"Le conversazioni di Luca Palamara e il misero spaccato che ne emerge non hanno nulla a che fare con la magistratura italiana, vera parte lesa di questa tragedia. E la narrazione di un sistema che non definirei di autogoverno, ma di autocontrollo della magistratura: oligarchico, deviato e destabilizzante”.
Gabriella Nuzzi è giudice del tribunale del Riesame a Napoli. Nel 2009, mentre da pm a Salerno indagava sulle inchieste avocate a Luigi de Magistris dalla procura di Catanzaro, fu punita dal Csm insieme con i colleghi Luigi Apicella e Dionigio Verasani. La loro “colpa”: sequestrare atti che i colleghi di Catanzaro non consegnavano. L’Anm guidata da Palamara in quei giorni dichiarò che il sistema era sano : aveva gli “anticorpi”
Giudice Nuzzi, oggi il “sistema” Palamara è nella bufera: cosa ne pensa?
Siamo di fronte alla delegittimazione dell’intera istituzione giudiziaria. Palamara parla di sé quale “mediatore”, insieme con altri, di un sistema in grado di trasformare, in formali delibere, accordi sulla vita professionale dei magistrati, perfezionati fuori dalle regole e dalle sedi istituzionali, talvolta con la partecipazione di politici indagati. È inquietante e inaccettabile in uno Stato di diritto. Non parliamo solo di nomine ai vertici degli uffici giudiziari ma anche dell’esercizio della giurisdizione disciplinare che da 12 anni si presta a essere un “sistema” di annientamento istituzionalizzato dei magistrati “scomodi”.
L’Anm espelle Palamara: è sufficiente?
Non è stata ancora definita la sua posizione disciplinare né ancora adottate iniziative per gli altri magistrati protagonisti delle interlocuzioni documentate nelle chat che, se pure non penalmente rilevanti, appaiono deontologicamente riprovevoli: è una giustizia disciplinare strabica. Adotta pesi e misure diverse a seconda di contingenze e appartenenze.
Come siamo arrivati a questo punto?
L’origine risale al 2006 quando si introduce un’eccessiva discrezionalità nelle nomine dirigenziali e la nuova legge sulla responsabilità disciplinare. Dal quel momento l’associazionismo giudiziario si trasforma in consociativismo: messe da parte le connotazioni ideologiche, le correnti si trasformano in un’entità indistinta, che privilegia la lottizzazione delle cariche, in grado di assicurare il mantenimento degli equilibri interni sul territorio nazionale. L’appartenenza alle correnti apre poi la scalata alle cariche direttive dell'Anm, che poi spalancano le porte al Csm in un circuito perverso che si autoalimenta senza fine, mortificando ed emarginando i magistrati che ne sono estranei. Non c’è spazio per altro.
È possibile che l’unico responsabile sia Palamara?
C’è una responsabilità della magistratura nel suo complesso, per l’indolenza nel cogliere gli effetti malevoli di questo sistema e adottare i rimedi più adeguati. Ma la responsabilità collettiva non può cancellare quelle individuali di cui si deve essere chiamati a rispondere. Aggiungerei che dalle conversazioni pubblicate emerge anche un fenomeno ben più inquietante : una sorta di massoneria politico-giudiziaria, che offre una nuova chiave di lettura a gravi vicende che hanno segnato la storia giudiziaria degli ultimi 12 anni. Un fenomeno che non è frutto della mente visionaria di “cattivi magistrati” ma purtroppo esiste, si nutre delle deviazioni del consociativismo politico-giudiziario e miete vittime innocenti. Anche su questo sarebbe necessario fare chiarezza nelle sedi istituzionali competenti.
Palamara sarà il capro espiatorio?
Palamara ha dichiarato di avere la toga nel cuore
e di voler raccontare la verità. Da magistrato lo esorto a tener fede al
giuramento sulla Costituzione. Assuma le proprie responsabilità e ricostruisca nelle sedi istituzionali competenti tutte le
nefandezze di cui è a conoscenza: nomi, cognomi e vicende, a partire da quelle
compiute nei confronti di de Magistris e dei magistrati di Salerno, sino alla
vicenda Consip. Altrimenti le sue parole sembrano sinistri messaggi a chi, di
quel sistema, si è avvantaggiato e ne costituisce tuttora parte integrante.
1 commenti:
E SI' ! non glielo hanno permesso.
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