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Il 17 aprile abbiamo pubblicato un articolo del prof. Enzo Guidotto dal titolo “La lotta alla mafia una seconda resistenza”. In relazione al dibattito che ne è seguito, il prof. Guidotto ritorna sul tema con un interessante approfondimento, che, visto che si parla di “resistenza”, pubblichiamo oggi che è il 25 aprile.
di Enzo Guidotto
(Presidente dell’“Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso”)
Grato per l’attenzione riservata al mio articolo, preciso che il concetto di “nuova” o “seconda” – e non “prima” – Resistenza si basa sul fatto che i valori di democrazia, libertà e giustizia, soffocati dal Fascismo e divenuti bandiera della Resistenza, essenza della Costituzione repubblicana e quindi fondamento del nostro Stato democratico e di diritto, sono stati poi calpestati da quei poteri criminali e occulti che hanno svolto nel Paese un ruolo autenticamente eversivo.
Sono convinto che sarebbe bene che, attraverso i commenti, certi temi fossero affrontati con passione non soltanto nei periodi preelettorali, elettorali e postelettorali perché la vera democrazia non è solo consenso che si esprime periodicamente con il voto, ma soprattutto partecipazione sistematica e continuativa alla soluzione dei problemi di interesse generale anche con l’arma della cultura.
Bisogna purtroppo riconoscere che da tempo i partiti non sono più palestre di democratico, libero e costruttivo dibattito alimentato da iscritti e simpatizzanti.
Questi, di fatto, hanno solo la facoltà di prendere atto – altrimenti sono guardati male dall’establishment e dai ruffiani di turno se non addirittura emarginati – delle decisioni prese in “alto loco” non sempre in coerenza con i principi, gli ideali e i valori proclamati dai “grandi capi”.
E il discorso vale anche e soprattutto per il modo in cui vengono affrontate le magagne interne e per i criteri che si seguono nella scelta delle persone da inserire nelle liste elettorali.
Repetita iuvant
Pio La Torre, agli inizi degli anni Ottanta, andò a Palermo per riorganizzare e rilanciare il suo partito, ma anche per fare pulizia all’interno dello stesso.
Certi personaggi verso i quali lui aveva puntato l’indice, rimasero però ai loro posti, fecero carriera e venti anni dopo furono arrestati per associazione mafiosa.
E il processo sulla “pista interna” per il suo barbaro assassinio, prescindendo dai dettagli e dal giudizio finale, sotto l’aspetto morale e politico suona come vergogna a futura memoria nei confronti di quanti presero e continuano a prendere, anche relativamente ad analoghe situazioni, posizioni ultragarantiste per motivi spesso inconfessabili.
Uno di questi è Vladimiro Crisafulli, eletto per la seconda volta al Parlamento, già indagato per essere stato sorpreso e filmato, in data 19 novembre 2001, in un hotel mentre parlava con l’avvocato democristiano andreottiano Raffaele Bevilacqua, suo vecchio amico, già pregiudicato per associazione mafiosa in quanto «boss del clan mafioso di Enna e Barrafranca, in contatto con l’allora superlatitante Bernardo Provenzano» (Travaglio e Gomez, “Onorevoli Wanted”, Edizioni Riunite).
Nel novembre dell’anno scorso, in vista dell’assemblea costituente del Partito Democratico siciliano, il candidato alla Presidenza, designato dalla maggioranza, è l’on. Giuseppe Lumia.
E’ noto che nel 2000, quando era presidente della Commissione parlamentare antimafia, Bernardo Provenzano aveva dato il proprio assenso all’idea di Nino Giuffrè di ucciderlo perché dava fastidio in modo «martellante» a Cosa Nostra.
Ipergarantismo sospetto
Allora è bene che non si perda la memoria di certe vicende.
Alcuni giorni prima del citato congresso Aurelio Angelini, leader della componente eco-dem, chiede a Crisafulli il sostegno, per l’elezione del presidente del partito, della candidatura di Mariolina Bono, di Sciacca, in contrapposizione a quella di Lumia.
Crisafulli accetta la proposta in funzione della sua tradizionale avversione nei confronti di Lumia, espressa dalla massima rievocata su “La Repubblica-Palermo”, dell’11 novembre 2007, da Emanuele Lauria: «Se c’è Lumia, io sto automaticamente da un’altra parte».
Il motivo di tale avversione è facilmente immaginabile: la sua posizione ipergarantista in materia di politica giudiziaria antimafia è diametralmente opposta a quella di Lumia, sostenitore della necessità dell’introduzione del cosiddetto sistema del “doppio binario”: uno per le pene previste per i delitti comuni; un altro per quelle, decisamente più severe, per i delitti commessi da soggetti appartenenti o collegati ad associazioni di tipo mafioso, da estendere anche ai responsabili di delitti di terrorismo politico.
Stando così le cose, la scelta, da parte del Crisafulli, secondo chi è al corrente delle segrete cose potrebbe basarsi sul fatto che Mariolina Bono – indicata da chi la conosce da ragazza come «la “pasionaria” di Sciacca» - ne condivide, sia pure lungo un diverso versante, la concezione ipergarantista avendo fatto parte del movimento sessantottino che altrove ha successivamente alimentato in qualche misura i gruppi dell’estrema sinistra, rivoluzionaria e violenta.
In Sicilia, in molti ricordano il suo attivismo all’epoca in cui frequentava l’università.
Il suo consorte studiava invece a Bologna, dove nei primi anni Ottanta fu arrestato come appartenente a “Prima Linea” o ad analoga organizzazione collegata: sarebbe poi stato condannato in primo grado, per un certo tempo è stato agli arresti domiciliari e nel 1988 la Corte d’Assise d’Appello lo ha assolto, ma per insufficienza di prove.
Ebbene, pur avendo manifestato una certa inclinazione nel campo delle amicizie e delle alleanze, stando ai fatti, Vladimiro Crisafulli, nel PD pesa e conta più di Giuseppe Lumia che ha sempre rivelato tutt’altre tendenze: nelle recenti elezioni è infatti messo subito e senza discussioni in lista per la Camera, mentre Lumia, in un primo tempo, viene escluso.
«Ritengo che la presenza di Crisafulli non sia compatibile con l’obiettivo di dare fiducia, forza ed energia a quella Sicilia che vuole il cambiamento» dichiara Lumia, subito dopo la decisione del vertice del partito.
Veltroni, atto primo
E Valter Veltroni che fa?
Davanti alle proteste dei sostenitori di Lumia non entra nel merito della “questione Crisafulli”, che avrebbe dovuto offendere la sua “purezza”.
Sostiene però che «l’antimafia è una pratica e non una persona».
La frecciata è formalmente diplomatica ma velenosa nella sostanza.
«Veltroni – ribatte Lumia - ha ragione a parlare di lotta collettiva. Ma a maggior ragione è importante tenere conto di chi su questo tema si batte da quando ha iniziato a fare politica, anche se ciò ha significato ricevere minacce pesantissime e correre rischi elevati».
Che le cose stiano così lo ha sempre dimostrato proprio la mafia: non ha mai fatto attentati per danneggiare strutture, apparati, questure, caserme o palazzi di giustizia per distruggere documenti dannosi per l’organizzazione o per decimare magistrati, carabinieri e poliziotti, come faceva ad esempio Salvatore Giuliano con la sua banda contro le forze dell’ordine.
La mafia ha sempre colpito le “punte avanzate” del fronte di uno Stato che contro l’organizzazione non è mai stato compatto appunto perché le istituzioni sono state sempre caratterizzate da un certo tasso di inquinamento prodotto dagli “amici degli amici”.
Gli esempi concreti, che tanti hanno dimenticato e l’aspirante premier fa finta di non conoscere, non mancano.
«Credo - disse il Prefetto Carlo Alberto a Giorgio Bocca nella storica intervista pubblicata su La Repubblica del 10 agosto 82, a qualche settimana dalla “Strage di Via Carini” - di aver capito la regola del gioco: si uccide il potente quando avviene questa combinazione fatale, è diventato troppo pericoloso ma si può uccidere perché è isolato».
Io abito da quaranta anni in Veneto. Nei giorni della polemica sull’esclusione di Lumia, trovandomi in Sicilia, ho avuto modo di registrare la reazione di Giovanni Burgarella, un sindacalista della Cgil Trapani, già sequestrato e torturato da boss mafiosi al servizio di imprenditori edili senza scrupoli per aver capeggiato una rivolta di operai maltrattati.
«Ma come? I mafiosi volevano farlo fuori e il mio partito lo tratta così? Ma si rendono conto?» mi dice con rabbia.
Scrivi, Giovanni, scrivi! Prende carta e penna e va subito al nocciolo della questione.
«Bando alle ipocrisie! Come cittadino, lavoratore e consigliere provinciale impegnato da sempre nella lotta alla mafia nel settore edile e nella difesa dei diritti dei più deboli – scrive in un comunicato - non posso fare a meno di manifestare la delusione e l’indignazione per l’esclusione dalla lista del PD, il mio partito, dell’on. Giuseppe Lumia. Chi, come lui, ha fatto della stessa battaglia una ragione di vita politica, si trova indubbiamente esposto alle rappresaglie ed avrebbe dovuto essere valorizzato. Andrebbero piuttosto emarginati quanti hanno dialogato con “uomini del disonore” o alimentato il malaffare per trarne vantaggi. Ma qui sembra che le cose si siano invertite: i meriti sono stati ignorati e in qualche caso i demeriti premiati. La storia delle tre legislature? Mi sembra una scusa. Il mio partito dovrebbe far tesoro di quanto rilevato quindici anni fa dalla Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante: la responsabilità politica di certi comportamenti rende incompatibile chi li ha assunti con lo svolgimento di funzioni pubbliche. Sono sindacalista da una vita ma in questo caso condivido pienamente la posizione del presidente della Confindustria siciliana Ivan Lo Bello: la mancata inclusione di Lumia nella lista indebolisce obiettivamente l’azione di contrasto della mafia su tutti i fronti».
Reazioni autorevoli
Giovanni centra il problema.
Ma, comunista di ferro, se da un canto ricorda le battaglie condotte ai bei tempi su ispirazione di Pio La Torre, dall’altro ha memoria delle ferree regole di disciplina del suo vecchio partito e non si rende conto se la sua iniziativa sarà gradita del tutto e da tutti.
Il giorno dopo, leggendo i giornali, si accorge però che le sue idee collimano perfettamente con i concetti espressi non soltanto dallo stesso Lumia, ma anche, fatto inusuale, addirittura dal Procuratore Generale di Caltanissetta Giuseppe Barcellona.
«La mia grande paura è restare isolato» sono le parole di Lumia che riecheggiano quelle di Dalla Chiesa. «In casi come il mio, in passato – aggiunge - è sempre scattata la tutela attraverso una copertura istituzionale. Nella storia della lotta alla mafia le migliori protezioni sono arrivate con la copertura del Parlamento».
E il dottor Barcellona?
«La previsione di una mancata ricandidatura al Parlamento nelle prossime elezioni nazionali di Giuseppe Lumia – sostiene - sottrarrebbe la magistratura isolana, e quella nissena in particolare, di un prezioso interlocutore nel campo della lotta alla criminalità organizzata privando altresì il territorio di una costante e vigile presenza di persona, già presidente della Commissione nazionale antimafia, che a rischio, come ben noto, della propria incolumità personale ha sempre portato una voce di solidarietà ogni qualvolta le istituzioni più sensibili hanno manifestato il loro impegno nell’attività antimafia».
Veltroni, atto secondo
E Valter Veltroni che fa?
Ancora una volta evita di pronunciarsi sul problema e un bel giorno si reca a Genova per un comizio in Piazza Matteotti.
Alla manifestazione, organizzata in pompa magna, giungono anche esponenti della “Casa della Legalità” «per denunciare e contestare – scrivono poi in un comunicato - le candidature del PD» riguardanti «personaggi le cui collusioni con Cosa Nostra sono state accertate inequivocabilmente come nel caso, ad esempio, di Vladimiro Crisafulli».
«In quelle stesse liste – precisano - è stato invece escluso Beppe Lumia, vice presidente della Commissione Parlamentare Antimafia,condannato a morte da Cosa Nostra, da sempre impegnato nel contrasto alle mafie, nel sostegno ai reparti investigativi, alle vittime ed a chi denuncia. Non crediamo infatti accettabile che i collusi, conniventi e indagati siano candidati, mentre chi combatte la mafia trovi esclusione ed isolamento! Crediamo giusto che i cittadini sappiano quello che sta succedendo, che siano informati di chi sono i candidati e gli esclusi! Abbiamo distribuito a quasi tutti i presenti in piazza il volantino “vergognatevi” in cui si denunciava questa inquietante scelta di campo contro l’Antimafia. Molti erano sconcertati, altri (pochi) ci hanno tacciato di essere “berlusconiani” (sic!). Peccato che a candidare i mafiosi e amici dei mafiosi siano tanto il PdL con Berlusconi quanto il Pd con Veltroni! Durante il comizio di Veltroni non giungeva risposta e quando il leader del PD ha sottolineato che “loro hanno il coraggio di fare delle scelte e che le scelte che loro fanno sono dettate dalle esigenze del Paese”, allora, abbiamo urlato: “Perché candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia?”. Lo abbiamo urlato più volte mentre alcuni del servizio d’ordine che volevano allontanarci (a forza) dalla piazza perché “maleducati”, sono stati fermati da Roberto Adorno, dirigente locale del Pd, che ci proponeva di fare un incontro con Veltroni al termine della manifestazione per avere un chiarimento ed a cui abbiamo risposto: non vogliamo un incontro riservato, la risposta non la deve a noi, ma ai cittadini; è a loro che deve spiegare perchè candida Crisafulli e non candida Lumia. Abbiamo aspettato inutilmente la fine del comizio per sentire cosa diceva dal palco, ma una risposta non è giunta, il comizio si è concluso con l’invito a “divertirsi tutti insieme”».
«Siamo andati allora in Piazza De Ferrari, dove erano parcheggiati i pullman del tour» aggiungono. «Lì, quando Veltroni è uscito da Palazzo Ducale, abbiamo urlato nuovamente la domanda: “Perché candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia condannato a morte da Cosa Nostra?”. Lo abbiamo fatto più volte mentre il servizio d’ordine si stringeva attorno a Veltroni spingendolo velocemente verso l’entrata del pullman (quasi fossimo dei “terroristi”) e mentre Giuseppe Morabito (di Africo ma a Genova da quando aveva 15 anni), già dirigente ed “eletto” diessino, provava a tappare la bocca, per ben due volte, al Presidente della Casa della Legalità, per farlo tacere e per passare quindi a spinte e strattoni, per cercare di farlo cadere. Fortunatamente sono intervenuti gli agenti della Digos e lo hanno fermato. A quel punto abbiamo mostrato a chi era intorno il libro “I Complici: tutti gli uomini di Provenzano da Corleone al Parlamento” di Lirio Abbate e Peter Gomez, dove vi è la ricostruzione completa di chi è Vladimiro Crisafulli, mentre Beppe Lumia, come anche - di nuovo - Nando Dalla Chiesa, uomini simbolo della lotta alla mafia, sono stati messi fuori dalla porta! La risposta alla domanda “Perché candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia condannato a morte da Cosa Nostra?” non è giunta, Veltroni è ripartito».
Ciotti e Libera
Anche Luigi Ciotti, assieme a tante altre personalità di spicco, ha manifestato solidarietà a Lumia, ma se oltre a un messaggio o una semplice firma (a titolo personale o come presidente di Libera?) avesse mobilitato le 1300 associazioni aderenti a Libera presenti in tutto il Paese, sarebbe stato meglio.
Qualcuno potrebbe dire che sarebbe stato visto come un invito ad associazioni “apartitiche” a prendere posizione su un problema riguardante un preciso partito.
Ma un discorso del genere assumerebbe la configurazione di una censura nei confronti dell’iniziativa del Procuratore Generale di Caltanissetta Barcellona, che invece ha riscosso consensi unanimi in quanti hanno veramente a cuore la lotta alla mafia e sono convinti che la stessa, per essere efficace, va condotta con la collaborazione delle persone più motivate presenti in tutte le Istituzioni dello Stato.
Alla fine il problema si risolve felicemente solo per un apprezzabile atto di generosità del primo candidato della lista per il Senato che cede generosamente il posto a Giuseppe Lumia.
Veltroni atto terzo
E Valter Veltroni?
«Non vogliamo i voti dei mafiosi: vinceremo e loro saranno distrutti» ripete nei successivi discorsi, soprattutto in Sicilia e in Calabria.
Doverosa parentesi per un vecchio ricordo: “Vinceremo!” fu un’espressione tanto cara a Benito Mussolini: verso la fine della guerra la fece scrivere persino sulle cartoline postali – tuttora ricercate dai collezionisti del settore - ma non gli portò fortuna.
E’ chiaro però che la lotta alla mafia, nella società e in Parlamento, possono farla efficacemente anche le minoranze politiche attraverso la promozione di iniziative concrete a 360 gradi: prima fra tutte l’opposizione, dura e costante, ai tentativi dei “soliti noti” di trasformare leggi antimafia valide in armi spuntate o di emanare nuove leggi che di fatto favoriscono i mafiosi.
Verità sulle stragi
Recentemente, Pierluigi Vigna e Antonio Ingroia hanno rilanciato per l’ennesima volta l’idea della creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi del 92 e gli attentati del 93: vedremo chi si muoverà in tal senso con la dovuta grinta nell’ambito delle istituzioni e se “Libera” - associazione di associazioni la cui nascita, prima ancora dell’approvazione del relativo statuto e della scelta della denominazione, fu patrocinata ufficialmente da Luciano Violante in qualità di vice presidente della Camera dei Deputati con comunicazioni scritte su carta intestata e spedite con la franchigia del prestigioso ufficio - mobiliterà le associazioni aderenti in questa direzione, che è l’unica da percorrere per far piena luce e materializzare l’ectoplasma di cui tanti, in politica, parlano ma non dimostrano concretamente la volontà di andare avanti , con coraggio, a oltranza e senza guardare in faccia nessuno, come avevano fatto Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutte le altre personalità che non ci sono più per il semplice fatto che avevano sempre operato a viso aperto e in prima linea consapevoli del pericolo cui andavano incontro con le loro delicate inchieste.
Se questo non avverrà, si darà ragione a quanti pensano che la mancata ricerca della verità sia dovuta al timore che vengano tirati fuori certi scheletri da certi armadi tenuti finora blindati. Un timore che si rivelerebbe più diffuso di quanto si possa immaginare. “Ai posteri l’ardua sentenza” scriveva il Manzoni.
Il 17 aprile abbiamo pubblicato un articolo del prof. Enzo Guidotto dal titolo “La lotta alla mafia una seconda resistenza”. In relazione al dibattito che ne è seguito, il prof. Guidotto ritorna sul tema con un interessante approfondimento, che, visto che si parla di “resistenza”, pubblichiamo oggi che è il 25 aprile.
di Enzo Guidotto
(Presidente dell’“Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso”)
Grato per l’attenzione riservata al mio articolo, preciso che il concetto di “nuova” o “seconda” – e non “prima” – Resistenza si basa sul fatto che i valori di democrazia, libertà e giustizia, soffocati dal Fascismo e divenuti bandiera della Resistenza, essenza della Costituzione repubblicana e quindi fondamento del nostro Stato democratico e di diritto, sono stati poi calpestati da quei poteri criminali e occulti che hanno svolto nel Paese un ruolo autenticamente eversivo.
Sono convinto che sarebbe bene che, attraverso i commenti, certi temi fossero affrontati con passione non soltanto nei periodi preelettorali, elettorali e postelettorali perché la vera democrazia non è solo consenso che si esprime periodicamente con il voto, ma soprattutto partecipazione sistematica e continuativa alla soluzione dei problemi di interesse generale anche con l’arma della cultura.
Bisogna purtroppo riconoscere che da tempo i partiti non sono più palestre di democratico, libero e costruttivo dibattito alimentato da iscritti e simpatizzanti.
Questi, di fatto, hanno solo la facoltà di prendere atto – altrimenti sono guardati male dall’establishment e dai ruffiani di turno se non addirittura emarginati – delle decisioni prese in “alto loco” non sempre in coerenza con i principi, gli ideali e i valori proclamati dai “grandi capi”.
E il discorso vale anche e soprattutto per il modo in cui vengono affrontate le magagne interne e per i criteri che si seguono nella scelta delle persone da inserire nelle liste elettorali.
Repetita iuvant
Pio La Torre, agli inizi degli anni Ottanta, andò a Palermo per riorganizzare e rilanciare il suo partito, ma anche per fare pulizia all’interno dello stesso.
Certi personaggi verso i quali lui aveva puntato l’indice, rimasero però ai loro posti, fecero carriera e venti anni dopo furono arrestati per associazione mafiosa.
E il processo sulla “pista interna” per il suo barbaro assassinio, prescindendo dai dettagli e dal giudizio finale, sotto l’aspetto morale e politico suona come vergogna a futura memoria nei confronti di quanti presero e continuano a prendere, anche relativamente ad analoghe situazioni, posizioni ultragarantiste per motivi spesso inconfessabili.
Uno di questi è Vladimiro Crisafulli, eletto per la seconda volta al Parlamento, già indagato per essere stato sorpreso e filmato, in data 19 novembre 2001, in un hotel mentre parlava con l’avvocato democristiano andreottiano Raffaele Bevilacqua, suo vecchio amico, già pregiudicato per associazione mafiosa in quanto «boss del clan mafioso di Enna e Barrafranca, in contatto con l’allora superlatitante Bernardo Provenzano» (Travaglio e Gomez, “Onorevoli Wanted”, Edizioni Riunite).
Nel novembre dell’anno scorso, in vista dell’assemblea costituente del Partito Democratico siciliano, il candidato alla Presidenza, designato dalla maggioranza, è l’on. Giuseppe Lumia.
E’ noto che nel 2000, quando era presidente della Commissione parlamentare antimafia, Bernardo Provenzano aveva dato il proprio assenso all’idea di Nino Giuffrè di ucciderlo perché dava fastidio in modo «martellante» a Cosa Nostra.
Ipergarantismo sospetto
Allora è bene che non si perda la memoria di certe vicende.
Alcuni giorni prima del citato congresso Aurelio Angelini, leader della componente eco-dem, chiede a Crisafulli il sostegno, per l’elezione del presidente del partito, della candidatura di Mariolina Bono, di Sciacca, in contrapposizione a quella di Lumia.
Crisafulli accetta la proposta in funzione della sua tradizionale avversione nei confronti di Lumia, espressa dalla massima rievocata su “La Repubblica-Palermo”, dell’11 novembre 2007, da Emanuele Lauria: «Se c’è Lumia, io sto automaticamente da un’altra parte».
Il motivo di tale avversione è facilmente immaginabile: la sua posizione ipergarantista in materia di politica giudiziaria antimafia è diametralmente opposta a quella di Lumia, sostenitore della necessità dell’introduzione del cosiddetto sistema del “doppio binario”: uno per le pene previste per i delitti comuni; un altro per quelle, decisamente più severe, per i delitti commessi da soggetti appartenenti o collegati ad associazioni di tipo mafioso, da estendere anche ai responsabili di delitti di terrorismo politico.
Stando così le cose, la scelta, da parte del Crisafulli, secondo chi è al corrente delle segrete cose potrebbe basarsi sul fatto che Mariolina Bono – indicata da chi la conosce da ragazza come «la “pasionaria” di Sciacca» - ne condivide, sia pure lungo un diverso versante, la concezione ipergarantista avendo fatto parte del movimento sessantottino che altrove ha successivamente alimentato in qualche misura i gruppi dell’estrema sinistra, rivoluzionaria e violenta.
In Sicilia, in molti ricordano il suo attivismo all’epoca in cui frequentava l’università.
Il suo consorte studiava invece a Bologna, dove nei primi anni Ottanta fu arrestato come appartenente a “Prima Linea” o ad analoga organizzazione collegata: sarebbe poi stato condannato in primo grado, per un certo tempo è stato agli arresti domiciliari e nel 1988 la Corte d’Assise d’Appello lo ha assolto, ma per insufficienza di prove.
Ebbene, pur avendo manifestato una certa inclinazione nel campo delle amicizie e delle alleanze, stando ai fatti, Vladimiro Crisafulli, nel PD pesa e conta più di Giuseppe Lumia che ha sempre rivelato tutt’altre tendenze: nelle recenti elezioni è infatti messo subito e senza discussioni in lista per la Camera, mentre Lumia, in un primo tempo, viene escluso.
«Ritengo che la presenza di Crisafulli non sia compatibile con l’obiettivo di dare fiducia, forza ed energia a quella Sicilia che vuole il cambiamento» dichiara Lumia, subito dopo la decisione del vertice del partito.
Veltroni, atto primo
E Valter Veltroni che fa?
Davanti alle proteste dei sostenitori di Lumia non entra nel merito della “questione Crisafulli”, che avrebbe dovuto offendere la sua “purezza”.
Sostiene però che «l’antimafia è una pratica e non una persona».
La frecciata è formalmente diplomatica ma velenosa nella sostanza.
«Veltroni – ribatte Lumia - ha ragione a parlare di lotta collettiva. Ma a maggior ragione è importante tenere conto di chi su questo tema si batte da quando ha iniziato a fare politica, anche se ciò ha significato ricevere minacce pesantissime e correre rischi elevati».
Che le cose stiano così lo ha sempre dimostrato proprio la mafia: non ha mai fatto attentati per danneggiare strutture, apparati, questure, caserme o palazzi di giustizia per distruggere documenti dannosi per l’organizzazione o per decimare magistrati, carabinieri e poliziotti, come faceva ad esempio Salvatore Giuliano con la sua banda contro le forze dell’ordine.
La mafia ha sempre colpito le “punte avanzate” del fronte di uno Stato che contro l’organizzazione non è mai stato compatto appunto perché le istituzioni sono state sempre caratterizzate da un certo tasso di inquinamento prodotto dagli “amici degli amici”.
Gli esempi concreti, che tanti hanno dimenticato e l’aspirante premier fa finta di non conoscere, non mancano.
«Credo - disse il Prefetto Carlo Alberto a Giorgio Bocca nella storica intervista pubblicata su La Repubblica del 10 agosto 82, a qualche settimana dalla “Strage di Via Carini” - di aver capito la regola del gioco: si uccide il potente quando avviene questa combinazione fatale, è diventato troppo pericoloso ma si può uccidere perché è isolato».
Io abito da quaranta anni in Veneto. Nei giorni della polemica sull’esclusione di Lumia, trovandomi in Sicilia, ho avuto modo di registrare la reazione di Giovanni Burgarella, un sindacalista della Cgil Trapani, già sequestrato e torturato da boss mafiosi al servizio di imprenditori edili senza scrupoli per aver capeggiato una rivolta di operai maltrattati.
«Ma come? I mafiosi volevano farlo fuori e il mio partito lo tratta così? Ma si rendono conto?» mi dice con rabbia.
Scrivi, Giovanni, scrivi! Prende carta e penna e va subito al nocciolo della questione.
«Bando alle ipocrisie! Come cittadino, lavoratore e consigliere provinciale impegnato da sempre nella lotta alla mafia nel settore edile e nella difesa dei diritti dei più deboli – scrive in un comunicato - non posso fare a meno di manifestare la delusione e l’indignazione per l’esclusione dalla lista del PD, il mio partito, dell’on. Giuseppe Lumia. Chi, come lui, ha fatto della stessa battaglia una ragione di vita politica, si trova indubbiamente esposto alle rappresaglie ed avrebbe dovuto essere valorizzato. Andrebbero piuttosto emarginati quanti hanno dialogato con “uomini del disonore” o alimentato il malaffare per trarne vantaggi. Ma qui sembra che le cose si siano invertite: i meriti sono stati ignorati e in qualche caso i demeriti premiati. La storia delle tre legislature? Mi sembra una scusa. Il mio partito dovrebbe far tesoro di quanto rilevato quindici anni fa dalla Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante: la responsabilità politica di certi comportamenti rende incompatibile chi li ha assunti con lo svolgimento di funzioni pubbliche. Sono sindacalista da una vita ma in questo caso condivido pienamente la posizione del presidente della Confindustria siciliana Ivan Lo Bello: la mancata inclusione di Lumia nella lista indebolisce obiettivamente l’azione di contrasto della mafia su tutti i fronti».
Reazioni autorevoli
Giovanni centra il problema.
Ma, comunista di ferro, se da un canto ricorda le battaglie condotte ai bei tempi su ispirazione di Pio La Torre, dall’altro ha memoria delle ferree regole di disciplina del suo vecchio partito e non si rende conto se la sua iniziativa sarà gradita del tutto e da tutti.
Il giorno dopo, leggendo i giornali, si accorge però che le sue idee collimano perfettamente con i concetti espressi non soltanto dallo stesso Lumia, ma anche, fatto inusuale, addirittura dal Procuratore Generale di Caltanissetta Giuseppe Barcellona.
«La mia grande paura è restare isolato» sono le parole di Lumia che riecheggiano quelle di Dalla Chiesa. «In casi come il mio, in passato – aggiunge - è sempre scattata la tutela attraverso una copertura istituzionale. Nella storia della lotta alla mafia le migliori protezioni sono arrivate con la copertura del Parlamento».
E il dottor Barcellona?
«La previsione di una mancata ricandidatura al Parlamento nelle prossime elezioni nazionali di Giuseppe Lumia – sostiene - sottrarrebbe la magistratura isolana, e quella nissena in particolare, di un prezioso interlocutore nel campo della lotta alla criminalità organizzata privando altresì il territorio di una costante e vigile presenza di persona, già presidente della Commissione nazionale antimafia, che a rischio, come ben noto, della propria incolumità personale ha sempre portato una voce di solidarietà ogni qualvolta le istituzioni più sensibili hanno manifestato il loro impegno nell’attività antimafia».
Veltroni, atto secondo
E Valter Veltroni che fa?
Ancora una volta evita di pronunciarsi sul problema e un bel giorno si reca a Genova per un comizio in Piazza Matteotti.
Alla manifestazione, organizzata in pompa magna, giungono anche esponenti della “Casa della Legalità” «per denunciare e contestare – scrivono poi in un comunicato - le candidature del PD» riguardanti «personaggi le cui collusioni con Cosa Nostra sono state accertate inequivocabilmente come nel caso, ad esempio, di Vladimiro Crisafulli».
«In quelle stesse liste – precisano - è stato invece escluso Beppe Lumia, vice presidente della Commissione Parlamentare Antimafia,condannato a morte da Cosa Nostra, da sempre impegnato nel contrasto alle mafie, nel sostegno ai reparti investigativi, alle vittime ed a chi denuncia. Non crediamo infatti accettabile che i collusi, conniventi e indagati siano candidati, mentre chi combatte la mafia trovi esclusione ed isolamento! Crediamo giusto che i cittadini sappiano quello che sta succedendo, che siano informati di chi sono i candidati e gli esclusi! Abbiamo distribuito a quasi tutti i presenti in piazza il volantino “vergognatevi” in cui si denunciava questa inquietante scelta di campo contro l’Antimafia. Molti erano sconcertati, altri (pochi) ci hanno tacciato di essere “berlusconiani” (sic!). Peccato che a candidare i mafiosi e amici dei mafiosi siano tanto il PdL con Berlusconi quanto il Pd con Veltroni! Durante il comizio di Veltroni non giungeva risposta e quando il leader del PD ha sottolineato che “loro hanno il coraggio di fare delle scelte e che le scelte che loro fanno sono dettate dalle esigenze del Paese”, allora, abbiamo urlato: “Perché candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia?”. Lo abbiamo urlato più volte mentre alcuni del servizio d’ordine che volevano allontanarci (a forza) dalla piazza perché “maleducati”, sono stati fermati da Roberto Adorno, dirigente locale del Pd, che ci proponeva di fare un incontro con Veltroni al termine della manifestazione per avere un chiarimento ed a cui abbiamo risposto: non vogliamo un incontro riservato, la risposta non la deve a noi, ma ai cittadini; è a loro che deve spiegare perchè candida Crisafulli e non candida Lumia. Abbiamo aspettato inutilmente la fine del comizio per sentire cosa diceva dal palco, ma una risposta non è giunta, il comizio si è concluso con l’invito a “divertirsi tutti insieme”».
«Siamo andati allora in Piazza De Ferrari, dove erano parcheggiati i pullman del tour» aggiungono. «Lì, quando Veltroni è uscito da Palazzo Ducale, abbiamo urlato nuovamente la domanda: “Perché candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia condannato a morte da Cosa Nostra?”. Lo abbiamo fatto più volte mentre il servizio d’ordine si stringeva attorno a Veltroni spingendolo velocemente verso l’entrata del pullman (quasi fossimo dei “terroristi”) e mentre Giuseppe Morabito (di Africo ma a Genova da quando aveva 15 anni), già dirigente ed “eletto” diessino, provava a tappare la bocca, per ben due volte, al Presidente della Casa della Legalità, per farlo tacere e per passare quindi a spinte e strattoni, per cercare di farlo cadere. Fortunatamente sono intervenuti gli agenti della Digos e lo hanno fermato. A quel punto abbiamo mostrato a chi era intorno il libro “I Complici: tutti gli uomini di Provenzano da Corleone al Parlamento” di Lirio Abbate e Peter Gomez, dove vi è la ricostruzione completa di chi è Vladimiro Crisafulli, mentre Beppe Lumia, come anche - di nuovo - Nando Dalla Chiesa, uomini simbolo della lotta alla mafia, sono stati messi fuori dalla porta! La risposta alla domanda “Perché candidate Crisafulli amico dei boss mafiosi e non candidate Beppe Lumia condannato a morte da Cosa Nostra?” non è giunta, Veltroni è ripartito».
Ciotti e Libera
Anche Luigi Ciotti, assieme a tante altre personalità di spicco, ha manifestato solidarietà a Lumia, ma se oltre a un messaggio o una semplice firma (a titolo personale o come presidente di Libera?) avesse mobilitato le 1300 associazioni aderenti a Libera presenti in tutto il Paese, sarebbe stato meglio.
Qualcuno potrebbe dire che sarebbe stato visto come un invito ad associazioni “apartitiche” a prendere posizione su un problema riguardante un preciso partito.
Ma un discorso del genere assumerebbe la configurazione di una censura nei confronti dell’iniziativa del Procuratore Generale di Caltanissetta Barcellona, che invece ha riscosso consensi unanimi in quanti hanno veramente a cuore la lotta alla mafia e sono convinti che la stessa, per essere efficace, va condotta con la collaborazione delle persone più motivate presenti in tutte le Istituzioni dello Stato.
Alla fine il problema si risolve felicemente solo per un apprezzabile atto di generosità del primo candidato della lista per il Senato che cede generosamente il posto a Giuseppe Lumia.
Veltroni atto terzo
E Valter Veltroni?
«Non vogliamo i voti dei mafiosi: vinceremo e loro saranno distrutti» ripete nei successivi discorsi, soprattutto in Sicilia e in Calabria.
Doverosa parentesi per un vecchio ricordo: “Vinceremo!” fu un’espressione tanto cara a Benito Mussolini: verso la fine della guerra la fece scrivere persino sulle cartoline postali – tuttora ricercate dai collezionisti del settore - ma non gli portò fortuna.
E’ chiaro però che la lotta alla mafia, nella società e in Parlamento, possono farla efficacemente anche le minoranze politiche attraverso la promozione di iniziative concrete a 360 gradi: prima fra tutte l’opposizione, dura e costante, ai tentativi dei “soliti noti” di trasformare leggi antimafia valide in armi spuntate o di emanare nuove leggi che di fatto favoriscono i mafiosi.
Verità sulle stragi
Recentemente, Pierluigi Vigna e Antonio Ingroia hanno rilanciato per l’ennesima volta l’idea della creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi del 92 e gli attentati del 93: vedremo chi si muoverà in tal senso con la dovuta grinta nell’ambito delle istituzioni e se “Libera” - associazione di associazioni la cui nascita, prima ancora dell’approvazione del relativo statuto e della scelta della denominazione, fu patrocinata ufficialmente da Luciano Violante in qualità di vice presidente della Camera dei Deputati con comunicazioni scritte su carta intestata e spedite con la franchigia del prestigioso ufficio - mobiliterà le associazioni aderenti in questa direzione, che è l’unica da percorrere per far piena luce e materializzare l’ectoplasma di cui tanti, in politica, parlano ma non dimostrano concretamente la volontà di andare avanti , con coraggio, a oltranza e senza guardare in faccia nessuno, come avevano fatto Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutte le altre personalità che non ci sono più per il semplice fatto che avevano sempre operato a viso aperto e in prima linea consapevoli del pericolo cui andavano incontro con le loro delicate inchieste.
Se questo non avverrà, si darà ragione a quanti pensano che la mancata ricerca della verità sia dovuta al timore che vengano tirati fuori certi scheletri da certi armadi tenuti finora blindati. Un timore che si rivelerebbe più diffuso di quanto si possa immaginare. “Ai posteri l’ardua sentenza” scriveva il Manzoni.
3 commenti:
I presupposti di una nuova resistenza?
Ieri al tg hanno intervistato Giuseppe....un giovanissimo siciliano che ha costituito la "sua" associazione antimafia.
E' assetato di giustizia ha detto, e i suoi occhi erano pieni di speranza e emozione per la sua Sicilia:
Partiamo dal suo futuro.
Alessandra
Articolo interessante. Non credo però che sia esauriente. Non si prende atto della diffusione di un atteggiamento mafioso molto più subdolo e capillare che ha intaccato tutte le istituzioni.
Quale garanzia esiste che enti come i Ministeri, il CSM, il CNF facciano ciò che a loro istituzionalmente è affidato?
Non parlo per parlare. Ho prove concrete che nessuno ascolta e nessuno pubblica.....Le istituzioni non si toccano, e sono d'accordo, ma gli uomini preposti al loro funzionamento sono altrettanto intoccabili? Non ho trovato alcuna norma costituzionale e non che tanto sancisca.
Scusatemi se resto anonimo.
Gentile De Luca,
il TG1 edizione odierna ha dato la notizia che negli uffici della Procura della Repubblica di Reggio Calabria è stata rinvenuta una microspia. Il Procuratore Capo, in diretta telefonica da Palermo, allo stesso TG1, ha detto che l'episodio riveste carattere di enorme gravità ed ha aggiunto che in futuro (il suo insediamento in quella Poltrona risale a pochi giorni fa) farà in modo che ciò non avvenga più! L'enorme gravità ravvisata dal Procuratore Capo, è doppia per i cittadini reggini: chi ha vigilato fino adesso sulla loro sicurezza?!? Una Procura indagata da un'altra Procura? O, la pericolosissima organizzazione criminale, denominata 'ndrangheta? Infatti, se è stata la prima, la cosa sarà ordinaria amministrazione per il dottore Pignatone, abituato ad operare nella Procura dei veleni per antonomasia, quella di Palermo appunto. Se è stata la seconda, l'amministrazione sarà straordinaria, visto il primato mondiale della pericolosità della 'ndrangheta.
In entrambi i casi, fino adesso, poveri reggini! Dopo questa scoperta, invece, sperano si apra anche per Reggio Calabria, finalmente, la stagione delle bonifiche!!!
Con la solita stima, bartolo iamonte.
Gentile De Luca,
rimango sbigottito nel leggere che l'Associazione Universitaria Ulixes si dice certa che un'eventuale impegno del Governo contro l'esercito mafioso vedrebbe cadere per strada poliziotti e innocenti. Ma se anche gli universitari non capiscono nulla delle mafie, vuol proprio dire che in Calabria siamo ancora all'anno zero. Ma veramente, questi pensano che le mafie siano un potere che si oppone allo Stato? Mi auguro di aver capito male! Sicuramente hanno capito bene i Siciliani, questore in testa, che grazie ad un progetto ideato dalla fondazione “Progetto legalità” hanno prodotto degli spot da mandare in onda in televisione e nei cinema, in cui famosi attori siciliani e persino il questore in persona, appunto, invitano i mafiosi a collaborare con la giustizia, ricordando loro, categoricamente, che questo è l'altro modo di uscire da Cosa Nostra. Come sono lontani i tempi in cui i questori, giudici, politici ecc... ecc.. asserivano convinti che la mafia era soltanto un'invenzione. Certo, i morti in Sicilia ci sono stati e come; però, gli universitari devono chiedere ai parenti di Borsellino perché hanno rifiutato i funerali di Stato per il loro congiunto, lasciato solo mentre era in vita a investigare contro la mafia!!!
Con la solita stima, bartolo iamonte.
p.s.
Per gli innocenti accusati di mafia non ci pensa nessuno, ma tanto chi se ne fraga.
p.p.s
Le accuse, in Calabria, ma non solo, sono sgangherate solo quando toccano quelli che stanno un gradino sotto Dio!
p.p.p.s.
Mi auguro che gli Universitari, almeno, imparino a studiare bene questo indegno fenomeno criminale.
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