comportamenti potenzialmente leggibili come fatti di reato” non mi sembra proprio Rosa, ma se intende che a parità di comportamenti delittuosi solo una minoranza viene colpita da condanna ha ragione è assolutamente condivisibile
Grazie alla redazione che ha evidenziato che anche con gli strumenti si può incappare in consulenti incapaci cioè anche Boffo ha commesso un errore nel non fare opposizione e chiedere l’oblazione, con tutti i mezzi che ha a disposizione!
Eleonora
http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/post/2325824.html
Se quanto scritto nell'articolo linkato corrisponde a verità sarebbe ora che queste persone avessero la delicatezza di partire in qualche lontano paese e di restarci. Quel che mi terrorizza è la possibilità che a sostituirli arrivino coloro che parteciparono attivamente al linciaggio dei giudici onesti.
DOMANDA per la redazione:
In un articolo di ieri, Travaglio scrive che il certificato del casellario giudiziario (di Boffo) sarebbe accessibile solo allo stesso boffo e agli inquirenti.
E' vero?
grazie e comunque buon lavoro
e ammannati
Per Edoammo.
E' vero che nel certificato del casellario richiesto da privati non può esservi menzione del decreto penale di condanna.
Esso risulta solo in quello richiesto dall'autorità giudiziaria.
Fascism Anyone?
Laurence W. Britt
Free Inquiry magazine, Volume 23, Number 2.
(Abbreviated)
It is sometimes useful to restate facts and shed light on current circumstances. An analysis of Nazi Germany, Fascist Italy, Franco’s Spain, Salazar’s Portugal, Papadopoulos’s Greece, Pinochet’s Chile, and Suharto’s Indonesia, fascist or protofascist regimes that obtained, expanded, and maintained power, revealed 14 common threads .
1. Powerful and continuing expressions of nationalism, usually coupled with a suspicion of things foreign bordering on xenophobia.
2. Disdain for the importance of human rights because they were of little value and a hindrance to realizing the objectives of the ruling elite. The population was brought to accept these human rights abuses by marginalizing, even demonizing, targeted minorities.
3. Identification of enemies/scapegoats as a unifying cause by means of relentless propaganda and disinformation to divert the people’s attention from other problems, to shift blame for failures, and to channel frustration in controlled directions. Target scapegoats: communists, socialists, liberals, Jews, ethnic and racial minorities, traditional national enemies, members of other religions, secularists, homosexuals, and “terrorists” i.e. active opponents of regimes.
4. The supremacy of the military/avid militarism..
5. Rampant sexism. Male-dominated political elite and national culture with women viewed as second-class citizens. Regimes were adamantly anti-abortion and homophobic. Orthodox religion strongly supported these policies, thus lending the regime cover for its abuses.
6. A controlled mass media. Under some regimes, the mass media were under strict direct control. Subtler methods: control of licensing, access to resources, economic pressure, appeals to patriotism, and implied threats. Mass media leaders were often politically compatible with the power elite. The general public were usually unaware of regimes’ excesses.
7. Obsession with national security. Protecting national security, was usually a reason for oppression. Questioning activities was unpatriotic or even treasonous.
8. Religion and ruling elite tied together. Most regimes portrayed themselves as militant defenders of the predominant religion even though the ruling elite’s behavior was incompatible with religious precepts. Opposing the power elite was perceived as an attack on religion.
9. Power of corporations protected. Although the personal life of ordinary citizens was under strict control, large corporations operated in relative freedom. The corporate structure was an additional means of social control. Members of the economic elite were often pampered by the political elite to ensure a continued mutuality of interests, especially in the repression of “have-not” citizens.
10. Power of labor suppressed or eliminated because organized labor was a power center that could challenge political hegemony . The poor formed an underclass, viewed with suspicion or outright contempt. Under some regimes, being poor was considered akin to a vice.
11. Disdain and suppression of intellectuals and the arts. Intellectual and academic freedom were considered subversive to national security and the patriotic ideal. Universities were tightly controlled; politically unreliable faculty harassed or eliminated. Unorthodox ideas or expressions of dissent were strongly attacked, silenced, or crushed.
12. Obsession with crime and punishment. Most regimes maintained huge prison populations. “Normal” and political crime were often merged into trumped-up criminal charges and used against political opponents.
13. Rampant cronyism and corruption. Those in business circles and close to the power elite used their position to enrich themselves. Financial gifts and property in exchange for government favoritism.
14. Fraudulent elections. Elections with candidates were usually perverted by the power elite to get desired result.
Vado un po' OT... anche nel merito.
A me pare che questo sia un problemino appena un po' più urgente di quello di Boffo.
IL MARE E L’ODISSEA DEL DIRITTO
Da quando la DC non è più la stella polare di questo paese, i fedeli cattolici cominciano, anche ufficialmente, a pestare i calli del potere e qualcuno di loro finisce per farne le spese: il capro.
Ora, fatte salve le ragioni e i diritti (di Boffo come di qualsiasi altro cittadino) voglio dire qualcosa in merito al patteggiamento della pena, alla condizionale e anche sulla tanto famosa cauzione di stampo americano (ad esempio della condizionale non ho mai capito il significato profondo: uno sconto per nuovi clienti allo scopo di fidelizzarli?!). Io credo che siano dei sistemi molto poco etici, che non mirano al risultato, anche se alcuni sono certamente redditizi sotto l'aspetto economico. Il fatto è che il profitto di una società civile dovrebbe essere la sua crescita culturale e morale, l'idea che chi sbaglia possa redimere il proprio errore pagando o patteggiando, è altamente diseducativa. Secondo me la pena dovrebbe avere un prezzo in ordine al riscatto morale che il reato stesso richiede. L'impegno civico coatto per alcuni (non pochi) ordini di reato sarebbe la cosa migliore. Questo avrebbe dovuto patteggiare Boffo, nessuno avrebbe potuto più recriminare sul suo errore pregresso se l'espiazione fosse passata attraverso l'impegno civico. A faccia aperta avrebbe pagato rendendosi utile e il debito si sarebbe estinto con il riscatto. Mentre, queste forme di accordo, almeno in un paese come il nostro (moralista e bigotto a targhe alterne) alimentano l'ambiguità e spesso si rivelano delle armi affilatissime e sempre pronte all'occorrenza. Ad esempio: se hai patteggiato vuol dire che sei colpevole (mentre qualsiasi avvocato potrebbe dirci che non necessariamente è così, magari semplicemente non hai la possibilità di dimostrare che sei innocente) e se, ancora meglio, ti accordi aprendo il portafoglio il senso implicito del messaggio che lo stato manda ai suoi cittadini come vogliamo chiamarlo:
corruzione legale? pizzo giudiziario?
In questo caso specifico ritrovo l'annoso dilemma:
guardo il dito, la luna o c'è una terza via?!
I motivi di chi punta il suo giudizio in modo così fiero, ad esempio, sono una bella domanda, forse la più interessante.
Cioè:
perché Feltri (puro strumento servile) si è scagliato contro Boffo (il peccatore)?
Mica vogliamo credere che l'ha fatto per motivi di etica!!
Un'altra domanda. Sui giornali leggo che Boffo "non intende autorizzare il tribunale di Terni a pubblicare l’intero fascicolo processuale. Il suo avvocato, in effetti, ha chiesto che quelle carte restino blindate. Come si sa, un magistrato esigeva il rispetto della legge, che stabilisce che la documentazione sia resa nota, ma un suo collega si è opposto per la reputazione del «condannato».
Allora: è possibile domandare l'accesso a una sentenza, così come si accede a qualunque atto amministrativo? Come si spiega che la condanna di Boffo sia stata 'secretata'? Il provvedimento del GIP di Terni è la regola, o l'eccezione? E se sì, è un'eccezione giustificata e legittima?
Grazie di un chiarimento.
nel frattempo, su Boffo, c'è qualcuno che ha le idee certamente più chiare di me e vale proprio la pena leggerle, senza lasciare che le provocazioni o le divergenze possano fuorviare il nostro senso critico. La sostanza è ciò che conta...
IL COMPLOTTO DEGLI IDIOTI
a Gramellini, 4/09/09 16.11 “La sinistra di Venere”....Segnali allarmanti... forieri di ... ? Mah! Gramellini non l'ha pubblicato: forse non gli è piaciuta la parola “ciurma”, o ha paura di remare contro il padrone (una volta delle “ferriere” , ora...) della/e stampa/e
“bugiarda/e? O per certe allusioni... che lui tanto gradiva e usava... sino al giorno prima della grande “ab-Boff... ata”?. In attesa che si stabiliscano nuovi equilibri “mediati-ci” beffardi gestiti dal maestro della diplomazia alla crostata, senza D'Alema, stavolta, in preda alle sue scosse? Certo che se Barnard non è un visionario, le prospettive sono inqiuetanti.-----
Quelli che ora con una ciurma “s-Lega-ta”govenano navigando a vista e a tutta b(a)irra, spinti da “vel...ine” gonfiate d'aria fritta (più “leggera”) devono temere che il vento cambi direzione? Non mi pare, e continuano a ingurgitare e rigurgitare di tutto finché non saranno messi (o costretti) a diete-light, ormai le vacche (il popolo bue) sono smunte e il latte (della Via Lattea? Citata da Gram), come "l'estate sta finendo". Al massimo potrà prolungarsi con un autunno caldo! O possono star tranquilli che né prima "Veltr...usconi", né dopo san Franceschini e né chi li sostituirà - magari il candido e bravo I. Marino? - sarà(nno) in grado di "stivarli"? Aspettano un ammutinamento del ... Bounty? dove il C.te B [di Bligh o B di Brando, nel film)] fu lasciato alla deriva ... venne aperta un‘inchiesta(?) ... assolto dalla corte (?) marziale poi continuò la sua fortunata carriera navale ... ostacolata solo dal suo temperamento poco tollerante (?). Fu in seguito nominato governatore del Nuovo (Galles del) Sud, dove dovette subire la c. d. Rum Rebellion... fu pescato sotto un letto...ne (?) e deposto. 200 anni fa.
Ogni riferimento a fatti e persona/e è puramente casuale. Non si sa mai,visto la burrasca che tira! (a Gramellini, 4/09/09 16.11 “La sinistra di Venere”)
Vogliamo parlare di un giornalista, direttore di testata web vero, preparato, serio e seriamente in pericolo
2 LUGLIO 2009 - MAFIA: ATTENTATO INCENDIARIO AL DIRETTORE DI TERRA NOSTRA
Dopo una minaccia di morte di stampo mafioso, alle 00.45 del 2 luglio un attentato incendiario ha distrutto l’automobile (non assicurata contro gli incendi) del direttore di Terra Nostra. Il giornalista Gianni Lannes si batte da anni per la legalità e la giustizia, contro le mafie d’ogni latitudine. Si teme per la sua vita. Stamani il deputato Leoluca Orlando ha sollecitato il Governo ed il prefetto di Foggia, Nunziante, ad assicurare protezione al temerario cronista. Lo stesso Orlando ha presentato sul caso un’interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro dell’Interno.
Fonte: TERRA NOSTRA, giornale online
23 LUGLIO 2009 - NUOVO ATTENTATO AL DIRETTORE DI TERRA NOSTRA
...giovedi 23 luglio, alcuni malintenzionati hanno pedinato per tutta la giornata il direttore di Terra Nostra. I freni della sua auto sono stati sabotati nottetempo da ignoti.
Perché? Cos’è in gioco?
Quali potrebbero essere i moventi alla base delle minacce di morte nei confronti di quest'uomo?
Proviamo ad elencare quelli più verosimili legati al suo lavoro di giornalista e direttore.
Dunque:
1) Ecomafie (inchieste per il quotidiano La Stampa, ottobre 2008);
2) Immigrati desaparecidos (La Stampa, novembre 2008);
3) Nato: colpito e affondato (La Stampa, 4 novembre 2008);
4) Perforazioni idrocarburi in Adriatico (La Stampa, autunno 2008);
5) Terremoto in Abruzzo (La Stampa e L’unità, aprile 2009);
6) Mafie di Stato (Terra Nostra, giugno 2009);
7 ) Inceneritori in Puglia (Terra Nostra, giugno-luglio 2009);
8) Eni: crimini ambientali (inchiesta in corso);
9) Nato: genocidi umanitari (inchiesta in corso).
10) Echelon: il grande fratello militare (inchiesta in corso).
Berlusconi e Maroni quando risponderanno all’interrogazione di Orlando?
Questo giornalista è un uomo molto coraggioso ...e molto in pericolo!
Teniamo alta l'attenzione su di lui, sulle sue inchieste e sul suo giornale web, sono sempre le persone meno in vista quelle più in pericolo.
Ho avuto l'opportunità e l'onore di conoscere Gianni Lannes il giorno dopo l'attentato del 2 luglio ad una conferenza organizzata da una nostra blogger a Roma, con Genchi relatore affiancato da lui che, senza battere ciglio, ha portato la sua preziosa testimonianza, nonostante l'intimidazione appena ricevuta. Lì ho fatto una scoperta, mentre sapevo tutto della vicenda Genchi, ero completamente allo scuro del lavoro insostituibile e del volto fiero di un giornalista di prima linea come Lannes.
Per chi non lo conosce, metto in coda una stralcio di conferenza che ha condotto di recente
Bari : ItaliaTerraNostra - Gianni Lannes
sosteniamo
www.italiaterranostra.it
Grazie
A Barbara Malipiero delle ore 12,00 del 6 settembre.
In linea di massima il controllo democratico sull'esercizio della giurisdizione si realizza attraverso la pubblicità dell'udienza.
Certe volte, tuttavia, l'udienza o non c'è (come nel caso del decreto penale di condanna non opposto) o non è pubblica (patteggiamento, rito abbreviato); questo avviene solo se vi è il consenso dell'imputato manifestato attraverso la scelta di un rito alternativo.
L'accesso agli atti di un processo, dopo che esso è terminato, è regolato dal criterio dell'"interesse" giuridicamente protetto: non basta la mera curiosità (tanto meno la morbosità) per ottenerne copia, ma occorre esporre l'impiego che se ne intende fare.
Se l'uso è lecito e risponde ad una esigenza apprezzabile (nel senso di prevista dalla legge) nessun ostacolo si frappone alla "pubblicità differita" del processo.
Grazie della spiegazione, cara redazione. Ma vedete bene che non sta proprio in piedi. Perché, forse quella gente che fa la fila ai processi importanti è davvero mossa dal nobile intento di esercitare il “controllo democratico”, o non piuttosto da curiosità spesso morbosa?
In America si può ottenere, in base al Freedom of Information Act (FOIA), copia di qualunque documento pubblico e nessuno ha il diritto di sindacare il perché o il percome.
Il controllo democratico non sta nella bontà dei motivi delle persone, ma nella trasparenza che chiunque esercita funzioni di governo deve garantire. E una libertà è tale in quanto il suo esercizio è insindacabile dal potere. Da noi invece un diritto è stato degradato ad “interesse” sulla cui meritevolezza qualcuno, paternalisticamente, sovrintende, in nome dell’idea che un cittadino è un eterno minorenne che deve essere tenuto a bada. Ma andiamo! In Italia i processi vengono trasmessi in televisione (cosa vietatissima nelle democrazie avanzate), le intercettazioni spiattellate sui giornali (cosa inaudita nelle democrazie occidentali, checché ne dica Travaglio), ed oggi, invece, proprio sul caso Boffo, qualcuno si sveglia e scopre quanto sono delicati e sensibili gli atti giudiziari? A me sembra che il sig. Boffo, dipinto come vittima di gossip e malignità - eppure inoppugnabilmente condannato in via definitiva - abbia avuto dalla magistratura un trattamento di favore rispetto a tanti sbattuti in prima pagina ed esposti al pubblico ludibrio già prima del processo.
E mi domando, come cittadina, il perché di tutto questo. Consapevole che non avrò risposta. Alla faccia della trasparenza e del… “controllo democratico”!
Cara Barbara, non scambi la redazione per il legislatore.
Lei ha fatto una domanda, noi Le abbiamo risposto in base alle nostre conoscenze giuridiche.
Deve sapere, inoltre, che nessun trattamento di favore può scorgersi in una condanna emessa per decreto; è la prassi per i fatti meno gravi.
L'imputato può evitare la pubblicità del dibattimento (e quindi non far sapere i fatti suoi agli altri) non opponendosi al decreto o chiedendo un altro rito alternativo che prescinda dall'udienza pubblica.
Tutto qui.
A Barbara Malipiero
Lei scrive:"[...] le intercettazioni spiattellate sui giornali (cosa inaudita nelle democrazie occidentali, checché ne dica Travaglio)[...]"
A questo link un estratto della puntata del David Letterman Late Show in cui l'allora governatore dell'Illinois Rod Blagojevich ,accusato di corruzione, viene letteralmente fatto a pezzi da Letterman.
In questa puntata,andata in diretta il 3 Febbraio del 2009, può ascoltare più di un'intercettazione tra Blagojevich e altre persone.
In lingua originale:
1
http://www.youtube.com/watch?gl=IT&hl=it&v=0qQSnce8eGQ
2
http://www.youtube.com/watch?v=ocG_G--uVSk&feature=related
3
http://www.youtube.com/watch?v=q6gC7FqVefk&feature=related
4
http://www.youtube.com/watch?v=gbt3IbRgZeA&feature=related
Versione tradotta in Italiano:
1
http://www.youtube.com/watch?v=Mr-ewopAwWU
2
http://www.youtube.com/watch?v=jVK6zPZfDJk&feature=related
3
http://www.youtube.com/watch?v=TazZq5Sv9HE&feature=related
Cordialmente
P.F.
@ Pierluigi Fauzia
Delle democrazie occidentali è meglio prendere i buoni esempi, non i cattivi.
Questo articolo, sembra non pertinente, ma leggendolo, pazientemente, fino in fondo...
L' intervento del Dr. Gioacchino Genchi in via D' Amelio, il 19 luglio 2009
Stefano
Genova
Lettera alle forze dell'ordine regionali (formato PDF)
del presidente del tribunale dei minorenni di Genova Adriano Sansa
Egregia Barbara Malipiero
Delle "democrazie occidentali" bisogna prendere in considerazione tutti gli aspetti e non solo quelli che ci fanno comodo.
P.F.
@ Fauzia
Caro studente, credo che la voglia di avere sempre l'ultima parola offuschi il giudizio. Qui non si tratta di riprendere "esempi che fanno comodo", ma "buoni esempi". Dall'America non vorrei riprendere Guantanamo, per dire.
E confermo che mentre la riservatezza dell'imputato è sacra (il nome in Inghilterra non può essere pubblicato, nè si possono èportare fotocamere in aula, nè tantomeno pubblicare intercettazioni senza rilevanza penale) è massima la pubblicità e trasparenza delle sentenze in giudicato.
Da noi evidentemente accade il contrario.
Eppur si muove!
«Inaccettabili le accuse ai Pm che indagano sui fatti del '92-94»
Per Barbara Malipiero.
Gentile Signora,
perchè le discussioni possano essere costruttive sono necessarie due cose:
1. il rispetto di un metodo (quello che si vuole, ma da rispettarsi);
2. l’esatta percezione della realtà delle cose di cui si parla.
La mia risposta si articola su tre punti, che, per esigenze di spazio (il sistema non accetta commenti più lunghi di 4.096 caratteri), dividerò in tre commenti.
PRIMO.
Lei ha scritto:
“Ma andiamo! In Italia i processi vengono trasmessi in televisione (cosa vietatissima nelle democrazie avanzate), le intercettazioni spiattellate sui giornali (COSA INAUDITA NELLE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI, checché ne dica Travaglio)”
Come Le ha spiegato Pierluigi Fauzia, ciò che Lei ha scritto è semplicemente falso.
Nelle democrazie occidentali le intercettazioni (nei termini e limiti di cui dirò appresso) finiscono regolarmente e doverosamente sui giornali (se cerca fra i tanti post di questo blog, troverà un sacco di riferimenti a fatti del genere).
Il tema da Lei posto non era cosa prendere dalle altre democrazie, ma se nelle altre democrazie occidentali le intercettazioni finiscano o no sui giornali. E sul tema da Lei posto ciò che Lei ha scritto non è vero. Punto. Parlare di cosa prendere e cosa no significa cambiare tema e “fare ammuino”.
Questo è ciò a cui mi riferivo quando parlavo di rispetto del metodo.
(… continua …)
(… continua …)
SECONDO.
Lei usa in maniera del tutto impropria la parola “sentenza” e mostra di non conoscere per nulla il processo penale.
Questo è del tutto legittimo e non lo sottolineo per fargliene alcun biasimo.
Ciò che però è metodologicamente inaccettabile e che Lei, pur dando l’impressione di non sapere nulla di come funziona un processo penale, usi un tono supponente.
Il “decreto penale di condanna” NON E’ una sentenza (è, appunto, un “decreto”).
Non ha alcuna motivazione.
Non spiega in alcun modo né i fatti né le ragioni di una ipotetica condanna.
La logica del decreto penale è la seguente (come già spiegatoLe invano dalla Redazione).
Nei casi in cui i reati oggetto del procedimento sono di scarsa gravità (l’esempio del caso Boffo è quello di una molestia telefonica) allo Stato costerebbe moltissimo fare un processo vero e proprio.
Dunque, “propone” all’indagato una sorta di accordo: io ti infliggo una sanzione pecuniaria; tu valuta se ti conviene pagarla o fare opposizione.
Se paghi, tutto finisce lì. Non citiamo neppure il decreto nel certificato penale (tranne quelli fatti a uso e consumo del Presidente Berlusconi e dei suoi giornali). Se, invece, fai opposizione, ti faremo un regolare processo.
Ognuno può capire, dunque, quanto numerose siano le variabili che ciascuno può valutare per decidere se pagare o fare opposizione. E proprio per questo pagare e non fare opposizione non significa essere colpevoli.
Tanto per dirne una: pagare è costato a Boffo 516 euri; opporre sarebbe costato un salato onorario di avvocato.
A me qualche anno fa la parte di un processo mi ha citato in un giudizio civile pretendendo che le pagassi dei danni.
Avevo ragione da vendere.
Ma la parte - furbamente - chiedeva poche centinaia di euri, sperando che io accettasi di pagarli.
Ovviamente, facendo io il magistrato, non potevo “cedere” e ho resistito in giudizio.
Ho vinto la causa, com’era giusto che fosse, ma ho speso di avvocato molto di più di quello che pretendeva la parte che mi ha citato.
Se non fossi stato un magistrato, avrei pagato quei quattro soldi pur di togliermi la rogna e non pensarci più.
(… continua …)
(… continua …)
TERZO.
E questo è il terzo punto della storia. Quello DECISIVO.
L’onore di tutti è protetto dalla Costituzione.
Ma la Costituzione sancisce e difende anche il diritto all’informazione e lo considera prevalente.
Dunque, i cittadini hanno diritto a sapere tutto ciò che integra il loro “diritto” di essere informati e SOLO IN QUESTI TERMINI hanno diritto a che sia leso l’onore delle persone.
Le spiego meglio.
Se Lei dice pubblicamente al salumiere sotto casa sua che è un ladro condannato per furto, commette una diffamazione e verrò condannata per questo. E non avrà neppure il diritto alla cosiddetta exceptio veritatis (trova la norma nell’art. 596 c.p.). Ossia, verrà condannata anche se è vero che il salumiere è un ladro condannato per furto.
E ciò perchè non c’è un interesse collettivo a conoscere la fedina penale di un salumiere qualunque, sicché l’onore del salumiere è e resta protetto totalmente.
Se Lei, invece, dice pubblicamente a un senatore che è un ladro condannato per furto, se questo è vero, Lei non sarà condannata, perchè avrà la cosiddetta exceptio veritatis di cui al citato art. 596 c.p. e perchè esiste un interesse pubblico a conoscere vita morte e miracoli di un senatore della Repubblica.
Questo è il discrimine.
Se io assumo cariche pubbliche (tanto per dirne una, Presidente del Consiglio), i cittadini avranno DIRITTO a sapere tutto di me.
Se io, invece, non assumo cariche e poteri pubblici (per dirne due, se resto salumiere o direttore di giornale), i cittadini NON avranno diritto a sapere i fatti miei.
Immagini un professore di liceo sposato, che si separi da sua moglie.
Immagini cosa viene accertato e documentato in un processo di separazione.
Secondo Lei gli studenti di quel professore hanno diritto a sapere che sua moglie è una donna di facili costumi? Che uno dei figli è psicopatico? Che lo stesso professore, quando era ragazzo, venti anni prima, due volte ha fatto uso di hascish?
Posso, imitando Totò, cortesemente dirLe, con riferimento al tono da Lei usato nell’affermare categoricamente cose abbastanza insensate, “ma mi faccia il piacere”?
Una volta hanno chiesto a George Clooney, notoriamente impegnato in tante battaglie politico sociali, perchè non si candidi a qualche carica pubblica. Ha risposto: “Ho frequentato troppe donne e assunto troppe sostanze per potermi permettere che tutto questo diventi di dominio pubblico”.
La storia è tutta qui.
Nessuno obbliga nessuno ad assumere cariche pubbliche esercitando poteri pubblici nell’asserito interesse dei cittadini.
Se uno sceglie di farlo, deve rassegnarsi al fatto che è diritto dei cittadini sapere se si procura mignotte con metodi che possono avere rilievo pubblico.
Come Le ha spiegato la Redazione, non solo non c’è nulla di strano, ma è proprio sacrosanto che gli atti processuali vengano resi pubblici solo con il permesso degli interessati o in presenza di un interesse legittimo a conoscerli.
Altrimenti sarebbe un inferno.
Io non potrei andare in ospedale a farmi curare per una malattia venerea, perchè poi mia moglie potrebbe produrre la cartella clinica nel nostro processo di separazione (preciso che io sono sposato felicemente e non ho all’orizzonte alcuna separazione) e gli atti del nostro processo, comprese le cose che ho detto al mio medico per farmi curare, finire sul tavolo del mio datore di lavoro o dei miei amici o del portiere di casa mia.
Spero che la mia risposta possa aiutarLa ad avere più chiari i principi costituzionali in gioco e a evitare di dire con tono troppo categorico cose troppo sbagliate.
Un caro saluto.
Felice Lima
Dimenticavo !!
Questa gente (finta di destra o finta di sinistra è irrilevante) che occupa il potere e dà luogo al regime nel quale siamo imbroglia il popolo in mille modi.
Uno di questi è pignucolare dicendo che bisogna smetterla con il mettere in piazza i fatti privati delle persone.
In realtà, fino al caso Boffo, in piazza non ci finivano i fatti privati delle persone private, ma i fatti che avevano e hanno attinenza alla "gestione" di poteri pubblici.
In una democrazia, è tanto doveroso che restino privati i fatti privati quanto che diventino pubblici i fatti pubblici.
Il controllo democratico presuppone l'informazione.
Chi esercita poteri pubblici NON ha diritto a che si nascondano i fatti della sua vita che possono essere di rilievo pubblico.
La pretesa di decidere cosa si pubblica e cosa no con riferimento al "potere" è una pretesa banalmente e orribilmente fascista e/o stalinista.
Felice Lima
Carissimi lettori del blog,
a costo di sembrare presuntuosa (figura che certamente non mi è consona per chi di voi mi conosce) vorrei aggiungere un commento personale a quanto detto fino ad ora.
1) Non credo che ci sia qualcuno tra noi che si possa ergere a giudice in merito ad una persona o ad un fatto per il semplice motivo di averne preso conoscenza da un giornale.
2) Prima di permettersi di difendere o accusare qualcuno credo sia necessaria una conoscenza vera, profonda e inconfutabile della persona o del fatto stesso.
3) Non credo che questo blog (mi corregga gentilmente la redazione se sbaglio) abbia mai pubblicato pezzi con lo scopo di manipolare l'opinione pubblica (come invece fanno i giornali) o farci credere cose per altre. Credo si sia sempre e soltanto limitato a metterci a conoscenza di una verità
che spesso ci viene negata dai media con l'unico intento di farci riflettere e farci confrontare serenamente e in modo costruttivo (non distruttivo come ultimamente purtroppo a volte accade) su temi di rilevante importanza per il benessere nostro e di tutta la collettività.
Detto tutto ciò, credo che ognuno
di noi abbia diritto alla propria opinione, purchè espressa in modo cordiale, sereno e non polemico.
Nessuno di noi ha invece il diritto di giudicare fatti o persone fintanto che realtà e verità assoluta non saranno messe a nostra disposizione.
Invito pertanto certe persone ad abbassare i toni (non me ne voglia la redazione se mi intrometto così...) al fine di ritornare ad un confronto utile e significativo per tutti noi. Con la consapevolezza che non possiamo da soli cambiare il mondo, ma possiamo dimostrare di essere sopra le parti (qualsiasi sia il colore politico di ciasuno di noi) e coerenti con i nostri ideali di giustizia uguale per tutti.
Cordiali saluti.
Stefania Tirelli - Reggio Emilia
Una ulteriore precisazione.
Con riferimento al tema del diritto di cronaca, del quale ho trattato nei miei precedenti commenti di oggi, devo aggiungere ancora un'altra considerazione.
Raccontare sui giornali che il Presidente del Consiglio o quel tale senatore o il Prefetto di quella città fa questo o quest'altro è esercitare il diritto all'informazione.
Dire, in ipotesi, a qualcuno "o sul tuo giornale pubblichi solo le cose che piacciono a noi o raccontiamo a tutti che sei gay" è estorsione.
Così come, in ipotesi, è estorsione dire a un vigile urbano "se mi fai la multa mando a tua moglie le foto di te con l'amante".
Felice Lima
Egregia Barbara Malipiero
A proposito delle tradizioni giuridiche delle "democrazie occidentali" visto che gli USA non le fanno particolare simpatia,cederei la parola all'autorità giurisdizionale più autorevole a livello internazionale in materia di diritti umani:la Corte E.DU.
Tale Corte è stata istituita dal trattato CEDU firmato a Roma il 4 novembre 1950 e più volte modificato da successivi protocolli aggiuntivi.
Essa vigila sul rispetto, da parte degli Stati membri, dei diritti in tale convenzione riconosciuti, attraverso un sistema di garanzie incentrato su:
1-La piena “giurisdizionalità” della sua competenza in materia di vigilanza sul rispetto del trattato da parte degli Stati contraenti (art 46 CEDU)
2-La possibilità (ormai divenuta obbligo dopo l'entrata in vigore del protocollo n°11) che ai singoli individui, che lamentino la violazione di un diritto riconosciutogli dalla convenzione, sia consentito adire direttamente la corte,soddisfatte alcune condizioni sostanziali e formali (artt. 34 e 35 CEDU)
3-La possibilità,se è necessario, di condannare lo Stato responsabile della violazione ad un “equa riparazione” se “[...]il diritto interno dell’Alta Parte contraente interessata non permette che una parziale riparazione della violazione[...]”(art 41 CEDU)
Quale migliore istituzione di questa,quindi, può fornirci uno spaccato dei pilastri su cui poggiano le “democrazie occidentali”,tenuto conto che i diritti da essa protetti furono sanciti dalle Alte Parti contraenti “i [...]in quanto Governi di Stati europei animati da uno stesso spirito e forti di un patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza di diritto,[....]”(preambolo CEDU)?
La prassi applicativa della Convenzione ad opera della Commissione prima e della Corte poi è particolarmente adatta ad evidenziare le linee guida a proposito degli obblighi che hanno gli Stati membri in materia di diritti umani fondamentali.Ad esempio,giusto per limitarsi alla libertà d'espressione,c'è un'abbondante giurisprudenza.
Andiamo con ordine:
L'art 10 CEDU recita:
“Articolo 10 – Libertà di espressione
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione.
2. L’esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere sottoposto a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l’integrità territoriale o l’ordine pubblico, la prevenzione dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l’autorità e la imparzialità del potere giudiziario.”
"Continua.."
Cruciale nell'economia dell'articolo è il 2° par. laddove tratta delle c.d. restrizioni consentite.
In altre parole gli Stati membri possono sì limitare la libertà d'espressione,ma solo ricorrendo 3 condizioni:
1-Le restrizioni devono essere previste dalla legge nazionale dello stato membro
2-Devono costituire ” misure necessarie in una società democratica”,ossia implicare l’esistenza di “un’imperiosa esigenza sociale” .
3-Devono essere emanate per perseguire uno degli scopi elencati ad es “a protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l’autorità e la imparzialità del potere giudiziario.”
Mi permetto a questo punto di rimandare al sito del Centro Studi per la formazione e la ricerca in diritto privato europeo dell'Università di Messina per una panoramica generale della prassi applicativa di questo art. e alla ricerca di Franco Abruzzo in materia di giornalismo e libertà di espressione sul sito diritto.it .
Rispettivamente:
http://www.eurodip.it/cedu_art.10
http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/26358.html
Riporto,in conclusione, alcuni obiter dicta tratti dalle seguenti sentenze:
Dalla sentenza Dupuis ed altri vs Francia 2007
“[...]È legittimo accordare una protezione particolare al segreto istruttorio, sia per assicurare la buona amministrazione della giustizia, sia per garantire il diritto alla tutela della presunzione d'innocenza delle persone oggetto d'indagine. Ma su queste esigenze prevale il diritto di informare, soprattutto quando si tratta di fatti che hanno raggiunto una certa notorietà tra la collettività. Non solo. La Corte europea ha ribaltato l'onere della prova: non tocca ai giornalisti dimostrare che non hanno violato il segreto istruttorio, ma spetta alle autorità nazionali dimostrare in quale modo «la divulgazione di informazioni confidenziali può avere un'influenza negativa sulla presunzione di innocenza» di un indagato. In caso contrario, la protezione delle informazioni coperte da segreto non «è un imperativo preponderante». Ciò che conta è che i giornalisti agiscano in buona fede, fornendo dati esatti e informazioni precise e autentiche nel rispetto delle regole deontologiche della professione. Una bocciatura anche per le pene disposte dai tribunali nazionali. Secondo la Corte europea, infatti, la previsione di un'ammenda e l'affermazione della responsabilità civile dei giornalisti possono avere un effetto dissuasivo nell'esercizio di questa libertà, effetto che non viene meno anche nel caso di ammende relativamente moderate[...]”. (Dupuis c. Francia, ricorso n. 1914/02, sentenza 7 giugno 2007; fonte: Marina Castellaneta in “Il Sole 24 Ore del 21 giugno 2007).
Dalla sentenza Worm vs Austria 1997
Le restrizioni alla libertà di espressione autorizzate dal §2 dell’art. 10 « per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario » non permettono agli Stati di limitare tutte le forme di dibattito pubblico sulle questioni in corso di esame da parte dei tribunali.
( « 50. Restrictions on freedom of expression permitted by the second paragraph of Article 10 "for maintaining the authority and impartiality of the judiciary" do not entitle States to restrict all forms of public discussion on matters pending before the courts. » )
Dalla sentenza Craxi(2) vs Italia. 2003
« 63 [...]Compete ai tribubali pronunciarsi sulla colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, ma non risulta affatto che prima o durante il procedimento le questioni di cui conoscono le giurisdizioni penali non possono dar luogo a discussioni, nelle riviste specializzate, sulla stampa o presso il pubblico in generale.
64 I resoconti delle procedure giudiziarie e i commenti contribuiscono a diffonderne la conoscenza e sono perfettamente compatibili con il principio di pubblicità delle udienze previsto dall’art. 6 § 1 della Convenzione. Rientra nella funzione dei media comunicare siffatte informazioni ed è diritto del pubblico riceverle. Ciò è tanto più vero quando il processo riguarda un personaggio conosciuto come un anziano ministro. Coloro che svolgono una funzione pubblica si espongono inevitabilmente e coscientemente ad un controllo attento tanto da parte dei giornalisti quanto da parte dei cittadini. Pertanto, i limiti ai commenti ammissibili sono più ampi con riferimento ad un uomo politico, considerato in siffatta veste, che per un semplice cittadino.
65 I personaggi pubblici hanno, inoltre, il diritto di godere delle garanzie stabilite dall’art. 8 della Convenzione alle stesse condizioni di ogni altra persona. In particolare, l’interesse pubblico a ricevere informazioni copre esclusivamente fatti che sono connessi con le accuse mosse all’imputato.[...]”.
(63. [...] Whilst the courts are the forum for the determination of a person's guilt or innocence on a criminal charge, this does not mean that there can be no prior or contemporaneous discussion of the subject matter of criminal trials elsewhere, be it in specialised journals, in the general press or amongst the public at large (see, mutatis mutandis, Sunday Times v. the United Kingdom (no. 1), judgment of 6 November 1980, Series A no 38, p. 40, § 65).
64. Reporting, including comment, on court proceedings contributes to their publicity and is thus perfectly consonant with the requirement under Article 6 § 1 of the Convention that hearings be public. Not only do the media have the task of imparting such information and ideas: the public also has a right to receive them (see Worm v. Austria, judgment of 29 August 1997, Reports 1997-V, pp. 1551-1552 , § 50). This is all the more so where a public figure is involved, such as, in the present case, a political man and former Prime Minister. Such persons inevitably and knowingly lay themselves open to close scrutiny by both journalists and the public at large (see, among other authorities, Lingens v. Austria, judgment of 8 July 1986, Series A no. 103, p. 26, § 42).
65. However, public figures are entitled to the enjoyment of the guarantees set out in Article 8 of the Convention on the same basis as every other person. In particular, the public interest in receiving information only covers facts which are connected with the criminal charges brought against the accused. [...] .)
Un ultimo rinvio per ciò che riguarda la Gran Bretagna e le restrizioni consentite nell'ordinamento inglese (Sunday Times vs UK 1972 a proposito dello scandalo Talidomide)
Cordialmente
P.F.
Post Scriptum
Parafrasando il Furio Colombo di un celebrè Ballarò di qualche tempo fa:
non si chiama "voglia di avere sempre l'ultima parola",ma atteggiamento vivace e presente:è di quelli che non stanno zitti quando l'ascoltano troppo grossa.
Libera...mente
Gubbio 2009
Roma 44 a.C
P.S.
ogni riferimento, forse, non è del tutto casuale.
Scusate l'O.T. ma..ieri sera ho appreso con sorpresa della nomina di un nuovo Procuratore a capo della Procura di Bari e mi è sembrato molto strano che ciò sia accaduto proprio nel momento in cui essa è al centro dell'attenzione per le delicate indagini che sta svolgendo...sapete gentilemente dirmi qualcosa di più e se, ad esempio, tale avvicendamento fosse già da tempo programmato (domanda ingenua, lo so...)?
Un saluto affettuoso a tutti,particolarmente al Dott. Lima e a Menici
Irene
p.s.: grande Pier Luigi Fauzia!
Irene
"BISOGNA RESISTERE ED OPPORSI A COLORO CHE VOGLIONO CHIUDERE
LE GRANDI VIE SULLE QUALI L'UOMO LIBERO PASSERA' PER COSTRUIRE UNA VITA MIGLIORE" Salvador Allende
Un 11 settembre da non dimenticare:
CIA, IL RAPPORTO SUL GOLPE CILENO
di Gianni Cipriani
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