Probabilmente non è chiara, a troppi, la portata devastante della filosofia sposata dalla Procura Generale della Cassazione sul tema della raccomandazione in magistratura, come in altri settori dell’agire pubblico.
La permissività fatta propria dalla Procura Generale, oltre a lanciare un segnale di pessimo auspicio anche per la pubblica amministrazione in generale, compromettendone i valori fondamentali dell’efficienza e dell’imparzialità, lascia spazio libero alle consorterie, nei casi più gravi alle massonerie libere di penetrare nei gangli del sistema con estrema facilità.
Le persone inclini alla raccomandazione sono, per la pubblica amministrazione e per la giurisdizione in particolare, dei soggetti “deboli” perché intrinsecamente inidonei ad incarnare il valore dell’imparzialità.
Anelli deboli di una catena resa, così, insicura.
Ammettere, come prassi comune, quella della raccomandazione in magistratura, addirittura perdonarla anche nei casi più gravi, è, in definitiva, un’operazione inguardabile: essa non recupera un solo millimetro di quella credibilità perduta che il Procuratore Generale additava quale principale problema del "sistema" scoperchiato da Luca Palamara.
Come temevamo, chi s’occupa dell’immagine ed accantona i problemi non rende un buon servizio alla causa.
Ed oggi l’immagine di legalità s’attaglia al dott. Luca Palamara ben più che al sistema da lui lasciato per via di un trojan, ma che sembra sopravvivergli.
Presso l’opinione pubblica è oramai proprio il “reprobo” Palamara ad apparire l’unico sinceramente interessato alla causa della giustizia, ad indicarne i problemi per individuare soluzioni.
Tutti gli altri, quelli che nel sistema sono rimasti, continuano a lisciarsi la pelle per apparire meno brutti di quanto ormai tutti non vedano.
E’ impossibile non comprendere che un magistrato aduso alla raccomandazione è a sua volta ben disposto a riceverne, a subire le pressioni ed a soddisfarle quando ciò gli convenga per interesse egoistico o della consorteria alla quale appartiene.
Ed il magistrato decide processi, anche molto importanti per la collettività.
Non si lasciano gestire a soggetti poco raccomandabili.
Se l’opinione pubblica è indotta a confidare in Palamara quale paladino anti-sistema, a fronte del dichiarato immobilismo della magistratura incapace di emendarsi da sé, vuol dire che l’operazione “immagine” messa in campo ha già lasciato macerie.
3 commenti:
Condivido in modo assoluto, ma, evidentemente, come per le riforme nel tempo supinamente accettate ed ipocritamente indicate come la causa di questo immenso e pervasivo MALE, la continuità imposta a tutti è più importante dell'affermazione di principi ineludibili.
Catia Summaria
Palamara presenta ricorso per cassazione. Sezioni unite civ. 8 motivi; 90 pagine. Ovviamente si eccepisce la mancata ricusazione Davigo e soprattutto la mancata ammissione dei testi in violazione di normativa CEDU. Purtroppo, quest'ultimo motivo, che tanto, abbiamo deprecato, immediatamente, è quello si sarebbe potuto evitare.
È consolante leggervi
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