domenica 14 luglio 2024

Altre voci sul trapasso dell'art. 323 c.p..

Nel segnalare un articolo del collega Rosario Russo apparso sulla testata "Domani" e leggibile a questo link, riceviamo e pubblichiamo il contributo del collega 


Mario Fiorentino - Magistrato 


     “Male non fare, paura non avere”  
(ei fu, l’art. 323 c.p. ovvero  l'abuso d’ufficio).

Provo disaccordo rispetto al percorso che ha portato all'abolizione dell'abuso d'ufficio, anche se occorre stare attenti alle strumentalizzazioni di parte o della stampa. 

E' un percorso che inizia da lontano. 

Già con il governo di centro sinistra del 1997 (rel. Sen. Salvi), attraverso la riformulazione  dell'art. 323 c.p., ne fu ridotto profondamente l'ambito di operatività, tanto che qualcuno ritenne che, così scritto, sarebbe divenuto un reato (quasi) impossibile da commettere o provare (l'abbassamento delle soglie di pena impediva, peraltro, che si potessero disporre intercettazioni, a meno che non ricorressero più gravi ipotesi di reato). 

Proseguì in tal senso  il governo dei 5 stelle-lega, limitandone ulteriormente  l’ambito di applicazione.

Ora la definitiva abolizione con il centro destra, anche se alcuni ritengono(probabilmente con qualche ragione) che si trattava di un reato già “quasi morto”.

Non siamo di certo in Svezia. 

Ed uno dei mali più profondi del nostro paese sono gli abusi che spesso si perpetrano ai danni dei cittadini per bene e della collettività. 

Il nepotismo, le raccomandazioni, le distorsioni amministrative per favorire imprese o interessi vicini a quello o quell'altro personaggio o a centri di interesse, in barba alla meritocrazia, degradano la società: la deprivano delle scelte migliori, in tutti i settori.

L'abuso d'ufficio nasce proprio per tutelare l'imparzialità dello Stato, affinché le scelte dei pubblici funzionari, anche quando non integrino più gravi ipotesi di reato (ad es. corruzione), non siano dettate da interessi personali o di partito, siano le più giuste, le più adeguate per l'interesse collettivo.

Al giorno d'oggi, e già dopo aver verificato gli effetti della riforma del 1997, occorreva semmai rafforzarne l'efficacia, ovviamente nel pieno rispetto dei diritti della persona sottoposta ad indagini e con tutte le garanzie del caso.

Invece, constatatene le gravi “condizioni di salute”, anziché curarlo, si è deciso di “sopprimerlo”.

Probabilmente, chissà, il Governo starà studiando le forme migliori per combattere il malaffare dei “colletti bianchi”, con adeguati aggiustamenti.

E certamente non è da ora che i cittadini (e la società tutta) risultano privi di effettivi rimedi, di fronte a condotte tese ad alterare il corretto funzionamento della macchina pubblica.

Ma il messaggio che passa è quello che da domani sarà possibile abusare del proprio ufficio (ad es; fare vincere un concorso o un appalto senza merito, etc.) senza temere, laddove non si ravvisino più gravi reati, responsabilità penali.

Una giustizia sempre più forte con i deboli e debole con i forti?

Ai penalisti l’ardua sentenza.

2 commenti:

francesco Grasso ha detto...

Se c'è un pubblico ufficio e non si vuole tornare indietro di centinaia di anni, bisogna indicare i limiti del potere sui cittadini. L'abuso d'ufficio(323 c.p.9 c'era anche nel codice penale del 1889(atìrt. 170 r.d. 30-6- 1889, n. 6133), codice Zanardelli, l'allora ministro della giustizia. Un monumento di dottrina giuridica.

Anonimo ha detto...

https://www.corrieresalentino.it/2024/07/riforma-giustizia-lintervento-dellavvocato-umberto-leo-carlo-nordio-e-la-sindrome-di-cassandra/