martedì 31 marzo 2009

Il “metodo Genchi” e la riduzione al sintattico nella lotta al Principe







di “Menici60d15”




Non conosco a fondo il caso Genchi, ma vedo che lo difendono molte persone informate che stimo.
Ora, dopo 20 anni di attività, Genchi viene messo sotto accusa dalla magistratura e sospeso dal servizio per aver leso il prestigio delle istituzioni. Che la sua presenza sia “nociva per l’immagine della Polizia” è il contrario del vero: ricordandoci che esistono poliziotti che fanno il proprio dovere, Genchi preserva l’immagine positiva della istituzione polizia. Non condivido la fiducia espressa pubblicamente dal vicequestore Genchi nei confronti del Viminale e di viale Romania.

Vorrei riportare alcune considerazioni su aspetti collaterali della sua vicenda, per come viene presentata dalle prime pagine dei giornali. Sono aspetti che, al di là del caso, possono interessare coloro che vogliono contrastare democraticamente la criminalità di tipo mafioso e la connessa degenerazione dello Stato.

Il primo aspetto è la preparazione di Genchi come tecnico, e la sua scelta tecnicamente felice del settore di attività. Non dev’essere facile districarsi tra i tabulati telefonici, nel regno del combinatorio, dove basta permutare 10 fattori per ottenere 3.628.000 sequenze diverse; sospetto che le inverosimili notizie per le quali si fa credere che Genchi abbia messo sotto controllo quasi un quarto dell’intera popolazione italiana abbiano un’origine combinatoria.

Un altro aspetto che è stato sfruttato per farlo apparire come super-spione degli italiani è la natura altamente concentrata dell’informazione contenuta nelle utenze. Possiedo un cd, pieno per due terzi, che contiene 23 milioni di recapiti telefonici. L’ho pagato un euro: il “Giornale di Brescia” lo ha distribuito in allegato.

Genchi ha compiuto la scelta all’apparenza minimalista di trattare informazione di tipo sintattico. L’utenza A è in contatto con l’utenza B, al tempo x, e con l’utenza C, al tempo y. Un’informazione priva di contenuto semantico intrinseco: nonostante sia il testo col maggior numero di riferimenti a persone reali, solo i matti delle barzellette trovano interessante leggere come un libro l’elenco telefonico. Un’informazione che certo non elimina la necessità di interpretazione, ma la limita a dati di tipo semplice, ed oggettivi; e che si presta ad essere processata per estrarre nuova informazione e generare ipotesi da verificare con altri metodi. Perfino i familiari elenchi del telefono sono una miniera di informazione sintattica, dalla quale si possono estrarre informazioni nuove sulle relazioni tra le persone: importanti studi di genetica delle popolazioni sono stati condotti incrociando i cognomi degli elenchi telefonici.

In quest’era tecnologica le conoscenze tecniche possono essere un pericolo per il potere. Oggi con la tecnologia “si può ingannare tutta la gente per tutto il tempo” purché qualcuno non intervenga a svelare l’inganno con altri strumenti tecnici. Se Genchi non fosse così preparato, e non avesse scelto così bene il campo di cui occuparsi, forse ci sarebbero stati minori motivi per accanirsi contro di lui.

Il secondo aspetto è la doppia inaccettabilità per il potere, tecnica e culturale, dello strumento che Genchi ha usato. Il non avere mai fatto un’intercettazione, ascoltando colloqui cioè raccogliendo informazione semantica, ma essersi occupato solo di tracciare il traffico telefonico, è in un certo senso un’aggravante. Riducendo le relazioni tra soggetti potenti a grafi che possono essere studiati sistematicamente Genchi ha oltrepassato la linea del proibito.

Si può pensare che limitarsi al traffico telefonico sia poca cosa. Al contrario, Genchi ha coltivato nel campo delle investigazioni giudiziarie quello che la scienza, la scienza vera, persegue per ottenere i suoi successi: la riduzione al sintattico di un sistema complesso.

E’ quello che fanno nel marketing - un campo dove a differenza di altre discipline più nobili la ricerca è realmente rigorosa - i sistemi di “data mining”. O gli algoritmi coi quali analizzano automaticamente i dati i computer delle grandi strutture di spionaggio elettronico delle superpotenze, come quelle della NSA. Ma qui Genchi non andava a favore dei poteri forti.

L’informazione sintattica, il dato nudo, e per di più in Italia: dove per sviare dall’esaminare le cose nella loro essenzialità la Controriforma promosse il barocco e dove infatti “la linea più breve tra due punti è l’arabesco”. Dove la lotta alla mafia è come la tela di Penelope, Genchi ha allestito un telaio inverso, che produce il diagramma di trame e orditi.

Maestro di una tecnica e del relativo mestiere, Genchi è portatore involontario di un’eresia culturale. Andando verso il sintattico si va nella direzione opposta a quella intuitiva dell’oralità e dell’immagine alla quale ci hanno assuefatto i media. Un metodo alieno: obiettivo, razionale, maneggevole; inesorabile nella sua semplicità di principio.

Ottenere mappe di relazioni tramite il traffico telefonico. Quale reticolo di mafia, meridionale o del malaffare padano, potrebbe lavorare in pace se venisse oggettivato da questo genere di controlli? Contro le mafie meridionali gli strumenti di punta li abbiamo già: una produzione letteraria, oratoria e cinematografica da paura. Che fine farebbe l’invincibilità mitica della mafia, se anziché con l’epopea degli eroi e la facondia degli appelli antimafia la si combattesse coi tabulati sfornati dal PC, carta e matita?

Un metodo barbaro, inaccettabile per i nostri modi bizantini basati sul culto della parola, del soggettivo, delle infinite sfumature del linguaggio, dell’interpretazione arbitraria e contorta, dell’esegesi illimitata. Un metodo pratico e potente, che è la negazione del vorticoso immobilismo col quale si può lasciare invariato ciò che conta davvero.

Oltre al merito di ciò che ha scoperto, per esempio sull’eliminazione di Borsellino e la strage di Via D’Amelio, Genchi si è posto nella posizione di essere considerato una minaccia a causa dei metodi sintattici, tecnicamente troppo efficaci e quindi pericolosi, e culturalmente devianti rispetto al discorso consentito dal potere.

Col caso Genchi possiamo vedere gli auto-sabotaggi cui le istituzioni ricorrono per evitare di fare sul serio contro le mafie meridionali, e per consentire alle mafie padane autoctone di restare coperte. La repressione di tale metodo di ispirazione positivista rientra anche negli aspetti culturali della restaurazione reazionaria in corso.

Le conoscenze tecniche possono costituire una forma altamente efficace di opposizione e come tali vanno energicamente tenute sotto controllo; e se necessario schiacciate. Il caso Genchi ci mostra quella che dovrebbe essere una moderna via per l’opposizione al “Principe”: la via tecnologica, basata sull’informazione legalmente accessibile e sulla sua analisi. Purtroppo questa strada non viene ben percorsa, al punto da portare a volte a ripetere la domanda ormai banale “ma da che parte sta l’opposizione?”



8 commenti:

Vincenzo Scavello ha detto...

Analisi sublime, dalla sintassi chiara, condivisibile e piena di riflessioni attente.

Grazie!

Altrettanto inquietante il quesito, non banale, posto in calce: “ma da che parte sta l’opposizione?”

Se avessimo avuto un'opposizione dura, eccetto quella di Di Pietro, tale da far sobbalzare i banchi del Parlamento;
Se non si fosse regalato (agli oppositori Berlusconiani) un Indulto dalle maglie larghissime;
Se i "referenti" dell'opposizione in seno al CSM e ANM avessero fatto sentire, forte, la loro voce in difesa dell'indipendenza della magistratura, forse, dico forse, il Dott. De Magistris, il Dott. Genchi e tutti gli altri sarebbero ancora al loro posto.

Ho detto forse, perchè l'animale ferito o in gabbia è molto, molto più pericoloso di quello che, per la propria libertà, riesce a quadagnare la macchia. Riconosco che gli animali, quelli veri, non meritano certi confronti.

Il faccendiere Chiesa ritorna in galera, segno inconfutabile che nulla è cambiato, ma si tratta, comunque, di un misero faccendiere, di un piccolo roditore che cerca nutrimento dalle briciole cadute da tavole ben più ricche, dove le torte sono gigantesche.

Il metodo Genchi poteva, attraverso la sua "sintassi" semplice, portare all'identificazione di quei commensali che, comunque non disdegnano la compagnia dei piccoli topini, sicuri che, questi ultimi, possono muoversi agilmente e calcolando anche il rischio che possano finire nella tagliola. E nella tagliola qualcuno è finito quando, ai confini con la Svizzera, veniva trovato, non con le solite mollichine ma con 3,5 Milioni di Euro in tagli da 500.

E' da lì che incomincia il calvario di De Magistris e a seguire quello di Genchi che, attraverso il suo bagaglio di esperienze, poteva, anzi era in grado di intercettare flussi finanziari attraverso i quali potevano leggersi provenienze e destinazioni.

Non ci sarà mai successo per la lotta alle MAFIE e alla CORRUZIONE se non si colpiscono, diceva Falcone, i loro patrimoni.

Genchi è l'ultimo anello di questa parossistica sequela di delegittimazioni. In realtà era il SILENZIO quello che interessava, nonostante piccoli incidenti di percorso quali gl'impavidi Magistrati della Procura di Salerno e quel rompiballe di Carlo Vulpio che, anche dopo il trasferimento di De Magistris, continuava a narrare i fatti, chiamando cose e persone con il loro nome.

Da che parte sta l'opposizione? Eccetto, ripeto, Di Pietro, non è stata ne dalla parte di De Magistris e nemmeno, figuriamoci, dalla parte di Clementina Forleo (altro capitolo sporco della nostra Storia).

E speriamo, Viva Dio, speriamo che Luigi De Magistris, Carlo Vulpio e Sonia Alfano - senza elecarne tanti altri - possano essere eletti al Parlamento Europeo. In tal caso, tra non molto, ci sarà opposizione, eccome, anche interna, nel nostro Paese.

Questa è una delle poche possibilità che ci restano per alimentare, ancora, la nostra speranza.

Io avrei preferito che tutta l'opposizione del Paese Italia avesse difeso ad oltranza l'indipendenza della Magistratura;
avrei preferito vedere De magistris concludere le proprie inchieste;
avrei preferito vedere dipanati gli intrecci di cui Genchi si stava occupando.

Sarei stato felice rivedere pubblicato, con qualche aggiornamento, l'elenco della P2 su tutti i quotidiani Nazionali, senza OMISSIS, così come pretese, con forza, l'allora Ministro TINA ANSELMI.

Avrei preferito, infine, che qualcuno potesse dire alla nostra Nazione: questo è stato, per lunghi anni, il tuo CANCRO, da domani si volta pagina!

Così, ad oggi, non ci è stato dato di fare. Vuol dire che domani, perchè ci sarà un domani, l'estirpazione dovrà, gioco forza, essere più cruenta.

Intanto ci accontentiamo di qualche intervento di "maquillage", per asportare qualche brufolo o ascesso che si chiami Chiesa, piuttosto che Riina, Provenzano o Brusca.

Un abbraccio e una richiesta di perdono per la mia altalenante capacità di sintesi.

Mimma ha detto...

Quello descritto perfettamente in questo post e` il 'lavoro' che Genchi era chiamato a fare, da non confondetre con la "persona".
Da quello che ho letto (stampa, blogs, ecc.) traspare che la colpa principale di Genchi (e forse l' unica) e` quella di essere l' ultimo (?) tassello delle inchieste di De Magistris. Ancora adesso il pubblico non riesce a sapere cosa c' e' dietro, ma il Potere accecato dalla paura delle rivelazioni non fa altro che aumentare i sospetti e la sfiducia nei suoi confronti!
Per fortuna Genchi, De Magistris, Vulpio, Forleo e tanti Magistrati non si fanno intimidire e stanno reagendo....Riusciranno i nostri eroi....?
Sento che si DEVE riuscire ..e` questione di sopravvivenza di una Nazione.

bartolo ha detto...

Cristina, stavolta cercherò in ogni modo di non farmi censurare dalla Redazione (con poche possibilità di riuscita): Quello che tu dici, da decenni, avrebbe dovuto essere l'analisi di ogni associazione e/o organismo antimafia, invero, hanno preferito, sostenere le indegne azioni dei professionisti dell'antimafia. Prima di tutto, controllo sull'azione politica e su ogni istituzione preposta al contrasto della criminalità organizzata, questa dovrebbe essere l'azione della Società civile che si voleva organizzare in funzione antimafiosa.

Anonimo ha detto...

Ho apprezzato la competenza con la quale l'autore si addentra in argomenti d'uso non comune. Non ho granchè da aggiungere, tranne quello che ho pubblicato sul mio blog: http://raffrag.wordpress.com/2009/02/01/de-iustitia-condenda/

salvatore d'urso ha detto...

Sonia Alfano parla di Gioacchino Genchi

http://blogdellaliberta.wordpress.com/2009/04/01/sonia-alfano-parla-di-gioacchino-genchi/

Anonimo ha detto...

Per Bartolo : grazie per aver risposto ! Posso anche capire perchè la redazione abbia censurato la mia analisi . Tuttavia la cronologia e i fatti parlano chiaro. Inoltre è in corso un processo. Perchè perdere quest'occasione per fare chiarezza seriamente ? Il vero salto di qualità criminale ,dopo l'uccisione di Falcone e Borsellino si è compiuto esattamente nel modo che il processo in corso a Milano documenta. Trarne le conclusioni è un modo per creare i necessari "anticorpi". Cristina

Anonimo ha detto...

Sabato 28 Marzo, in Genzano di Roma in una riunione nel palazzetto comunale dove ha partecipato in "silenzio" anche Gioacchino Genchi, oltre salvatore Borsellino e Sonia Alfano che invece hanno portato le loro testimonianze a un pubblico attento e numerosissimo.
Quando ho stretto la mano a Gioacchino l'ho chiamato Eroe come avrei fatto con Luigi Apicella.
Inquetante quello che succede in Italia, dobbiamo essergli vicini e lo faremo in una resistenza senza se e senza ma, lo spero con voi tutti. Grazie.
p.s. io avrei preferito che si candidasse alle europee con IDV ma lui mi ha risposto che non avrebbe accettato.
Vulca

bartolo ha detto...

Illuminata Cristina, come facevo a non rispondere: avevo segnalato la tua medisima analisi, al mio carnefice, già 17 anni fa.