mercoledì 1 settembre 2010

Come si uccide un’inchiesta






di Gabriella Nuzzi
(Giudice del Tribunale di Latina)





da Il Fatto Quotidiano del 6 agosto 2010


Ho scelto di percorrere in questi mesi la strada della riflessione e del silenzio.

Non certo per timore, né per rassegnazione. L’esame introspettivo degli eventi consente di trovare soluzioni, le migliori possibili, per sé e per gli altri.

Di fronte all’ingiustizia, e più di tutto se gli è inflitta, un magistrato, che sia davvero tale, non cerca vie di fuga, né comodi ripari. Perciò, ho continuato a credere nella magistratura e nel suo operato.

La Grande Bugia della guerra tra le procure di Salerno e Catanzaro, creata ad arte per sottrarre a me e ai colleghi salernitani le inchieste sugli uffici giudiziari calabresi e privarci delle funzioni inquirenti, non può non trovare risposte giuridiche e giudiziarie.

Macigni e ostacoli sulla verità

Quando il 2 dicembre 2008 furono eseguiti il sequestro probatorio del fascicolo “Why Not” e le perquisizioni ai magistrati che l’avevano gestito a colpi di stralci e archiviazioni, si accusarono i Pubblici ministeri salernitani di aver redatto provvedimenti “abnormi” ed eversivi, manifestando in tal modo “un’eccezionale mancanza di equilibrio, un’assoluta spregiudicatezza nell’esercizio delle funzioni ed un’assenza del senso delle istituzioni e del rispetto dell’Ordine giudiziario”.

Con queste motivazioni, l’8 gennaio 2009, su proposta del capo dell’Ispettorato Arcibaldo Miller, il ministro della Giustizia Alfano richiese, in via d’urgenza, alla Sezione Disciplinare del Csm, presieduta da Nicola Mancino, l’applicazione di “misure cautelari” disciplinari nei miei confronti, del collega Verasani e del procuratore Apicella.

Intervento preannunciato in Parlamento dal sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo ai suoi amici di partito On.li Amedeo Laboccetta & C., che, in difesa dei calabresi, chiedevano la testa del dott. De Magistris e di noi altri suoi “sodali”.

L’intero mondo politico-giudiziario, spalleggiato dalla grande “libera” stampa, che scatenò una tempesta mediatica, condannò la nostra scelta investigativa come un atto di “terrorismo giudiziario”, un attacco “senza precedenti” alle istituzioni democratiche, ispirato al perseguimento di fini personalistici e politici, di pericolosità tale da esigere una repressione esemplare e immediata.

La Prima Commissione del Csm presieduta da Ugo Bergamo avviò il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale, poi sospeso in attesa degli esiti disciplinari.

L’Associazione Nazionale Magistrati accettò di buon grado l’epurazione, nell’illusione di una futura pace dei sensi.

La santa inquisizione del Duemila

Dopo appena dieci giorni, con un processo da Santa Inquisizione, ci strapparono le funzioni inquirenti, allontanandoci dalla nostra Regione. Una cortina di silenzio e indifferenza s’innalzò intorno al “caso Salerno”.

I magistrati calabresi inquisiti, autori del contro-sequestro del “Why Not”, instaurarono un procedimento penale a nostro carico e del dott. De Magistris, trasmettendolo poi alla Procura di Roma che, con l’Aggiunto Achille Toro, si mise a investigare liberamente sulle nostre vite private, senza alcun fondamento.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione presiedute dal dott. Vincenzo Carbone chiusero in gran fretta il capitolo disciplinare con una pronuncia sommaria, storico esempio di come sia possibile, in tema di etica giudiziaria, affermare tutto e il contrario di tutto.

Si aprirono a nostro carico ulteriori procedimenti penali e disciplinari, branditi come clave, affinché ci sentissimo sotto perenne minaccia.

Il 19 ottobre 2009, la stessa Sezione Disciplinare, su relazione dell’avv. Michele Saponara, accolse l’azione disciplinare promossa dal Procuratore generale della Cassazione Esposito, infliggendo a me e al collega Verasani la sanzione della perdita di anzianità (rispettivamente, sei e quattro mesi) e del trasferimento d’ufficio di sede e funzione.

Non è stato facile resistere a tanta violenza morale.

Una violenza frutto di arbitrio, che ha indecentemente calpestato ogni regola, senza arretrare neppure di fronte al riconoscimento giurisdizionale della legalità e necessità dei nostri comportamenti.

La delegittimazione, l’isolamento, l’eliminazione sono metodi di distruzione mafio-massonici.

E noi abbiamo pagato per aver osato far luce sulla massoneria politico-giudiziaria.

Da allora, pazientemente, ho atteso che a parlare fossero i fatti.

E i fatti, nel tempo, come tasselli di un incomprensibile puzzle, si stanno lentamente ricomponendo.

Logge, cappucci e grandi vecchi

Alcuni di coloro che hanno concorso alla nostra epurazione pare avessero incontri con presunti appartenenti ad un’associazione segreta.

Dunque, di fronte a innegabili evidenze, parlare oggi di consorterie massoniche interne anche agli apparati giudiziari non è più atto eversivo o scandaloso.

Ampi dibattiti si sono aperti sulla “questione morale” delle nostre istituzioni.

L’Associazione Nazionale Magistrati, rimembrando proprio la nostra vicenda, ha stigmatizzato la “caduta nel vuoto” delle sue richieste di rigore, gridate a gran voce.

Sicché contro l’ennesima ipocrisia del “sistema” s’infrange oggi il mio silenzio.

Mi rivolgo agli illustri attivisti del correntismo giudiziario, quelli che mai sono stati sfiorati da un dubbio o da un ripensamento, trovando superfluo finanche articolare il pensiero.

Esprimano, nella loro purezza, e possibilmente con cognizione di causa, una posizione precisa su ciò che di illecito è stato compiuto ai nostri danni, sull’“etica” che l’avrebbe ispirato, sulle scandalose ingiustizie di un “sistema” che, ancora oggi, incredibilmente, avalla l’impunità, lasciando che i potenti, corrotti o collusi, continuino a rimanere ai loro posti o peggio, siano premiati.

Non sono i loro rappresentanti più degni a spartirsi gli scranni del nostro “autogoverno”, a decidere nomine, promozioni, trasferimenti, punizioni disciplinari?

O forse l’associazionismo sta dissociandosi da se stesso?

Non vi sono oggi “questioni morali” che non lo fossero anche ieri.

E allora occorre ripartire da zero, passando attraverso un profondo mea culpa.

Questa pericolosa caduta libera di credibilità può arrestarsi soltanto con il ripristino del primato del Diritto e il ripudio definitivo delle logiche di appartenenza e protezionismo.

Solo proponendosi tali obiettivi e scegliendo figure di guida autorevoli, per integrità, indipendenza e competenza, l’Ordine giudiziario può sperare in un autentico rinnovamento morale, nell’interesse supremo del popolo e della democrazia.



7 commenti:

Anonimo ha detto...

L'unico difetto dell'articolo così come è riportato in questo forum è la non utilizzazione dei caratteri in grassetto nel citare quella nobile schiera di persone che, in una maniera o in un'altra, parteciparono alla messa al passo dei "cattivi giudici". Se per tutti questi nobilissimi nomi si fosse utilizzato il grassetto sarebbe subito risaltata una stretta corrispondenza fra questi giudicatori di giudici e gli stessi personaggi che oggi hanno l'onore delle cronache, ma per ragioni decisamente di altro tipo.
Bene inteso il lettore ci arriva lo stesso, ma gon meno divertimento, perchè, bisogna dirlo: l'umorismo o satira che dir si voglia sono ben presenti in questo articolo, ma si tratta di un umorismo o una satira provocata soltanto dai fatti e dai nomi dei personaggi.
Fra i "cattivi giudici", tutti ottimi, Il giudice Nuzzi ha qualcosa di particolare e mentre per gli altri si può esprimere solidarietà non necessariamente per le loro persone, ma per il loro coraggioso e ottimo operato, per il giudice Nuzzi la sua esemplarità, il suo atteggiamento, pure dopo la condanna e l'accanimento di chi l'attaccò sono di tal natura da suscitare un vero ribollire di sentimenti a suo favore.
Io vorrei lanciare una specie di sfida alla signora Nuzzi: signora, Lei scrive molto, ma molto bene, a tal punto da permettere pure agli ignoranti e ai zucconi di capire quanto Lei espone. Perchè Lei, signora, non scrive un libro sulla nostra costituzione, illustrandone pregi e difetti, spiegandoci pure come questa costituzione avrebbe potuto salvarci dalla deriva attuale e quali meccanismi l'hanno favorita o permessa?

Silvana ha detto...

Oggi chi rivendica i propri diritti e denuncia le ingiustizie subite si ritrova solo, a respirare un clima omertoso e a vivere estraniato in un ambiente “ammaestrato” da una politica di stampo mafioso, che insegna a subire per non perdere la possibilità di ricevere l’elemosina di possibili privilegi. La mafia ignorante e con la “coppola” uccide chi non si piega alle sue regole, invece quella dei “colletti bianchi” acculturata e che circola nei “salotti buoni” della società non si sporca le mani con il sangue, ma ti estromette dal sistema, decreta la tua morte civile. Esercita il suo potere con arroganza, lanciandoti messaggi subdoli del tipo: “Con me o contro di me. Se sei con me avrai dei privilegi, ma dovrai sempre obbedire ai miei ordini, coprire con menzogne le malefatte dei tuoi compagni e quando non te la senti di associarti al “coro” devi stare in silenzio dinanzi ad ogni forma di sorpruso o prepotenza a cui assisti. Fuori dal gruppo di appartenenza, sei, invece, libero di fare ciò che vuoi e ti sarà garantita l’impunità” Questa è la cultura mafiosa accettata come “normalità” da tante persone ritenute rispettabili!!!...
Ed è per questo che, a mio parere, gli abusi di potere e le conseguenti violenze psicologiche proliferano a tutti i livelli e anche dei perfetti imbecilli si permettono comportamenti che non adotterebbero, se non fossero certi di avere “le spalle ben coperte”: ad esempio l’impiegato che, prima di darti una semplice informazione di un minuto, ti fa aspettare una coda di ore, favorendo altre persone, oppure funzionari pubblici che, a fronte di legittime rimostranze, ti ripagano con il silenzio , oppure i giudici che, dinanzi a carte processuali che fanno emergere una serie di violenze psicologiche subite, insabbiano le cause per proteggere gli autori dei crimini, ecc. Insomma, l’abuso di potere che ti avvelena la vita, - costituito spesso da comportamenti quotidiani a cui “tanti” si sono abituati, prendendone esempio - è riscontrabile a qualunque livello e trova la sua massima espressione nell’arroganza del Potere, manifestata quotidianamente dai nostri governanti.
Il Potere inevitabilmente dà dei privilegi, poiché consente di fare ciò che altri non possono fare proprio perché non hanno potere. Ma il potere al servizio del bene pubblico, con i privilegi ad esso connessi, non dovrebbe essere esercitato per soddisfare interessi personali o del proprio gruppo di appartenenza, così come avviene nello scenario politico, a cui assistono, con senso di impotenza, quei comuni cittadini con schiena dritta, che scelgono la strada della Giustizia piuttosto che quella della vendetta personale. L’arroganza del potere si manifesta, infatti, con l’esercizio di azioni dannose per altri, ma strumentali ai propri fini e collegate alla certa impunità del proprio agire. Ne consegue che allorquando gli abusi di potere sono posti quali pilastri del gruppo sociale di cui si ha il comando, chiunque, prendendone esempio, può calpestare impunemente la dignità dell’altro, con la consapevolezza che tale atteggiamento non solo rimarrà impunito, ma, addirittura, è tacitamente incentivato. L’importante è non pestare i piedi al capo e rendersi complici silenziosi o difensori delle malefatte dei compagni di brigata… al di fuori del gruppo di appartenenza si ha massima libertà di agire impunemente!!! Ma chi comanda non può dormire sonni tranquilli, poiché si circonda di “mercenari” pronti a vendersi a chi promette maggiori privilegi!!! (continua...)

Silvana Catalano

Besugo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

Solidarietà alla Dott.ssa Nuzzi per il suo operato, precedentemente (sempre a salerno)aveva già avuto critiche su indagini da ella condotte a mio avviso bene su personaggi "GROSSI".Purtroppo però c'è anche da dire, il clima che si respira a salerno non è dei migliori, bisogna che gli operatori in primis denuncino anche la più banale delle "presunte" irregolarità affinche ci sia giustizia serena per tutti (consapevole che il nostro è un sistema convenzionale di ricerca della verità) Cordialmente JAKY

Anonimo ha detto...

Per chiarezza,il suo operato sempre limpido.Stima per la Dott.ssa NUZZI......Tratto da "osservatori sulla legalità e sui diritti".DA leggere.

http://www.osservatoriosullalegalita.org/06/inchieste/001burmasalerno.htm

Anonimo ha detto...

Molto interessante davvero l'articolo postato.
Purtroppo delle vicende salernitane se n'è sempre saputo ben poco, fuori regione, perfino quando il nome di De Luca è venuto prepotentemente alla ribalta come "candidato forte" da opporre (all'epoca) a Cosentino! (con la benedizione di Di Pietro).
Ora è anche più chiaro perché il vile attacco ai magistrati di Salerno sia stato condotto in maniera tanto bi-partisan (così come a suo tempo lo fu, altrettanto volgarmente e ferocemente, nei confronti della Forleo).
Mi rendo conto che forse quel che voleva essere un semplice post di solidarietà per la collega Nuzzi richi di apparire come una sorta di sfogo qualunquistico del tipo "tutti rubbano alla stessa maniera" ma mi sembra che i fatti narrati siano (purtoppo) inequivoci.
Purtroppo sia in politica che in magistratura è oggi assai in voga la questione morale...parlata ma assai poco quella praticata.
Anche l'esperienza delle candidature indipendenti al CSM, dopo uno slancio iniziale, pare non abbia avuto molto seguito perfino tra una base oppressa dalle degenerazioni del correntismo e dei collateralismi vari ma troppo incapace di fare qualcosa di meno acquiescente, perfino nel segreto di un'urna...
In questo contesto, dico la verità, il coraggio, la forza e la resistenza di persone come Gabriella Nuzzi mi appaiono come una sorta di miracolo laico!

Un abbraccio, Gabriella (e perdona il mio anonimato)

Gabriele Di Maio ha detto...

Finchè vi saranno magistrati animati da sentimento di indipendenza come Gabriella Nuzzi, la Magistratura sarà degna del ruolo che la Costituzione le assegna.