venerdì 1 luglio 2022

Querelatoio.




di Nicola Saracino - Magistrato 

Quando si dice colleganza. 

I rapporti tra magistrati spesso prendono pieghe ostili, a tal punto da indurli allo scontro, al duello finale nelle aule giudiziarie che contribuiscono ad intasare.

Solo per rimanere a fatti recenti, a margine della vicenda della cd. Loggia Ungheria il dott. Davigo ha querelato il collega Greco; oggi freschi pensionati, erano stati colleghi nello stesso ufficio della procura di Milano ai tempi di mani pulite. 

Davigo stesso è imputato di rivelazione del segreto d’ufficio ed in quel processo il dott. Ardita, come lui fino a poco prima al CSM, si è costituito parte civile per chiedergli i danni. 

Il procuratore generale Salvi ha annunciato, appena pochi giorni prima di andare in pensione che, adesso sì, può finalmente prendersi la soddisfazione di querelare Palamara. Vien da credere che anche prima non ci fosse simpatia tra i due, dopo che Palamara aveva tirato in ballo (anche) il procuratore generale come “auto-segnalatosi” per prestigiosi uffici.  

Ma Palamara che si è stufato di fare da pungiball (anche se ad oggi non si ha notizia di una sola sua condanna per diffamazione) ha a sua volta annunciato di voler querelare Salvi. 

E Salvi, non pago, ha allora minacciato querela contro tutti quelli che, accreditando la versione dell’antagonista, insinuassero che lui abbia mai chiesto qualche beneficio per sé o per altri. 

Insomma, è un querelatoio, paragonabile al girone dantesco degli iracondi (quinto cerchio, per chi volesse cimentarsi).

Meglio starne alla larga. 

Eppure i fatti che sono alla base della contesa non possono riguardare solo i loro protagonisti. 

Si tratta di uffici pubblici di notevole importanza e la trasparenza è un preciso dovere.

Sebbene sia comprensibile l'atteggiamento di preoccupazione e fastidio di chi, dalla Procura Generale della Cassazione, ha oggettivamente posto le premesse (in questo blog ampiamente contestate nel merito) perché venisse evitato il giudizio disciplinare a moltissimi "questuanti", l’associazione nazionale magistrati che ha espulso Palamara, potrebbe cogliere nei fatti che solo in questi giorni emergono con apprezzabile dettaglio, lo spunto (non certo per condannare ma) per aprire un procedimento di verifica anche dell’operato del procuratore generale. 

Il collegio dei probiviri (l’organo istruttorio dell’ANM) potrebbe sentire entrambi, raccogliere i documenti se gli interessati hanno da offrirne e quindi pervenire ad una ragionata decisione. 

Sbugiardando chi dei due mente. 

Lasciare ad un tribunale questa decisione, lavandosene le mani, significa ammettere di non essere in grado di “giustiziare” situazioni tra loro paragonabili, perché se uno viene punito perché ha promesso o dato, non merita certo l’incenso chi ha (per mera ipotesi) pressantemente richiesto. 

Vi è da esser certi che l'ANM non può permettersi di celare ulteriore polvere sotto al tappeto e farà tutto quanto in suo potere per approfondire la vicenda, schivando ogni idea di insabbiamento.

Idea sicuramente non evitata all'opinione pubblica dal rimpallo di responsabilità tra CSM e Procura Generale circa chi, dei due organi, potesse meglio attivarsi per porre rimedio alla caduta di credibilità dell'ordine giudiziario mostratosi ai cittadini come un'accolita di tramaioli.

5 commenti:

bartolo ha detto...

Ho partecipato l'altro ieri alla presentazione del libro "Giacomo Mancini: un avvocato del Sud".
Dopo l'intervento dei relatori e le domande del pubblico, sia gli uni che le altre di elevato spessore storico culturale, ho ascoltato l'intervento dell'autore. Un intellettuale del sud (quindi, mezzo in disgrazia) e sono stato piacevolmente sorpreso del fatto che si sia definito "un socialista senza partito e un cristiano senza chiesa". Esattamente come mi considero io; con l'aggiunta di cui vado anche orgoglioso, di essere pure, un italiano senza Italia. Lo dico perché per un certo periodo, fino a quando la sua posizione non è stata stralciata, sono stato coimputato del protagonista del libro. E mi ha sempre ferito il fatto che pur stimando l'uomo, il Politico e l'avvocato, Mancini, questi dopo il suo salvataggio, a nuoto nel mare in tempesta, fino alla spiaggia, non ha mai speso una parola per gli altri (Innocenti) clandestini annegati... Nell'indifferenza dei gran signori della commistione mafia-stato che da li passavano sui loro lussuosi natanti. Era quel periodo il tempo in cui il Procuratore di Milano invitava a resistere resistere resistere mentre il transatlantico Italia imbarcava acqua da tutte le parti... E forse Mancini, lì, ha fatto un grave errore: credendogli, è corso a dare entrambi le sue mani alla resistenza, senza sapere che, a provocare le micidiali falle, era stata proprio essa, bombardandolo come l'odierna Russia bombarda l'Ucraina.

francesco Grasso ha detto...

Sicuramente tutti hanno il sacro diritto di tutelare la propria immagine e il proprio onore. Importante è farlo in modo efficace e convincente, ossia non dare l'impressione che si è innocenti per "dogma". Soprattutto evitare di ignorare che i tempi stanno mutando ! Molti, anzi moltissimi hanno patito sofferenze indicibili a causa di una giustizia palesemente ingiusta. E' arrivato il tempo che ciascuno di noi cominci a fare il proprio dovere.

ROSARIO RUSSO ha detto...

Il primo luglio si poteva ancora nutrire qualche speranza!
Il giorno successivo qualunque anelito di catarsi è rimasto deluso.
Siamo alla frutta, anzi...all'amaro!
Rosario Russo

bartolo ha detto...

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E come fanno a trovare tempo per la verità, con tutti gli intrallazzi: Dall'Alpe a Sicilia!

bartolo ha detto...

@RosarioRusso
Ho letto la sua lettera pubblicata sul Corriere in risposta al procuratore Salvi, che giorni prima sul medesimo giornale era stato critico proprio con lei. È bello che anche in magistratura ci siano “opinioni” diverse e che ci si confronti in merito, purché a trarne vantaggio sia il Popolo sovrano in nome del quale essa opera. Non so cosa non è successo il primo luglio scorso, per cui siamo all’amaro. Pero, quel presidente di Brescia chiamato a giudicare Davigo e che ne ha per tutti, e le spiattella in faccia, ci fa riflettere: ma, soprattutto, ci propone per lo sgomento allorquando troverà (perché certamente o lui o altri troveranno) da ridire anche su sé stesso. Sarà la naturale conclusione di 40nni d’infamia giudiziaria. In questo tempo, infatti, il “Sistema” raccontato da Palamara ha il merito della disintegrazione delle mafie, mentre lo stato, il demerito dell’infamia. Infatti, le mafie distrutte, sono quelle ad esso estranee. Quant’è bella quella camorristica canzone: “chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato! Ascurdamuci o passatu simmu i napuli paisà”.