sabato 15 novembre 2008

Lettera a Brunetta



Pubblichiamo il testo di una lettera che il collega Sergio Palmieri ha inviato ai ministri Brunetta e (per conoscenza) Alfano.



di Sergio Palmieri
(Giudice del Tribunale di Napoli)





Al Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione
On. Renato Brunetta

e p.c. Al Ministro della Giustizia
On. Angelino Alfano


Preg.mo Sig. Ministro,

chi Le scrive è un magistrato, in servizio presso il Tribunale di Napoli, con funzioni di giudice del lavoro.

Le chiedo, in premessa, di avere la pazienza di leggere qualcuno di quei numeri, che, a mio avviso, soli dovrebbero informare le logiche volte all’analisi ed al miglioramento dei processi.

Tralasciando le statistiche relative ai decreti ingiuntivi, che pure hanno un peso assai significativo, nell’anno 2007, lo scrivente ha definito complessivamente n. 1.471 procedimenti (pubblicando 824 sentenze, di cui 645 di previdenza e 179 di lavoro), a fronte di sopravvenienze (cioè, di procedimenti di nuova assegnazione nel medesimo periodo) pari a n. 1.204 procedimenti. Nei primi sette mesi del 2008, chi scrive ha definito complessivamente n. 998 procedimenti (pubblicando 567 sentenze, di cui 496 di previdenza e 71 di lavoro), a fronte di sopravvenienze pari a n. 638 procedimenti. Si tratta, preme di sottolineare, di un trend costante, se si considera che al principio dell’anno 2005 pendevano sul ruolo del sottoscritto complessivamente n. 3.397 procedimenti (di cui 2.297 procedimenti di previdenza e 1.100 procedimenti di lavoro), laddove, al luglio del 2008, pendevano complessivamente n. 1.678 procedimenti (di cui 1.297 procedimenti di previdenza e 381 procedimenti di lavoro), con un saldo negativo di - 1.719 procedimenti, nonostante il rilevante numero di sopravvenienze (638 nei primi sette mesi del 2008, 1.204 nell’anno 2007; 964 nell’anno 2006; 1.287 nell’anno 2005). In definitiva, a fronte di 4.093 sopravvenienze, tra il gennaio 2005 ed il luglio 2008, lo scrivente, nel medesimo periodo, ha definito 5.812 procedimenti.

Il mio, si badi, non costituisce affatto un caso isolato. Per rimanere nell’ambito del mio ufficio, l’intera sezione lavoro del Tribunale di Napoli, caratterizzata da sopravvenienze annuali che superano i 50.000 procedimenti, vanta statistiche analoghe a quelle da me riportate.

Ma più in generale, si stima che, ad esempio per il 2006, ciascun giudice civile abbia esaurito in Italia mediamente 919 procedimenti annui, e 1.043 procedimenti quello penale (dal sito del Ministero della Giustizia si evince che il numero dei procedimenti civili esauriti nel 2006 è pari a 2.461.890 mentre il numero di quelli penali è pari a 2.220.539; dal sito del CSM si evince che i giudici civili in servizio sono 2.678 mentre quelli penali 2.128).

Per poter conseguire i risultati sopra descritti, non dovrebbe risultarLe difficile immaginare quali modalità temporali di svolgimento dell’attività lavorativa si richiedano, considerata l’abnormità di quell’unico dato che conta, ma che tutti, inspiegabilmente, sembrano dimenticare quando parlano del problema dell’efficienza del servizio giustizia, e cioè il rapporto tra procedimenti instaurati e numero di magistrati (una sorta di PIL pro capite), che nel caso della sezione lavoro del Tribunale di Napoli, è di circa 1120 nuove cause all’anno, per ciascun magistrato (considerata la fisiologica scopertura di organico, pari a circa il 6%).

Fatta tale doverosa premessa, egregio Ministro, voglio manifestarLe la mia personale e convinta adesione alla Sua proposta di collocare tornelli agli accessi dei Palazzi di giustizia per controllare, e, voglio sperare, regolamentare l’orario di lavoro dei magistrati.

Così come tutti i colleghi con i quali quotidianamente ho modo di confrontarmi, sarò ben lieto di potermi finalmente appellare ad un orario di lavoro (i pubblici dipendenti hanno un orario di 36 ore settimanali, ma Le posso concedere finanche l’orario di 38 ore che riguarda ad esempio i dirigenti del comparto Sanità), e di dismettere quelle quotidiane attività di supplenza che mi hanno consentito di raggiungere i risultati sopra descritti. E ciò, nonostante le continue battaglie con un’amministrazione pervicacemente sorda alle reali esigenze della giustizia; un’amministrazione che disincentiva il merito, richiedendo, ad esempio, al personale amministrativo di non eccellere per evitare che, quale premio per la laboriosità manifestata, la dirigenza, accortasi delle loro doti, senza attribuirgli alcun beneficio economico o di carriera, li sposti in uffici ancora più disastrati, in un’ottica di “guerra tra poveri” innescata dai sempre più cospicui tagli alle risorse ed al personale.

Sarò ben lieto, finalmente, di riportare la mia prestazione ai doverosi canoni che informano le obbligazioni di mezzi e non di risultato, e di poter mettere un punto fermo allo scadere della trentottesima ora, ovvero di essere retribuito per lo straordinario eventualmente richiestomi dall’amministrazione di appartenenza.

Spero ardentemente, Onorevole Ministro, che i Suoi non siano soltanto annunci destinati unicamente ad alimentare un battage rumoroso quanto privo di consistenza.

Vada avanti, signor Ministro, e non badi alle resistenze della magistratura associata, che tenta di istillare concetti astrusi e fuorvianti, quali il fatto che certe posizioni si pongono in radicale antitesi con l’aspirazione ad un reale miglioramento del servizio giustizia.

Tagli alle risorse e tornelli sono la ricetta appropriata, se non per migliorare l’efficienza del servizio, quanto meno per ridare serenità alla categoria alla quale appartengo, che potrà finalmente sperimentare quell’atarassia predicata dall’epicureismo, di fronte al sempre crescente sfascio della giustizia, che è poi la cartina al tornasole, su cui si misura la strutturale impossibilità, per questa nostra martoriata nazione, di divenire un paese normale.

Cordiali saluti

Sergio Palmieri



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8 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Palmeri,
Burletta si starà facendo leggere questa sua mentre è mano nella mano con la fidanzata nel balcone sul mare della sua 5° casa di Ravello.
p.s.
Le risponderà in privato che il suo era uno scherzo: qualcuno dovrà pur lavorare per mantenere un governo fatto di "nani" inabili al lavoro!
b

Anonimo ha detto...

Ci sono alcuni tipi di lavoro in cui non conta il numero di ore lavorative "ufficiali", bensì, come nel caso del lavoro del Giudice, il tempo che si impiega per studiare approfonditamente un caso e la legislazione in materia, lavoro che spesso si protrae a casa ben oltre il numero canonico di ore. Perché non parlare allora di questo lavoro straordinario, invece di far portare avanti provvedimenti assolutamente inutili e demagogici da chi non ha la più pallida idea di cosa voglia dire essere un Giudice avendo esercitato tutt'altra professione. Qualcuno dovrebbe spiegare a Brunetta la differenza che passa fra un lavoro raffazzonato e basato solamente sui numeri e un lavoro basato sullo STUDIO ATTENTO e sul numero di sentenze QUALITATIVAMENTE ineccepibili. Sono stanca di sentire queste stupidaggini invece di proposte concrete e realmente efficaci per migliorare la giustizia.
Giudice Palmieri, lei ha tutta la mia stima e comprensione. Speriamo che questa follia, che dilapida preziose risorse che potrebbero essere impiegate più utilmente (meno male che il problema era la spesa delle intercettazioni :-), cada nel dimenticatoio.

Cordiali saluti,
Irene

Anonimo ha detto...

Penso che sia giunto il momento di non rispondere più alle uscite di questi signori,incoronati ministri dalla sera alla mattina,senza nessun elemento di sostegno a tale nomina;è l'unità di misura adatta a valutare lo stato della politica(oppure affarilitica)in Italia.Più si discute e peggio è in quanto il sistema mediatico è nelle loro mani e quel poco che riesce a dare alla libera discussione è soffocato dalle cascate quotidiane delle sceneggiate di taluni diventati importanti perchè graditi al padrone del vapore.Diamo risalto invece ,in modo analitico e comprensibile a tutti, dello sfacelo della macchina pubblica,tutta,incontrandoci e aiutandoci l'un l'altro a sostegno delle lotte di vario tipo.Usciamo dallo stare rintanati,mortificati e doloranti, per l'affliggimento quotidiano che si impone a tutti:lavoratori,professionisti,utenti dei servizi,enti ed istituzioni che macinano denaro pubblico senza una adeguata risposta ai bisogni di anni ed anni di attesa.Organizziamoci ognuno nella propria realtà per rivendicare prima di tutto la dignità ma sopratutto la VERITA' dei fatti e non lasciare inondare il popolo, ignorante dello stato delle cose,pronto a credere e prendere sul serio le cavolate dette da persone,diventate personaggi,che del lavoro e della sofferenza,delle cause che generano disfunzioni nei servizi non sanno niente perchè sono nati e cresciuti là dove tutto è prepotentemente consentito.

Anonimo ha detto...

Gentile Irene, La ringrazio della stima e della testimonianza. Quella del Ministro Brunetta è stata con tutta evidenza una boutade non sorretta da alcuna reale intenzione di mettere in pratica quanto annunciato. Non voglio credere che presso quel Ministero non vi fosse qualcuno a conoscenza del modo di lavorare dei giudici e dell'impraticabilità di una soluzione come quella dei tornelli. In effetti, per certi versi è proprio questo l'aspetto più inquietante: benché non ami toccare determinati temi, devo osservare che la gran parte delle forze politiche - e non mi riferisco, mi creda, solo al centro destra - unitamente a certi organi di informazione, paiono essere impegnati in una vera e propria crociata, tesa alla sistematica delegittimazione della magistratura. Una magistratura che, devo francamente ammettere, nelle sue componenti associative opera non pochi sconfinamenti di campo, quando non veri e propri interventi a gamba tesa, nell'agone politico, che certo non aiutano a ripristinare quel corretto equilibrio tra poteri dello stato che la nostra Carta costituzionale aveva così ben disegnato. Il problema è che, come ho scritto qualche tempo fa ad un giornalista "non si può pretendere che la magistratura garantisca la sicurezza del cittadino, presidi la legalità della pubblica amministrazione, combatta quel cancro che è la criminalità organizzata, se sistematicamente si seppelisce la dignità e l'autorevolezza dell'attività giurisdizionale sotto una colata di fango. Falcone non avrebbe mai raccolto dai pentiti quella marea di informazioni che hanno consentito di svelare i principali segreti della mafia, se non avesse goduto del rispetto di quelle persone. Quando si partecipa a quest'assalto indiscriminato contro la magistratura, senza peritarsi di sottoporre in alcun modo a verifica le informazioni che si veicolano, ci si assume una enorme responsabilità nei confronti della società civile... Operando incautamente, nella migliore delle ipotesi per mera negligenza, si rischia di lasciare dietro di sé solo macerie. E, mi creda, personalmente poco mi interessa se sotto quelle macerie è sepolto il prestigio dell'ordine giudiziario. Quel che trovo particolarmente allarmante... è che sotto quelle macerie è sepolto il futuro dei nostri figli".
Cordiali saluti
Sergio Palmieri

Anonimo ha detto...

Gentile Anonimo del 20 novembre ore 12,32,
la Sua è, a mio sommesso avviso, una splendida utopia, ma - se ne ho ben compreso il senso - tipicamente naïve.
In primo luogo, deve tenersi conto del fatto che lo sfascio del sistema-Italia non ha una sola causa, o un unico artefice. Pensare di unire tutte le forze in campo per combattere il comune nemico e rendere efficiente la pubblica amministrazione è dunque un concetto vicino all’ossimoro, perché poi si deve prendere atto che proprio in quelle forze in campo è ineluttabilmente contenuto il seme dello sfascio.
Poi è un disegno irrealizzabile per la semplice ragione che la società conosce settori che sono variamente intersecabili, corporativi o trasversali, e che, a seconda della combinazione del momento, sono portatori di mutevoli interessi che ben possono confliggere con quelli di altre categorie. Un notaio, o magari un dottore commercialista, probabilmente non avallerebbe determinate modifiche degli ordini professionali che, coinvolgendo, tra gli altri, gli avvocati, potrebbero arrecare innegabili vantaggi anche al settore giustizia. Ma poi quello stesso notaio o quello stesso commercialista, da utente di un servizio pubblico potrebbe auspicare riforme della giustizia incompatibili con gli interessi dell’avvocatura. E così via discorrendo.
Ma è proprio qui che lo Stato e la libera informazione dovrebbero far sentire la loro presenza. Sono i governi ed i parlamenti, da un lato, che dovrebbero superare le resistenze corporative ed avviare la macchina statale verso il bene comune. E sono gli organi di informazione, dall’altro, che dovrebbero denunciare le disfunzioni ovunque esse si annidino, a prescindere dal colore dell’editore di turno. Il problema è che, in Italia, il Parlamento è il primo organismo portatore di interessi corporativi. Il discorso delle incompatibilità e dei conflitti di interessi, che è una delle chiavi di volta che reggono i sistemi democratici, è da noi un linguaggio incomprensibile, parlato da pochi visionari (che, peraltro, non di rado, chiamati a mettere in pratica quanto predicano, mostrano le medesime debolezze dei destinatari dei loro sermoni). Lo stato dell’informazione è poi vicino al coma profondo. Abbiamo in Italia due o tre opinionisti, non di più, che vengono consultati, insieme ad esperti di sondaggi, come oracoli nelle varie trasmissioni di carattere politico, trasmissioni che, salvo pochissime eccezioni, vanno avanti seguendo schemi triti e ritriti, e che raramente vanno davvero al fondo dei problemi.
In questo contesto, è difficile francamente ipotizzare chissà quale miracolo. Quello da Lei auspicato, purtroppo, non si sottrae a questa logica.
Un cordiale saluto
Sergio Palmieri

Anonimo ha detto...

Gentile Giudice,
sono d'accordo che vi sia in atto una strategia di delegittimazione della Magistratura da parte di quasi tutte le forze politche, concordi nel voler creare un ampio spazio di impunità per sé e per le forze economiche di cui rappresentano gli interessi in Parlamento. Non credo infatti che la politica si preoccupi degli interessi dei cittadini e della Cosa Pubblica come fanno molti nostri Giudici, che sono sempre più soli in questa battaglia per la legalità e di fatto molto spesso (sopratuttto nel nostro disgraziato meridione) rappresentano le uniche autorità di controllo della legalità sul territorio, ciò che non dovrebbe accadere in un paese normale. E' evidente che la Magistratura rappresenta un potente ostacolo per quell'allenza politico-economico-finanziaria-criminale che sta strangolando il nostro paese, e che si abbia tutto l'interesse a delittittimarla e a ridurne lo spazio di indipendenza e autonomia.
Purtroppo i cittadini sovente non sanno che le colpe del cattivo funzionamento della giustizia sovente non sono sempre da ascrivere ai Giudici, oberati da un carico insopportabile di lavoro, assistiti spesso da dipendenti di cancelleria poco volenterosi e poco motivati(parlo per esperienza personale), privi di mezzi e alle volte - ciò che trovo ancora più pericoloso ed inquietante - insidiati dai loro stessi colleghi, soprattutto collocati nei ruoli dirigenziali. Il prestigio della Magistratura è tutto, è il prestigio stesso del cittadino: dovrebbe essere tutelato e difeso come un bene prezioso invece che essere continuamente infangato da attacchi disinformati e in malafede.
La gente non sa che il Pubblico Ministero non è certo favorito dalle fughe di notizie in occasione di scottanti inchieste. Quante persone comprendono che i responsabili potrebbero nascondersi anche tra le fila della ditta esterna che cura le intercettazioni per tutte le Procure d'Italia (fatto che trovo assai inquietante), oppure che a macchiarsi di slealtà potrebbero essere anche membri delle forze dell'ordine, o impiegati della cancelleria, gli avvocati difensori degli imputati?...E allora perché si addossa sempre ogni responsabilità alla magistratura? Perché il magistrato deve essere esposto al pubblico sdegno per gli effetti deleteri (es. l'assassino scarcerato che ritorna a delinquere...)di leggi inopportune e vergognose scritte dai politici? Quel che trovo ancora più grave è che la pubblica opinione abbia perso la capacità di sdegnarsi di fronte a gravi fatti come, ad esempio, il recente progetto di decreto del ministro Alfano per la depenalizzazione dei reati puniti con la reclusione fino a 4 anni. Un'iniziativa raccapricciante, di cui pressoché nessuno ha parlato e di cui i cittadini, non conoscendo per la maggior parte nozioni seppur minime di diritto penale, non riescono a cogliere la vasta portata e gravità...questo mi dà la misura del grave stato di malattia in cui versa la nostra democrazia, in un momento in cui gli ultimi magistrati indipendenti, seri, e amanti della Cosa Pubblica come Lei e molti altri suoi colleghi vengono attaccati e lasciati soli non solo dalla politica, ma ciò che è più grave, dai loro stessi colleghi e da un'opinione pubblica completamente anestetizzata.
Quando quest'oligarchia che malgoverna da decenni il nostro paese avrà terminato la propria opera di smantellamento dello Stato di Diritto e della nostra Costituzione, quando i Giudici indipendenti, volenterosi e preparati come lei saranno stati tutti messi a tacere e messi nell'impossibilità di agire, allora per la nostra democrazia sarà la fine.Resistete, non mollate, fatelo per tutti noi.

Con rinnovata stima, continui il suo lavoro così come ha sempre fatto, con onore, spirito di verità e coraggio.

Cordiali saluti,

Irene

Anonimo ha detto...

Una lettera così bella merita un commento, anche se con quattro mesi di ritardo!
(1)Dato che viene dalla mia Napoli mi ha fatto venire in mente l'icastico proverbio napoletano: "Tre song' e' putient: o Papa, o' rre e chi nu ten' a niente!".
(2)L'ineffabile Brunetta ha sul sito ufficiale del suo ministero due pagine di vignette che lo hanno per oggetto ! Ovviamente scelte fra le più stupide e le meno graffianti; neanche una di Vauro, ad esempio.

D.A. ha detto...

Caro Dottore Palmieri,
sono uno studente di Giurisprudenza che da Napoli si è dovuto trasferire a Roma per motivi di forza maggiore,e sto studiando per capire un pò meglio come devo rispondere a chi mi chiede : "E perchè il Diritto?In fondo a che servono questi principi scritti,se le persone che li dovrebbero porre in essere non lo fanno?"..
Credo fermamente che Voi Giudici,una delle Istituzioni che stimo di più di un Paese Democratico (che l'Italia potrebbe essere!),stiate combattendo da un silenzio che a volte vi costruite da soli..La sua lettera a Brunetta è preziosa!Ma dovete farvi sentire di più,attraverso altri mezzi,nuovi (come questo che Lei già usa!) certo,ma non lasciando in disparte quelli tradizionali come i Libri,le interviste,le radio,che purtroppo o per fortuna arrivano più facilmente alle orecchie (magari alle coscienze!Ma è questo quello che bisogna provare a fare..) della gente per bene che non sa.Per quanto io possa informarmi e interessarmi da solo di Iustitia,e informare gli Altri da me,le informazioni vive di chi è sul campo hanno tutto un altro forte,eminente,efficace significato.I Giudici sanno di Diritto,non i politici tutti (i singoli magari!)..Vorrei Voi (so che è altro lavoro..) ci faceste più partecipi,attrverso la semplificazione necessaria,e dovuta alla mancanza naturale in persone normali delle giuste chiavi tecniche di lettura,delle mancanze,adesso patologiche,dello (addirittura!) scheletro della Giustizia italiana.Cerco di comprare e leggere tutti i libri sulla materia che posso,fra un esame e l'altro..Ho letto i libri di Tinti e ho capito qualcosa..Dovete farne di più!Dovete democraticamente uscire allo scoperto!Il Paese ve lo chiede..Ciò che dico non credo significhi uscire dal proprio ruolo o veste istituzionale tradendo spesso inutili o,ancor peggio,stupide tradizioni di toga che dettano comportamenti illogici mascherati come istituzionalmete corretti.So che le mie sono parole e me ne scuso..ma è quello che credo.

Grazie per l'attenzione.Grazie per il Suo lavoro.Graie per la Sua dedizione.Da cittadino so che qualcuno c'è davvero..Spero un giorno di essere un collega Coraggioso e Onesto al Suo fianco.

Con Stima,
Domenico/Spartacus