venerdì 22 maggio 2020

Magistratura senza etica

di Francesco Bretone - Magistrato


Non ci può essere società senza giustizia. Non c’è potere più grande di quello di un giudice.
Già Aristofane ( “Le Vespe”)  lo aveva capito: “Se nel testamento un padre affida a qualcuno la figlia ereditiera, noi mandiamo a farsi fottere il testamento e il sigillo messovi sopra con tanta pompa e la ragazza la diamo a chi ci persuade con le suppliche. E di tutto questo non dobbiamo rendere conto a nessuno. Nessun potere sta alla pari del nostro.". 

Le democrazie hanno questo di differente dai regimi, proteggono l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario, baluardo allo strapotere politico. 
I nostri padri costituenti fecero lo stesso,  crearono il Consiglio Superiore della Magistratura, che in forma autonoma rispetto alla politica (rappresentata solo per 1/3 dei membri) decidesse sull’intera vita del magistrato ( carriere, trasferimenti, procedimenti disciplinari ecc).
Un potere (rectius ordine) autonomo (la magistratura) che non deve rendere conto a nessuno e che si autogestisce tramite il C.S.M.

Quale è allora il contrappeso a questo potere? 

La legge certo, ma non basta. 
L’equilibrio dei giudici, ma non basta. 
Se ti ergi ad arbitro dei comportamenti altrui devi essere credibile e sei credibile se i tuoi comportamenti affondano le radici nell’etica.
Non a caso tra i  valori e principi fondamentali del codice etico, approvato dall’A.N.M. nell’anno 2010, all’art. 1  c’è il disinteresse personale.  

Nella vita sociale il magistrato si comporta con dignità, correttezza, sensibilità all'interesse pubblico.
Nello svolgimento delle sue funzioni, nell'esercizio di attività di autogoverno ed in ogni comportamento professionale il magistrato si ispira a valori di disinteresse personale, di indipendenza, anche interna, e di imparzialità.


Il senso è ovvio; se aspiri a far carriera, se aspiri a realizzare i tuoi interessi personali perdi quell’equilibrio e quel distacco necessario per giudicare gli altri.

Il principio è tanto importante che viene ribadito all’art. 10 - Obblighi di correttezza del magistrato

Il magistrato non si serve del suo ruolo istituzionale o associativo per ottenere benefici o privilegi per sé o per altri.
Il magistrato che aspiri a promozioni, a trasferimenti, ad assegnazioni di sede e ad incarichi di ogni natura non si adopera al fine di influire impropriamente sulla relativa decisione, né accetta che altri lo facciano in suo favore.
Il magistrato si astiene da ogni intervento che non corrisponda ad esigenze istituzionali sulle decisioni concernenti promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di incarichi.

Non sei più libero se chiedi un favore perché dovrai ricambiare. Non sei più libero se pensi alla carriera perché la tua azione e decisione sarà compromessa dal tuo interesse personale.
Sentire frasi del tipo “che li piazziamo a fare i nostri” è inquietante. Chi sono i nostri? Perché li consideri nostri? I “nostri” sono giudici liberi o ti appartengono?
La magistratura, come la cronaca ci insegna,  ha perso la sua etica proprio nell’organo più rappresentativo, e  sbaglia chi crede che ciò riguardi solo i magistrati. 
Riguarda lo Stato di diritto e tutti i cittadini.
Sostituire ai principi di correttezza, trasparenza, buon andamento e imparzialità ( che dovrebbero guidare ogni procedimento amministrativo e ancor di più un organo di rilevanza costituzionale) quello di appartenenza alle correnti, spartirsi ogni carica pubblica (direttivi, semi-direttivi, posti al Ministero, alla Scuola della Magistratura, ecc ecc.) in base al principio dell’appartenenza ad una corrente, è una violazione della costituzione, è un tradimento dei valori sui quali si è giurato, è cosa che offende, non solo i magistrati, ma ogni cittadino.
Le correnti sono diventate solo centri di gestione del potere, e non più serbatoi di idee come erano nate e come oggi si vuole ancora far credere.
La gestione del potere non ha etica.
L’appartenenza non ha etica. 
Senza etica non si è degni di giudicare gli altri, né di decidere (CSM) sulla vita di chi giudica. 
Tutti coloro che hanno avuto incarichi direttivi, semi-direttivi e ogni altro posto con queste logiche sono magistrati liberi o “appartengono”?
Fa specie che ancora oggi, invece di fare autocritica, importanti personaggi rivendicano questi comportamenti come corretti.
Un CSM ridotto a terreno di conquista tra bande rivali (sempre in grado  comunque di raggiungere un accordo, tu piazzi il mio che io piazzo il tuo) è un pericolo per lo stato di diritto, per la democrazia e mina alla radice proprio quell’autonomia e indipendenza dei magistrati che dovrebbe difendere.
Non vi è altra soluzione per ridare credibilità al C.S.M. che liberarlo dalle correnti cambiando la legge elettorale introducendo il sorteggio secco o temperato che sia.
Se le correnti sono contrarie al sorteggio il motivo è semplice, il loro potere sarebbe azzerato nella frazione di un attimo.

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