martedì 10 marzo 2009

Colpirne uno per educarne cento


da Voglioscendere del 9 marzo 2009





Trascrizione:

“Buongiorno a tutti.
L’altro ieri Silvio Berlusconi ha rilasciato un’intervista a El Mundo, giornale spagnolo, dichiarando che la giudice Gandus, che ha appena giudicato Mills colpevole di essere stato corrotto da Berlusconi, è una militante di sinistra e quindi ci sono dubbi sulla sua imparzialità ma, aggiunge: “sono assolutamente certo di venire assolto quando il processo riprenderà”, anche perché quel processo quando e se riprenderà non sarà presieduto dalla Gandus che diventerà incompatibile non appena scriverà le motivazioni della sentenza su Mills dovrà per forza occuparsi del ruolo dell’imputato per averlo corrotto, cioè Berlusconi.

Poi aggiunge: “purtroppo una parte della magistratura italiana è politicizzata, ha usato e usa il proprio potere come arma di lotta politica contro gli avversari, in particolare contro l’unico esponente del centro destra a poter prevalere sulla sinistra. I giudici politicizzati hanno tentato di ribaltare il risultato democratico riuscendovi nel 1994, con un’accusa da cui sono stato naturalmente assolto con formula piena, dopo dieci anni di processi”. Era la famosa storia della corruzione della Guardia di Finanza. Poi da i soliti dati fantasiosi sui processi subiti e dice: “Conclusione: sono sempre stato risultato innocente perché, fortunatamente, i giudici imparziali sono ancora la maggioranza”.

I porti delle nebbie

Naturalmente, trattandosi di uno dei più noti ballisti della Terra non è il caso di sottolineare quante bugie ci sono in queste affermazioni, però è interessante un dato: abbiamo spesso parlato dei risultati che già ha ottenuto la campagna fatta in questi anni contro i magistrati che si occupano dei potenti per applicare la legge in maniera uguale per tutti, anche a loro e non solo ai poveracci. Sono stati sterminati. Di Pietro è stato costretto a lasciare la magistratura con i noti ricatti dei dossier dei processi di Brescia, Clementina Forleo è stata cacciata da Milano dopo essersi occupata di Unipol, Luigi De Magistris cacciato da Catanzaro dopo essersi occupato delle porcherie politico-giudiziarie criminali della regione Calabria, i magistrati di Salerno sono stati cacciati dopo avere rimesso il naso in quelle vicende; insomma, avevamo sempre usato uno slogan prendendolo a prestito da Mao e dalle Brigate Rosse: colpirne uno per educarne cento, colpirne due, tre, cinque, sette, dieci, quindici per educarli tutti e diecimila.
Per fortuna non sono ancora riusciti a educarli tutti e diecimila, vi posso assicurare anche per esperienza personale essendo molto spesso imputato in processi per diffamazione, che ci sono giudici scrupolosissimi, molto garantisti che vanno a vedere riga per riga quello che è successo per evitare di commettere degli errori. E e ce ne sono anche nelle sedi dove meno ce lo si aspetta, tipo Roma che ha sempre su di se questo alone che si porta dietro da decenni di porto delle nebbie e delle sabbie.
Io direi, indipendentemente dai luoghi geografici e dall’altitudine, il porto delle nebbie è diventato diffuso, trasversale nel senso che in ogni Tribunale, in ogni Procura probabilmente, c’è un piccolo porticino delle nebbie dove i magistrati che vogliono fare carriera o semplicemente stare tranquilli fino alla pensione sanno cosa devono fare.
Un esempio chiaro del risultato ottenuto dopo quindici anni di massacro dei magistrati più coraggiosi e onesti, quelli che semplicemente si comportano in base alle leggi e alla Costituzione, è proprio questo ed è sintomatico quello che è successo nei processi al Cavaliere.
Il Cavaliere rarissimamente è risultato innocente, come dice lui: sapete che ha avuto, se non ricordo male, diciassette o diciotto processi nei quali nella gran parte dei casi... ma questo l’abbiamo detto in un altro Passaparola, credo quello che trovate nel terzo DVD: Mafiocrazia. Lì trovate tutti i dati dei processi al Cavaliere, soprattutto i processi nei quali lui dice di essere stato assolto invece è stato prescritto, oppure ha depenalizzato il suo reato, dimezzato per legge i termini di prescrizione o come col falso in bilancio opportunamente ritoccato.

Prima si assolve Berlusconi, poi si decide perché

Mi voglio occupare, invece, dei processi nei quali il Cavaliere è stato assolto o prosciolto o archiviato perché questi processi denotano chiaramente, secondo me e la mia libera funzione critica dopo avere letto e riletto i provvedimenti giudiziari, la volontà di assolvere e di liberarsi del fascicolo. Prima si decide che Berlusconi non può essere processato dopo ci si arrampica sugli specchi e sui vetri per trovare una motivazione che regga; e purtroppo non sempre regge, perché i fatti alla fine sono molto più forti di ogni tentativo di soffocarli: metti il tappo di qua ed escono fuori di la.
Ci sono dei provvedimenti scombiccherati che non stanno né in cielo né in terra sui quali, però, si basano assoluzioni provvisorie o definitive.
Partiamo dall’inizio della storia giudiziaria del Cavaliere: il processo nel quale dice di essere risultato assolto con formula piena, quello delle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza.
In realtà è accertato in via definitiva dalla Cassazione che la Fininvest era solita corrompere la Guardia di Finanza, infatti il manager che pagava le tangenti ai finanzieri è stato condannato in via definitiva – Salvatore Sciascia che poi Berlusconi ha portato in Parlamento per premiarlo -; il consulente della Fininvest, l’avvocato Berruti che depistò le indagini sulla Guardia di Finanza, è stato condannato per favoreggiamento e quindi Berlusconi l’ha promosso portandolo in Parlamento, segno evidente che non gliene importa niente dell’innocenza o della colpevolezza: lui va in Parlamento dicendo di essere assolto, Sciascia e Berruti – condannati – li ha portati con sé e quindi è evidente che per lui colpevoli o innocenti non fa nessuna differenza.
Ma sarà poi vero che Berlusconi è stato ritenuto assolto con formula piena? Assolutamente no, la formula è quella dubitativa, quella della vecchia insufficienza di prove che oggi potete trovare riassunta nel comma 2 dell’articolo 530 del codice di procedura penale laddove si parla di quando la prova è insufficiente o contraddittoria o mancante. In questo caso la prova era insufficiente o contraddittoria.
Voi sapete che ci voleva qualcuno che dava l’autorizzazione a Sciascia a pagare le tangenti ai finanzieri perché Sciascia era semplicemente il capo dei servizi fiscali della Fininvest ma mai da solo avrebbe preso una decisione così compromettente, di corrompere i finanzieri ogni volta che andavano a fare le ispezioni.
Soprattutto ci voleva qualcuno che desse i soldi a Sciascia per pagare i finanzieri a botte di 100 o 120 milioni di lire ad ogni verifica fiscale, escludendo che se li autotassasse dal proprio stipendio per corrompere i marescialli.

Fininvest: programmati per corrompere

Infatti su chi avesse dato l’autorizzazione e i soldi a Sciascia si è aperto un dibattito: inizialmente si è arrestato Paolo Berlusconi che confessa di essere stato lui e di avere fatto tutto da solo, anche perché il fratello era Presidente del Consiglio; poi si scopre che in realtà il Presidente del Consiglio aveva incontrato Berruti un minuto prima che questo facesse il depistaggio delle indagini, allora viene sospettato anche Silvio e viene indagato e viene fatto il processo. Nel primo e nel secondo grado viene ritenuto che Silvio sia responsabile come mandante di quelle tangenti.
Nel primo grado viene condannato, in appello viene salvato dalla prescrizione, la Cassazione gli leva pure la prescrizione dicendo che non c’è prova sufficiente che sia stato lui: potrebbe essere stato anche Paolo, cioè recupera la tesi originaria, che però è stata abbandonata dalla Corte D’Appello che ha assolto Paolo, non credendo che fosse colpevole quindi alla confessione.
Non è sempre colpevole chi confessa, vedete per esempio il caso dei rumeni: i giudici avevano ritenuto che Paolo si fosse autoaccusato per coprire il fratello Silvio.
La Cassazione ha ribaltato dicendo che “potrebbe essere stato Paolo a ordinare quelle tangenti, ma non possiamo più processarlo perché l’abbiamo già assolto una volta”. Sapete che in Italia, giustamente, non si può processare una persona due volte per lo stesso reato, e quindi alla fine il mandante è mandato impunito, non accertato: i giudici scrivono che “sicuramente Sciascia operava per conto del gruppo, per l’illecito vantaggio del gruppo e non a titolo personale”. Che c’era una “predisposizione della Fininvest a gestire in modo programmato le situazioni oggetto di causa”, cioè la Fininvest era predisposta per corrompere la Guardia di Finanza ogni volta che un finanziere arrivava a fare una verifica fiscale “anche con la formazione di fondi per la programmazione extra bilancio e la designazione di uno specifico soggetto, Sciascia, delegato a tenere opportuni contatti”.
Cioè, la Fininvest aveva in fondi neri per pagare i finanzieri, aveva un addetto alla corruzione dei finanzieri – quello che adesso sta in Parlamento – questo scrive la Cassazione, il che naturalmente configura una condotta “reiterata, sistematica, programmata di corruzione propria”.
Scattò anche il programmatico inquinamento delle prove con i depistaggi di Berruti ma, scrivono i giudici, “tenuto conto di quanto già osservato sulla insufficienza probatoria nei confronti di Berlusconi” scatta l’assoluzione con la formula dubitativa. E fin qui... se i giudici ritengono che le prove non siano sufficienti fanno bene a non condannare, non c’è nulla di scandaloso in questa sentenza, basta conoscerla e sapere che non c’è stata un’assoluzione con formula piena ma con formula dubitativa perché si dice che o Silvio o Paolo autorizzavano e che l’azienda comunque era programmata per corrompere.

Troppo ricco per sapere

Più divertente è la sentenza per il caso Medusa, un piccolo caso – piccolo perché Berlusconi ne ha fatte di peggio – di falso in bilancio. Berlusconi acquista la Medusa Cinematografica, la società di produzione e distribuzione dei film che la fa da padrona in Italia, e in quell’acquisto è accusato di essersi messo in tasca, su alcuni suoi libretti al portatore, dieci miliardi di lire in nero.
In primo grado lo condannano a un anno e quattro mesi, in appello lo assolvono con la solita formula dubitativa - quella che secondo lui è la formula piena, non ha ancora capito la differenza – il solito comma 2 dell’articolo 530.
Il fatto è assolutamente accertato: Berlusconi si è pappato dieci miliardi di lire neri in quella operazione. Ma, scrivono i giudici d’appello con grande sprezzo del pericolo e del ridicolo che Berlusconi è così ricco che potrebbe persino non essersi accorto che nella compravendita entravano dieci miliardi in nero sui suoi libretti. Sui suoi, eh, non su quelli di un altro. La compravendita l’ha fatta Bernasconi, uno dei suoi manager, e Bernasconi potrebbe anche avergli infilato quei dieci miliardi così per fargli una sorpresa, senza avvertirlo, e lui essendo molto ricco non essersene accorto.
Guardate che sono spiritosi, questi giudici. Giudici milanesi, fra l’altro, le famose toghe rosse.
Scrivono, dunque, i giudici: “la molteplicità dei libretti riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti dimensioni del patrimonio di Berlusconi, postulano l’impossibilità di conoscenza sia dell’incremento sia dell’origine dello stesso”. Uno incrementa di dieci miliardi di lire un suo libretto al portatore, ma ne ha talmente tanti che non se ne accorge, poveretto.
Questa è la seconda sentenza, e qui ci avviciniamo già al porto delle nebbie e delle sabbie, anche se siamo a Milano.

L’attenuante del “così fan tutti”

Poi abbiamo le sentenze Mondadori, che partono molto bene nel senso che il GIP - quando gli chiedono di rinviare a giudizio Berlusconi, Previti, il giudice Metta e gli altri avvocati della Fininvest accusati di avere comprato la sentenza che nel 1990 annullava il lodo Mondadori e toglieva la Mondadori a De Benedetti per darla a Berlusconi – che si chiama Rosario Lupo proscioglie tutti gli imputati e respinge la richiesta di rinvio a giudizio, sempre sulla base del comma 2 dell’articolo 530, dicendo che non ci sono sufficienti prove per rinviarli a giudizio.
La procura fa ricorso in appello e la Corte D’Appello rinvia a giudizio tutti gli imputati, tranne uno: Berlusconi. Come fa la corte D’Appello a salvare Berlusconi e a rinvia a giudizio gli altri, visto che il fatto era lo stesso e la Mondadori se l’è pappata lui e non i suoi avvocati, Previti, Pacifico e Acampora che materialmente fecero arrivare al giudice Metta la tangente di 420 milioni di lire?
Scrivono i giudici della Corte D’Appello: “è ormai evidente un sistema di mercimonio delle pronunce giudiziarie nell’area romana”, cioè visto che all’epoca a Roma si vendevano e si compravano sentenze, questo implica che Berlusconi si è adeguato all’andazzo e quindi merita, scrivono i giudici, “una valutazione favorevole in termini di gravità del fatto e capacità criminosa”. Visto che si è comprato una sentenza in un posto dove anche altri compravano sentenze, la cosa è meno grave. Come dire che se uno spaccia droga sotto casa sua è più grave, se la spaccia ai giardinetti dove ci sono altri spacciatori c’è un’attenuante particolare. Pensate a cosa si appigliano pur di salvare Berlusconi queste toghe rosse milanesi politicizzate.
“Berlusconi – scrivono – sceglie un professionista – cioè Previti – per ottenere una pronuncia favorevole che spende somme di denaro anche ingenti, paga onorari cospicui” e poi non si interessa di come i suoi avvocati vincono la causa Mondadori, potrebbero anche aver corrotto i giudici spendendo soldi suoi senza dirglielo.
Infatti lui potrebbe “non essersi informato dei reali sistemi dell’attività professionali” usati da Previti & c. per vincere la causa Mondadori. “L’intensità del dolo deve ritenersi diminuita a causa della preesistente e pericolosa corruttibilità dell’ambiente giudiziario competente” cioè di Roma.
Il “così fan tutti” invece di diventare un’aggravante diventa un’attenuante: quindi gli danno le attenuanti generiche che fanno scattare la prescrizione solo per lui e non per gli altri.
Secondo, l’imputato Berlusconi ha all’epoca della vicenda e successivamente alla sentenza comprata “favorito la composizione degli interessi patrimoniali derivanti dal Lodo, addivenendo a un accordo con la parte offesa” cioè con De Benedetti. Già, perché dopo essersi fregato la Mondadori, Berlusconi fu costretto da Andreotti a una transazione extragiudiziale restituendo una parte del maltolto: sapendo di averla rubata, la Mondadori, restituì a De Benedetti almeno Repubblica, L’Espresso e i giornali locali.
Uno ruba una macchina, poi restituisce il volante al legittimo proprietario e gli danno le attenuanti generiche perché è stato generoso, un pezzo della refurtiva l’ha ridata al proprietario. E’ tutto scritto in una sentenza, io lo trovo fantastico. A Milano... le toghe rosse.
“Il privato – terzo motivo per cui danno le attenuanti generiche a Berlusconi – ha agito nell’ambito di un’attività economica imprenditoriale di importanza nazionale, le cui zone d’ombra non possono condurre a una preconcetta valutazione ostativa della concessione delle attenuanti generiche. Soprattutto in virtù – scrivono i giudici e questa ve la dovete segnare perché è meravigliosa – delle attuali condizioni di vita individuale e sociale, il cui oggettivo rilievo di per sé giustifica l’applicazione delle attenuanti generiche”. Cioè: adesso Berlusconi ha delle condizioni individuali e sociali di vita – è presidente del Consiglio in quel momento, siamo nel 2001, è appena tornato a Palazzo Chigi per la seconda volta – talmente elevate che di per sé giustificano l’applicazione delle attenuanti generiche.
Fosse stato un pirla qualunque, un passante o peggio ancora un barbone no, ma le condizioni di vita personali e sociali di Berlusconi sono di per sé motivo per trattarlo meglio rispetto agli altri. Qui c’è da domandarsi se siamo impazziti, visto che la legge è uguale per tutti e semmai bisognerebbe usare più severità nei confronti di chi sta in alto nella scala sociale, perché chi sta in basso e delinque magari ha qualche motivo di sopravvivenza per farlo, ma chi sta in alto certamente non ha bisogno di rubare. Viene rivoltato tutto questo pur di assolvere questo sant’uomo.
Naturalmente, questa sentenza fa talmente ridere che i PM la impugnano in Cassazione, che la conferma ma almeno ci risparmia l’ultima delle fesserie, cioè quella della corruttibilità dell’ambiente di Roma. Almeno il fatto che a Roma fosse usuale vendere e comprare sentenze glielo tolgono tra i motivi di concessione delle generiche mentre confermano che le sue condizioni di vita individuale e sociale gli danno diritto alle generiche; non, spiegano in Cassazione, per le cariche istituzionali che ricopre ma semplicemente per la condotta di vita successiva all’ipotizzato delitto. Non è più quel furbetto degli anni Ottanta, è diventato molto onesto. Se avessero saputo cosa avrebbe combinato dopo nel caso Saccà ecc. forse queste cose non le avrebbero scritte.
Comunque Berlusconi esce con queste motivazioni per prescrizione del reato nel caso Mondadori, mentre il giudice che gli ha dato la Mondadori e ha preso i soldi dalla Fininvest e gli avvocati, Previti, Pacifico e Acampora, che hanno pagato quel giudice Metta perché annullasse il lodo Mondadori e la desse a Berlusconi vengono tutti condannati per corruzione giudiziaria, mentre il presunto mandante si è salvato con quelle simpatiche motivazioni che vi ho letto prima.

Troppo furbo per pagare con bonifico ma anche in contanti

Andiamo avanti, perché ci sono ancora almeno due sentenze piuttosto interessanti.
La prima è quella che abbiamo esaminato sull’Espresso: ho pubblicato un articolo sull’Espresso questa settimana in cui ricordo come Berlusconi è uscito dall’altro processo per corruzione dei giudici, quello del caso Squillante-Sme, in cui era accusato non solo di compravendita della sentenza Sme – quella l’ha fatta un altro giudice, Filippo Verde, che poi è stato assolto: si è ritenuto anche lì che non ci fossero elementi per condannare. Era un processo indiziario e poteva anche essere giusto quell’approdo. Invece c’era un caso in cui sembrava matematicamente impossibile assolvere gli imputati, quello del famoso bonifico che il 6 marzo del 1991 rimbalza in poche ore da un conto estero della Fininvest alimentato da soldi di Berlusconi – il conto Polifemo – al conto estero di Previti – il conto Mercier – al conto svizzero di Squillante – il conto Rovena. In poche ore passa su quei tre conti la stessa cifra che transita dall’uno all’altro senza nemmeno uno spostamento di virgola, di decimali: sono 434.404 dollari, pari a 500 milioni di lire al cambio di quel giorno.
Bonifico diretto, non c’è dubbio: Berlusconi paga Previti, Previti paga Squillante subito dopo. Squillante è un giudice, Previti è un avvocato, Berlusconi è all’epoca un imprenditore molto legato alla politica e molto bisognoso di sostegni giudiziari.
Come fanno a salvare Berlusconi in questo processo? E’ il processo che lo faceva impazzire, che era riuscito a sospendere col lodo Maccanico-Schifani, che quando il lodo era stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta si era fatto fare apposta dal suo avvocato, Pecorella, presidente della Commissione Giustizia della Camera, la legge che aboliva l’appello. Era terrorizzato dal processo d’appello che era nato dal ricorso della procura dopo che in primo grado l’avevano assolto per altri fatti, quella Sme, ma per quello avevano dichiarato prescritto il reato dandogli le attenuanti generiche. Era terrorizzato che in appello i giudici potessero negargli le attenuanti generiche trasformando quindi la prescrizione in condanna.
Era terrorizzato perché evidentemente le cose le conosce molto bene e sa di avere lasciato le impronte digitali in quel caso.
Bene, i giudici riescono miracolosamente – in appello – ad assolverlo. Gli levano la prescrizione e gli danno l’assoluzione, ancora una volta con la formula dubitativa.
Qui sfioriamo il triplo salto mortale carpiato con avvitamento logico, anzi illogico. Cosa dicono? Il bonifico è accertato, 434.404 dollari da un conto all’altro. La finalità corruttiva di quel bonifico dal conto estero riferibile a lui, al conto estero di Previti, al conto del giudice Squillante è accertata. Allora i giudici dicono: “non si vede perché mai un imprenditore avveduto come Berlusconi, dotato di immense disponibilità finanziare avrebbe dovuto effettuare o fare effettuare un pagamento corruttivo attraverso una modalità, il bonifico bancario, destinata a lasciare traccia anziché con denaro contante”.
Effettivamente, se non ci fosse quel bonifico documentato dalle contabili bancarie e lo sentiste raccontare in giro tipo “Berlusconi ha fatto fare un bonifico da un suo conto estero al suo avvocato che l’ha girato al giudice” dici “è scemo, così rimangono le tracce”. E’ un ragionamento che può reggere, finché non arrivano le carte che dimostrano che quel bonifico c’è stato. Io posso anche dire “figuriamoci se quel tizio che è un mago dell’automobilismo è andato a sbattere contro un semaforo”, dopodiché se vedi la sua macchina spiaccicata contro il semaforo non puoi dire “figuriamoci” perché la stai vedendo!
In questo caso i giudici scrivono “figuriamoci se ha fatto un bonifico lasciando tracce” anche se Berlusconi ha fatto il bonifico lasciando tracce. Dicono, invece, che era più probabile che Berlusconi per pagare i giudici romani facesse pagamenti in contante. Uno dice “ma ha fatto il bonifico, come puoi dire che è più probabile che faccia pagamenti in contati visto che sei in presenza di un bonifico? Valuta quel bonifico! Hai le carte arrivate dalla Svizzera, Berlusconi ha pure cercato di farle cestinare con la legge sulle rogatorie che poi non gli è riuscita perché l’avevano scritta male...”.
Così scrivono i giudici, Berlusconi è talmente furbo che fa un versamento cash e non un bonifico. Come facciano a saperlo questi giudici, tra l’altro... speriamo che non lo sappiano per esperienza personale.
In ogni caso così scrivono, quindi Berlusconi è innocente a prescindere a questo punto: se non lascia tracce con un bonifico e paga cash è impossibile incastrarlo in quanto non ci sono tracce né prove. Se invece lascia tracce facendo un bonifico, il giudice si rifiuta di credere ai propri occhi e dice “figuriamoci se ha lasciato tracce, sicuramente lui paga solo cash”. Anche se se sei con un bonifico in mano non ne vuoi prendere atto.
Dopodiché si va avanti in questa sentenza e si esaminano altri due capi di imputazione, relativi alle accuse di Stefania Ariosto che dice di aver assistito due volte, una volta al Circolo Canottieri Lazio, una a casa di Previti, a versamenti fatti cash da Previti al giudice Squillante: Previti che prende i soldi e li metteva in mano a Squillante, una volta su un tavolino e una volta in una busta in garage.
L’Ariosto dice “sapevo, mi veniva detto, mi veniva confermato che quelli erano soldi di Berlusconi”. Anche per questo Berlusconi è stato processato, come Previti e Squillante: i giudici a questo proposito si superano, scrivendo il contrario di quello che hanno scritto a proposito del bonifico. Dicono che il racconto dell’Ariosto “desta ovvie perplessità sulla tesi deviante, rispetto all’esperienza, che persone accorte e professionalmente qualificate come Previti e Squillante si spartissero” mazzette “coram populo”.
Se Berlusconi lascia le tracce con un bonifico bancario, i giudici dicono “figuriamoci se fa un bonifico bancario, è chiaro che lui è uno che paga cash”. Se l’Ariosto vede Previti che paga cash il giudice in questione, allora i magistrati della Corte d’Appello di Milano dicono “figuriamoci se paga cash, uno così fa un bonifico, no?”.
Vedete che la corruzione con queste premesse esiste soltanto quando non viene scoperta: se la scopri da un bonifico non va bene perché è assolutamente impossibile, logicamente parlando; se la scopri perché c’è un testimone che ha visto un pagamento cash non gli credi dicendo “ma figurati, è una scena impossibile, chiaro che gente accorta così fa un bonifico!”.
E’ un po’ come ne “Il comma 22”, il famoso romanzo di Joseph Heller: il pilota militare può essere esonerato dai voli di guerra soltanto se è pazzo, ma chi chiede di essere esonerato dai voli di guerra è sano, perché è il pazzo che va a fare i voli di guerra, quindi è impossibile essere esonerati dai voli di guerra, soprattutto se si chiama Berlusconi.
Passate parola.”


4 commenti:

Anonimo ha detto...

Da Repubblica.it
(http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/politica/pdl-10/fini-quirinale/fini-quirinale.html)

Fini: "Berlusconi al Colle?
Ipotesi non remota"

Cercasi disperatamente istruzioni per cambiare passaporto: accettasi qualsiasi nazionalità.

Anonimo ha detto...

Dopo averlo sopportato ben 5 volte a capo del potere esecutivo, ci sarebbe da dire: FINALMENTE!!!
Con una fava, due piccioni!!!

Maria Teresa ha detto...

E ti pareva che la giudice Gandus non fosse una militante di sinistra ...

io che speravo che :( ha detto...

Leggere questo articolo ed affondare ancora di più nella consapevolezza della velleitarietà di qualunque iniziativa assunta per correggere la situazione è stato un tutt'uno.
Sono contento solo del fatto che finalmente qualcuno abbia cominiciato ad esaminare come si amministra giustizia, nel modo più corretto possibile: vale a dire leggendo e commentando le motivazioni. Lo stava facendo anche un altro magistrato si internet, sotto il Nick Tetinera, e per questo è sotto procedimento disciplinare al CSM.
Prima o poi si romperà il muro che non consente di esercitare alcun potere di controllo sulle mostruosità logiche che, troppo spesso, si trovano scritte nelle sentenze?
Qualcuno si renderà conto che il controllo di qualità non si fa solo sui numeri delle sentenze pubblicate, ma sul numero delle corbellerie partorite ?
Avverto sempre più la sindrome del salmone: non c'è causa che parta senza essere accompagnata dalla consapevolezza di potermi imbatterie in qualche corbelleria. Ogni avvocato potrebbe scrivere, da solo, un libro. Ed ogni giudice potrebbe fare altrettanto in relazione al contenuto degli atti degli avvocati.
Ma allora dove sta l'inghippo?
E' così difficle maneggiare elementi come il diritto e la logica?

IO speravo fino ad un paio di anni fa, ora non spero più :(