L’opinione pubblica è rimasta giustamente sconcertata dal comunicato con il quale la giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati aveva invitato, alcuni giorni fa, i dirigenti degli uffici giudiziari a “rallentare immediatamente” o “a sospendere” l’attività giudiziaria non urgente in mancanza di interventi normativi volti alla limitazione della medesima, in considerazione dell’andamento dell’epidemia e dell’esclusione del personale del comparto giustizia dal piano nazionale vaccinale.
Il documento ha anche
meritato le critiche unanimi degli organi di informazione che lo hanno interpretato
come una reazione al mancato riconoscimento ai magistrati di una priorità nelle
vaccinazioni anti Covid.
Le predette
reazioni hanno così indotto i vertici associativi ad un precipitoso tentativo di
rettifica del significato del comunicato ma non anche a rassegnare le
dimissioni che sarebbero state invece l’unico rimedio serio ad una iniziativa errata nel
metodo, nel merito e nella tempistica.
A distanza di
alcuni giorni dall'esplosione della polemica, una parte dei magistrati continua però
a sostenere che quella presa di posizione è stata non solo opportuna ma anche doverosa.
Possiamo trovare un chiaro esempio di questo atteggiamento nell’intervista rilasciata dal dott. Salvatore Casciaro - segretario generale dell'ANM nonché co-autore del comunicato incriminato - al Corriere del Mezzogiorno, pubblicata anche sul sito dell'associazione.
Spiace constatare
però che le dichiarazioni di questo autorevole esponente dell'ANM contengono alcune gravi inesattezze che rivelano l’intento di difendere, in modo invero alquanto
maldestro, l’operato dell’organo esecutivo della Associazione.
Talmente sorprendente, da aver fatto pensare ad un pesce d'aprile, è innanzitutto
l’affermazione del dott. Casciaro secondo cui con il comunicato “l'ANM si è
limitata a formulare una riflessione".
Basta infatti rileggerne il testo per rendersi conto che si è trattato di una sollecitazione ad attuare una forma di protesta davvero inusuale perché non avente carattere di sciopero in senso proprio ma di interruzione di pubblico servizio.
Si è trattato di una pensata del tutto inedita, di cui non si ha memoria nella storia dell’Associazione e della magistratura italiana.
Ma va decisamente smentita
anche l’ulteriore affermazione del segretario generale dell’ANM secondo cui il
precedente piano vaccinale prevedeva “in aggiunta al criterio anagrafico… il
mantenimento della continuità dei servizi essenziali più critici con la
somministrazione del vaccino a gruppi target di lavoratori, tra cui quelli della
giustizia”.
In realtà, il primo piano vaccinale del Governo (Decreto Ministero della salute del 2 gennaio 2021) non aveva citato espressamente il personale del comparto giustizia tra i servizi essenziali destinatari, in via prioritaria, della somministrazione del vaccino Astrazeneca ma aveva menzionato, come rientranti in tale categoria, esemplificativamente, il personale scolastico, forze dell’ordine, personale delle carceri e dei luoghi di comunità, ecc..
D’altro canto il
piano vaccinale nazionale non aveva fornito una definizione di servizi essenziali ed è stato per tale motivo che alcune regioni (Toscana, Sicilia e Veneto) avevano ricondotto a tale
categoria anche il personale degli uffici giudiziari e avevano iniziato a
vaccinarlo (si noti che la Toscana vi aveva inserito anche i giornalisti e gli avvocati, a
dimostrazione della opinabilità di quella espressione).
Se questo è l’antefatto allora probabilmente l’ANM ha sbagliato interlocutore perché avrebbe dovuto rivolgersi alle Regioni che non avevano seguito quella interpretazione piuttosto che richiedere al Governo una modifica della nuova versione del piano vaccinale, che è stata ampiamente giustificata dalla imprevista e persistente penuria di vaccini e dalla mancanza di copertura per le categorie di soggetti fragili.
Merita di essere
contraddetta anche la versione dell’ANM, con l'encomiabile eccezione dei membri del Cdc della lista art. 101, secondo cui l’iniziativa del comunicato
è stata assunta a tutela del servizio giustizia in generale.
Se questa fosse
stata davvero l’intenzione dei suoi vertici nel comunicato sarebbero stati
citati anche gli avvocati mentre che questi non fossero contemplati è
confermato dal fatto che, per poter vaccinare anche loro, dato il loro numero,
occorrerebbe un nuovo piano vaccinale, impensabile in questo momento, tanto più dopo il recentissimo provvedimento del commissario per l'emergenza Covid.
Come si può
sostenere allora che, vaccinando solo magistrati e personale di cancelleria, si
mette in sicurezza il comparto della giustizia?
Il numero di
persone non vaccinate che frequentano gli uffici giudiziari rimarrebbe comunque
elevato e, con esso, anche il rischio di contagio.
Del resto non è un caso se i sindacati del personale di cancelleria non hanno indetto nessuna forma di protesta dopo le scelte governative.
Volendo trarre un
bilancio da questa triste vicenda si può dire che l’approccio fin qui tenuto
dall’ANM rispetto al tema della tutela della salute nel settore della giustizia è condizionato dalla quella stessa autoreferenzialità che essa ha dimostrato di fronte allo scandalo di "Magistropoli".
Ha pensato infatti di poterlo superare individuando un capro espiatorio, che ha prontamente espulso dall'associazione, anziché dar corso ad una rapida ed approfondita attività di giustizia interna, che l'estensione dei fatti imponeva.
Così operando ha dimostrato di considerare l’indipendenza della magistratura una prerogativa dei magistrati
anziché una garanzia per i cittadini.
1 commenti:
Diceva Pasolini, "io so, ma non ho le prove". Di prove oggi c'è ne sono a bizzeffe, ma nessuno sa. Per esempio, i pubblici ministeri non sanno di essere giudici; quindi, indipendenti dalla politica e, soprattutto, non sanno di essere cosa diversa dalla polizia giudiziaria. Che sia questa la causa della "promozione" dell'ordine giudiziario da terzo potere in primo potere referenziale? Mi pare logico (nel "sistema" altro di Palamara) che fin dalla prima azione investigativa contro un membro del popolo sovrano, il giudice, pur essendo il punto di riferimento della guardia non può sottrarsi alle scrupolose garanzie in favore del ladro. Invece, ci ritroviamo pubblici ministeri che più che giudici somigliano a membri dei servizi segreti, per non parlare di altri, dediti al controspionaggio.
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