di Giovanni Parisi
(Ingegnere)
Succede che una mattina trovi nella buca delle lettere un invito dell’Istituzione Biblioteca Comunale “G. B. Nicolosi” di Paternò e apprendi che il nuovo Presidente è il Procuratore Aggiunto di Agrigento.
Apprendi inoltre che la prima iniziativa del nuovo Presidente è la presentazione del libro “Il Cappio” il cui autore è un Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, che per l’occasione, fissata per il pomeriggio del 2 ottobre 2009, verrà introdotto da un Magistrato da poco assegnato alla Direzione Nazionale Antimafia.
Quando tutto questo ti sembra normale e anche un po’ prestigioso, avverti forte una sensazione di disagio: perché?
L’autorevole evento letterario si terrà a Paternò, che con circa 50.000 abitanti è il Comune più grande della Provincia di Catania dopo lo stesso capoluogo.
Paternò, una volta rinomata per la sua florida economia agrumicola e per altre importanti attività produttive, ha subìto nel passato recente un forte declino, che nei bui anni ottanta la inserì, con Biancavilla ed Adrano, nel famigerato “triangolo della morte”, insanguinato dalle feroci e quotidiane lotte di mafia.
Oggi Paternò è ritornata alla ribalta delle cronache nazionali (con un articolo pubblicato in prima pagina su “Panorama”, che si può leggere a questo link) perché il Prefetto di Catania, a valle di un’istruttoria condotta da tre ispettori nominati dal Ministero dell’Interno (un Vice Prefetto, un Capitano dell’Arma dei Carabinieri e un Capitano della Guardia di Finanza), ha richiesto al Ministro dell’Interno lo scioglimento della Giunta Comunale per gravi indizi di infiltrazioni mafiose, anche a seguito di quanto emerso, il 27 novembre 2008, dall’operazione “Padrini”, condotta dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, in cui tra i 24 arrestati c’è anche il giovane Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Paternò, ritenuto dagli inquirenti il collegamento tra le cosche mafiose Santapaola-Ercolano e le Istituzioni locali (si veda la notizia a questo link).
La vicenda, come riportato dalla stampa, ha creato anche un certo imbarazzo politico, poiché Paternò è il paese natale del Ministro della Difesa (da cui dipende anche l’Arma dei Carabinieri che ha condotto le indagini investigative), che a capo dell’attuale Giunta ha politicamente “insediato” un vecchio amico d’infanzia.
“Carmelino (1) deve essere il nostro portavoce, il mio orecchio e i miei occhi. Voialtri (diretto all’Amministrazione Comunale, ndr) siete padroni di cacare e pisciare nelle vostre case…tutto quello che fate a livello politico e di cui discutete deve passare da me. Perché a Paternò non vi faccio camminare più. Vi potete candidare centomila volte …”, è una delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche, riportate dal quotidiano “La Sicilia” il 29 novembre 2008, del capo clan mafioso di Paternò.
E’ di tutta evidenza che l’ipotesi che i bisogni delle fasce più deboli della Città siano stati messi nelle “mani” della mafia, fermo restando l’iter giudiziario che stabilirà le eventuali responsabilità penali dell’ex-Assessore ai Servizi Sociali di Paternò e degli altri coimputati (le cui indagini si sono appena concluse con le richieste di rinvio a giudizio da parte del Pubblico Ministero), da un punto di vista civico e politico avrebbe dovuto innescare diversi interrogativi, tra cui: com’è possibile che a Paternò la politica abbia così tanto abbassato la soglia di attenzione sulle azioni di contrasto alla mafia, che membri dell’organizzazione criminale stessa abbiano potuto ritenere di avere interlocutori diretti nella Giunta Municipale?
Se eventi come questi si fossero verificati quando era ancora caldo il sangue versato da rappresentanti delle Istituzioni, diventati eroi per la loro coerente testimonianza di Uomini dello Stato, immediatamente si sarebbe sollevata l’indignazione collettiva.
Ma Paternò è rimasta muta, assopita e chiusa nell’indifferenza e nell’individualismo che caratterizza questi tempi.
Né dal Sindaco o dalla stessa Giunta Municipale si sono manifestati quei segnali chiari ed inequivocabili di contrasto e prevenzione contro le infiltrazioni mafiose nella vita amministrativa cittadina che la gravità delle vicende emerse richiedeva (adozione di protocolli di legalità, criteri più selettivi e di garanzia per l’affidamento degli appalti e degli incarichi, ecc.).
Tutto è stato ricondotto a “fenomeni individuali”, tanto che l’ex-Assessore ai Servizi Sociali è stato indicato, anche dal locale Deputato Nazionale (membro anche della Commissione
Nazionale Antimafia) e padre politico dell’attuale Amministrazione Comunale di Paternò, come un “mariuolo” indisciplinato (oggi più modernamente potrebbe dirsi un “tarantino”) che agiva autonomamente.
La Sicilia è terra difficile e spesso complessa.
Chi ci nasce, scegliendo di viverci, sa perfettamente che i gesti e le parole non hanno sempre lo stesso significato: un semplice saluto, una stretta di mano o una “fotografia di gruppo” possono rappresentare e comunicare, a secondo dei contesti, significati molto differenti: Pirandello, Sciascia e tanti altri letterati ne hanno, in diverse occasioni, spiegato le ragioni.
Ciò non sfugge a nessun siciliano e non può tantomeno sfuggire ai tre magistrati invitati all’incontro letterario di Paternò, che della Sicilia sono anche figli illustri.
Non può sfuggire che, entrare nell’unico “salotto buono” rimasto ad una Giunta Municipale su cui pesano non solo inquietanti ombre, ma anche gravi provvedimenti istituzionali, può indirettamente contribuire a stringere il “cappio” su una comunità inerme ed indifferente, alimentando quel clima di nebbia, confusione, rassegnazione e sfiducia nelle Istituzioni (in cui sembra che tutto ciò che non è penalmente perseguibile è giusto e rispettabile), non utile a supportare la crescita di una Città che, nella sua parte sana, vuole liberarsi dai vecchi cliché, facendo camminare, con fatica ed orgoglio, il proprio sviluppo sulla professionalità e sull’onestà.
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(1) Carmelo Frisenna, 37 anni, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Paternò, arrestato nell’ambito dell’operazione “Padrini” il 27 novembre 2008, è stato con 597 preferenze il più votato nelle elezioni del 2007 per il rinnovo del Consiglio Comunale, che ha presieduto nella prima seduta consiliare e da cui si è dimesso per ricoprire il ruolo di Assessore nella Giunta Municipale.
5 commenti:
vogliamo parlare di Fondi? di Dell'Utri al Senato? Del processo Mori? Con la mafia bisogna convivere diceva Lunardi, e tanti han scelto di dargli ragione.
Succede che 48 ore dopo che si è appreso [ Milano, è bufera su Palazzo Marino "Soldi dalle discoteche per evitare controlli" - Emilio Randacio, Repubblica 23 agosto ] che sono indagati 15 alti funzionari del Comune, iniziando dal Comandante dei Vigili Emiliano Bezzon, si legge sul Corriere della sera del 25 agosto un'intervista di Paolo Foschini alla presidente del Tribunale di Milano, dottoressa Livia Pomodoro, intitolata: "Pomodoro: solito vizio di sentirsi impuniti".
Una breve intervista che probabilmente stabilisce un record, in quanto a fronte di 6 battute dell'intervistatore sono riportati 11 virgolettati dell'intervistata.
Apprendi dai virgolettati che «il presidente del Tribunale, Livia Pomodoro, non
entra delibeartamente nei dettagli di una vicenda che definisce «comunque triste» anche se di portata minore ad altri fatti di corruzione e malcostume «di portata ben più vasta», che la vicenda è «il segno di una mentalità», ed altre considerazioni più o meno sociologiche e più o meno irrituali.
Post Scriptum
Ancorché giacobino e malpensante (anche in base al fatto che sembra ormai provato, almeno statisticamente, che "il più pulito c'ha la rogna")
non posso fare a meno di notare che nell'intervista non si trovano tracce della famosa "presunzione d'innocenza" che, caso per caso e a seconda della convenienza, viene sbandierata o ignorata.
Concordo con quanto scritto su questo blog dall’Ing. Parisi. Il quale è certamente di Paternò.
In questa città il potere dominante e governate ha una doppia valenza, quasi un Ciano bifronte. Da una parte dialoga con la mafia dall’altra è interlocutore e rappresentante delle Istituzioni. ( vedi Magistratura). Questa prassi comportamentale è quasi naturale ed ovvia per i “potentati” della città, perché solo loro sono al disopra di ogni sospetto. E’ venuto il tempo di liberarsi della cultura dei “MASSARI” che per tanto tempo ha dominato la città. Per questa ragione molti cittadini e movimenti politici si sono fatti promotori di inviare al Presidente della Repubblica ed al Ministro degli Interni una cartolina per sollecitare il loro intervento nello scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose.
INVITEREI QUESTI ILLUSTRI MAGISTRATI, SPERO IN BUONA FEDE, DI FARE MOLTA ATTENZIONE NEI LORO RAPPORTI E DI INVESTIGARE PREVENTIVAMENTE LE LORO FREQUENTAZIONI O A CHI “ DANNO CONFIDENZA”.
Aethneus
Complimenti all'Ing. Parisi.
Pochi cittadini si soffermano davanti ad un invito con la stessa capacità d'analisi.
A volte anche una semplice adesione ad un evento equivale, in certi ambienti, a manifestare solidarietà attiva o passiva (quest'ultima terreno fertile).
Unica correzione che mi permetto di fare all'Ing. Parisi. Si descrive qualcosa di grave dando una connotazione territoriale, tipica della sicilia.
Oramai queste distinzioni dovrebbero essere superate.
Lo stesso clima si avverte in moltissime amministrazioni comunali, indipendentemente, dalla loro ubicazione geografica.
Basta fare un'istanza di accesso ai documenti ex legge 241/1990, rivolgera ad un ufficio tecnico e poi andare per prendere visione ed estrazione copia.
Il giorno dopo molte persone ti hanno già tolto il saluto.
Poco male ..ma quanta amarezza.
Il peggio quando segnali un grave abuso edilizio, grave per l'entità dell'abuso quanto per il pericolo all'incolumità pubblica. Il fato (o scarogna come si dice da noi)vuole però che l'abuso è stato commesso ta tizio che è proprio quel tizio che è parente a caio che è proprio quel caio che ha portato tanti voti a sempronio.
E tu pensi che brutto che sempronio tuteli proprio caio così presente nelle aule giudiziarie per numerose e varie ipotesi criminose.
avv. giovanna bellizzi
L'antimafia si è fermata a Fondi. Perchè? se c'è qualcuno che può aiutare a comprendere meglio la situazione si faccia sentire. Maria Cristina
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