lunedì 11 agosto 2008

La nostra storia


di Maria Angioni
(Giudice del Tribunale per i Minorenni di Cagliari)



Già qualche anno fa il collega Carlo Fucci, nel parlare di alcuni dei nostri governanti, aveva inserito nel discorso qualche riferimento alla storia italiana, in particolare quella del Ventennio.

Non capisco bene perchè, ma le manifestazioni di sdegno e le prese di distanza erano state sorprendentemente forti e provenienti da tutte le parti politiche e da tutti gli ambienti.

Ora è la volta del prof. Asor Rosa e cominciano a fioccare analoghe manifestazioni, con stupite proteste da destra e sinistra, dalla politica e dall’accademia.

Possiamo dunque, generalizzando, dire che gli Italiani – tutti – soffrono moltissimo nel vedere in qualunque modo accostato il contemporaneo leader politico a personaggi vissuti in un tempo passato.

Perchè tanta angoscia?

Forse perchè ancora oggi la parola “fascismo” e “fascista” si portano dietro quella connotazione di insulto e parolaccia che dopo vent’anni di sudditanza e compiacimento – con le note eccezioni – il popolo italiano frettolosamente stampò per dimostrare al mondo la propria estraneità al fenomeno.

Evidentemente, se così è, alla destra di Berlusconi non fa piacere essere accostata ad un insulto o parolaccia che sia, ed alla sinistra, da sempre “politically correct” (anche qui salvo eccezioni), non fa piacere essere accostata a chi proferisce quelle che vengono ritenute sguaiataggini.

Secondo me però “fascismo” e “fascista” non devono essere considerati quali insulti e parolacce, a meno di voler estendere tale valutazione negativa al popolo italiano (di allora per lo meno) nel suo quasi complesso.

E’ dunque possibile affrontare l’argomento con maggiore serenità.

Se oggi fosse ancora vivo e in gamba (alcuni lo sono!) un giovane ventenne del Ventennio, non antifascista, cosa desidererebbe?

Quello che penso desiderasse allora, cose semplici: una famiglia composta da moglie e figli sui quali comandare, prostitute nel bordello, nessuna donna in posti pubblici o privati di rilievo, uno stipendio anche non alto ma in grado di assicurare potere in casa, la liceità di qualche scorreria ogni tanto contro le persone che danno fastidio, poliziotti e magistrati pronti e severi nella reazione contro ladri ed assassini, un podestà amico cui raccomandare il figlio per un posto pubblico o un posto in banca, una casa popolare o di edilizia agevolata, territori lontani ove divenire assegnatario di un podere, vino sigarette e ogni tanto un toscano.

A livelli più alti, in aggiunta o sostituzione alle precedenti voci, una o più amanti, uno stipendio altissimo incrementato da svariate altre entrate, domestici e servi anche di colore, un gerarca amico, aiuti economici di regime, lussuosi appartamenti pubblici a canone irrisorio, incarichi politici forieri di prebende fuori da ogni controllo, una laurea, e ogni tanto una tirata di coca.

Se oggi fosse ancora vivo e in gamba questo giovane ventenne, a chi pensate che darebbe il suo voto?

Dipende, se una macchina del tempo lo catapultasse improvvisamente nel 2008 con provenienza diretta 1936 o anche 1940 non avrei dubbi nel rispondere, chiunque penso risponderebbe “a destra!”, perchè il tapino applicherebbe in automatico oggi le scelte già fatte in passato, senza comprendere le differenze dovute al tempo trascorso, alle vicende storiche ed alle innovazioni tecnologiche.

Se invece si trattasse più realisticamente di un pluriottuagenario, provato dall’età e dall’esperienza, la risposta non sarebbe più scontata, anche perchè nel tempo i suoi desideri possono essersi modificati o attenuati.

Proviamo ora ad immaginare un giovane d’oggi, nipote dell’ottuagenario ancor vivo o ormai defunto, che desideri le stesse cose del nonno.

Il padre del nostro ragazzo, poverino, non poteva desiderarle in modo diretto, le stesse cose di suo padre, perchè, oppresso dalla rieducazione civico-partigiana-femminista-dei diritti del dopoguerra, se l’avesse fatto sarebbe stato fortemente biasimato, e comunque salvo eccezioni sarebbe stato assalito dai sensi di colpa; spesso peraltro coltivava tali desideri comunque, in fatto, e la sua cultura (all’epoca il diploma di quinta elementare sembra garantisse maggiori cognizioni e scienza di un dottorato di oggi) lo aiutava a comprendere che a tal fine poteva percorrere anche delle strade in apparenza conducenti altrove, alla Chiesa, all’URSS o più semplicemente alla Democrazia.

Nelle maglie di questa ipocrisia si sono pian piano insinuate le fasce deboli (donne, extracomunitari, gay), guadagnandosi maggiori spazi di autonomia e di tutela.

Il nostro giovane é al contrario completamente libero!

Lui non é appesantito dalla cultura, poco o nulla sa della storia, se guarda davanti a sè fino all’orizzonte ha il coraggio finalmente di dire quello che vede, che la Terra é piatta perchè altrimenti non si capisce perchè finisca con una linea retta.

Lui si sveglia ogni mattina come un uomo nuovo, e come un uomo nuovo mi sembra di capire che desideri in modo ingenuo e commovente le stesse cose agognate dall’avo.

Parlo degli italiani al maschile solo perchè nel Ventennio le donne avevano pochissimo spazio, e un paragone con le nipotine del 2000 sarebbe improponibile.

Bene, molti giovani secondo quanto posso osservare ammirano Silvio Berlusconi perchè sentono, a torto o a ragione, che lui vuole arrivare a realizzare quelle cose che loro desiderano.

Credono di capire ciò dalle frasi che pronuncia, apparentemente delle gaffes, ma molto eloquenti.

Magari sbagliano anche nell’interpretare, perchè sono ignoranti.

Nessuno può dire con sicurezza se alcuna delle forze politiche oggi attiva assomigli o sia in qualche modo comparabile al Fascismo, vero é però che una pacata riflessione sul nostro passato può aiutarci a capire il presente.

Vero é anche che, a mio parere, gran parte dei desideri che hanno portato gli Italiani al Fascismo sono rimasti intatti, nella loro sostanza, nel corso di più di sessant’anni di vita diretta e vigilata dai più diversi partiti, e ora, attraverso soprattutto le generazioni più giovani, chiedono soddisfazione ardita, non più nascosta; se taluno si propone apertamente come interprete di tali sogni avrà con ogni probabilità alte chances di successo, a prescindere da quelli che sono poi gli obiettivi in concreto perseguiti.

E’ nostro diritto parlare di Fascismo, perchè il Fascismo è la nostra storia recente.

Non è forse neanche necessario formulare su di esso un giudizio morale, considerata la nera miseria (morte, deportazione, rovine, povertà, umiliazione, disperazione e tradimento) in cui l’esperienza si concluse.


33 commenti:

Anonimo ha detto...

A me pare che la malattia dalla quale siamo affetti sia particolarmente grave proprio perchè il "virus" è ormai molto diffuso.

Non si tratta "infiltrazioni" in questa o quella parte della società, in questo o quel partito politico.

Il "fascismo" del quale parla Maria a me pare molto diffuso in tutta la società e in tutte le cosiddette parti politiche.

Lo ritrovo nelle dichiarazioni di D'Alema che, con riferimento alla vicenda Unipol si indigna perchè sostiene che ci si permette di voler processare la classe dirigente (rinvio sul punto a quanto osservato da Bruno Tinti e riportato nel post “Un giustizia forte con i deboli e debole con i forti”).

Lo ritrovo nelle proposte di Violante sulla giustizia.

Mi sembra si tratti di una malattia grave illustrata molto bene dal prof. Luigi Ferrajoli nell'intervento riportato nel post “Il cuore del problema: legge, diritti, giustizia”.

E se è così (e a me pare che sia così) è ingenuo pensare che la cosa possa risolversi con il voto alle elezioni.

Il problema è culturale e morale.

E questo tipo di "malanni sociali" richiede cure molto molto lunghe e molto molto complesse.

Per recuperare un minimo di democrazia non basterà votare (tanto più con una legge elettorale come quella attuale). Bisognerà impegnarsi a diffondere valori, idee, ideali, a dare buoni esempi, a dire tante verità, a pagare prezzi molto alti.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Più che improbabili paragoni con un fenomeno morto già nel 1943, vale a dire sessantacinque (sic) anni fa, il paradigma di quel giovane ventenne sembra esser piuttosto quello del figlio ventenne di genitori sessantottini o post-sessantottini: viziato, egoista, falso e disonesto.

La vera storia recente, assai più recente del fascismo, è in realtà composta dalle baggianate che hanno dato da bere a un terzo degli italiani da Togliatti a Mao, mescolandole successivamente, grazie al raggiunto benessere, in un folle e assurdo cockatil con le tendenze "libertarie" (liberal) mutuate dai paesi capitalisti.

Ciò è durato fino al 1989, quando, di necessità virtù, hanno cambiato di colpo nome e ideali, ma non il rapporto cliente-padrone (io voto te, tu dai un posto a me) e l'innata capacità di rigirare sempre la frittata dalla parte meno cotta !

I "maiali" si sono alzati in piedi, e brindano con il loro vecchio padrone ...

salvatore d'urso ha detto...

Se posso permettermi di dare un mio parere a riguardo, penso che il fascismo di oltre 60 anni fa rispetto al nuovo regime di potere che si è in parte già configurato negli ultimi 30 anni e che sta completando l'opera abbia si molte analogie ma che in sostanza ha un volto molto ma molto diverso da quel fascismo che fu un tempo e che definirlo semplicemente un ritorno al fascismo sia più un complimento oltre che un errore che noi potremmo commettere.

Ciò che sta accadendo a livello politico in questo paese ha dimensioni molto più vaste di quelle che erano presenti nel ventennio fascista. Addirittura ora manca un'opposizione dura e seria al nuove regime, poichè gran parte di quella attuale è complice diretta del regime che a mio avviso non può essere definito solamente di destra, ma trasversale e senza colore politico, poichè ideali da perseguire di questi partiti a favore del paese ce ne son davvero pochi, la maggior parte è solo fumo, come abbiamo potuto constatare e come lo stesso blog con vari articoli coscientemente o meno ha potuto evidenziare.

Non esiste un vero Duce... lo stesso Berlusconi non lo è in realtà, è uno strumento del nuovo sistema, se sarebbe d'intralcio sarebbe subito ostacolato e messo in condizioni di non poter più nuocere, il problema è che però lui ne fa parte ed è tra gli esponenti che più contano in questo nuovo regime oligarchico.

Un regime oligarchico costruito un pò a piramide ma dove sulla punta della piramide non c'è un solo uomo ma un gruppo, e subito sotto di esso legati indissolubilmente ci sono altri gruppi di potere, e sotto di questi altri ancora, alcuni suddivisi per territorio, altri per interessi economici, ecc...

Il sistema si regge solo sulla ricchezza prodota dal paese alla quale esso può attingere e sostenersi, se la magistratura colpisce uno di questi gruppi gli altri intervengono per sostenere il gruppo colpito, e se non riescono nel salvataggio questo viene sostituito. Il sistema della corruzione si rigenera come il cancro, le cure non funzionano più, il cancro si è diffuso ovunque, in tutte le parti del corpo, la volontà di guarire del paziente è oramai quasi assente, leparti sane ancora si ribellano alla soluzione finale e se il paziente non vuol guarire e curarsi c'è poco da fare... il paziente deve morire.

Con la parte malata morirà anche quella sana, la parte sana non ha altra scelta che combattere il male e convincere il paziente a curarsi.

Si dovrebbe cominciare quindi prima a costruire un'alternativa, un'opposizione vera a contrastare il vero male di questo paese. Qualcosa sta nascendo... dobbiamo semplicemente sostenerla, accudirla e farla crescere. Probabile che ci vorrà tempo, ma non credo ci siano alternative più facilemnte praticabili. Bisogna lavorare sulle coscienze delle persone, sulle menti di chi è stato plagiato e non è in grado più di distinguere il vero dal falso, il bene dal male, il cancro dalla parte sana. Molti sono convinti che il cancro sia la parte sana... la malattia si è diffusa a tal punto che ha influenzato pesantemente la mente del paziente, tanto da provocargli forti allucinazioni. Il paziente sta delirando.

Quindi, non è solo una questione di dieali politici, di un fulcro ben definito da dover colpire o da dover scredidare, da dover far vergognare... è qualcosa di diverso, di più esteso, che ha messo le sue radici ovunque... e non solo nelle istituzioni... ma anche nei cuori dei cittadini stessi.

A volte si è trovati di fronte a casi di guarigione dal cancro incredibili, miracolosi... ma i miracoli di solito li riceve chi li merita, chi crede in qualcosa di giusto... e per la stragrande maggioranza del nostro paese... non credo sia il caso nostro... purtroppo...

P.S.: Bentornati... stavo cominciando a preoccuparmi...

Anonimo ha detto...

Ben tornato dott Lima! 8)

Condivido pienamente ciò che ha detto.
Da questi pensieri nasce il mio pessimismo. 8/
Mi fanno quasi tenerezza le persone che dicono che solo "alcune parti della società" sarebbero malate o deviate.

Ho paura che in quel caso stiano parlando proprio di noi, degli onesti, che ormai facciamo lo stesso effetto che fanno la donna barbuta o l'incantatore di serpenti: suscitiamo curiosità e/o schifo.

Sinceramente non so come uscirne perchè mi sento circondata.
Anche nelle piccole cose di tutti i giorni, la mentalità del "lasciar perdere", del "ma chi te lo fa fare", "ma non ti conviene" (avete presente "Toto", di Gigi Proietti?) prevale su tutto.

E' come una melassa maleodorante e appiccicosa che sommerge qualsiasi scatto di orgoglio.

Speriamo bene...

Luciana

Il cane di Jack ha detto...

Al di là dell'ironia che si coglie nell'articolo e che dipinge l'italiano medio come colui che cerca ancora "prostitute nel bordello", penso, a lume di naso, che il fascismo di un tempo sia cosa molto diversa dalla politica di oggi. Ancora non ho visto squadrismo né olio di ricino :-) Forse è un regime plutocratico. Il denaro e il potere sono gli unici valori che contano. La giustizia, anche economica, e l'uguaglianza, anche sostanziale, vengono considerate intralci a un preteso sviluppo della società. Da questo punto di vista non vedo soluzioni così pronte. Poi io non vedo solo un problema culturale e morale; c'è mi pare anche un problema economico, che forse viene rimosso perchè troppo di "sinistra". Troppa gente è sull'orlo della povertà, o della fame, o resa insicura dalla precarietà del posto di lavoro. Questa massa ansiosa per il proprio futuro, sa benissimo cos'è il bene e cosa il male (almeno nei limiti in cui un uomo può realmente pensare di conoscere questi concetti). Piuttosto, per ciò che mi pare di avere osservato, a questo punto avviene una specie di transfert freudiano, per cui il nemico diventa il rom, il rumeno, l'uomo nero, mentre il vero "nemico", quello che di fatto ti tiene in stato di soggezione, visto che non lo puoi contrastare, vuoi fartelo amico.
Il giudice Felice Lima dice che votare non basta. Ecco è anche la mia idea. Io dico solamente che non votare è perfettamente inutile e anzi controproducente. Anzi vedo nell'antipolitica e nell'astensionismo un pericolo, perchè l'astensionismo, alla prova dei fatti, non viene letto come protesta ma, maliziosamente, come segno di disinteresse.
Bene ho parlato fin troppo, mi dispiace ma è tempo di andare a fare una bella nuotata :-)
Un abbraccio a tutti
I.

Vittorio Ferraro ha detto...

Da tempo è in atto una revisione in negativo del 68 e di cosa quel movimento ha rappresentato.

Il 68 non è stato soltanto il movimento studentesco. Il 68 è stato un fiume in piena che ha coinvolto, cambiandoli, il mondo del lavoro (la classe operaia...), il movimento femminista, il mondo del diritto, la chiesa, la cultura, la politica, la società, la famiglia...

Si producevano idee e proggetti.

Sicuramente, poi, avrà anche contribuito ad allevare qualche figlio "debosciato".

E oggi...

Oggi vi è una situazione di vuoto incredibile. Umberto Galimberti parla "di crollo di tutti i valori": "...da intendersi come i fattori di coesione sociale". "Viviamo in una sorta di solitudine di massa...: le ultime generazioni hanno davanti il niente che si prospetta , il niente che entusiasma".

Quale cambiamento possiamo sperare oggi dai giovani la cui personalità è stata spenta dalla televisione! Quale speranza possiamo coltivare che dal basso si indichi la via per le riforme!

La nostra è davvero una "vita liquida": tutta incentrata in un eterno presente: produrre-consumare-buttare.

Il problema - come dice il dott. Lima - è davvero "culturale e morale". E le cure dovranno davvero essere "molto lunghe e complesse."


E' pur vero che sono trascorsi 65 anni dallo scioglimento del partito nazionale fascista, ma gli effetti negativi di quei 20 anni di potere ancora oggi continuano a resistere nella nostra società.
Le ideologie, il modello sociale, la cultura prodotta... hanno inciso in profondità tanto da alterare il nostro DNA e fermarsi in noi come un marchio indelebile.
Come un fiume carsico - quei difetti - si erano nascosti ai nostri occhi pronti a ricomparire improvviamente alla bisogna.

Il compito della politica dovrebbe essere quello di ricacciare subito via "quegli istintinti" non appena si ripresentano all'attenzione, di non alimentarli in continuazione e di "diffondere subito nuovi valori, idee, ideali e a dare buoni esempi."

Se la politica è in parte latitante, allora dovrà essere la società civile a diffondere quei valori e a contribuire alla costruzione di un cittadino diverso e responsabile.

Chissà che proprio uno di quei cittadini non sarà quello che riproporrà con forza al Paese una nuova "questione morale".

Anonimo ha detto...

La valutazione di Vittorio Ferraro è condivisibile nella sua sostanza. Quel che mi convince meno è la reale e concreta possibilità di fare qualcosa, giacché i "vecchi" valori, quelli distrutti dal '68, non sono stati rimpiazzati da altri valori, ma soltanto dal desiderio di ricchezza e di benessere, da perseguire ad ogni costo.

Poco importa, in realtà, se a distruggerli non sia stato tanto il '68, quanto, in modo indiretto, il sistema capitalistico avanzato, che si è avvalso, paradossalmente, proprio dell'estrema sinistra "sessantottina" per compiere la sua opera omogeneizzatrice e livellatrice, spazzando via ogni fede religiosa e/o politica e appiattendo tutti noi al modello "standard" di consumatore, stupido, rozzo, involgarito e pronto per l'ipermercato!

In ultima analisi, il '68 europeo e italiano, non lo si può negare, trova le sue radici nei "campus" americani.

L'ideologia "liberal", infatti, non è altro che un'involontaria "longa manus" dei padroni del vapore, uno spontaneo paravento per instillare nelle persone il concetto che nella vita tutto è relativo, e di conseguenza non esiste nulla di meglio che ... spendere.

Il "miracolo" di questa ideologia è che essa ha trovato, in Italia, proprio nei comunisti sessantottini i suoi più fervidi, ancorché inconsci, sostenitori. Finendo per distruggere l'idea stessa del comunismo: essendo il comunismo sostanzialmente una fede, questa non poteva resistere alle tentazioni del "tutto è permesso, tutto è relativo ... tranne i soldi!" Mentre "contestavano", i giovani di allora non si rendevano conto di distruggere senza costruire altro se non degli effimeri pupazzi di carta (Mao, Marcuse, ecc.). Finendo da un lato per creare mostri sanguinari come i brigatisti, dall'altro per lasciare persone disilluse, che non credevano più in niente.

Non appena si è dissolto l'impero sovietico, il comunismo è quindi sparito di colpo, con la resistenza soltanto di un piccolo nucleo di nostalgici. Si può cogliere qui un'analogia con il fascismo: anch'esso era sparito di colpo il 25 luglio 1943. Ciò dipende dal fatto che entrambe queste ideologie non erano più seguite dalla popolazione, essendo stato il fascismo, a differenza del nazismo in Germania, soltanto una sovrastruttura fondata sul carisma personale del Duce, perso durante la guerra, ed essendo il comunismo ormai "distrutto" nella sua originaria, granitica, monoliticità, proprio dai sessantottini e dai loro eredi, involontari agenti delle multinazionali che tanto disprezzavano.

Più in generale, tutto il mondo occidentale soffre di una costante e apparentemente inarrestabile decadenza dei costumi.

La differenza è che altrove non c'è la corruzione endemica del nostro paese, né la fondamentale disonestà del popolo italico, che deriva essenzialmente dal non essere un popolo europeo nel vero senso del termine, ma più simile, per molti aspetti, agli altri paesi dell'area mediterranea e mediorentiale, vera fucina di corruzione e "mafie" ad ogni livello.

Se è vero, pertanto, che la degenerazione dei costumi e il relativismo morale imperano in tutto l'occidente, da noi, IN PIU', c'è la sconsolante constatazione che il cittadino italiano, quale persona rispettosa delle leggi e dotata di senso civico, deve ancora formarsi, dopo centoquarantasette anni. E non credo che potrà farlo in breve tempo, anche se nulla impedisce di credere ai miracoli ...

Vittorio Ferraro ha detto...

Il suo è un commento ben articolato.

Il problema, però, rimane: come dobbiamo riempire di contenuti la vita dei cittadini delle attuali società "postsecolarizzate" e "postcoloniali"?

Nel mondo occidentale globalizzato la proliferazione delle istanze, dei valori, dei costumi e dei comportamenti è un fatto normale e ormai consolidato. Nonchè positivo. Proprio perchè "le nostre società sono ideologicamente plurali e divise da conflitti valoriali" è sempre più opportuno che vi siano delle soluzioni politiche.

E su questo sono illuminanti le riflessioni di Habermas quando sostiene che "lo Stato democratico non deve ridurre preventivamente la complessità polifonica delle diverse voci pubbliche." E questo perchè "lo Stato costituzionale deve essere neutrale" e non deve vietare affatto che nella sfera pubblica siano ammessi diversi contributi: anche di natura religiosa. Sarà, poi, compito delle istituzioni statali "di trarre fuori dalla babilonica confusione linguistica della sfera pubblica soltanto quei contributi che siano stati tradotti in un linguaggio secolare". E questo perchè lo Stato deve rimanere laico.

E' anche per questo che io non condivido l'accezione negativa che lei da al concetto di "relativismo morale."; e perchè lei continua a considerare il 68 in maniera negativa. Considero, invece, il relativismo (etico, morale e anche culturale) un fatto positivo.

Concordo sul fatto che i vecchi valori non sono stati rimpiazzati e che la corruzione e la disonestà italica derivano anche dal fatto che non ci sentiamo per niente europei ma simili ad altri paesi del mediterraneo e medio orientali. E che il cittadino italico non si è ancora formato nonostante siano trascorsi 147 anni.

Ma una soluzione di senso la vogliamo trovare? O dobbiamo arrenderci e cadere in una deriva nichilista?

Più che ai paesi del medio oriente, poi, io direi - con il prof. Loris Zanatta - che noi assomigliamo di più all'Argentina. Abbiamo molti tratti che ci avvicinano a quel popolo dell'America del Sud.

I nostri vizi e difetti sono si un tratto culturale ma, soprattutto, "una sorta di antropologia della nazione."

Anonimo ha detto...

Come in ogni cosa, si può rinvenire del "bene" anche nel '68. Ma il giudizio che ne ho dato è in base ai suoi frutti, non in base alle intenzioni, anche ammessa, in ipotesi, la buona fede di coloro che le sostenevano.

Il fatto, poi, che non riesca ad intravedere un'uscita dalla situazione di degrado morale e di generale decadenza non significa affatto che essa non esista.

Sicuramente le cose cambieranno, come sempre nella storia umana.

Non sappiamo, tuttavia, quando avverrà il cambiamento e, specialmente per chi non crede al falso mito del "progresso" (se non quello tecnico-scientifico), se sarà indolore oppure no.

Conoscendo un poco la Storia, preferisco mantenere le mie riserve ...

Anonimo ha detto...

@ Vittorio Ferraro Posto alla base che "il problema è culturale e morale" (dott. Lima): valori frantumati dagli iconoclasti (degli anni bui: io ricordo che che la flebile luce di una lampadina veniva semioscurata da un panno "nero")insieme a beni architettonici e monumentali (per edificare lo stile imperiale) a suon di randellate e picconate (e Cossiga era in fasce ma già elaborava e preconizzava l'idea che, circa 70 anni dopo, la Bicamerale sarebbe stata "affondata dai giudici" pur immaginando che l'ipocrisia (non ancora allo stato embrionale) di Violante l'avrebbe sostenuta (Corriere, 3 dicembre 1998).Mentre D'alema filava il Cavaliere e faceva naufragare "l' Unità" mentre veleggiava sull' Ikarus calzando scarpe da "cenerentola", e scordando le sue "origini"...68ine dirà che "la società civile doveva restare a casa": non erano "affari" loro? E men che meno di qualche De Magistris! Ora non so chi possa essere un figlio "debosciato" del "Formidabile quel 68" se non lo stesso autore che si vestiva da "indiano" e viveva in "Capanna", in mezzo a una "solitudine di massa" (30 anni dopo, "individualismo di massa", per Giuliano Zincone, che da profeta, parla già di pane mancante sulla tavola)...quando "si producevano idee e proggetti"? E quella "g" di troppo che la dice lunga, che potrebbe essere l'iniziale di "grasso...che cola" per dar corpo alla "vita liquida" che si "fond(a)e" nel "nichilismo"? Un sondaggio di 10 anni fa, dell'Imd (Institute for Management Development) su 2.500 uomini d'affari internazionali, per il 96, sulla competività ci assegnava il 26° posto (il Cile al 16°) mentre , in parallelo,i BUSINESSMAN nazionali - i berluscones? - ci piazzavano al 41° . E avevano quasi “ragione”: siamo al 47°...più o meno come la libertà di stampa! E non finisce qui; dopo 3 anni di finto governo liberale nella classifica OCSE (30 PAESI) “Reddito lordo e potere d'acquisto”, il tanto decantato “bel paese” si piazza al 19° posto (dopo Corea e Irlanda!): salari sempre più bassi e case 3 volte quelle tedesche: chiedere a Brad Pitt! Ovvero: rendita da capitale e speculazione alle stelle (e strisce: cui siamo sempre in debito; infatti da noi quando l'inorgoglito...soleva giustificare un acquisto, un bene, diceva l' ho preso "a striscio", a debito) in danno della rendita da lavoro... non solo quello e solo dipendente, troppo considerato (e la Considerazione resta in testa alle gratificazioni, non il denaro o lo svago...) rispetto a quello autonomo sino a scrivere norme che scavalcano le linee guida di leggi che vengono percepite o appaiono discriminanti nel diritto; se il marito "dipendente" non ti versa l'assegno...il giudice gli trattiene un quarto dello stipendio, all'autonomo tutti i proventi da reddito!? E la tutela sulla maternità: il 110% al pubblico impiego, il 50% nel privato, zero per la commerciante che per fare il figlio dovrebbe chiudere la bottega e poi fallire!(sic!). Però, con mio stupore, l'Eurispes, nel 2003, pubblicava un sondaggio su un campione di 1.000 ragazzi fra i 15-24 anni di ambo i sessi,diffuso su tutto lo stivale, per cui si rileva che per il 40,8% (48,8 i m., 33,1 le f.) l' obiettivo principale è il lavoro,...solo il 6,2% (9,1 i m., 3,3 le f.) mira ai soldi e il 15,2 al successo ( con in testa i laureati, 34,8%, persino a scapito del lavoro e dell'amore. Della felicità nessuna speranza (come per gli americani sognanti, svegliati da incubi...veri o falsi che siano per la sonnambula Cia): l'Università di Leicester (G. B., che ha il 25% delle nostre "morti bianche"... anche se è il nero a provocarle!) con dati che vanno dall'Unesco alla Cia (?) su 178 paesi, mette in testa , al solito, gli algidi del nord Ue, la solare Italia al 50° e gli Usa al 23° (qui c'è di mezzo la Cia o è una "grossa bugia"). "Per farci del male" ci ha pensato Claudio Risé circa 10 anni fa, rispondendo a un ex 68ino barricadiero: sui giovani,"...senza ideologie, non si ribellano come i loro padri...sopravvivono...". Ma forse i loro figli sono imbarazzati se alzare le barricate contro di loro (noi)...che - non tutti! - imborghesiti, "viziati" si sono adagiati sugli allori, dilapidando... presente e futuro! Peccato che sulla scuola, dopo 30 anni..."Poverino, è laureato", scrisse sul Corriere R. Chiaberge. Sul "relativismo etico" - ne ho accennato il 10 agosto alle 21:34 su "L'ennesima calunnia, poi edulcorata"...che Lei non avrà letto, credo - concordo del tutto. Cordiali saluti. Mauro C.

Vittorio Ferraro ha detto...

Per il carissimo Mauro C.

Leggo tutti i commenti. Ed ho letto anche quello delle 21,34 del 28/07/08... e non 10/08/08.

Nella vita di progetti ne faccio tanti; sicuramente qualche "proggetto" mi potrà anche essere sfuggito e non riuscito bene.

In ogni caso grazie per avermi fatto notare l'errore.

Anonimo ha detto...

Gentilissimo Vittorio, "In ogni caso grazie per avermi fatto notare l'errore." Ma per carità neanche a pensarlo. Figuriamoci, mi son riletto e ho trovato almeno 2 errori. La "g" mi ha dato lo spunto per ampliare il discorso e ricamarci sopra con una certa ironia. E poi forse "proggetto" suona meglio, come succede spesso con "Macchiavelli": ci è cascato anche l'attento "Io speriamo che".Colgo l'occasione per precisare che il post del 28/7/ 21.34 non esiste. Cordialità. Mauro

Anonimo ha detto...

Solitamente commento col mio nome e cognome ma in questo caso non voglio farlo.
Il giudice Lima scrive che per recuperare la democrazia perduta è necessario impegno, bisogna essere disposti a pagare prezzi molto alti.
Conosco persone per bene nel vero senso della parola che hanno pagato prezzi altissimi.
Persone che hanno sempre lavorato onestamente rifiutando raccomandazioni e si sono trovate scavalcate da chi non si faceva tanti scrupoli.
Persone che a distanza di anni pagano le conseguenze di questa scelta con una cronica precarietà.
Persone che non hanno potuto avere figli per questo.
Io non so se seguirò il loro esempio se mi si dovesse presentare la stessa scelta.
Sicuramente sarò tormentato da sensi di colpa ma almeno potrò avere una famiglia...

Anonimo ha detto...

Sicuro di non avere alternative?

Cosa insegneresti, poi, ai tuoi figli?

Ci sarebbe sempre, se sai veramente fare qualcosa, la possibilità di andare all'estero e di rinunciare alla cittadinanza italiana.

Pensaci.

Anonimo ha detto...

Gli spunti secondo me cruciali di questa discussione si potrebbero forse anche riassumere in due sole frasi:

Il "fascismo" del quale parla Maria a me pare molto diffuso in tutta la società e in tutte le cosiddette parti politiche.
Felice Lima (11 agosto 2008 18.05)
e:
(in merito al) "nuovo regime di potere"... "molto diverso da quel fascismo che fu un tempo e che definirlo semplicemente un ritorno al fascismo sia più un complimento oltre che un errore che noi potremmo commettere."
Salvatore D'Urso (11 agosto 2008 20.24)

Mi sembra infatti di un'evidenza plateale, che: 1° il fascismo di allora era chiaramente riconoscibile e riconosciuto come tale; 2° aveva bisogno, per mantenere il potere, di attivarsi con mezzi per lo più visibili, e spesso violenti: manganello, intimidazioni, ricatti, carcerazioni, invii al confino, omicidi politici, ecc.; e questo perchè doveva lottare con il dato di fatto che, 3°, c'era (nonostante tutto!) un'opposizione.
Inoltre, all'interno della realtà quotidiana, così come in quella più specificamente politica, i ruoli erano, mi sembra, ben chiari e definiti.
Se il fascismo di oggi mi fa più paura di quello di allora è proprio perchè dilaga (è ormai dilagato) in forme ben diverse, travisate, equivoche e onninvasive; non riconoscibile e (complessivamente, purtroppo) non riconosciuto come tale, anzi ammantato di (e infiltrato attraverso) lustrini e paillettes televisivi e consumistici, purtroppo QUASI universalmente e sempre più soporiferamente condivisi e graditi: niente a che vedere col puzzo del vecchio olio di ricino. Per quanto guardi in giro, non trovo molto più di quel quasi, unica malconcia zattera sempre più selvaggiamente assediata dal circostante mare in stato di putrefazione.
A chi obietta che, ma no, quale fascismo, siamo in democrazia, si potrebbe chiedere di riflettere se la democrazia consista nell'andare a votare ogni tot anni, oppure nell'esercizio, da parte di chi viene eletto, delle sue funzioni ai fini del bene comune e nel rispetto della Costituzione.
Ad accentuare l'effetto eclisse di democrazia c'è poi anche e forse proprio il fatto che un'opposizione non esiste più. Forse "semplicemente" perchè la maggior parte degli elettori dell'area di sinistra, e così i loro eletti, pur se estranei agli eccessi di Berlusconi e dei suoi complici, ne condividono comunque una piattaforma amplissima e purtroppo ormai assolutamente comune di valori e di scopi, di cultura, di visione della società e della vita; e perciò digeriscono senza battere ciglio, tranquillamente, TUTTO, come se fosse normale, in ogni caso comunque accettabile.
Allora il pensiero va, come a baluardi che la loro stessa ragion d'essere dovrebbe rendere solidi e sicuri, alla Magistratura e alla Stampa; da dove partono invece ulteriori note dolenti.
Le storture -cui paiono piegati anche i migliori fra gli addetti ai lavori- che deformano ANM e CSM, impedendo a questi due organismi, vitali per il controllo democratico sui poteri costituzionali, di svolgere effettivamente le loro funzioni, sono state ben più che esaurientemente, e in modo ahimè del tutto convincente, illustrate, analizzate e approfondite, in varie tappe di questo blog, da Felice Lima.
Quanto ai giornalisti: avere in mente la prassi, l'etica e di conseguenza la funzione di quelli di stampo anglosassone e constatare che da noi non esiste nulla di simile è tutt'uno; a eccezione di pochissimi che immediatamente, per il solo fatto di esistere e resistere, diventano -e sono!- eroici (o criminali: naturalmente è sempre questione di punti di vista). Ma purtroppo comunque restano perle -o pecore- nere: singole voci, isolate e chiaramente opposte ad un sistema disinformativo che canta in coro il solito repertorio scontato e stucchevole, autolegittimandosi in perpetuo, fingendosi (o essendo, ancora non l'ho capito) ignaro di quale dovrebbe essere la sua altissima, durissima, non levissima, però indispensabile funzione. Mentre invece funge da comoda chaise-longue su cui si assesta assolutamente a suo agio un divenire istituzionale, politico, sociale e culturale che ci ha resi ormai perfino estranei al consesso dei Paesi degni di rispetto e credibilità. Si è persa ogni memoria, in questo Paese, anche solo di cosa sia una domanda scomoda, e sbugiardare le menzogne del politico di turno, per quanto provate, clamorose e plateali esse siano, è qualcosa che non fa nessuno (a parte gli eroi di cui sopra). Ma la categoria continua a cantarsela e a suonarsela, beata nel suo autocompiacimento, impermeabile e imperturbabile, perfetta orchestrina da Titanic che affonda (secondo me è già affondato).
Tornando al fascismo, e alla vecchia e altrettanto cruciale questione delle ragioni che stanno alla base di questa propensione italiana triste e suicida, mi piacerebbe sapere se condividete la mia impressione che non la si sia finora affrontata con l'attenzione che richiederebbe, se non, forse, in ambiti specialistici, che a me non sono familiari.
Non credo sia banale, nè scontato, nè inutile, constatare che (forse) siamo passati dal feudalesimo alle (vecchie e nuove) dittature, saltando a piè pari la fase relativa ai processi di costruzione di un'autentica democrazia, basata sulla coscienza di un popolo di cittadini nel senso vero e profondo del termine.
La genesi dell'Italia fa derivare il suo DNA da stati e staterelli dominati da monarchi per lo più stranieri, sentiti comunque "altri da sè", che esercitavano il potere per i propri fini e interessi, contrapposti ovviamente a quelli dei governati, relegati allora al -e mai più, secondo me, affrancatisi dal- ruolo di sudditi.
E mentre il mancato rispetto, quando non la totale inesistenza, dei diritti in quanto persone e comunità venivano introiettati sempre più profondamente, l'unico modo per non soccombere, come singoli e come famiglie, diventava probabilmente l'espediente, la via traversa e nascosta, il cercare di cavarsela grazie ai favori, alle conoscenze (e alle corruzioni) giuste. Il furbo era verosimilmente l'unico che ce la faceva, a sopravvivere; o quello che raggiungeva le posizioni migliori o, quantomeno, risolveva qualche suo problema. Soprattutto se non andava troppo per il sottile in fatto di legalità. Chi invece non voleva tradire la sua rettitudine e confidava nelle proprie forze e capacità, utilizzando solo mezzi onesti e leciti, era destinato a soccombere, diventando perciò probabilmente il modello da non seguire; semmai quello da deridere. L'ammirazione e il prestigio sociale forse è da allora che hanno preso vie perverse, mai più raddrizzate in seguito (vedi alla voce idolatria della cafonaggine dei vip fino alle ahimè! piu alte -per i rialzi nei tacchi e il prato artificiale fin sulla testa- sfere).
Difficile che in queste condizioni potesse maturare qualcosa di simile alla rivendicazione, all'imposizione, ma anche semplicemente alla consapevolezza della propria dignità e dei propri diritti; quanto ad esigere, collaborando per ottenerla, un'aperta, legittima, autenticamente umana evoluzione delle proprie sorti individuali e collettive, neanche a parlarne, evidentemente.
Alla proclamazione dello Stato unitario post-risorgimentale il danno era probabilmente già così profondo, da ridurla e svuotarla appunto a mera proclamazione. Uno Stato veramente unitario forse non c'è mai stato, e men che meno un "senso dello Stato", o qualcosa di anche vagamente simile ad una fierezza in quanto nazione. Nè c'è mai stato, e ne verifichiamo i danni dal marciapiede lercio sotto casa fino allo sfracello della nostra economia, un concetto di "bene comune".
Mentre invece ha potuto prosperare, dilagando fino all'oggi senza argini o freni, quell'altro mortale fenomeno, tutto italiano, che si chiama burocrazia: marchingegno perfetto, costruito e via via affinato nelle sue mille demenziali complicazioni con il solo scopo di perpetuare il potere di chi lo detiene.
E questo mi è sempre sembrato il risvolto forse più singolare e incredibile della drammatica situazione degl'Italiani: che non siano mai arrivati neanche a quel grado minimo di dignità che porterebbe almeno a pretendere e ottenere lo smantellamento della montagna di pratiche assolutamente inutili, assurde, vessatorie e contrarie al più banale buon senso che li schiaccia con le sue mille gratuite imposizioni, e l'obiettivo di perpetrare il loro status di sudditi al posto di quello di cittadini (negando il rispetto e il riconoscimento stesso delle loro intelligenze, che per poter andare avanti, lo constato quotidianamente su me stessa, devono per forza finire in stand-by).
Mi fermo qua, visto che tirare conclusioni non è, oltre che nelle mie capacità, in questo momento neanche nei miei desideri, per motivi abbastanza facilmente comprensibili...
Spero solo di non aver scritto troppe corbellerie!
Un caro saluto a tutti.
siu

Anonimo ha detto...

Non hai scritto affatto delle corbellerie, anzi! Mi permetto soltanto due appunti, sperando che sia perdonata la banalizzazione divulgativa:

1) Durante il fascismo l'opposizione, checché ne dicano, semplicemente non esisteva. Esisteva agli inizi, prima dell'Aventino. Ma negli anni d'oro della dittatura (guerra d'Etiopia, ad esempio) non si trovava un antifascista nemmeno con il lanternino ... semplicemente perché non c'era. Tutti gli italiani (salvo rarissime eccezioni) erano fascisti o comunque contenti del regime, ancorchè pochi per vera convinzione e molti per comodo. Soltanto quando gli americani ad ovest e gli inglesi ad est cominciarono ad intaccare la Linea Gotica ci fu, vergognosamente, lo "sbocciare" degli antifascisti dell'ultim'ora. Il paragone con oggi, dove tutta l'"intellighenzia", tutti i salotti della Roma-bene e quasi tutta la stampa è sostanzialmente contro la maggioranza, è pertanto francamente improponibile.

2) Non siamo poi tutti passati dal "feudalesimo" alle "nuove dittature". Ad esempio, in Lombardia, in Veneto, in Toscana il feudalesimo non esisteva più già addirittura nel basso medioevo, grazie ai liberi comuni e/o alle repubbliche. Viceversa, al Sud, che non ha mai conosciuto la Libertà, passando di padrone in padrone dagli Arabi del VII secolo in poi, il medioevo, inteso come mancanza di rispetto alla Legge scritta e come riconoscimento della sola forza bruta come vera Autorità ... continua tuttora.

Anonimo ha detto...

Devo, anzi dovevo forse premettere che le mie conoscenze relative al Ventennio, risalendo soprattutto a reminiscenze scolastiche e a racconti di chi l'ha vissuto, sono inevitabilmente parziali.
Ho azzardato affermare che "c'era (nonostante tutto!) un'opposizione" sottintendendo in quel "nonostante tutto" essenzialmente la tragicommedia italiana per cui, come dice l'Anonimo del 15 agosto 2008 17.51: "Tutti gli italiani (salvo rarissime eccezioni) erano fascisti o comunque contenti del regime, ancorchè pochi per vera convinzione e molti per comodo."
Ma che pochi lo fossero per vera convinzione, e molti invece per comodo, non significa, non dimostra proprio che la maggioranza degl'Italiani, nella loro percezione, nella loro coscienza individuale, come pure nei loro scambi di opinioni -a distanza di sicurezza da orecchi di regime- sapevano, bene o male, come stessero le cose? E questo mi sembra un dato essenziale specie se rapportato alla situazione attuale, che vede invece una condizione generalizzata di beata
-o beota- convinzione di vivere in libertà e democrazia, di giuliva non consapevolezza di quanto sta passando, e da anni ormai già è passato, sotto questo cielo. In tal senso, ovvero nell'assenza di un prerequisito fondamentale per qualsiasi possibilità di cambiamento e di affrancamento da un regime, sta secondo me l'evidenza, e comunque la mia convinzione, che oggi, per un certo verso, siamo messi peggio di allora. Che poi il regime, anzichè palese, sia strisciante e sberluccicante non fa che aggravare ulteriormente la realtà di fatto, e le prospettive ad essa legate.
Quanto al corso della Storia italiana nei secoli, l'esistenza di singole e felici "isole", sia territoriali che temporali, non inficia, e questo è il mio secondo azzardo, che il nostro Paese si sia forgiato, nel suo complesso, su di un imprinting da sudditi e non da cittadini, per dirla in soldoni.
E nonostante tutti i possibili sforzi e la migliore volontà, davvero non riesco a trovare nell'esito finale della sua genesi, che si prolunga nella recente e anche attuale fisionomia del nostro Stato nazionale, dati di fatto o motivi che contraddicano sostanzialmente questo ritratto, ahimé, sconsolante.
La speranza, peraltro assai testarda, almeno per quel che mi riguarda, sta davvero tutta sulle spalle dei pochi, pochissimi che sono rimasti lucidi, e combattivi.
Ringraziando per l'attenzione,
siu

Anonimo ha detto...

Ottima disquisizione sui "fascismi" vecchi e nuovi e sui "meriti e demeriti" del '68.Ma restano parole.Sono un'ex sessantottina cresciuta a Palermo avida di libertà e giustizia,valori che grazie al movimento sono rimasti "in forma cronica"nel mio DNA e che ho trasmesso a mia figlia ed ai miei alunni senza MAI tentare di convertirli al pensiero di "sinistra" perchè certi valori sono fondanti e non hanno colore.Sono i fondamentalismi che uccidono la preziosità della vita e i suoi valori.Ha perfettamente ragione il dott.Lima dobbiamo tutti impergnarci ad agire,dobbiamo contribuire in ogni luogo a far ritornare la "cultura dei valori"un nuovo umanesimo che può essere costruito solo dal basso,ritrovando la nostra dignità e libertà di pensiero....snza inutili sofismi ma rimboccandoci le maniche.Buon lavoro a tutti
Graziella

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda i propri figli, ogni genitore ha il diritto, esclusivo, di educarli come crede.

Per quanto riguarda gli alunni, però, sono dell'avviso che l'insegnante, specie alle elementari, debba limitarsi ad insegnare nozioni: come si scrive correttamente, come si legge e come si fa "di conto", nonché, quelle sì, le fondamentali nozioni di educazione civica (prima ancora, oserei dire di "buona educazione"), per loro natura prive di connotazione valoriale politica.

Cercare, anche in buona fede, di sostituirsi ai genitori nell' "indottrinare" i ragazzi e financo i bambini, per insegnar loro i famosi "valori" (quali ?), è invece quanto di più deleterio possa esistere, tanto che lo vediamo ogni giorno: se si dovesse contare soltanto sul voto degli studenti, oggi l'estrema sinistra in Italia avrebbe il 90% di voti! Ma questo è solo il risultato di un collettivo "lavaggio" di cervelli freschi e soprattutto immaturi, ripetuto e reiterato ormai da decenni, spesso a scapito della grammatica e dell'aritmetica. Perpetrato da molte persone che hanno raggiunto la loro posizione (pur misera economicamente) grazie alle spinte politiche nei vari concorsi o grazie alle varie regolarizzazioni dei precari (ricordate i docenti D.O.A. ?).

Meno male che i ragazzi prima o poi crescono, e quando devono pagare, di tasca loro, le tasse per ricevere in cambio i "servizi" che hanno, ad esempio la Giustizia, fanno presto a cambiare idea ...

Anonimo ha detto...

Ho letto il post di ano0nimo delle 18.45 e la mia prima reazione è stata quella di scrivere con rabbia Una sola frase:"è ben misera cosa per una Persona aspirare solo a saper far i conti e scrivere." Ma poi ,con saggezza,ho deciso di "confutare"il pensiero del nostro anonimo scrittore.Far di conto,leggere scrivere,conoscere le regole della buona educazione (da non confondere per carità con l'educazione civica che è disciplina di alto valore educativo) sono tutte cose utili e indispensabili ad ogni persona.Ma EDUCARE è ben altra cosa.Educare,come tutti sappiamo,viene dal latino "educere"che tra i suoi significati ha quello di trarre fuori,ed io aggiungo trarre fuori dall'altro le sue potenzialità per creare valore, per formare persone di valore,protagoniste della storia,consapevoli di essere cittadini del mondo,capaci di scrivere e dare forma alla storia futura.Educare con l'obiettivo di far conoscere i fattori culturali,sociali,storici che ci rendono diversi gli uni dagli altri e nello stesso tempo uguali,per per scambiare i diversi saperi che ci accomunano e ci arricchiscono in quanto cittadini del mondo.Educare ai Valori veri,fondanti delle nostre vite vuoldire favorire lo sviluppo armonico della personalità degli alunni affinchè diventino persone autonome,responsabili,capaci di difendere i propri e gli altrui diritti,capaci di rispettare la propria vita e quella degli altri,libere da pregiudizi.
Non sono un'insegnante della scuola elementare e mi spiace perchè il loro compito è importantissimo per la crescita dei nostri figli.Insegno in una scuola superiore con grande passione e soprattutto con profondo rispetto per i miei alunni anche se a volte mi viene voglia di lasciare il mio "servizio" che è reso estremamente difficile da quella parte di società,dal nostro anonimo ben rappresentata, che pur ignorando il valore dell'EDUCARE si permette di esprimere giudizi che sono semplicemente pregiudizi e/o stereotipi.Caro anonimo voglio ringraziarla perchè lei ha rafforzato la mia passione ad "educare"
Con profondo rispetto
Graziella

Anonimo ha detto...

"trarre fuori dall'altro le sue potenzialità per creare valore, per formare persone di valore, protagoniste della storia, consapevoli di essere cittadini del mondo, capaci di scrivere e dare forma alla storia futura".

Se queste parole fossero state pronunciate da un altro che "e-ducava", vale a dire il Duce, nessuno troverebbe nulla di strano, non trova, gentile professoressa ?:)

D'altra parte, non per nulla il Duce, prima di dirigere il "Popolo d'Italia", dirigeva l' "Avanti" !:)

Gratta, gratta, siamo sempre lì ... per me la scuola serve per far apprendere nozioni, non per far politica o per insegnare non meglio precisati "Valori", diversi dall'Educazione Civica. Nozioni che, a furia di "Valori", nessun alunno apprende più. Se non ci crede, legga come hanno ridotto in quarant'anni gli studenti italiani, divenuti primi in IGNORANZA in tutta Europa!

Un bel risultato, un risultato "di Valore", non c'è che dire ...

Se invece per Lei la scuola deve servire comunque ad e-ducare "valoriarmente" i ragazzi, mi permetta di ricordarLe che altri, come ho già detto, ci hanno già provato, in Italia e all'estero. Con i risultati che conosce. Nessuno, ad ogni modo, biasima la Sua persona per le Sue idee.

Posso, però, dissentire.

O no ?

Con altrettanto rispetto.

P.S. - Qui tutto sembra "sacro" o, meglio, "sacralizzato". Prima la Giustizia, ora l'Istruzione ... in realtà un paese veramente CIVILE non ha BISOGNO di "sacralizzare" alcunché, perché la giustizia da un lato e l'istruzione dall'altro sono vissute come cose perfettamente "normali", ordinarie. Peccato che quei paesi, in tutto il mondo, si contino sulle dita delle mani !

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 23.52.

Gentile Amico,

Lei scrive:
"Se queste parole fossero state pronunciate da un altro che "e-ducava", vale a dire il Duce, nessuno troverebbe nulla di strano, non trova, gentile professoressa ?:)"

Veramente, a me non pare proprio. Io ci troverei moltissimo di strano, dato che il Duce non era il tipo da dire quelle cose, ma "credere, obbedire e combattere".

Cioè l'esatto contrario.

Nessuno - e men che meno Graziella - Le vuole impedire di dissentire. Dissenta pure.

Ovviamente, la libertà è reciproca.

Personalmente, trovo i Suoi interventi su questo post condizionati da un pregiudizio: quello che la cultura e la formazione siano "roba di sinistra".

Non so se è così. Francamente credo di no. Ma anche se lo fosse, non mi sento di rinunciare alla cultura e alla formazione perchè sono di un colore o di un altro.

Peraltro, diversamente da ciò che sostiene Lei - e che a me pare del tutto illogico - i precari sono "selezionati" secondo criteri diversi dal colore politico.

I precari sono "di tutti i colori".

E il bello della scuola pubblica è proprio che è molteplice, variopinta, pluralista.

Io sono sempre andato in scuole pubbliche e i miei figli pure.

In scuole nelle quali hanno avuto come compagni di classe ogni tipo di ragazzi - per cultura, per origine familiare, per censo, per religione - e insegnanti di ogni tipo - eccellenti e cialtroni, intelligenti e no, di destra e di sinistra -.

In questo pluralismo ho trovato e trovo le garanzie necessarie perchè non siano, come Lei ingiustamente li dipinge, vittime di "lavaggi del cervello" che possono essere ipotizzati solo da chi non frequenta una scuola pubblica né dei liceali di oggi.

Ciò detto, voglio che i miei figli sappiano le tabelline e possibilmente riconoscano un canto della Divina Commedia da un capitolo dell'Orlando Furioso.

Ma molto di più e prima di tutto voglio che siano ragazzi con dei "valori".

Con dei "valori" veri.

L'uguaglianza, il rispetto sincero e profondo degli altri. Che sappiano perchè si sta in società e perchè alcune cose sono giuste e altre sbagliate.

Che sappiano distinguere gli errori e i torti gli uni dagli altri. Che trovino meno grave che si rompa un telefonino rispetto a che si isoli un compagno di classe solo perchè è di un'altra religione o suo padre fa un lavoro meno "altolocato" di un altro. Che piangano più perchè si fa una guerra che perchè il pil è sceso dello 0,14%.

E questo non è "educazione civica". E' altro.

E per questo sono contento che abbiano avuto - anche alle elementari - maestri e professori appassionati, che difendevano loro visioni "alte" della vita e della società.

Hanno avuto anche insegnanti di minor valore e anche qualcuno pessimo.

Ma quelli che "hanno lasciato il segno" sono stati maestri e professori dalle convinzioni forti, dalle passioni sincere.

Su tante cose li condividevo. Su altre no.

Siamo diventati e rimasti amici fortemente e con sincera convinzione.

Ricordo ancora un giorno che mia figlia è tornata a casa e mi ha raccontato - fingendo che fosse per caso - un discorso che aveva fatto in classe "il Maestro Aldo" (un uomo eccezionale, che stimo tantissimo).

In quel discorso "il Maestro Aldo" esponeva opinioni che mia figlia sapeva diverse dalle mie e lei implicitamente mi chiedeva come comporre questo conflitto di autorità.

E' stata una delle più belle occasioni educative della mia vita di padre.

Provare - e forse riuscire - a spiegare a mia figlia come la differenza di opinioni su un tema molto importante fra me e il suo Maestro non dovesse essere composta secondo l'argomento di autorità, con la prevalenza dell'uno o dell'altro, ma secondo altri schemi.

Dei miei professori di liceo ne ricordo tre, quattro che hanno segnato la mia crescita e la mia vita.

Uno dei mie fratelli insegna filosofia in un liceo e lo fa con passione. Passione per i contenuti e i valori. E non si sognerebbe mai di "raccontare" i filosofi come se avessero potenzialmente tutti ragione, senza metterci "del suo" per illustrare quali teorie siano più convincenti e quali decisamente sbagliate.

Con i suoi alunni va a fare le gite in montagna e parlano fitto. Di tutto. Non solo della data in cui è stata pubblicata per la prima volta la "Critica della ragion pura".

Nessuno dei genitori di quei ragazzi si è mai sognato di accusarlo di "indottrinarli".

Eppure, sotto certi profili, li "indottrina" sicuramente.

E io un po' lo invidio, perchè quando penso a un lavoro che mi sarebbe piaciuto fare in alternativa al mio, penso a quello.

Come aveva pensato di scrivere inizialmente Graziella: che "ben misera cosa per una Persona aspirare solo a saper far i conti e scrivere".

Che "ideale" piccolo.

Vedo tanti sognare che i loro figli siano "i primi", che "vincano", che "sfondino".

A casa mia facciamo una lotta costante a questa idea competitiva dell'esistenza.

E sognamo che i nostri figli siano prima buoni e poi giusti. Se resta tempo anche "arrivati", ma solo se resta tempo.

E per essere buoni e giusti non basta sapere leggere e scrivere.

Occorre giudicare secondo i valori.

Non a caso, i doni dello Spirito Santo relativi al sapere sono, in ordine crescente di importanza: l'intelletto, la scienza, la sapienza.

Il primo è la capacità di capire le cose. Il secondo serve a mettere in ordine fra loro le cose capite. Il terzo serve a metterle in ordine con i valori assoluti. Ed è quello fondamentale. Senza il quale i primi due sono inutili e a volte addirittura dannosi.

E nella stessa linea, per gli antichi, la prima e più importante delle scienze era la filosofia.

Se non hai un motivo per fare le cose e se non sei in grado di collocarle rispetto ai valori assoluti, a che ti serve saperle fare?

E chi ci garantirà che un bravo fisico non userà la sua scienza per fare bombe atomiche invece che laser per la cura dei tumori?

Gentile Lettore, mi creda se può, questa ossessione della "destra e della sinistra" è oggi veramente una forma di alienazione mentale.

Prima che Lei lo sottolinei, Le dico io che è ovvio che Lei è libero di pensarla in un modo diverso e sognare per i suoi figli professori che ci tengono da morire a che loro sappiano a memoria tutti gli enne metodi di dimostrazione del teorema di Pitagora e non si interessino dei discorsi che fanno quando parlano della vita di tutti i giorni e se restano colpiti o no da un atto di razzismo o da uno di discriminazione di genere.

Io non mi sono mai interessato del latino di mio figlio, né quando ha preso sette (ed è capitato), né quando ha preso quattro (ed è capitato pure).

Non l'ho lodato la prima volta e non l'ho biasimato la seconda.

Mi sono sempre preoccupato di tutt'altro.

Del latino gli ho detto: è un problema tuo. Decidi se ti serve e a cosa e traine le conseguenze.

Dunque, per parte mia, Graziella grazie di esistere e La prego resti bellssima com'è. Non si riduca mai a un manuale di nozioni tecniche.

La scuola - e, anche se ormai lo pensiamo solo in due o tre - anche l'università, secondo me dovrebbero servire a "formare" e non a "informare".

Per informarsi ci sarà tempo dopo.

Ma se non ti sei formato, questo dopo non si potrà fare.

Ogni tanto incontro per lavoro in Tribunale avvocati e magistrati che NON sono giuristi.

Conoscono un sacco di leggi e di sentenze e hanno biblioteche di banche dati su DVD, ma purtroppo, non riescono a cogliere ciò che diceva un giureconsulto latino (Celso), per il quale "scire leges non est verba earum tenere, sed vim ac potestatem".

Felice Lima

P.S. - E tutto questo senza dire che studi scientifici inoppugnabili dimostrano che NON ESISTE un sapere "asettico". Che non esiste nessuna forma di conoscenza "informe". Che l'"obiettività", nei termini in cui la propugnate Voi della "par condicio", semplicemente non esiste.

Non a caso Bruno Vespa non è sotto alcun profilo più "obiettivo" di Michele Santoro. Dal mio punto di vista lo è meno e più pericolosamente.

Anonimo ha detto...

Caro Dottor Lima,

Se Lei sa estrarre la radice quadrata di un numero, ancorché la Sua preparazione non lo esiga, vedrà che il risultato sarà sempre lo stesso, da destra o da sinistra :)

Parimenti, le regole della "consecutio temporum" non cambiano secondo la fede politica o l'impegno civile del docente, come non cambiano i verbi irregolari inglesi !

Il problema è che oggi quasi NESSUNO sa più estrarre una semplice radice quadrata. E gli studenti liceali di oggi a stento sanno tradurre una versione dal latino della mia passata terza media, salvo rare eccezioni. Per non parlare delle lingue straniere.

Siccome ho più della Sua età, caro Dottor Lima, ho avuto la fortuna di avere professori che sapevano ancora insegnare. Li ho avuti di tutte le "fedi" possibili, solo che quando erano a scuola INSEGNAVANO la loro materia E BASTA, non perdevano tempo a "pontificare" con le loro personali opinioni su come vedevano il mondo.

Perché la scuola pubblica deve INSEGNARE NOZIONI, questo è il suo compito ! L' "educazione" in senso lato, ossia il dare degli specifici valori morali ai ragazzi, valori che oltrepassano la mera educazione civica e che sono, in ultima analisi, frutto di una scelta assolutamente personale, spetta soltanto ai genitori o a chi ne fa le veci.

Non mi permetto, dunque, di sindacare le Sue scelte educative. Posso ringraziare, però, i miei genitori, che non esitavano a punirmi se portavo a casa dei brutti voti. Perché è anche grazie a loro che sono stato il primo della mia classe alle medie e al liceo, laureandomi in seguito con lode.

Prima di parlare di cose importanti, prima di parlare di "Valori", bisogna dunque imparare il modo corretto di esprimersi, in modo che Lei sappia come spiegarsi e, dall'altro lato, i Suoi ascoltatori possano intenderla. A questo dovrebbe servire la scuola, non a fare da teatro per improvvisati attori-oratori di parte. Di qualsiasi parte, si badi bene.

I giovani non devono essere sottratti moralmente ai loro genitori e all'esclusivo dovere di questi ultimi di educarli. Non è necessario arrivare a Sparta o alla Cambogia di Pol Pot per vedere i pericoli dell'atteggiamento di molti docenti. Perché può accadere che il ragazzo riceva due o più educazioni confliggenti dal punto di vista morale, finendo per non assimilarne alcuna. Diventando uno scettico o un ebete edonista, come molti ormai sono.

Mi creda: per informarsi e per imparare "dopo" le disprezzate nozioni, il tempo mancherà ! Lei stesso può agevolmente rendersene conto quanto legge le comparse conclusionali di tanti giovani avvocati. E non dica che conosce giovani avvocati bravissimi: ne conosco anch'io, ma la media è nettamente peggiorata, questo è innegabile.

Lei stesso, in definitiva, non sarebbe l'ottimo scrittore che è (forse un pochino retorico, ma la batto ampiamente ...) se non avesse a suo tempo studiato, e tanto !

Che poi la cultura non corrisponda alla morale, e che un ignorante possa avere molti più meriti di un uomo colto, come spesso li ha, è senz'altro vero.

Ma non di questo stavo parlando, quanto, prendendo lo spunto proprio dalla massima di Celso, del fatto che: "Conoscere le leggi non è SOLO considerare le loro parole, ma la loro efficacia e il loro potere". Rimarcando l'accento sull'implicito "SOLO".

Perché se uno non intende PRIMA le parole di una legge, nemmeno può comprenderne, POI, ogni altro, più profondo, significato.

E questo era il senso ultimo del mio intervento.

P.S. - Lei contraddice Galileo e il metodo scientifico :) Nemmeno la meccanica quantistica, cui evidentemente fa riferimento, può aiutarla, giacché per comprendere il principio di indeterminazione occorre comunque una solida, anzi, solidissima preparazione matematica. Che dovrà pur discendere dall'insegnamento di qualcuno ...
Riguardo poi a Santoro e Vespa, francamente non saprei chi scegliere. Sono due "lavoratori", entrambi molto ben pagati, della televisione. Di una televisione che a me, in ogni caso, non piace.

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 4.19.

Gentile Amico,

grzie per l'attenzione sincera che mi ha prestato e per la squisita cortesia della Sua risposta.

Mi permetta di proseguire il nostro dialogo.

E mi permetta di farlo prendendomi la licenza di essere affettuosamente sfacciato.

Lei scrive una serie di cose che mi appaiono "vecchie".

Lei, purtroppo, fa i discorsi dei "vecchi".

ATTENZIONE! Non è minimamente un "insulto" e non si riferisce minimamente alla Sua età.

E' proprio uno schema logico.

Adesso non ho il tempo di andare a cercare "i documenti" per citarglieli, ma sappia che sono i discorsi di TUTTE le epoche.

Già nell'antica Grecia gli "anziani" (che allora avevano trent'anni, perchè l'età media era decisamente più bassa) si lamentavano dei "giovani" usando le stesse parole che usa Lei.

Trent'anni fa mio padre mi diceva le stesse cose e poi dai suoi racconti capivo che sessant'anni fa era suo padre a dire quelle stesse cose a lui.

Mio padre lamentava quanto le nuove generazioni fossero perdute e lamentava anche - senza accorgersi della contraddizione - come lui in gioventù venisse ritenuto il "perduto" della sua famiglia.

Con ciò non voglio minimamente dire che Lei abbia torto su tutto, ma non condivido la chiave di volta del Suo ragionamento.

Voglio solo dire che quello che Lei manifesta è un problema eterno.

La prima volta che qualcuno ha proposto di fare andare i motori a iniezione, tutti gli ingegneri impiegati in fabbriche di carburatori hanno detto che non avrebbe funzionato. Fra qualche mese non ci saranno più fabbriche di carburatori.

Nel 2001 mi sono comprato la mia prima macchina fotografica digitale.

Un mio carissimo amico molto appassionato di fotografia pontificò: "Queste cosette elettroniche potranno fare i miracoli, ma non scalzeranno mai i bei classici rullini a pellicola. Gli unici che possono fare questo e questo". Solo pochi anni dopo non aveva più macchine a rullino!

Io sapevo estrarre la radice quadrata di un numero. Ma oggi credo che dovrei ripassare un po' per riuscirci di nuovo.

E non credo che ne avrò mai l'occasione perchè anche nel cellulare c'è una calcolatrice che lo fa "al volo". E con il touch screen.

Mio figlio non sa e forse non saprà mai un sacco di cose che so io, ma ne sa un sacco di altre che io ai suoi tempi neppure mi sognavo.

Ha 15 anni e a volte chiedo a lui di trovarmi la soluzione a un certo problema.

Mia figlia ne ha 13 di anni e in alcune cose è più brava lei.

Qualche settimana fa mia madre, che pensa come Lei, ha detto a mio figlio: "La verità è che siete una generazione senza valori e senza cultura".

Lui, sereno e paziente, le ha risposto: "Nonna, voi siete una generazione che ha sterminato sei milioni di ebrei".

Lei gli ha risposto: "Ma che ne sapete voi del nazismo!"

Mio figlio non ha replicato, ma è evidente che ne sa di più di mia madre sul punto.

Lei scrive:
"I giovani non devono essere sottratti moralmente ai loro genitori e all'esclusivo dovere di questi ultimi di educarli. Non è necessario arrivare a Sparta o alla Cambogia di Pol Pot per vedere i pericoli dell'atteggiamento di molti docenti. Perché può accadere che il ragazzo riceva due o più educazioni confliggenti dal punto di vista morale, finendo per non assimilarne alcuna. Diventando uno scettico o un ebete edonista, come molti ormai sono".

Ma nessuno "sottrae" nessuno a nessuno.

Se i genitori fossero come Lei li descrive, non avrebbero alcun problema.

Se i genitori parlano delle cose in cui credono, mettono passione nella loro vita, i figli hanno di che discutere e di che spiegarsi.

Se i genitori sono tutti impegnati a imprecare contro il governo ladro o l'opposizione ladra e dei figli non sanno nulla, se non che il mese scorso hanno preso 8 o 3 in matematica, allora non saranno espropriati, ma si stanno semplicemente "disinteressando".

Lei pensa a Pol Pot, alla Cambogia e a Sparta e rimpiange i Suoi begli insegnanti di un tempo.

Lei, cioè, vorrebbe oggi insegnanti che Le dicono ciò che il Governo dice loro di dirLe, come ai "bei tempi"?

Vorrebbe insegnanti che le ripetono le frasi dei cinegiornali Luce o del quotidiano del regime?

Lei vorrebbe insegnanti che Le raccontano la storia come il Governo ha deciso che è andata?

Lei scrive:
"Posso ringraziare, però, i miei genitori, che non esitavano a punirmi se portavo a casa dei brutti voti. Perché è anche grazie a loro che sono stato il primo della mia classe alle medie e al liceo, laureandomi in seguito con lode".

Punendo mio figlio quando porta brutti voti, lo convincerei che li deve portare buoni per compiacermi. E comunque lo esproprierei della sua libertà e responsabilità.

Spiegandogli che prendere un voto o un altro fa parte della sua responsabilità e cercare di prospettargli le conseguenze delle sue scelte, lasciandolo VERAMENTE libero di farle come riterrà (dunque, senza arrabiarmi quando sceglie secondo me "sbagliato"), se mi andrà bene, lo avrò aiutato ad essere una persona responsabile.

A oggi lo appare grandemente.

Inoltre, ciò che Lei ci dice di sé come fatto positivo - essere stato "il primo della mia classe alle medie e al liceo, laureandomi in seguito con lode" - non ci dice nulla che davvero conti di Lei.

Tante altre cose che ci ha scritto ci danno eccellenti notizie sulle Sue qualità di uomo.

Essere stato il primo della classe no.

Essere primo della classe non vale né più né meno che sapere suonare la chitarra elettrica (mio figlio lo sa fare), vincere dei tornei di tennis (sa fare anche questo), essere fidanzato con una ragazza polacca (mio figlio questa fortuna non ce l'ha, perchè la sua ragazza è italiana, ma un mio caro amico, grazie a una cosa come questa ha imparato il polacco e in un concorso per titoli nella carriera diplomatica la conoscenza di una lingua che sanno in meno persone dell'inglese, gli è valsa la vittoria del concorso e ora ha un importante incarico all'estero).

E Le propongo anche un esperimento: cerchi di ricordare dieci "primi della classe" dei Suoi bei tempi. Vedrà che due sono "eccellenti persone". Tre "normali persone". E cinque dei "cialtroni indegni".

Dunque, perchè dovrei sognare che mio figlio sia "il primo della classe"?

Io lo vorrei quinto o sesto.

La statistica è più favorevole a questi. Glielo assicuro.

Si ricorda di Einstain con il voto basso in matematica?

Lei scrive:
"Prima di parlare di cose importanti, prima di parlare di "Valori", bisogna dunque imparare il modo corretto di esprimersi, in modo che Lei sappia come spiegarsi e, dall'altro lato, i Suoi ascoltatori possano intenderla".

Io, pedagogicamente parlando, mi sono convinto del contrario.

Il mio modesto parere è che impari l'uso degli strumenti quando stai cercando il risultato e scopri che hai bisogno degli strumenti.

Nessuno impara veramente l'informatica se parte dallo studio dello strumento.

Tutti impariamo cercando la soluzione a un concreto problema che l'informatica può risolvere.

Non è facile che un ragazzo si innamori delle forme della lingua avendo questo come oggetto formale dello studio. E' faciclissimo che scopra la forma mentre si entusiasma dei contenuti.

Mio figlio ha imparato bene l'inglese frequentando siti di viedogiochi.

Poichè il top mondiale del ramo è roba inglese in siti inglesi, lui si ci è messo dietro e ha finito con l'imparare l'inglese decisamente meglio di tanti suoi amici che frequentano scuole di inglese.

Con una recensione di videogames ha vinto il primo premio di un concorso e gli hanno spedito direttamente da Londra un telefonino di questi pazzeschi. I suoi compagni non ci hanno creduto e ha dovuto conservare scatola e lettera di consegna per dimostrarglierlo.

Aveva dodici anni.

Un genitore come Lei gli avrebbe vietato di stare su internet tutto il pomeriggio e gli avrebbe detto che sognare di fare da grande il giornalista di riviste di videogiochi non era un lavoro per una persona di valore.

Negli anni che sono passati mio figlio, ovviamente, ha cambiato tanti "lavori ideali", ma credo che sia stato un gran bene che ne abbia sognati anche di bizzarri.

Un altro mio fratello ha perso un anno di liceo, facendo molti anni fa una di queste cose di scambi con l'estero e passando un anno in Canada.

Lei non glielo avrebbe permesso, perchè avrebbe ritenuto che queste cose si dovevano fare DOPO avere preso il diploma con il massimo dei voti. Ma quell'anno ha cambiato la vita di mio fratello.

Non solo perchè ha imparato due lingue, ma perchè ha proprio guardato il mondo in un altro modo.

Per alcuni anni è stato quello "non sistemato" della famiglia, perchè aveva progetti che a noi apparivano bizzarri.

Oggi lavora come architetto nel secondo più grande studio del mondo di architettura urbana (purtroppo negli USA).

Meno male che i miei lo hanno lasciato libero di fare lo "spiantato" come voleva lui e per un certo tempo hanno dovuto sopportare anche che si mettesse un orecchino (mio padre in quell'occasione venne meno al giuramente che se mai un suo figlio si fosse messo l'orecchino gli avrebbe "spezzato le gambe").

Lei scrive dei Suoi insegnanti:
"Li ho avuti di tutte le "fedi" possibili, solo che quando erano a scuola INSEGNAVANO la loro materia E BASTA, non perdevano tempo a "pontificare" con le loro personali opinioni su come vedevano il mondo".

Ma perchè pensa una cosa così triste?

Le ho scritto che mio fratello insegna filosofia.

Cosa dovrebbe fare, secondo Lei: raccontare Marx e Nietzsche così, senza un commento? Aristotele e San Tommaso senza emozione? Platone e Parmenide concentrandosi solo sulla bibliografia?

E illustrare le contraddizioni e le felici intuizioni di costoro, prospettare le conseguenze dei loro pensieri sarebbe "pontificare"?

Ma perché?

Infine, Lei scrive:
"Lei contraddice Galileo e il metodo scientifico :) Nemmeno la meccanica quantistica, cui evidentemente fa riferimento, può aiutarla, giacché per comprendere il principio di indeterminazione occorre comunque una solida, anzi, solidissima preparazione matematica. Che dovrà pur discendere dall'insegnamento di qualcuno ... "

No, io non pensavo a questo che dice Lei e non lo condivido.

Mentre facevo i quattro anni di giurisprudenza ne ho fatti parallelamente due di filosofia, per passione privata (mi sono laureato ugualmente in quattro anni: i due li ho fatti "durante i quattro").

Essendo fatti per passione privata, studiavo quello che mi piaceva e dunque ho fatto una filosofia "ideale", che secondo i Suoi schemi dovrebbe dirsi "ideologica" (nonostante il mio criterio di scelta non fosse "politico" e, dunque, Lei, che vede solo "destra" e "sinistra", non coglierebbe nelle mie scelte l'ideologico che io so che c'era).

A torto o a ragione mi sono formato a un rigido aristotelismo e, dunque, il principio del quale sono convinto è quello di "determinatezza dell'essere" e non quello di "indeterminatezza".

Badi che sono consapevole di stare ricorrendo, in quest'ultimo passaggio sulla matematica, anche a un espediente retorico, ma vede, per coerenza con sé stesso, dovrà apprezzarlo, perchè la retorica è una "tecnica", una di quelle cose che si possono insegnare senza "pontificare", uno strumento "neutro".

Usandolo, faccio tesoro di ciò che Lei trova prezioso negli insegnamenti che ho ricevuto.

Caro Amico, si lasci incuriosire dal nuovo. Non è sempre e solo cattivo.

E, soprattutto, abbandoni per sempre lo schema "destra/sinistra". Ormai è solo "oppio dei popoli".

Non vede quale ateriosclerosi della ragione produce leggere tutto con gli occhiali di "destra/sinistra"?

Non vede quale manipolazione delle coscienze c'è in questo OGGI?

Cos'è "di destra"?

Se critico un indulto vergognoso sono "di destra", perchè la "destra" vuole la "tolleranza zero"?

Peccato che quell'indulto l'abbia voluto e votato anche e proprio "la destra".

E se pasticcio in una scalata banacari sono "di destra", anche se queste cose ormai le fanno D'Alema e Fassino?

E Violante dice cose "di sinistra"?

E far morire nel canale di Sicilia disperati in cerca di libertà e sopravvivenza è "di destra" o "di sinistra".

Guardi, Lei ha vissuto altre epoche.

Io ho vissuto le mie.

A scuola, al liceo, mi fecero i manifesti con scritto "Fuori Lima dalla scuola, non ci sediamo con i fascisti". E non ero fascista per niente.

Quando, da magistrato ho fatto arrestare un po' di delinquenti in colletto bianco, mi hanno dato del comunista. E non ero comunista.

Quando per quegli arresti scomodi il C.S.M. mi ha "indotto" a cambiare mestiere e andare a fare civile, la "destra" ha deciso che ero perseguitato perchè "di destra" e figlio di un uomo "di destra".

Ma che senso ha questo che dite e fate?

Ma non vi viene il dubbio di essere come il soldato giapponese che stava nascosto nella giungla vent'anni dopo che la guerra era finita?

Ma davvero Lei crede a questa buffonata della "destra" e della "sinistra"?

Ma davvero Lei crede che i problemi che abbiamo vadano affrontati continuando a sognare - come faceva mio padre (non a caso, anche lui con alcuni anni più di me) e come sembra fare Lei - che tornino quelli neri o quelli rossi o quelli gialli?

Ma davvero Lei crede che la enorme complessità nella quale ci troviamo e che presenta aspetti che mai si sono visti sotto il sole e che nessuno poteva prevedere possa essere gestita con lo schema di Berlusconi o di Veltroni o di chi Le pare a Lei?

E davvero Lei non si rende conto di come l'"acidictà di stomaco" e la profonda tristezza dei Suoi discorsi siano in grande parte conseguenza inevitabile della Vostra chiave di lettura?

Sorrida, per favore, trovi bellezza nella realtà concreta. Dunque, in quella di oggi. Perchè solo il presente è reale.

E solo dalla realtà può venire e dobbiamo trarre del bene.

Non importa sapere se era meglio prima o sarà meglio dopo.

La vita ce la dobbiamo sfangare oggi.

Il pranzo lo dobbiamo cucinare con le pietanze che abbiamo in dispensa oggi.

Un saluto sinceramente caro.

Mi scusi per la sfacciata franchezza. Le giuro che è piena di affetto sincero. Se mi permette, filiale (immagini quante notti passate a discutere di questo con mio padre, un terribile veterofascista, per fortuna con la enorme contraddizione di lasciare i suoi figli veramente liberi).

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Onore al simpaticissimo anonimo:
ci ha fatto rileggere un grandioso ed anche divertente Lima!
Cari ed Affettuosi Saluti.
b

Anonimo ha detto...

Secondo me andrà aggiornata, alla luce delle nuove conoscenze, la definizione d'infinito. Avrà ottime probabilità di avvicinarsi molto alla seguente:
Infinito - è la dimensione che connota la pazienza, la resistenza, la volontà, la tenacia, lo slancio, l'entusiasmo, il desiderio incrollabile di confrontarsi, di approfondire e d'illuminare, di Felice Lima, da Catania (e questo SOLO per quanto riguarda il blog...).
Un abbraccio al carissimo dott. Lima, e infiniti baci in fronte!
siu

Vittorio Ferraro ha detto...

"L'educazione in senso lato spetta soltanto ai genitori o a chi ne fa le veci." "...perchè può accedere che il ragazzo riceva due o più educazioni confliggenti dal punto di vista morale, finendo con non assimilarne una."

Mestiere difficile è quello dei genitori. Professione altrettanto difficile è anche quella degli insegnanti.

E' pur vero che il compito dei genitori è quello di educare i figli, ma non bisogna dimenticare che gli stessi - in quel loro difficile ruolo - debbonno "tenere conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli."

Come sosteneva il prof. Abbagnano "è inevitabile che l'educazione sia almeno in parte conservatrice tendendo naturalmente a perpetrare schemi e modelli, ordini sociali ed etici, che sono propri degli educatori." Tutto ciò perchè ogni sistema tende spontaneamente all'autoconservazione; ed i genitori, di par loro, tendono "alla perpetuazione" nei figli.

Appunto per questo l'art. 147 del codice civile - che ho sopra menzionato - "richiede il rispetto della singolarità di ogni essere non tanto abbandonando a se stesso il processo educativo quanto vietando di imporre modelli stereotipati, di riflettere sui figli aspirazioni e frustrazioni dei genitori."

La famiglia non deve essere assolutamente uno scrigno chiuso; un mondo ovattato. L'identità di ogni persona la si costruisce nel tempo; per cui dobbiamo - noi genitori - essere aperti ad ogni stimolo che il mondo ci offre. Anche la scuola ha un compito importante in questo senso.

Per il resto concordo in pieno con tutto quanto scritto dal dott. Lima.

Il confronto con l'anonimo - nel pieno rispetto delle reciproche tesi - è non solo civilissimo ma è anche molto interessante. Non fosse altro che per la delicatezza della questione affrontata.

Anonimo ha detto...

Caro Dottor Lima,

Perché mai dovrebbe scusarsi ? Ho invece apprezzato moltissimo la Sua elegante prosa.

La mia figura non è, tuttavia, quella dell' "annosa esperienza" che taglia le ali al giovane che vuole volare, glielo assicuro !

Senza voler fare il "giovane" a tutti i costi, anch'io dalla pellicola sono passato anni fa alla digitale, della quale uso quasi tutte le innumerevoli funzioni. E sono in grado di utilizzare almeno gli elementi di base del fotoritocco. Questo quando tanti giovani nulla capiscono di informatica. Ad esempio, un Collega più giovane di me scrive ancora a penna le sue sentenze, e quando deve entrare nel sito "cosmag" si rivolge al sottoscritto ! Nel mio caso, la necessità ha aguzzato l'ingegno e ho così imparato l'informatica (o almeno le sue basi applicative) proprio partendo dall'uso dello strumento.

Vede, non sono affatto un "tristo figuro" (almeno non mi sembra ...). Ho una famiglia, tanti amici, la mia vita è piena, così come sono ampi i miei interessi e sempre viva la mia curiosità.

Le considerazioni che avevo esposto erano soltanto limitate alla scuola.

Il mio punto di vista non è poi tanto diverso dal Suo: francamente, se lo vuol sapere, odiavo imparare a memoria le varie coniugazioni dei verbi. Però le ho imparate, altrimenti non sarei stato promosso. Come ho anche "odiato", all'università, diversi, sciocchi, inutili esami. Però li ho sostenuti, altrimenti non mi sarei laureato. Altri esami, invece, mi hanno letteralmente entusiasmato, come storia del diritto romano e, soprattutto, diritto privato comparato.

Ognuno ha i suoi gusti, è ovvio.

Ma se tutti dovessero fare soltanto quello che a loro piace, molti non farebbero nulla, nella vita. Spesso occorre aiuto, consolazione e al tempo stesso stimolo a perseverare. Occorre la "carota", ma talvolta è inevitabile il "bastone". E il riferimento all'autore è puramente casuale, mi creda :)

E' parimenti ovvio, poi, che non si possa costringere un ragazzo a diventare quello che veramente non vuol essere. Se un figlio, pur avendo un mestiere o una professione da "ereditare", detesta veramente quella vita, è bene che scelga lui stesso la sua strada. Questo è quanto mi hanno insegnato i miei genitori, ed è quello che hanno fatto con me.

Deve però sapere, il giovane, che qualunque cosa farà, dovrà impegnarsi e faticare. Potrà essere una fatica lieve, di cui non sentirà il peso, se studierà cose che lo interessano. Ma sempre di fatica, in definitiva, si tratta.

Suo fratello insegna filosofia, mi dice. Certo, non si limiterà ad applicare il metodo "storico" gentiliano. Farà invece riflettere gli studenti sul significato del pensiero di ciascun filosofo. Troverà agganci storici con l'ambiente nel quale sono vissuti. Mostrerà i punti deboli di ciascuno, come evidenzierà i lati innovativi e le felici intuizioni che si trovano nelle loro opere, facendo, eccome, paragoni ed esempi con il mondo attuale e con tutte le altre epoche. Insegnerà, in ultima analisi, a pensare.

Ma non credo che passerà le ore di lezione a spiegare perché il Governo attuale è inadeguato e corrotto, o perché si debbano preparare i cartelli e prenotare i treni per la manifestazione di ottobre a Roma !

In soldoni, senza divagare, era soltanto questo che volevo dire.

Vedo, infine, che sono sempre interpretato come "antagonista" totale al Suo pensiero. Niente affatto. Non ho alcuna tessera di partito, non mi piacciono i partiti. Il mio voto è sempre variabile. Se devo scegliere, scelgo sempre quello che mi sembra, al momento, il "meno peggio".

Credo, quindi, di aver risposto alla Sua domanda, se io sia "di destra" o "di sinistra" :)

In taluni aspetti i nostri pensieri divergono. In altri sono assai simili. Ma questa è solo una ricchezza, che maggiormente apprezzo ... grazie proprio alla forma !

Cordiali saluti.

P.S.: Di Aristotele apprezzo il pensiero logico, ma quanto al resto è meglio soprassedere ...

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 16.21.

Caro Amico,

l'affetto che Le ho scritto era ed è sincero.

Sono contento di avere ulteriore (perchè non è la prima) conferma che è reciproco.

In più, saperLa fotografo digitale (che è uno dei miei hobby più amati) è una sorpresa veramente gioiosa.

Un saluto davvero caro e grato.

Felice Lima

P.S. - Io Aristotele lo amo proprio tanto e tutto (tenendo fuori, ovviamente, alcune cose accidentali legate al tempo in cui è vissuto). Mi sorge un dubbio: non sarò io, fra noi due, il più "conservatore"? :-)

Anonimo ha detto...

Gentile anonimo lei ha scritto:
"Ma non credo che passerà le ore di lezione a spiegare perché il Governo attuale è inadeguato e corrotto, o perché si debbano preparare i cartelli e prenotare i treni per la manifestazione di ottobre a Roma!" Mi creda nessun insegnante-educatore fsrebbe cose del gernere. Le parole "vestono" e le sue "vestono"ancora stereotipi e pregiudizi. I valori a cui mi riferivo hanno ben altra connotazione.Sono quelli che saggiamente sono stati scritti nella nostra Costituzione,che Lei nella Sua funzione di magistrato,certamente conosce meglio di me:E' facile esprimere giudizi,che in realtà sono "pregiudizi" sulla scuola tutti i genitori italiani si sentono insegnanti in pectore,tanto da essere convinti di poterti dare "lezioni"su come esercitare la tua professione. Al mattino quando entro in una delle mie classi ho davanti a me 25 Persone,uso la lettera maiuscola per indicarne la preziosità,che si aspettano da me quelle che lei chiama nozioni e non solo.Si aspettano che io li ascolti con il cuore e con la mente.E' un lavoro di grande responsabilità perchè devi essere capace "solo" di educare cioè di "creare valore".Lei spesso ha scritto la parola "valori" come se fosse vuota di significati pregnanti ed allora le voglio spiegare con alcuni fatti cosa vuol dire per me,e tantissimi altri insegnanti,creare valore nella vita dei miei ragazzi.
Insegno diritto ed economia in un ITC di Como.Ho le classi del triennio.Sono ormai anni che nsieme ai miei ragazzi organizzo diversi Convegni sui diritti umani a cui hanno partecipato rappresentanti della Corte Europea dei diritti Umani di Strasburgo ,magistrati,dando in questo modo l'occasione a tanti altri alunni delle scuole cittadine di confrontarsi su temi il cui "valore"è universalmente riconosciuto.Abbiamo celebrato,con il sostegno del Presidente del tribunale di Como, in un'aula del tribnale un vero e proprio processo sui crimini contro l'umanità commessi da un ipotetico stato Giano.Avrebbe dovuto vedere e ascoltare la passione che i miei ragazzi mettevano nel preparare le arringhe e nello scrivere la sentenza.E come sono stati orgogliosi e felici quando hanno indossato le toghe che gentilmente i "veri magistrati" avevano fatto indossare loro in occasione del loro Processo. Processo che è stato ripreso dalla seconda rete TV e che ha avuto come epilogo felice per i miei alunni e per me che conoscevo i loro pensieri e le loro emozioni,l'incontro con il presidente Ciampi.Nel 2002 abbiamo preparato un Testo di legge per introdurre nelle scuole una nuova disciplina che i miei alunni hanno chiamato :"Educazione ai diritti umani" .Oggi,dopo aver raccolto 350.000 firme con l'aiuto dell'ONU,Consiglio d'Europa,e centinaia di Comuni italiani, quel testo di legge è in Commissione Cultura come Proposta d'iniziativa popolare.Potrei raccontarle altro come ad esempio la fatica che mi prende l'animo quando sento il disprezzo di chi,come lei,ritiene la classe insegnante inutile e dannosa perchè dedita all'indottrinamento da "bravi sinistrosi.Ma il sorriso e l'attenzione dei miei ragazzi mi fa ridimensionare il peso di queste critiche nate dall'ignoranza,non si offenda per carità,ignoranza nel senso di NON CONOSCENZA.Io insegno ai miei ragazzi questi valori di giustizia,verità,bellezza e preziosità della vita di ogni uomo.
Dimenticavo di dire che il 50% dei miei alunni si iscrive in Giurisprudenza con buoni risultati e vengono a trovarmi tutti contenti perchè gli esami di costituzionale,privato,civile,economia politica e finanze li avevano già "sostenuti"con me e all'università era stato sufficiente un "piccolo ripasso"
I"valori" possono essere trasmessi anche attraverso le nozioni.
Grazie dott Lima per le sue parole in difesa dell'Educare e complimenti per il modo in cui rispetta la vita dei suoi figli.

Graziella Mattaliano

Anonimo ha detto...

Gentile Graziella,
non esageriamo nelle difese corporative. Dio solo sa quanto sarebbe migliore questa nostra società se il corpo insegnate per un buon 40% fosse stata costituita da professionisti, seri, colti e preparati come sembra esserlo Lei.
b

Anonimo ha detto...

Gentile Graziella,

Lei sarà sicuramente un'insegnante capace e appassionata, ma altrettanto sicuramente non è stata, almeno in questo caso, molto attenta: legga bene quanto ho scritto in precedenza e vedrà che non ho affatto "condannato" l'intera classe docente, ma soltanto quelli che negli ultimi quarant'anni tutto hanno fatto fuorché insegnare.

Ecco, vede, sono sicuro che i Suoi alunni avranno certamente appreso il loro programma di diritto ed economia, oltre ad aver impersonato le parti processuali, esser apparsi in televisione, aver incontrato Ciampi ed esser stati resi edotti sui diritti umani nel mondo.

La mia preoccupazione non riguardava pertanto Lei, quanto tanti altri che innegabilmente hanno tralasciato e tralasciano di insegnare e di valutare il rendimento dei ragazzi, della qual cosa, come dicevo poc'anzi, fa fede la cultura media degli studenti in Italia, nel corso degli ultimi quarant'anni sempre più immersa nel mare profondo dell'ignoranza.

Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

Illustre Frofessoressa Graziella. Il Suo intervento è di grande interesse, persino toccante (come peraltro gli interventi del dott. Lima, di profonda umanità e umiltà che mettono al centro dell'attenzione la "Persona"... "umana", come ama sottolineare sempre il dott. Gherardo Colombo", specie se soggetto debole, malato): sia per l'approccio nel rapportarsi con gli studenti che per la didattica. Peccato, però, che a mio figlio è toccato altro genere d'insegnanti all'Itc [dopo aver perso un anno - la pres. del consiglio di classe decise da sola (e l'ncontro "scuola-famiglia...con mia moglie componente del consiglio, come genitore? ma anche d'istituto, del tutto ignorata!) di separarlo dai compagni/e...e non per motivi nozionistici, si distraeva? Ma una semplice madre, figuriamoci una prof-madre, dovrebbe sapere che la risoluzione di postumi psicologici da trauma cranico dipendono dalla capacità del soggetto di cancellare il ricordo dell'incidente. Ma vi si aggiunge un'aggravante: la sottosegretaria alla Pubblica Istruzione di allora (1984-5), docente, ebbe a dichiarare che lei non aveva mai bocciato nessuno in terza media. La comunicazione, badate, ci ve nne recapitata il sabato e l'esame era il lunedì. Della racc.A/R cui invitavo a rivedere il tutto e comunque a far partecipare all'esame il ragazzo, nessuna risposta... il lunedì vedeva passare, piangendo, i suoi amici/he che entravano nella scuola. Dopo aver ripetuto l'anno ottiene la licenza e così si iscrive all'Itc, dove c' era un preside tutto formalità apparente (disciplina? mi risulta che metteva alla porta i ritardatari)... nessuna avvisaglia su rendimento...tant'è che contattai il prof.Ing. di matematica e chiesi di mio figlio..."...nessun problema", rispose; al che replicai, 'ne sei sicuro...hai capito chi è...siccome ho dei dubbi (cosa insolita per un genitore...)...' ----"Certo che so chi è tuo figlio, ma insisto che non ci sono problemi". Poi silenzio...sino all'esito di non ammissione al 2°? Deluso, s'iscrive ad altro istituto, ne verifica la bassa qualità e decide di lasciare...Poi 2 anni di scuola privata, esami e attestato di promozione al 4° anno...da farsi all'Itc Ma il preside (un ing, che si portava i problemi di coppia nella scuola) disse che (per punizione?) doveva fermarsi per un anno...a meno che non si potesse dimostrare che abbia avuto per almeno 6 mesi un rapporto di lavoro...falso, come quello del figlio del maresciallo (ben inserito nella comunità...tant'è che vi è rimasto...a godersi la pensione...in giovane età)?! Il provveditore poi ci/gli(ha fatto tutto lui) dà ragione, ma un'altro anno è perso; e il giovane , lo si notava, risente della delusione che si lega alla prima, delle medie: in età delicata e vulnerabile. Mentre i 2 81enni: uno (il preside delle medie, in "debito scolastico, mai onorato!) si gode la pensione bivaccando nel circolo (dei "galantuomini", al sud! eh, dott. Lima..."il Gattopardo"...non scrivono un rigo d'impegno civile. giocano a carte...48?) sociale mentre la vedova, triste (meglio le "allegre" che non), ogni mattina s'vvia al lavacro, in chiesa. Dice Fernando Salvater: "La cittadinanza è un'opera d' arte sociale...Senza cittadinanza si possono avere solo sudditi o credenti, ma non uomini liberi capaci di costruirsi una vita migliore". Mauro C.