giovedì 7 maggio 2020

Finalmente risolto il dilemma della mancata designazione di Di Matteo al DAP.

E’ di queste ore la polemica scaturita dalle dichiarazioni rese in diretta televisiva da Antonino Di Matteo e dalla imbarazzata replica del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
In sintesi: secondo Di Matteo Bonafede non tenne … fede alla proposta di destinarlo al DAP.
Nel volgere di poche ore da quell’offerta, infatti, quel posto venne destinato ad altri e nel frattempo erano emerse intercettazioni di delinquenti che vedevano con grande preoccupazione il conferimento a Di Matteo dell’incarico di direttore degli affari penitenziari.
Il Ministro si è detto sdegnato dell’allusione ed ha smentito nettamente di essersi fatto condizionare dalla volontà dei delinquenti intercettati.
E c’è sicuramente da credergli perché l’ipotesi contraria sarebbe davvero preoccupante.
Ma se non è stato quello il motivo del  ripensamento resta allora il dilemma della sua origine.
Una qualche interferenza, dunque,  deve esserci stata.
E’ di ieri un comunicato dell’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) che nel suo Statuto ha scopi di tutela dell’indipendenza della magistratura e non certo quello di censore del singolo magistrato per condotte estranee all’ambito della sua professione.
Ebbene in quel comunicato l’ANM  - esorbitando platealmente dai suoi compiti statutari e quindi in rappresentanza di nessuno se non di sé stessa - prende all’evidenza le parti del Ministro e suona come una reprimenda nei confronti di Di Matteo:  “Per i magistrati della Repubblica, ferma la libertà di comunicazione e manifestazione del pensiero, è sempre doveroso esprimersi con equilibrio e misura, valutando con rigore l’opportunità di interventi pubblici e le sedi ove svolgerli nonché tenendo conto delle ricadute che le loro dichiarazioni, anche per la forma in cui sono rese, possono avere nel dibattito pubblico e nei rapporti tra le Istituzioni. Ciò è richiesto a tutti i magistrati, ancor di più a coloro che fanno parte di organi di garanzia costituzionale.”
Secondo quei pochi magistrati al vertice dell’ANM, dunque, Di Matteo è stato inopportuno.
Ma allora la colpa è del maggiordomo! Come nella migliore tradizione giallistica, del resto.
E’ un fatto notorio che gli incarichi ministeriali che riguardano i magistrati vengano concordati proprio con l’ANM che pretende di lottizzare il ministero al pari di ogni altro incarico interno alla carriera magistratuale. 
La liaison tra il Ministro e l’ANM è molto verosimilmente alla base dello storno del posto al DAP in danno di Antonino Di Matteo.
Del resto quel ripensamento del Ministro Bonafede non è isolato.
Non è un caso che egli, originariamente fautore del sorteggio per la selezione dei magistrati da mandare al Consiglio Superiore della Magistratura, abbia poi colto l’occasione del congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati per annunciare – indovinate un po’ -  di averci  … ripensato, così definitivamente entrando nelle grazie delle correnti della magistratura assai riconoscenti per la conservazione dell’immondo potere di gestire in modo clientelare la carriera dei magistrati.
                                                              Nicola Saracino  - Magistrato

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