domenica 31 maggio 2020

Le parole che non ti ho detto

di Andrea Reale, Magistrato 


Condivisibile e chiaro il pensiero del Capo dello Stato nel comunicato emesso il 29 maggio 2020sulle vicende inerenti al mondo giudiziario”.

Nel ribadire “grave sconcerto e riprovazione per quanto emerso” e nel propugnare riforme legislative volte a restituire  “il prestigio e la credibilità incrinati da quanto appare, salvaguardando l’indispensabile valore dell’indipendenza della Magistratura”, il Presidente della Repubblica ha evidenziato che non  vi sarebbero le condizioni per lo scioglimento dell’attuale Consiglio Superiore della Magistratura, auspicando gli interventi riformisti  del Governo e del Parlamento. 

Ha specificato che un eventuale provvedimento del genere avrebbe l’effetto di rallentare i tempi della giustizia disciplinare, frattanto attivatasi nei confronti di alcuni consiglieri accusati di condotte disciplinarmente rilevanti.

Ha sottolineato, infine,  l’inopportunità di pronunciamenti in ordine a certe affermazioni fatte da singoli magistrati nei confronti di esponenti politici.


Ci sono altre cose che il Presidente non ha detto o che non può dire, comprensibilmente, ma che, secondo il pensiero di molti,  necessiterebbero di un Suo autorevole  intervento.

Il Presidente Sergio Mattarella non dice - o non può dire - che alcuni consiglieri del Quirinale  risultano oggetto di conversazioni imbarazzanti tra ex componenti togati del CSM, i quali  ventilerebbero persino  interferenze di uno di essi nell’attività di autogoverno.

Il Presidente non dice, o non può dire, che il Suo attuale facente funzioni da Vice Presidente dentro il CSM, rappresentante dell’intero organo di governo autonomo, secondo le ultime rivelazioni giornalistiche tratte dalle  famigerate captazioni, sarebbe proprio il primo figlio incestuoso di quell’accordo scellerato tra due gruppi associativi (Unicost e Magistratura Indipendente, ossia quelli che avevano appena conquistato  la “maggioranza” dentro il CSM), visto che avrebbero organizzato, attraverso i loro “capicorrente” -ormai estranei all’organo di autogoverno-  la riunione che  avrebbe sancito la convergenza dei voti in Consiglio per la sua elezione.

Non si vede perché l’incontro in un luogo ed in un orario che nulla avevano a che fare con le funzioni istituzionali consiliari, tra esponenti di magistrati rappresentativi delle correnti (uno dei due frattanto prestato alle funzioni di parlamentare in conto PD), possano essere trattate in modo diverso rispetto all’incontro presso l’hotel Champagne del maggio dell’anno successivo.

Quello che il Presidente della Repubblica non dice o non può dire è che almeno altri tre consiglieri attuali risultano coinvolti dalle ultime conversazioni pubblicate e  che le loro condotte sembrerebbero integrare evidenti illeciti deontologici, se non disciplinari, minando ulteriormente  il prestigio e la credibilità dell’Istituzione, dimostrando che gli stessi fossero pienamente addentro alle dinamiche correntizie spartitorie e/o clientelari che il Capo dello Stato continua a deprecare.

Qualcuno ha  auspicato che Egli avrebbe dovuto convocare il Suo Vice presso il Consiglio Superiore e gli altri componenti coinvolti dalle ultime intercettazioni, al fine di chiedere loro conto e ragione delle condotte emergenti dalle conversazioni che li riguardavano, impetrando magari un gesto di responsabilità istituzionale per il bene dell’Organo e della sua credibilità ferita.
  
Quello che il Presidente della Repubblica non  dice, o che non può dire, è che  i procedimenti disciplinari che dovrebbero essere velocemente condotti a termine nei confronti dei magistrati coinvolti, a livello ministeriale vengono gestiti da un ufficio presieduto da un magistrato in grande confidenza con Luca Palamara ed anche lui ben addentro alle logiche correntizie.

Quello che il Capo dello Stato non dice, o che non può dire, è che anche i procedimenti disciplinari di iniziativa della Procura generale presso la Corte di Cassazione verrebbero istruiti e studiati da un ufficio il cui vertice è stato  direttamente coinvolto (persino  costretto alle dimissioni nel 2019) e che tanti altri suoi esponenti risultano frutto delle nomine “a pacchetto” dei gruppi che governano l’ANM ed il CSM (taluni già screditati da altre  conversazioni  con Palamara pubblicate in questi ultimi giorni).

Per non dire che anche la sezione disciplinare dell’attuale CSM,  a parte i casi di evidente incompatibilità di alcuni membri, sarebbe composta da persone la cui credibilità ed autorevolezza è fortemente appannata dal contenuto di talune captazioni.

Appare del tutto inopportuno, inoltre,  che continui a sedere nella commissione incarichi direttivi del CSM colui o coloro che hanno dimostrato interessenze per appartenenza correntizia o la piena condivisione del sistema clientelare di spartizione dei posti apicali con i propri sodali o con quelli di altri gruppi.

Quello che il Presidente non  dice, o che non può dire, infine, stavolta sotto altro profilo, è che i disegni di legge di iniziativa governativa,  o in discussione tra i gruppi parlamentari, sembrano provenire dall’attuale Ministro della Giustizia, che si è circondato in questi anni di magistrati al 95% (per salvare solo qualche rarissima eccezione) espressione delle  correnti, non  ultimo il nuovo capo di gabinetto nominato  dopo quello che si è dimesso a causa dei colloqui con Palamara , che lo vedevano intento a “piazzare” chiaramente i suoi sodali al Ministero.

E che i progetti di legge che sono in fase di gestazione risultano chiaramente palliativi del tutto insignificanti e privi di qualsiasi efficacia contro il problema da debellare, una vera e propria “fuffa”, perché dettati dal compromesso nefasto, al ribasso,  che il Governo ha continuato a portare avanti con la forza politica alleata e con  le correnti di magistrati ad essa collaterali.

Se il progetto di nuova legge elettorale per il CSM è quello descritto nei quotidiani in questi giorni esso, infatti,  costituirebbe un tipico esempio di “frode delle etichette” ed uno strumento incredibilmente portentoso per rafforzare il peso del correntismo a livello territoriale (dove più si può manifestare  l’influenza dei gruppi sulla “carriera” dei singoli  magistrati).

Specialmente dopo che le due tornate di elezioni suppletive, a seguito delle dimissioni di alcuni consiglieri nel giugno dell’anno scorso, hanno già dimostrato l’indifferenza delle correnti al monito del Presidente della Repubblica di “voltare pagina” e la loro ingordigia nell’accapparramento delle poltrone di Palazzo dei Marescialli, anche dopo scandali come quello in questione.
   
In conclusione è vero che il Presidente non ha i poteri che gli consentano di sciogliere immediatamente il Consiglio o di orientare le scelte politiche.

E’ vero: non ha certi  poteri.

La moral suasion, però, rimane una Sua prerogativa, e, talvolta, essa è determinante.

3 commenti:

Salvatore Cantaro ha detto...

Stupisce che il Presidente della Repubblica non abbia ancora allontanato dal Quirinale i magistrati che lo coadiuvano e risultati in rapporti con Palamara. Salvatore Cantaro

Anonimo ha detto...

Il fondo è stato toccato. I cittadini inorridiscono alla scoperta di metodiche della peggior politica all'interno dell'istituzione che vorrebbero integerrima. E di ciò approfittano coloro che da sempre mirano a delegittimare i Magistrati onesti. Non è solo la riforma del CSM che potrà riportare indietro le lancette. Ciò che veramente occorre è una rivolta morale della categoria contro lo strapotere delle correnti e dei loro capi. Un sussulto di coraggio che prosciughi tutta questa me...lma! Guglielmo Trovato

bartolo ha detto...

Quello che serve è ritrovare l'umanità ... La magistratura non ha questa funzione , ma ha contribuito tanto a farla perdere