domenica 23 novembre 2008

L’insostenibile doppiezza di Angelino Alfano



di Daniele Della Bona


da Micromegaonline del 13 novembre 2008


“La mafia è sempre equivalente alla morte e alla barbarie assoluta: uccide gli uomini, la speranza del futuro e la dignità dei vivi [...] Con il pacchetto sicurezza e con le ulteriori norme che abbiamo approvato e che ci apprestiamo ad approvare abbiamo messo in campo una straordinaria offensiva antimafia come ai tempi di Falcone […] Maroni si conferma un campione dell’antimafia e noi siamo uniti come giocatori di un’unica squadra che si chiama Stato” (Angelino Alfano, 10 novembre 2008).

Le parole di Alfano sono inequivocabili: lotta senza quartiere alla mafia.

Non è il primo intervento in questa direzione dell’enfant prodige di Forza Italia nei confronti del fenomeno mafia: il suo primo atto da ministro della giustizia fu la firma di diversi provvedimenti per il 41 bis, il regime di carcere duro per i mafiosi.

Poi, diramazione di circolari per rendere più restrittivo il regime carcerario e difficoltose le comunicazioni dei boss detenuti. Presenza fissa alle commemorazioni delle vittime di mafia: Borsellino, Falcone, Dalla Chiesa, Don Puglisi. Tributati e commemorati con queste parole:

“Oggi è un giorno di dolore, ma anche di speranza” (Angelino Alfano il giorno dell’anniversario della morte di Borsellino, 19 luglio 2008).

“Ventisei anni fa è stato assassinato il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, simbolo della lotta dello Stato contro l’antistato […] decise coraggiosamente di andare avanti, a rischio della propria vita e di quella dei suoi cari, mosso unicamente dal senso del dovere e dalla forza interiore che solo un profondo e radicato attaccamento ai principi di legalità e giustizia può infondere” (Angelino Alfano, 3 settembre 2008).

“A distanza di quindici anni, il ricordo di don Pino Puglisi, della sua alta figura morale e della sua coraggiosa testimonianza cattolica, costituiscono per la società civile siciliana, e non solo, un’occasione per dimostrare che l’antistato, il ricatto e la paura possono essere sconfitti […] Non si illudano gli assassini di oggi e di ieri - per una voce stroncata con un colpo alla nuca, altre migliaia si sono alzate, libere e unite nel gridare con forza il loro no alla mafia, alla violenza e alla morte” (Angelino Alfano, 15 settembre 2008).

“Io andavo alle elementari, dalle suore Ancelle Riparatrici, quando la mafia ha ucciso Mattarella. Ero alle medie quando hanno sparato a Dalla Chiesa e al ginnasio quando hanno ammazzato Chinnici. La mia generazione ha un vaccino culturale antimafia” (Angelino Alfano, “Il Corriere della sera magazine”, 31 luglio 2008).

Tutto normale e lodevole, se non fosse che Alfano concilia a queste parole altre meno lusinghiere in difesa di Marcello Dell’Utri: braccio destro di Berlusconi, già condannato in via definitiva per false fatturazioni e frode fiscale, sotto processo per estorsione mafiosa, imputato a Palermo in appello con l’accusa di aver organizzato, insieme a falsi pentiti, accuse al fine di screditare veri pentiti di mafia.

Ma, soprattutto, Dell’Utri è stato condannato in primo grado a nove anni con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

La sentenza dell’11 dicembre 2004, emessa dal tribunale di Palermo, inchioda Dell’Utri per «episodi ed avvenimenti dipanatisi nell’arco di quasi un trentennio, e cioè dai primissimi anni settanta fino alla fine del 1998» che comprovano «contatti diretti e personali» con esponenti di Cosa Nostra e il ruolo «di costante mediazione... tra quel sodalizio criminoso, il più pericoloso e sanguinario nel panorama delle organizzazioni criminali operanti nel mondo, e gli ambienti imprenditoriali e finanziari milanesi con particolare riguardo al gruppo Fininvest» […] «consentendo ... che Cosa Nostra percepisse lauti guadagni a titolo estorsivo dall’azienda milanese facente capo a Berlusconi, intervenendo nei momenti di crisi tra l’organizzazione mafiosa ed il gruppo Fininvest ... e promettendo appoggio in campo politico e giudiziario».

Pertanto, scrivono i giudici, la pena per Dell’Utri «deve essere ancora più severa ... dovendosi negativamente apprezzare la circostanza che l’imputato a voluto mantenere vivo per circa trent’anni il suo rapporto con l’organizzazione mafiosa (sopravvissuto anche alle stragi del 1992 e1993)».

Cosa ne pensa il paladino dell’antimafia Alfano?

“E’ una delle sentenze cui il giudizio su una persona è l’opposto dell’opinione che tantissimi, e io per primo, hanno di lei. Una sentenza che produce questo risultato, inquieta. Noi lo consideriamo da sempre [Dell’Utri, ndr], colto, sensibile, innocente” (Angelino Alfano,14 febbraio 2005, “Il Giornale”).

Avete capito bene: ciò che inquieta Alfano è che la condanna sia difforme dal giudizio suo e di molti su Dell’Utri, non che emergano fatti e circostanze agghiaccianti sui rapporti mafia-Dell’Utri.
Parole salvifiche anche per Salvatore Cuffaro, l’ex governatore della Sicilia condannato in primo grado per favoreggiamento di alcune persone legate a Cosa Nostra.

“Nessuno, proprio nessuno, in Forza Italia, ha chiesto le dimissioni di Cuffaro” puntualizza Angelino all’indomani della condanna a cinque anni emessa dal tribunale di Palermo.

E che dire del filmato che ritrae Alfano nel 1996 abbracciare e baciare, al matrimonio di Gabriella Napoli e Francesco Provenzani, il padre della sposa, Croce Napoli, titolare di una fedina penale di tutto rispetto: arresto per associazione mafiosa, concorso in sequestro di persona, in omicidio e indicato dagli investigatori come «capo dell’omonima cosca mafiosa facente capo a Cosa nostra, operante in Palma di Montechiaro e nei centri limitrofi».

Beh niente male.

Che cosa dice Alfano? Prima nega ogni suo coinvolgimento: “Io non ho mai partecipato a matrimoni di mafiosi o dei loro figli, non conosco la sposa, Gabriella, né ho mai sentito parlare del signor Croce Napoli. Non ho nessuna memoria o ricordo di questo matrimonio”.

Poi però, visto che le immagini parlano da sole, il giorno seguente ritratta la versione: “Adesso ricordo, adesso che ho appreso altri particolari su quel matrimonio, ricordo di esserci stato, ma su invito dello sposo e non della sposa. A quel matrimonio fui invitato dallo sposo, mio conoscente. Non conoscevo la sposa, men che meno suo padre che, ovviamente, mi fu presentato lì quale suocero dello sposo e che, solo adesso, apprendo essere tale Croce Napoli di cui nella mia vita ho sempre ignorato l’esistenza. Purtroppo la Sicilia è una terra difficile e martoriata dove, qualche volta, anche l’ educazione e la cortesia di consegnare personalmente un regalo a uno sposo felice può produrre fastidiosi effetti collaterali”.

Niente di penalmente rilevante ovviamente e va aggiunto che può capitare forse a chiunque, magari non dovrebbe accadere a un deputato regionale (la carica ricoperta all’epoca da Alfano) in Sicilia.

Ma niente, come al solito la doppiezza della politica, che sul palcoscenico mostra la faccia bella e dietro le quinte fa disinvoltamente tutto e il contrario di tutto, non trova alcuna condanna sociale.

Nessuna indignazione, nessuno stupore come se ormai fosse normale, peggio ancora naturale, che i politici siano pubblici mentitori e che ciò che fanno, in fondo, conti meno di ciò che dicono. Credo, invece, dovrebbe essere vero il contrario.



12 commenti:

Anonimo ha detto...

Non sono presuntuoso, lo sostengo da un ventennio, aevo 26 anni: "la mafia sparisce solo perché si affogherà da sola". E' quello che sta succedendo: a furia d'impedire alle persone di qualità di assurgere ai vertici politici!

Anonimo ha detto...

In effetti, l'episodio del matrimonio non mi sembra tanto grave, a fronte di frequentazioni ben più gravi e radicate, come quella che coinvolge ad esempio Salvatore Cintola.

@Anonimo delle 14:44:
Non ho capito bene cosa intende.
Per come la vedo io, mi sembra ben lungi dall'affogare la mafia, vista la poca gente per bene che ci ritroviamo in Parlamento. Credo anzi che gente così possa essere un bene per l'organizzazione. Se ci fosse più gente per bene, secondo me, solo allora forse si stringerebbe il cappio attorno a cosa nostra.
Sarebbe così gentile da chiarirmi il suo pensiero? La ringrazio.

Anonimo ha detto...

Gentile Real_Gone,
Cerco di farlo con un po di folclore sperando di non rendere ancora più complicato il mio pensiero!
Vivo in un territorio considerato ad alta intensità 'ndranghetistica (falso) ed anni fa, cercando sempre di capire cosa fosse questa indegna organizzazione criminale, ho chiesto ad un personaggio che molti, ed anch'io, considerano intellettuale, perché i nostri territori (in particolare quello dello basso jonio reggino) erano così miseri e degradati, nonostante le loro bellezze paesaggistiche, naturali e storiche! Vedi, mi ha risposto, fai una statistica dei sindaci che da rc via via sono a capo dei comuni che costeggiano la costa interessata: tutti "cornuti"! Ecco, la risposta alla tua domada! Poi mi ha spiegato: più forte sono le cosche mafiose sul territorio, più sono aggredite dallo Stato e più più quel territorio sarà degradato e senza dignità; in quanto, quando il boss non riesce in proprio a rappresentare le istituzioni è costretto a rivolgersi alle teste di legno (i cosiddetti "cornuti")!
Avevo allora 26 anni ed ho pensato: così facendo la mafia si disintegrerà, perché pian piano i "cornuti" arriveranno in Parlamento e saranno conosciuti da tutti per quello che sono realmente e finalmente neutralizzati con il conseguente affogamento della mafia!
b

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Beh, caro Bartolo, questa volta non ti seguo, perchè è impossibile accettare la logica del tuo ragionamento.
Le varie mafie secondo te spariscono da sole, perchè i suoi uomini (chiamiamoli così per semplice eufemismo) sono tutti d'un tratto fulminati sulla via per Damasco come Paolo di Tarso ?
Non crederai seriamente queste cose ?
La spiegazione che ti venne data "più forte sono le cosche mafiose sul territorio, più sono aggredite dallo Stato e più più quel territorio sarà degradato e senza dignità" è semplicemente illogica, anzi, di parte, non è nè un'analisi politica nè sociologica, è solo interessata.
Come lo è (illogico) tutto il tuo ragionamento.
Quando i "cornuti" (come li chiamava il tuo interlocutore) arrivano in Parlamento, se per tali dobbiamo considerare gli uomini delle istituzioni che combattono seriamente le mafie, allora c'è qualche speranza.
Se invece si intendono coloro che vi sono stati mandati coi voti controllati dalle varie mafie, allora la faccenda si fa seria.
Il giornalista Daniele Della Bona parla di "doppiezza" del ministro della giustizia Alfano.
Doppiezza a me risulta essere il comportamento di chi, come si diceva un tempo, "predica bene e razzola male".
Per te no ?

Anonimo ha detto...

Caro Luigi,
hai ragione, sono un confusionario!
Il senso dell'analisi del mio interlocutore era che le persone "perbene" piuttosto che interloquire con il vile sistema mafioso si defilano dalle pubbliche responsabilità; consentendo così l'emergere di quelle più spregiudicate (i cornuti).
Io, invece, ho fatto il seguente ragionamento, frutto della sua analisi: "se la mafia, rifiutata dalle persone oneste, è costretta ad allearsi con i "cornuti" l'evoluzione naturale sarà quella dell'autoaffogamento!" Sarà che sbaglio, Luigi, ma ne sono fermamente convinto!
Un Caro aluto
b

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Bartolo: sbagli.
Rifletti di più, lo capirai da te.
Metti da parte i tuoi (giusti) rancori personali e libera la mente.
Se vai sul mio blog alle cartelle a mio nome ne troverai di motivi di rammarico che io ho abbandonato perchè sono sterili, ottundono solo la coscienza.
Se ti interessa fammelo sapere e di darò il link.

Anonimo ha detto...

Ok Luigi,
dammi il link. Comunque io non ce l'ho con nessuno, è solo che ho avuto modo di conoscere come funziona il "sistema" che, secondo me, sta per, finalmente, collassarsi!
b

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

@ Bartolo.
Questo è il link:
http://ilgiornalieri.blogspot.com/
Anch'io il sistema lo conosco dall'interno.
Non mi auguro che la situazione collassi, perchè ne patiremmo tutti noi poveracci.

Anonimo ha detto...

Caro Luigi,
il "sistema" che conosci tu è diverso da quello che conosco io!
Non per nulla, tu sei un "carceriere" ed io un "carcerato" :):):)(sono corretti come simboli ironi?)
Un Caro Saluto con rinnovata simpatia.
b

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Caro Bartolo,
la definizione di "carceriere" e di "carcerato" appartiene al linguaggio corrente, ma contiene in sè anche elemnti di disaprrovazione se non disprezzo sociale, che non mi sento di condividere.
Ma io appartengo al passato !
Probabilmente , oggi è come dici tu.
Ti aspetto sul mio blog !

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ciao Bartolo, vorrei la tua mail per dialogare direttamente: è possibile ?

Anonimo ha detto...

@Luigi
bartoloiamonte@libero.it