L'Anm è una associazione
privata, benchè con finalità di interesse pubblico, quindi è regolata dagli
artt. 14 e ss. del codice civile.
In particolare l'art. 24 c.c.
regolamenta il recesso dell'associato, statuendo che "l'associato può
sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte
per un tempo determinato. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata
per iscritto agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell'anno in
corso, purchè sia fatta almeno tre mesi prima".
I soci Anm sono sottoposti alla legge, ed hanno accettato lo Statuto, compreso l'art. 7, co. 3, che secondo la pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione, non è clausola vessatoria, quindi non richiede per la sua efficacia una specifica sottoscrizione.
Sul punto è opportuno richiamare Cass. Sez. 1^ n. 6167 del
19.6.1990, Rv 467839-01, che ha stabilito fra l'altro, che "la conoscenza dello Statuto dell'Ente, sul
quale si basa l'atto di adesione, impedisce che il contraente si trovi
vincolato da clausole da lui non conosciute o non adeguatamente valutate",
e richiama diversi altri precedenti di eguale tenore.
E non potrebbe trovare applicazione al caso di specie la più recente Cass. Sez. VI^ n. 23098 dell'11.11.2015, Rv. 637653-01, che ha affermato che "l'adesione ad un'associazione non riconosciuta, presupponendo l'accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell'associazione stesso ed alle regole del suo ordinamento interno, comporta l'assoggettamento dell'aderente a siffatte regole nel loro complesso, senza necessità di specifica accettazione ed anche se implichino oneri economici (quale, ad esempio, quello concernente il versamento di contributi associativi) o deroghe al disposto dell'art. 24 c.c., che è norma liberamente derogabile dall'autonomia privata con il solo limite derivante dal principio costituzionale della libertà di associazione, che implica la nullità di clausole che escludano o rendano oltremodo oneroso il recesso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, ritenendo che la prestazione richiesta all'associato per l'utile esercizio del recesso, consistente nell'alienazione dell'azione dal cui possesso scaturiva il diritto di essere socio, si traduceva, in ragione della sua aleatorietà, in una illegittima compromissione della facoltà di uscire dal sodalizio)", ovviamente
Infatti già l'art. 24 c.c. dispone che le dimissioni del socio abbiano effetto "con lo scadere dell'anno in corso", affermando così la regola generale dell'efficacia non immediata del recesso che non deve andare a detrimento del corretto funzionamento della associazione:
Con riguardo a tale regola
generale, che in astratto potrebbe procrastinare l'efficacia del recesso anche
di un anno, se comunicato nel mese di gennaio, non può senz'altro ritenersi che
l'art. 7 renda "oltremodo oneroso" il recesso del socio Anm.
E ad ogni modo attenzione, perché
se l'art. 7 dello Statuto è nullo trova applicazione l'art. 24 c.c., e allora
senz'altro le dimissioni rimesse nel 2021 avranno effetto solo il 31.12.2021,
con tutte le conseguenze sulla possibilità di procedere oltre con i
procedimenti disciplinari.
L'Anm non è un tram, su cui si
sale per accumulare punti per Csm, posti dirigenziali e altre posizioni
gradite, e dal quale si scende in corsa quando arriva il controllore.
Veramente dispiace che, piuttosto
che volere usare clemenza, se del caso, causa cognita, molti stiano di fatto
favorendo la fuga di altri dall'accertamento e dal giudizio.
Male hanno fatto le Ges ad accogliere a
rotta di collo le dimissioni di chi fugge dal disciplinare,
senza rispettare l'art. 7 dello Statuto, deliberatamente omettendo di
comunicare tali iniziative al Cdc perché potesse decidere su esse, esercitando le
sue legittime prerogative.
Hanno commesso una grave
violazione dello Statuto, e meritano lo scioglimento: perché quando si è
trattato di fare i conti con norme importanti, severe dello Statuto, le Ges
sono venute meno ai loro doveri.
Se non facciamo rispettare noi al
nostro interno, e prima di tutto a chi rappresenta l'Anm a livello locale e
centrale, le regole e il codice etico, rischiamo di prendere colpi
dall'esterno, e di disaffezionare tremendamente gli associati.
1 commenti:
I comuni sono enti elettivi di governo territoriale di rilevanza costituzionale, eppure, è sufficiente che tre commissari nominati da un prefetto (magari massone) accertino disfunzioni d'esercizio in odore di contiguità mafiose e zacchete, su proposta del CdM, sciolti con decreto del presidente della Repubblica. Tra i comuni più importanti, nel 2012, è stato sciolto quello di Reggio Calabria, ed è di questi giorni la requisitoria di un pubblico ministero nella quale ha dato lettura di un intercettazione tra alcuni imputati che pur non facenti parte dell'assemblea sciolta, parlavano dei membri di questa, intesi come mostri creati proprio da loro. Ora, non so se questo PM aderisce alla ANM che protegge i propri iscritti un po' discoletti oppure ha votato per eleggere i componenti CSM togati che abbiamo visto all'opera all'hotel Schampag e seguenti, in caso però la risposta è affermativa mi chiedo come si possa sentire al cospetto di un modus operandi che dei metodi "compromissori" ha fatto la norma.
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