mercoledì 8 luglio 2020

ANM: se ne va chi non dovrebbe


Pubblichiamo, a malincuore, il pensiero di un magistrato che lascia l'ANM. Le motivazioni del suo abbandono coincidono, paradossalmente, con quelle che inducono alcuni di noi a rimanere (ancora) in quell'associazione. Pensiamo che se dieci persone stipulano un patto basato su valori traditi da nove di esse, siano proprio queste a doversene andare, anche se sono - tristemente - la maggioranza. Non devono averla vinta.





Lettera di recesso dall’Associazione Nazionale Magistrati ai sensi degli articoli 18 e 21 Cost.


Con la presente, manifesto la mia volontà irrevocabile di recedere con effetto immediato dalla A.N.M., per la seguente, a mio avviso, gravissima e assorbente ragione, dettagliata nei punti specifici che seguiranno.

Non ravvedo né sento, in questo momento storico, alcuna capacità rappresentativa nella A.N.M. rispetto alla mia visione della magistratura, del ruolo del magistrato, e dei valori più vasti in cui si iscrive lo svolgimento della giurisdizione.

I motivi del recesso sono, in specie, i seguenti:


1.La “vicenda Palamara” e il parere dei probiviri.
Le chat pubblicate da circa un mese a questa parte su vari giornali evidenziano un vero e proprio "sistema": noto a moltissimi magistrati, da moltissimi avversato, mal sopportato o subito. Come ogni sistema, le responsabilità individuali e collettive diventano fatalmente sovrapponibili, e il sistema - come nel peccato collettivo al quale si riferiva Paolo VI - quasi si nutre da sé, come ogni meccanismo nel quale l'erba buona e quella cattiva finiscono col costituire un solo fascio.
Che la A.N.M. abbia impiegato un anno per espellere il dott. Palamara, senza avanzare, da subito e contestualmente, alcun tentativo, alcun conato - nemmeno - per una vera analisi di quel sistema, è un fatto gravissimo.

2. La vicenda delle dimissioni dei consiglieri del C.S.M. intervenute a giugno 2019.
L'anno scorso l’A.N.M. invocava a gran voce assemblee distrettuali in tutta Italia e pretendeva, con documenti tanto vibranti, quanto, per come si spiegherà al punto 3, sostanzialmente inutili, le dimissioni di cinque consiglieri del C.S.M. presenti a una riunione in un hotel romano ove, alla presenza del dott. Palamara, e degli onorevoli Ferri e Lotti, si discorreva di chi nominare a capo della Procura di Roma e, forse, di Perugia.
Le dimissioni si verificarono praticamente nell’immediato (almeno per 4 su 5), sulla base di intercettazioni apparse per stralci di estensione diversa sulle principali testate nazionali, soprattutto il Corriere della Sera e Repubblica, quegli stessi giornali che, a distanza di un anno, a fronte dell’emersione di nuove e ampie conversazioni, sostanzialmente ritengono di dover serbare un silenzio pudico.
Le dimissioni dovevano segnare il volta-pagina della storia dell'associazionismo, degli assetti inquinati del e nel CSM, dei rapporti in parte patologici tra A.N.M. e C.S.M.
Molti tra noi magistrati, certamente chi scrive, erano ben consapevoli che non si voltava pagina proprio per niente, ma si attuava un meccanismo di identificazione del capro espiatorio, molto facile e, per certi aspetti, comodo. In effetti, l’unica pagina voltata a cui ho assistito consiste nel cd. cambio di assetti di maggioranza al C.S.M.
Perché le dimissioni erano chiaramente un’illusione (ad usare un eufemismo) circa la “svolta”?
Perché quella riunione nell’hotel romano era – lo sapevamo e lo sappiamo tutti - il precipitato di un sistema, che aveva trovato già piena espressione nelle “consiliature” precedenti. Perché 5 consiglieri sono stati silurati senza essere ascoltati, e a mezzo processi di piazza, contro ogni principio basilare di civiltà giuridica, senza che a ciò seguisse nemmeno un avvio di indagine sistemica su quanto era accaduto, sulle sue ragioni, sulle sue conseguenze.
Perché certamente almeno alcuni di quei consiglieri – per quanto direttamente so - avevano e hanno un curriculum professionale di tutto rispetto, gettato nelle immondizie in modo impietoso e iniquo, facendosi passare l’idea che le loro dimissioni sarebbero state l’inizio di un’era di purificazione del sistema.
Perché, a un anno di distanza, i probiviri (benché – a quanto emerge - non all’unanimità, ma a maggioranza) hanno proposto per tutti l'espulsione, adducendo come prova l'ordinanza cautelare contro il dott. Palamara: senza leggere e approfondire le posizioni specifiche dei 5 presenti, in altri termini, e dando così per presunta un’equivalente forma di partecipazione di tutti (coincidente con la presenza fisica), con un giudizio che a me pare sommario e improntato alla responsabilità solidale di gruppo, secondo un procedimento non degno di uno statuto associativo improntato a principi di libertà e solidarietà.
Dopo un anno, esigo qualcosa di più, perché ho necessità di sapere, di comprendere, di inquadrare i fatti, i loro antecedenti, i loro effetti sino ad oggi. Perché sono un cittadino e, inoltre e soprattutto, un magistrato..

3.Il silenzio dell’A.N.M. rispetto al sistema.
Riprendendo più diffusamente il motivo sub.1, registro con assoluto sgomento che, a differenza dello scorso anno, a seguito delle intercettazioni pubblicate, a partire dalle ultime settimane, su vari quotidiani, le quali stanno gettando un discredito profondissimo su tutta la magistratura agli occhi dell’Italia e all’estero, la A.N.M. ha ritenuto di serbare un sostanziale silenzio.
Ebbene: in quelle conversazioni il sistema è compiutamente delineato, nomi, anche di attuali consiglieri del C.S.M., emergono in collegamento a comportamenti obiettivamente gravi, prassi di consultazione e concertazione continuativa si stagliano con riferimento alla precedente “consiliatura”, così come a magistrati fuori ruolo impegnati in politica.
E l’A.N.M. cosa fa?
Nulla, a parte un timido comunicato, ma niente di paragonabile al Sommovimento Etico dello scorso anno.
Le risposte per questa condotta – che ho cercato di darmi in queste settimane di amarezza, tenendo conto certamente della difficoltà del momento e delle scelte spinose cui tutti siamo chiamati - possono essere tre:
a. I comportamenti emersi nel 2020 sarebbero molto meno gravi di quelli emersi nel 2019. E’ una risposta che ho ascoltato rispettosamente a vari livelli. Chi scrive, sempre rispettosamente, nutre delle perplessità sulla bontà di questo assunto ma, dandolo per buono, il punto è un altro: pur molto meno gravi, i comportamenti complessivamente emergenti dalle chat non sono degni neppure di aprire un dibattito vasto e serio, magari segnato da qualche assaggio di indignazione, sebbene certo meno vibrante di quella del 2019? Mi riesce difficile rispondere diversamente che: “sì, certo, lo sono”.
b. I comportamenti emersi nel 2020 richiederebbero accertamenti più approfonditi: se questa risposta fosse corretta, ciò dipenderebbe dall’insufficienza di mere chat trascritte per avviare procedimenti disciplinari e/o chiedere dimissioni e/o sollecitare commissioni di inchiesta, e così via. Se così fosse, allora chi scrive sarebbe felice di prendere atto che la A.N.M. abbia deciso di non svolgere più processi di piazza, per le condotte emerse in questi due mesi, e di attendere gli esiti delle più opportune e compiute indagini, di pertinenza delle diverse sedi istituzionali private e pubbliche. C’è un “ma”, tuttavia.
c. Ma, se è vero quanto rilevato sub.b, vorrei comprendere le ragioni di un trattamento così differenziato tra le reazioni vibranti e immediate del 2019 e le reazioni catatoniche del 2020: anche sposando la tesi sub. a) (i fatti sono meno gravi oggi di ieri), rimarrebbe la sensazione insuperabile – almeno a me rimane – che si sono adottati i più classici e intramontabili “due pesi e due misure”: mi sembra una differenza di trattamento talmente plateale da assurgere a una discriminazione grave e ingiustificabile, non rispettosa di principi cardine di adeguatezza e proporzionalità, che declinano quello generale e irrinunciabile di uguaglianza.

Per i motivi tutti indicati nei tre punti precedenti, che vanno considerati congiuntamente l’uno alla luce dell’altro, e non separatamente, ritengo che continuare ad appartenere a questa associazione nazionale magistrati mini taluni miei profondi convincimenti personali, di carattere etico, religioso e professionale, sì da rendere impossibile per me di farvi ancora parte. Ribadisco quindi la volontà di recesso immediato e la revoca conseguente della delega di pagamento della quota associativa.

È doloroso recedere dall'associazione, lo è molto.

La magistratura, mai come ora, ha bisogno di un radicale confronto, vero, libero, leale. Ma è evidente, ad avviso di chi scrive, che mancano le condizioni minime perché questo processo prenda avvio dall'attuale configurazione dell’A.N.M.

Ho atteso un anno, perché speravo in un anno di indagine, analisi e verità: ma le pagine che vedo scritte dall’associazionismo sono sempre più lontane da quella speranza.

Una A.N.M. credibile deve invece esigere subito una commissione di inchiesta interna all’associazione, composta di membri indipendenti, sulla sua storia, sul suo recente passato, sui suoi legami col C.S.M., e con la politica, così come dovrebbe sollecitare analoga commissione avente ad oggetto specificamente il C.S.M. (si pensi solo alle ombre che, di necessità, si allungano sulle nomine degli ultimi anni).

Una A.N.M. credibile deve subito chiedere agli iscritti che idea hanno di una nuova legge elettorale del Csm e di una riforma dell’ordinamento giudiziario, attualmente segnato da rischi endemici di carrierismo e gerarchizzazione, cercando di coinvolgere tutte e tutti con modalità nuove e vigorose.

Una A.N.M. credibile deve subito affrontare la questione del futuro della rappresentanza: ma non può farlo senza la ricostruzione del passato, analitica e seria, ponderata e aperta, e aderendo invece alla logica gruppal/dionisiaca del capro espiatorio.

Napoli, 22 giugno 2020

Eduardo Savarese
Magistrato in servizio presso il Tribunale di Napoli



4 commenti:

bartolo ha detto...

Secondo me , il degrado della magistratura è iniziato con le stragi dei poveri Falcone Morvillo Borsellino e rispettive scorte. La paura delle mafie ha spinto i ragazzini citati da Cossiga a fare antimafia vendicativa mentre i mafiosi, e Cossiga credo lo sapesse bene,si accingevano a governare questo paese vergognoso paese.

bartolo ha detto...

Ovviamente, Onore a Livatino, Che nulla c'entrava con i ragazzini ...e che è stato barbaramente assassinato da vili e vigliacchi infami mafiosi

bartolo ha detto...

Per quanto riguarda corriere e repubblica... Signor membro dimissionario della ANM , non da ora sono funzionali al sistema , e non era neppure tanto difficile rilevarlo. Poveri noi , popolo intendo

francesco Grasso ha detto...

In linea di massima, è vero, sono i 9 che dovrebbero andare via. Nel caso in questione ha ragione il dott. Savarese. Purtroppo non andranno via mai e determineranno altri danni gravissimi. L'ANM dovrebbe essere sciolta immediatamente e fare delle riunioni permanenti per una prossima adeguata ricostruzione. Poiché non è possibile scioglierla l'unico rimedio possibile è che le persone che non gradiscono quanto accaduto si dimettano e formano una struttura di controllo su quella rimasta, e di rifondazione di una nuova..