sabato 15 novembre 2008

Tornelli della guerra ai magistrati




di Bruno Tinti
(Magistrato a Torino)


da La Stampa del 29 ottobre 2008


Su La Stampa di ieri il ministro Brunetta chiarisce il suo pensiero sull’organizzazione del lavoro giudiziario; che sarebbe notevolmente migliorata dall’introduzione dei tornelli.

Non è un male che un ministro che non ha tra le sue competenze l’organizzazione della giustizia tuttavia se ne occupi; visto che il competente ministero è, da decenni, latitante.

Il problema è che Brunetta finisce con l’occuparsene male.

Non esiste un nesso tra la presenza di un magistrato in ufficio e la sua produttività.

Un Pm bivacca in ufficio, dalle 8.30 di mattina alle 7.00 di sera, con panino al bar. Gran parte del suo lavoro consiste nell’interrogare; inoltre si occupa di più fascicoli nel corso di una giornata. E nel suo ufficio vi è un viavai di gente con cui deve conferire.

La situazione è diversa per un giudice. Quando deve scrivere sentenze, tutto ciò che gli serve è un computer e un posto tranquillo dove consultare carte, giurisprudenza e dottrina.

Questo in ufficio non lo può fare. Perché l’ufficio non c’è: certe volte manca, certe volte lo deve dividere con uno o più colleghi. È la situazione di quasi tutti i grandi Tribunali d’Italia.

Ma poi, in casa le sentenze si fanno meglio: nessuno ti disturba, il computer funziona (quelli degli uffici si rompono frequentemente), la biblioteca (acquistata a rate) contiene tutta la dottrina che ti serve (in ufficio, manco a parlarne).

Naturalmente giudici e pubblici ministeri sono in ufficio quando ci sono le udienze.

E qui la loro presenza ha un tempo variabile: nelle udienze penali alle 15.00 si smette perché il ministero non paga gli straordinari ai cancellieri (senza cui udienza non si può fare).

Nelle udienze civili (dove pure ci andrebbe il cancelliere ma nessuno protesta se non c’è) si va avanti a oltranza finché tutti i processi fissati non sono stati trattati.

Costi si arriva al secondo punto. Brunetta non lo sa, ma i magistrati tutti gli farebbero un monumento se introducesse i tornelli nei palazzi di giustizia.

Perché i tornelli significano orario, nel caso di specie quello proprio del pubblico impiego.

Che è di 36 ore la settimana: dalle 8 alle 14.

Sicché giudici e Pm alle 14 non solo se ne andrebbero a casa; ma soprattutto potrebbero smettere di lavorare.

Considerato che, in genere, è nel pomeriggio che tutti cominciano a scrivere (perché prima sono stati in udienza, in carcere a interrogare, hanno ricevuto gli avvocati) il risultato del tornello sarebbe poco salutare per l’Amministrazione della Giustizia o per gli utenti di essa.

Delle due l’una: o meno udienze, meno processi e meno sentenze; oppure straordinari a go-go.

Siccome i magistrati sono abituati a lavorare fino alle 7 di sera, continuare con questo ritmo e raddoppiare lo stipendio gli farebbe proprio piacere.

Ma è il terzo punto che fa capire come Brunetta non sappia quello che dice.

Il tornello, e dunque l’orario di lavoro, è ontologicamente incompatibile con i compiti del magistrato.

Hai un pentito che ti racconta della ventina di omicidi che sono stati commessi negli ultimi 10 anni? Alle 15 gli dici: ci sentiamo domani (o magari fra una decina di giorni, visto che domani sei in udienza, e dopodomani sei di turno arrestati ...)?

Hai un uomo che ha ammazzato la famiglia, che stai cercando di convincere a confessare e a spiegare perché l’ha fatto? E lui in effetti confesserà, magari all’alba. E tu alle 15 interrompi e te ne vai?

Stai in udienza con 5 testimoni in corridoio che aspettano d’essere sentiti e alle 15 gli dici di tornare un’altra volta?

Certo, in questo caso, potresti evitare di citarli, ne senti solo 2 o 3 al giorno, quanti se ne possono sentire entro le 15.

Poi però Brunetta non si lamenti se i processi durano un paio d’anni in più.

Ma si è chiesto, Brunetta, che ne sarebbe della famosa legge Pinto, quella che obbliga lo Stato a pagare i danni derivanti dai processi che durano troppo a lungo? Perché i suoi tornelli i tempi dei processi li triplicano.

In realtà le esternazioni di Brunetta sono analoghe a quelle di tutta la classe politica italiana: il processo migliorerà, sarà rapido, efficiente, razionale ... riformando i magistrati e riducendo i mezzi tecnici e giuridici a loro disposizione.

Introduciamo l’immunità per le alte cariche dello Stato, separiamo le carriere di giudici e Pm, vietiamo le intercettazioni, togliamo al Pm la disponibilità della polizia giudiziaria, non copriamo le Procure e i tribunali del Sud con giovani magistrati e dunque lasciamole vuote, trasferiamo i capi degli uffici dopo 8 anni: e per miracolo il processo funzionerà.

Perché di questo si sono occupati, mica del processo.

Ministro Brunetta, i suoi discorsi sugli uffici vuoti sono tendenziosi.

Il suo sdegno per gli errori procedurali e la tagliola della prescrizione male indirizzato: sono le leggi che avete emanato che sono sbagliate.

Il suo invito a informatizzarsi è patetico e irritante, visto che avete tagliato le risorse necessarie per l’informatica giudiziaria.

La sua scoperta che i tempi del processo sono biblici è incoerente con l’inesistenza di ogni pertinente iniziativa legislativa.

Sappia che qualsiasi magistrato e qualsiasi avvocato è in grado di spiegarle cosa occorre per far funzionare il processo.

Si informi; scoprirà che lei e i suoi colleghi avreste ben altro da fare che alimentare disprezzo e sfiducia nei confronti della magistratura.

Forse i tornelli dovreste usarli voi.


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

I tornelli dovrebbero metterli proprio al Ministero della F.P. e Innovazione dal momento che in quel portone c'è un via-vai indescrivibile. Non solo, ma anche al parlamento visto che - da quel che si vede in TV - l'aula è quasi sempre deserta e fa pena vedere quei pochi inquilini che si aggirano per gli scranni desolatamente vuoti.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Anche il D.A.P. (Dipartimento Amnministrazione Penitenziaria) a Roma ha i tornellli dai tempi del direttore generale Niccolò Amato: non hanno mai funzionato !
I pubblici dipendenti, non tutti, amano il proverbio siciliano "calati iunco ca passa la china" (traduzione non letterale: quando arriva la piena conviene essere flessibili e adeguarsi ai voleri del potere del momento, tanto prima o poi passa).
Io non sono mai stato prono ai voleri del potere.