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di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)
Il sen. Clemente Mastella ha pubblicato sul suo blog il decreto di archiviazione che lo riguarda con riferimento all’indagine avviata nei suoi confronti dal collega De Magistris.
Insieme al decreto di archiviazione si trovano sullo stesso blog due articoli del Riformista e dell’Avvenire dal contenuto veramente surreale.
Il guaio è che le opinioni espresse con tanta sicumera in quegli articoli sono quelle condivise anche da altri.
Il che impone una riflessione su come sia possibile che nel nostro Paese le condizioni della libertà di stampa (Il rapporto di Freedomhouse per il 2007 ci colloca al 61° posto nel mondo per libertà di stampa; la Germania e gli Stati Uniti sono al 16° posto; l'Inghilterra al 31°; Taiwan al 33°; l'Ungheria al 39°; le Mauritius al 55° e il Sudafrica al 59°) e una gestione del potere quale quella che è sotto gli occhi di tutti portino a una totale indifferenza alla realtà delle cose, stravolgendo il senso di tutto e anche le evidenze fattuali.
Si impongono, dunque, alcune considerazioni sulla logica dell’archiviazione sulla base della quale dovremmo chiedere scusa al sen. Mastella.
Il decreto può essere letto a questo link (tratto, come ho detto, dal blog del sen. Mastella).
Non intendo discuterlo nel merito, perché non conosco gli atti del processo e, dunque, non ho elementi per dire se, nella sostanza, sia corretto o no, in relazione a quegli atti.
Tutti abbiamo, invece, elementi per comprendere quanto sia assurdo trarre da quel decreto elementi di giudizio contro De Magistris.
Perché la cosa sia comprensibile anche ai “non addetti ai lavori”, è necessario mettere in chiaro alcuni punti che, misteriosamente, sembrano sfuggire agli opinion leader nostrani.
1. L’iscrizione di qualcuno nel registro degli indagati è atto a sua garanzia e non contro di lui: l’iscrizione fa sorgere, infatti, in favore dell’iscritto il diritto alle garanzie proprie dell’indagato e fa iniziare a decorrere il termine massimo di durata delle indagini. Questo, peraltro, è quello che ha scritto il C.S.M. nella sentenza contro De Magistris, facendo poi errata applicazione del principio e condannando De Magistris per avere iscritto il sen. avv. Pittelli in un modo che asseritamente non assicurava la certezza della data di iscrizione (in sostanza, lì lo condannano perché asseritamente non iscrive, qui lo vorrebbero condannato perché iscrive).
2. L’iscrizione si fa all’inizio delle indagini, prima di cominciarle e per poterle cominciare. Dunque, non ha alcun senso pretendere che all’inizio delle indagini ci siano già le prove che servirebbero per una condanna.
3. Il pubblico ministero deve indagare ogni volta che sembra che ci sia un reato e nei confronti di tutti quelli che ne potrebbero essere autori. Per questo tantissime volte, alla fine delle indagini, chiede l’archiviazione. Perché spessissimo l’ipotesi di accusa si rivela infondata. Dunque, l’archiviazione non è sotto alcun profilo una sconfitta del pubblico ministero (tanto più, poi, se al pubblico ministero che ha fatto l'iscrizione il processo è stato tolto l'indomani, impedendogli di coltivare la sua ipotesi d'accusa) e pretendere che il pubblico ministero indaghi nei confronti di qualcuno solo quando ha le prove che lui sia colpevole è un “illogico assoluto”. Si indaga per verificare “se” e non “che” uno è colpevole.
4. Ha senso chiedere scusa a qualcuno quando si è fatto nei suoi confronti qualcosa che non si aveva il potere e il dovere di fare: chiedo scusa se ho arrestato una persona senza i gravi indizi di colpevolezza. Non avrebbe alcun senso chiedere scusa a qualcuno perché mi sono permesso di ipotizzare che egli potesse essere autore di un reato e, conseguentemente, l’ho iscritto nel registro degli indagati, perché se questo avesse un senso i pubblici ministeri dovrebbero passare la vita a chiedere scusa alle migliaia di persone che vengono iscritte nel registro degli indagati e poi “archiviate”. Il fatto che qualcuno pretenda delle scuse solo perché ci si è permessi di “sospettare di lui” (questo è ciò che dà luogo alla iscrizione di qualcuno nel registro degli indagati) dà la misura di quanto profonda sia la notte della ragione, della Repubblica e della democrazia in Italia oggi.
Tutto ciò posto, per capire l’illogicità dei ragionamenti di chi vuole delle scuse, faccio un esempio comprensibile a tutti.
Immaginiamo che una signora venga trovata assassinata in casa sua.
In questo caso il pubblico ministero si trova dinanzi alla cosiddetta “prova generica” di reato. C’è la prova (c.d. “generica”) che è stato commesso un omicidio, ma non si sa chi l’ha commesso.
Una cosa simile c’è in Calabria, dove è evidente che si è abusato e tanto del denaro pubblico, ma non si sa chi lo abbia fatto (e certo il fatto che non si sappia chi lo abbia fatto, posto che i fatti sono lì davanti a tutti, non depone bene per chi dovrebbe accertare queste cose).
A un certo punto (nella storiella noir della signora assassinata), una vicina di casa si reca in Procura e dice al P.M.: “Guardi che io il giorno del delitto ho visto il marito della signora uscire di corsa dalla casa dove è stata trovata la morta”.
A questo punto il mio giallo si biforca in due ipotesi (un po’ come nel film “Sliding doors”).
Nella prima ipotesi, il marito della morta è una persona qualunque, come per esempio Alberto Stasi.
In questo caso, il P.M., sentita la vicina di casa, pensa: “Caspita, ma allora l’assassino potrebbe (è solo una ipotesi) anche essere il marito”. E decide di indagare per verificare se questa ipotesi sia fondata o no.
Per potere indagare, iscrive il marito nel registro degli indagati e inizia una indagine che può durare poco, se il marito ha un alibi di ferro, o molto se non si trova l’assassino.
Dopo avere fatto tutte le indagini possibili, il P.M. tira le sue conclusioni e, se non è risultata provata la colpevolezza del marito, chiede l’archiviazione, mentre se quella è stata provata ne chiede il rinvio a giudizio. In nessuna delle due ipotesi chiede scusa a nessuno.
Seconda ipotesi.
Il marito della donna uccisa non è “una persona qualunque”, ma un Senatore della Repubblica.
Anche in questo caso il P.M.. pensa: “Caspita, ma allora l’assassino potrebbe (è solo una ipotesi) anche essere il marito”. E decide di indagare per verificare se questa ipotesi sia fondata o no.
Come nell’altra ipotesi, per potere indagare, iscrive il marito nel registro degli indagati e inizia una indagine che potrebbe durare poco, se il marito ha un alibi di ferro, o molto se non si trova l’assassino.
Ma in questo caso la storia ha un altro corso.
Interviene la Procura Generale e, in violazione delle leggi in materia (violazione che nessuno sanzionerà), dispone una avocazione definita da autorevole magistrato “impensabile” e toglie l’inchiesta al P.M..
Dopo di che chiede l’archiviazione della stessa, dicendo: “Ma uscire di corsa dalla casa del delitto non prova che il senatore sia l’assassino”.
Il G.I.P. dice: “Certo, è vero. Queste non sono prove di colpevolezza. Il senatore va archiviato. E non ci si doveva permettere neppure di sospettarlo”.
Aggiunge, fra l’altro: «Il tabulato relativo all’utenza in uso al sen. Mastella, acquisito senza l'autorizzazione della Camera di appartenenza, è inutilizzabile». E questa è cosa giuridicamente del tutto opinabile (a mio modesto parere sbagliata, ma si tratta di materia tecnicamente controversa e a sbagliare potrei essere io).
E ancora: «Nel merito, comunque, esso conferma soltanto la frequentazione telefonica tra Saladino ed il Senatore già per altre vie emersa, ma inespressiva “di condotte del Mastella ipotizzabili come reati”». Come dire, nel mio raccontino noir: “L’uscita di corsa del marito dalla casa del delitto conferma soltanto la frequentazione della casa propria da parte del marito della morta già per altre vie emersa (è il marito convivente!!), ma inespressiva di condotte del marito ipotizzabili come reato”.
Ma certo, si dovrebbe dire in entrambi i casi, quelle circostanze, infatti, secondo la legge e la logica delle cose e del procedimento penale dovevano servire a cominciarla una indagine (come avevano fatto De Magistris nella realtà e il P.M. nella prima versione della mia storiella) e non a chiuderla (come hanno fatto la Procura Generale e il G.I.P. nella seconda versione della mia storiella e nella realtà).
Poi, lo stesso G.I.P. forse si rende conto che, in altre occasioni simili, a un pubblico ministero che avesse chiesto l’archiviazione altri G.I.P. l’avrebbero negata, invitandolo a proseguire le indagini per verificare meglio la fondatezza o meno dell’ipotesi di accusa, e, per risolvere questa possibile contraddizione, aggiunge (testualmente dal decreto sul sen. Mastella): «L’analisi dei risultati investigativi acquisiti rende del tutto superfluo l’ulteriore prosieguo».
Ma nessuna motivazione di ciò adduce.
E ciò stupisce non poco, data la delicatezza e complessità del caso.
Ma la Procura Generale e il C.S.M. hanno dato prova negli ultimi mesi di punire l’eccesso di motivazione e non il difetto.
A questo punto, urla di indignazione di tutti: “Povero senatore perseguitato. Chiedetegli scusa. Come avete potuto fargli quello che gli avete fatto”.
Allora uno si chiede: “Ma che gli hanno fatto”?
E la risposta è: si sono permessi di sospettarlo e di decidere di verificare se ciò che appariva era.
Evidentemente in Italia oggi è vietato sospettare dei potenti. Anche quando ciò che si vede depone contro di loro.
La lezione che viene ai magistrati dal caso De Magistris è: non vi azzardate a farlo più, perché, se lo rifarete, verrete espropriati del fascicolo (che vi verrà tolto prelevandolo in vostra assenza dalla cassaforte del vostro ufficio), verrete condannati e trasferiti in altra città e in altra funzione, verrete diffamati in ogni dove e dovrete, infine, pure chiedere scusa.
Decisamente la notte della Repubblica, ma anche della democrazia e della ragione.
P.S. – Alcuni a questo punto diranno: “Eh, ma allora, se si va appresso al raccontino di Lima, il povero Mastella non potrà mai prevalere su De Magistris”. Si, è vero, perché il problema che ha un paese democratico non è fare guerre fra senatori e magistrati, consentendo a questo o quello di “prevalere”, ma consentire ai magistrati e prima ancora al popolo di verificare l’onestà anche dei governanti.
P.P.S. – Altri a questo punto diranno: “Eh, ma allora chiunque può venire iscritto nel registro degli indagati in qualunque momento sulla base di qualunque anche strampalata ipotesi di accusa”. Premesso che l'ipotesi di De Magistris era assolutamente ragionevole e non strampalata, si, è vero ed è proprio quello che prevede il codice di procedura penale, che pretende che il P.M. iscriva subito ogni sospettato e che sospetti di ogni possibile colpevole. D’altra parte essere iscritti non è cosa in sé dannosa sotto alcun profilo (e non si dica che lo è perché la stampa ci tesse sopra una tela, perché la magistratura che già sconta l’opportunismo servo della stampa non può scontarne anche l’avidità cinica, che la porta a “sbattere [quando le conviene] mostri in prima pagina”) e, soprattutto, succede ogni giorno a migliaia di persone qualsiasi, me compreso, senza che queste trovino cose tipo il Riformista o l'Avvenire ad alzare la voce rivendicando per loro scuse non dovute a nessuno.
P.P.P.S. – La cosa peculiare di questo decreto di archiviazione e dell’uso mediatico che ne è stato fatto è che in esso il G.I.P. non si limita a disporre l’archiviazione per infondatezza della notitia criminis, ma afferma, fra l’altro, addirittura (cosa davvero moltissimo insolita) che quella ritenuta tale dal P.M. non era neppure una notitia criminis, così che l’indagato non solo va “archiviato”, ma non andava iscritto (la cosa, se misurata con il metro attuale della Procura Generale della Cassazione, andrebbe qualificata come abnorme, non essendo previsto dalla legge alcun sindacato del G.I.P. sulla iscrizione, ma solo sulla richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio).
P.P.P.P.S. – Le dichiarazioni rese al P.M. De Magistris da Giuseppe Tursi Prato l’11 ottobre 2007 le ha pubblicate Panorama a questo indirizzo.
di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)
Il sen. Clemente Mastella ha pubblicato sul suo blog il decreto di archiviazione che lo riguarda con riferimento all’indagine avviata nei suoi confronti dal collega De Magistris.
Insieme al decreto di archiviazione si trovano sullo stesso blog due articoli del Riformista e dell’Avvenire dal contenuto veramente surreale.
Il guaio è che le opinioni espresse con tanta sicumera in quegli articoli sono quelle condivise anche da altri.
Il che impone una riflessione su come sia possibile che nel nostro Paese le condizioni della libertà di stampa (Il rapporto di Freedomhouse per il 2007 ci colloca al 61° posto nel mondo per libertà di stampa; la Germania e gli Stati Uniti sono al 16° posto; l'Inghilterra al 31°; Taiwan al 33°; l'Ungheria al 39°; le Mauritius al 55° e il Sudafrica al 59°) e una gestione del potere quale quella che è sotto gli occhi di tutti portino a una totale indifferenza alla realtà delle cose, stravolgendo il senso di tutto e anche le evidenze fattuali.
Si impongono, dunque, alcune considerazioni sulla logica dell’archiviazione sulla base della quale dovremmo chiedere scusa al sen. Mastella.
Il decreto può essere letto a questo link (tratto, come ho detto, dal blog del sen. Mastella).
Non intendo discuterlo nel merito, perché non conosco gli atti del processo e, dunque, non ho elementi per dire se, nella sostanza, sia corretto o no, in relazione a quegli atti.
Tutti abbiamo, invece, elementi per comprendere quanto sia assurdo trarre da quel decreto elementi di giudizio contro De Magistris.
Perché la cosa sia comprensibile anche ai “non addetti ai lavori”, è necessario mettere in chiaro alcuni punti che, misteriosamente, sembrano sfuggire agli opinion leader nostrani.
1. L’iscrizione di qualcuno nel registro degli indagati è atto a sua garanzia e non contro di lui: l’iscrizione fa sorgere, infatti, in favore dell’iscritto il diritto alle garanzie proprie dell’indagato e fa iniziare a decorrere il termine massimo di durata delle indagini. Questo, peraltro, è quello che ha scritto il C.S.M. nella sentenza contro De Magistris, facendo poi errata applicazione del principio e condannando De Magistris per avere iscritto il sen. avv. Pittelli in un modo che asseritamente non assicurava la certezza della data di iscrizione (in sostanza, lì lo condannano perché asseritamente non iscrive, qui lo vorrebbero condannato perché iscrive).
2. L’iscrizione si fa all’inizio delle indagini, prima di cominciarle e per poterle cominciare. Dunque, non ha alcun senso pretendere che all’inizio delle indagini ci siano già le prove che servirebbero per una condanna.
3. Il pubblico ministero deve indagare ogni volta che sembra che ci sia un reato e nei confronti di tutti quelli che ne potrebbero essere autori. Per questo tantissime volte, alla fine delle indagini, chiede l’archiviazione. Perché spessissimo l’ipotesi di accusa si rivela infondata. Dunque, l’archiviazione non è sotto alcun profilo una sconfitta del pubblico ministero (tanto più, poi, se al pubblico ministero che ha fatto l'iscrizione il processo è stato tolto l'indomani, impedendogli di coltivare la sua ipotesi d'accusa) e pretendere che il pubblico ministero indaghi nei confronti di qualcuno solo quando ha le prove che lui sia colpevole è un “illogico assoluto”. Si indaga per verificare “se” e non “che” uno è colpevole.
4. Ha senso chiedere scusa a qualcuno quando si è fatto nei suoi confronti qualcosa che non si aveva il potere e il dovere di fare: chiedo scusa se ho arrestato una persona senza i gravi indizi di colpevolezza. Non avrebbe alcun senso chiedere scusa a qualcuno perché mi sono permesso di ipotizzare che egli potesse essere autore di un reato e, conseguentemente, l’ho iscritto nel registro degli indagati, perché se questo avesse un senso i pubblici ministeri dovrebbero passare la vita a chiedere scusa alle migliaia di persone che vengono iscritte nel registro degli indagati e poi “archiviate”. Il fatto che qualcuno pretenda delle scuse solo perché ci si è permessi di “sospettare di lui” (questo è ciò che dà luogo alla iscrizione di qualcuno nel registro degli indagati) dà la misura di quanto profonda sia la notte della ragione, della Repubblica e della democrazia in Italia oggi.
Tutto ciò posto, per capire l’illogicità dei ragionamenti di chi vuole delle scuse, faccio un esempio comprensibile a tutti.
Immaginiamo che una signora venga trovata assassinata in casa sua.
In questo caso il pubblico ministero si trova dinanzi alla cosiddetta “prova generica” di reato. C’è la prova (c.d. “generica”) che è stato commesso un omicidio, ma non si sa chi l’ha commesso.
Una cosa simile c’è in Calabria, dove è evidente che si è abusato e tanto del denaro pubblico, ma non si sa chi lo abbia fatto (e certo il fatto che non si sappia chi lo abbia fatto, posto che i fatti sono lì davanti a tutti, non depone bene per chi dovrebbe accertare queste cose).
A un certo punto (nella storiella noir della signora assassinata), una vicina di casa si reca in Procura e dice al P.M.: “Guardi che io il giorno del delitto ho visto il marito della signora uscire di corsa dalla casa dove è stata trovata la morta”.
A questo punto il mio giallo si biforca in due ipotesi (un po’ come nel film “Sliding doors”).
Nella prima ipotesi, il marito della morta è una persona qualunque, come per esempio Alberto Stasi.
In questo caso, il P.M., sentita la vicina di casa, pensa: “Caspita, ma allora l’assassino potrebbe (è solo una ipotesi) anche essere il marito”. E decide di indagare per verificare se questa ipotesi sia fondata o no.
Per potere indagare, iscrive il marito nel registro degli indagati e inizia una indagine che può durare poco, se il marito ha un alibi di ferro, o molto se non si trova l’assassino.
Dopo avere fatto tutte le indagini possibili, il P.M. tira le sue conclusioni e, se non è risultata provata la colpevolezza del marito, chiede l’archiviazione, mentre se quella è stata provata ne chiede il rinvio a giudizio. In nessuna delle due ipotesi chiede scusa a nessuno.
Seconda ipotesi.
Il marito della donna uccisa non è “una persona qualunque”, ma un Senatore della Repubblica.
Anche in questo caso il P.M.. pensa: “Caspita, ma allora l’assassino potrebbe (è solo una ipotesi) anche essere il marito”. E decide di indagare per verificare se questa ipotesi sia fondata o no.
Come nell’altra ipotesi, per potere indagare, iscrive il marito nel registro degli indagati e inizia una indagine che potrebbe durare poco, se il marito ha un alibi di ferro, o molto se non si trova l’assassino.
Ma in questo caso la storia ha un altro corso.
Interviene la Procura Generale e, in violazione delle leggi in materia (violazione che nessuno sanzionerà), dispone una avocazione definita da autorevole magistrato “impensabile” e toglie l’inchiesta al P.M..
Dopo di che chiede l’archiviazione della stessa, dicendo: “Ma uscire di corsa dalla casa del delitto non prova che il senatore sia l’assassino”.
Il G.I.P. dice: “Certo, è vero. Queste non sono prove di colpevolezza. Il senatore va archiviato. E non ci si doveva permettere neppure di sospettarlo”.
Aggiunge, fra l’altro: «Il tabulato relativo all’utenza in uso al sen. Mastella, acquisito senza l'autorizzazione della Camera di appartenenza, è inutilizzabile». E questa è cosa giuridicamente del tutto opinabile (a mio modesto parere sbagliata, ma si tratta di materia tecnicamente controversa e a sbagliare potrei essere io).
E ancora: «Nel merito, comunque, esso conferma soltanto la frequentazione telefonica tra Saladino ed il Senatore già per altre vie emersa, ma inespressiva “di condotte del Mastella ipotizzabili come reati”». Come dire, nel mio raccontino noir: “L’uscita di corsa del marito dalla casa del delitto conferma soltanto la frequentazione della casa propria da parte del marito della morta già per altre vie emersa (è il marito convivente!!), ma inespressiva di condotte del marito ipotizzabili come reato”.
Ma certo, si dovrebbe dire in entrambi i casi, quelle circostanze, infatti, secondo la legge e la logica delle cose e del procedimento penale dovevano servire a cominciarla una indagine (come avevano fatto De Magistris nella realtà e il P.M. nella prima versione della mia storiella) e non a chiuderla (come hanno fatto la Procura Generale e il G.I.P. nella seconda versione della mia storiella e nella realtà).
Poi, lo stesso G.I.P. forse si rende conto che, in altre occasioni simili, a un pubblico ministero che avesse chiesto l’archiviazione altri G.I.P. l’avrebbero negata, invitandolo a proseguire le indagini per verificare meglio la fondatezza o meno dell’ipotesi di accusa, e, per risolvere questa possibile contraddizione, aggiunge (testualmente dal decreto sul sen. Mastella): «L’analisi dei risultati investigativi acquisiti rende del tutto superfluo l’ulteriore prosieguo».
Ma nessuna motivazione di ciò adduce.
E ciò stupisce non poco, data la delicatezza e complessità del caso.
Ma la Procura Generale e il C.S.M. hanno dato prova negli ultimi mesi di punire l’eccesso di motivazione e non il difetto.
A questo punto, urla di indignazione di tutti: “Povero senatore perseguitato. Chiedetegli scusa. Come avete potuto fargli quello che gli avete fatto”.
Allora uno si chiede: “Ma che gli hanno fatto”?
E la risposta è: si sono permessi di sospettarlo e di decidere di verificare se ciò che appariva era.
Evidentemente in Italia oggi è vietato sospettare dei potenti. Anche quando ciò che si vede depone contro di loro.
La lezione che viene ai magistrati dal caso De Magistris è: non vi azzardate a farlo più, perché, se lo rifarete, verrete espropriati del fascicolo (che vi verrà tolto prelevandolo in vostra assenza dalla cassaforte del vostro ufficio), verrete condannati e trasferiti in altra città e in altra funzione, verrete diffamati in ogni dove e dovrete, infine, pure chiedere scusa.
Decisamente la notte della Repubblica, ma anche della democrazia e della ragione.
P.S. – Alcuni a questo punto diranno: “Eh, ma allora, se si va appresso al raccontino di Lima, il povero Mastella non potrà mai prevalere su De Magistris”. Si, è vero, perché il problema che ha un paese democratico non è fare guerre fra senatori e magistrati, consentendo a questo o quello di “prevalere”, ma consentire ai magistrati e prima ancora al popolo di verificare l’onestà anche dei governanti.
P.P.S. – Altri a questo punto diranno: “Eh, ma allora chiunque può venire iscritto nel registro degli indagati in qualunque momento sulla base di qualunque anche strampalata ipotesi di accusa”. Premesso che l'ipotesi di De Magistris era assolutamente ragionevole e non strampalata, si, è vero ed è proprio quello che prevede il codice di procedura penale, che pretende che il P.M. iscriva subito ogni sospettato e che sospetti di ogni possibile colpevole. D’altra parte essere iscritti non è cosa in sé dannosa sotto alcun profilo (e non si dica che lo è perché la stampa ci tesse sopra una tela, perché la magistratura che già sconta l’opportunismo servo della stampa non può scontarne anche l’avidità cinica, che la porta a “sbattere [quando le conviene] mostri in prima pagina”) e, soprattutto, succede ogni giorno a migliaia di persone qualsiasi, me compreso, senza che queste trovino cose tipo il Riformista o l'Avvenire ad alzare la voce rivendicando per loro scuse non dovute a nessuno.
P.P.P.S. – La cosa peculiare di questo decreto di archiviazione e dell’uso mediatico che ne è stato fatto è che in esso il G.I.P. non si limita a disporre l’archiviazione per infondatezza della notitia criminis, ma afferma, fra l’altro, addirittura (cosa davvero moltissimo insolita) che quella ritenuta tale dal P.M. non era neppure una notitia criminis, così che l’indagato non solo va “archiviato”, ma non andava iscritto (la cosa, se misurata con il metro attuale della Procura Generale della Cassazione, andrebbe qualificata come abnorme, non essendo previsto dalla legge alcun sindacato del G.I.P. sulla iscrizione, ma solo sulla richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio).
P.P.P.P.S. – Le dichiarazioni rese al P.M. De Magistris da Giuseppe Tursi Prato l’11 ottobre 2007 le ha pubblicate Panorama a questo indirizzo.
36 commenti:
a poche ore dalle prossime elezioni non riesco a dire molto.
Credo che la divulgazione massima di ciò che è riportato in questo post sarebbe auspicabile, poichè sempre più spesso una cattiva informazione (come il permettere a Berlusconi ieri sera a matrix di mentire in modo assai spudorato)genera una falsa opinione.
Leggere su questo sito, con attenzione ciò che è avvenuto a De Magistris come alla Forleo fa torcere le budella. Sappiamo poco di tutto. La conoscenza è l'unico modo ormai che abbiamo per difenderci, visto che gli attacchi vengono sferrati da più parti. Sempre più spesso si avverte nell'opinione pubblica (che poi sono elettori) la sensazione che si sia generata una paradossale entità da combattere se si vuole ristabilire la democrazia: la magistratura. Certo mi verrebbe da dire che solo quest'ultima invece può salvarci, ma rabbrividisco all'idea che solo questa sia rimasta come appiglio per la salvezza del paese.
Esistono i cittadini. Questa voglia sempre più forte di partecipare alla democrazia e di cercare la verità sui fatti, o almeno un'altra opinione, è un passo importante. Soprattutto finchè qualcuno continuerà a ricercare, mettere in giusta relazione e divulgare gli avvenimenti.
Nulla da dire, se non che questo Mastella è un bigamo giudiziario sfortunato, gli ammazzano tutte le mogli: anche oggi il Corriere della Sera lo ha visto uscire di casa dove all'interno un'altra moglie è stata uccisa. Ovviamente a nessuno è consentito di ipotizzare che possa essere lui l'assassino, altrimenti, poi dovrà vedersela con il Pm che sopraggiungerà a quello naturale e con il Gip di turno.
bartolo iamonte
Il ragionamento del dott. Lima, complessivamente, non fa una grinza (a parte qualche cosa opinabile).
io, però, mi chiedo: se l'iscrizione era fatta a garanzia di Mastella ecc. ecc., perchè se ne sono chieste le dimissioni da Ministro? non vorrei sbagliare, ma c'era chi chiedeva le chiedeva per il solo fatto di esser iscritto nel registro degli indagati e non anche perchè avesse chiesto il trasferimento di De Magistris.
A mio parere se a fronte dell'iscrizione qualche travagliano avesse mantenuto la calma,anzichè caricare le armi e sparare cartucce dopo 30 secondi, non credo che sarebbe accaduto quello che poi accadde.
emanuele scimone ha detto...
a poche ore dalle prossime elezioni non riesco a dire molto.
Credo che la divulgazione massima di ciò che è riportato in questo post sarebbe auspicabile,....
Il Sig. Scimone mi ha tolto le parole di bocca (si fa per dire)!
Altre volte leggendo i post di questo blog ho avuto l'impeto di divulgarli in qualche modo. Tutte le analisi e le riflessioni che si fanno qui sono ossigeno per la democrazia e non devono restare un mero esercizio scolastico o sfogo isolato!
Grazie e, per favore, continuate!
Il caso del De Magistris e Forleo, sono stati i più eclatanti perché i più visibili. Come giustamnte sottolinea il lettore emanuele scimone, "finché qualcuno continuerà a ricercare, mettere in giusta relazione e divulgare gli avvenimenti".Ma siamo sicuri che questi siano gli unici (due)casi? Di tutti quei casi in cui,giudici "scomodi" sono stati trasferiti per togliere loro delle indagini altrettanto scottanti, cosa ne sappiamo?Lodo nei magistrati De Magistris e Forleo,il coraggio che contraddistingue coloro che, credendo nel proprio lavoro, lo ri-conoscono, impedendo che esso possa essere ridotto da un'autorità gerarchica,o da qualunque altro potere e Casta.
Forse questo coraggio dovrebbe essere ri-preso da tutti quei magistrati che, pur non accettando le decisioni del Csm,se ne sono stati zitti per paura che una volta spenti i riflettori mediatici e i clamori,sarebbe rimasti più soli. E più feriti. La Storia è l'incontro dei vivi. Vivo è colui/lei che osa e non si sottomette.E rendere testimonianza è già opera di giustizia.
un saluto
L.Gambino
Per Anonimo delle 20.22.
Gentile Lettore,
grazie per la Sua attenzione e per le Sue osservazioni.
Mi permetta, però, di dissentire da Lei per varie ragioni.
1 - La prima è quella che, perchè ci possa essere democrazia, devono potere interagire liberamente fra loro protagonisti diversi della vita pubblica, senza che gli uni rispondano delle attività degli altri.
Dunque, il magistrato che fa l'iscrizione nel registro non può rispondere dell'uso che dell'iscrizione fanno i giornalisti, né delle conseguenze che i politici traggono dall'una cosa o dall'altra.
2 - La seconda considerazione è che le dimissioni di Mastella non sono state chieste affatto per la sua iscrizione.
Quando passa un po' di tempo dai fatti, la gente ne perde la cronologia.
Oggi fa comodo dire addirittura che "è colpa di De Magistris" se il Governo è caduto, ma la cosa ovviamente è più che falsa.
Alcuni - non il magistrato inquirente, ma cittadini e giornalisti - chiesero le dimissioni di Mastella non perchè era stato iscritto, ma, perchè sapendo di essere oggetto di indagini e controinteressato alle indagini, manteneva da anni suoi ispettori a "presidiare" la Procura che si avvicinava a lui, con un uso del potere ispettivo palesemente difforme dalla ratio delle norme che lo prevedono (ho spiegato questa cosa in altro articolo) e, infine, ha chiesto il trasferimento del P.M. che lo indagava con un atto - il suo e non quello del P.M. - compiuto in palese conflitto di interessi. E ciò senza dire che i motivi della richiesta cautelare di trasferimento erano infondati e tali sono stati dichiarati anche dal C.S.M., che pure ha adottato nei confronti di De Magistris provvedimento non solo non favorevoli, ma addirittura palesemente ostili.
E questi sono solo i profili "tecnici" di quelle richieste di dimissioni, perchè le richieste di dimissioni di Mastella sono state motivate con infinite ragioni politiche, delle quali non mi occupo, perchè estranee all'oggetto del mio scritto che stiamo commentando.
3 - La terza ragione è che tutti sembrano dimenticare che, per un verso, non la iscrizione a Catanzaro, ma l'arresto della moglie a Santa Maria Capua Vetere è stata l'occasione delle dimissioni di Mastella e, soprattutto, per altro verso e decisivamente, che non solo Mastella non è stato né costretto né indotto a dimettersi per le vicende giudiziarie che lo riguardano, ma addirittura tutto il mondo politico e il Governo e il Presidente del Consiglio in particolare gli hanno dato piena e incondizionata solidarietà e lo hanno letteralmente pregato di non dimettersi.
Mastella si è dimesso per sua libera scelta e per suo calcolo politico.
Mastella ha deciso di approfittare dell'occasione che gli si offriva per mettere in atto una strategia politica che infine, purtroppo per lui, gli si è ritorta conto.
Ma sono su tutti i giornali in questi giorni i racconti dei protagonisti del mercato di promesse - con tanto di seggi assicurati o no a lui e/o ai parenti più stretti - in cui si è articolata la sua iniziativa "politica".
Che oggi Mastella, da protagonista di una iniziativa politica che non intendo discutere, ma che è stata ed è sotto gli occhi di tutti, venga fatto passare per una vittima è davvero una prova di tale malafede per chi fa questo consapevolmente o di tale stupidità per chi lo fa senza rendersene conto da non essere in alcun modo giustificabile.
Un caro saluto.
Felice Lima
Le richieste di archiviazione esigono un impegno ad andare oltre la fase di pura "affabulazione" avvenuta intorno alla vicenda De Magistris: esplorare il "contesto" che "blocca" le inchieste "scomode".
Zeit SPIEL
L’articolo di Felice Lima è, come di consueto, puntuale e suscita numerosi e sempre nuovi interrogativi sul “caso Mastella” (speculare al “caso De Magistris).
Mi ha peraltro interessato il confronto con l’anonimo (suppongo sia delle 17…), il quale sostiene che troppa baraonda si è fatta sull’iscrizione di garanzia del Ministro di giustizia, anche se omette di citare la baraonda fatta dal Ministro piuttosto che dal Presidente del Consiglio, entrambi comunque iscritti nel registro degli indagati. Penso che da parte di un Ministro della Giustizia un contegno più sereno sia dovuto di fronte ad un’indagine particolarmente delicata, che si inquadra nell’ambito del contrasto alla diffusività degli atteggiamenti criminali che precludono qualsivoglia via di crescita civile in un territorio avvitato su se stesso, a causa anche, e per una parte rilevante, della mancanza di regole e legalità. L’atteggiamento che ci si aspetta da un Ministro di fronte a questo contesto non è quello attuato nel nostro caso.
Io non voglio qui dover indicare chi deve chiedere scusa (cosa che avverto come infantile), ma posso indicare in modo molto chiaro “a chi” va chiesto scusa: ai Calabresi che hanno conseguito il danno maggiore, essendo stata un’indagine importante, condotta dall’organo giudiziario, per conto del popolo italiano, privata di quelle condizioni di serenità necessaria ad un efficace accertamento dei fatti e dei reati. Tale responsabilità, che io definirei politica, è in capo al Ministro della Giustizia.
Non mi sembra che sotto questa luce la condotta del Ministro di Giustizia abbia favorito l’accertamento dei fatti e la promozione della legalità in una Calabria che di poca già ne dispone.
Tutto ciò non può che portare alla delegittimazione politica dell’uomo che riveste “pro tempore” l’ufficio di Ministro della Giustizia. Tale delegittimazione costituisce di fatto la dimissione dalla funzione istituzionale a cui il Ministro è preposto.
Sostengo tutto ciò per tirare una conclusione politica, considerato che la puntualità dell’intervento di Lima in risposta ad anonimo conclude definitivamente sul valore di garanzia dell’iscrizione nel registro degli indagati e quindi sulla pretestuosità dell’invettiva sul chiedere scusa, come se l’ex Ministro volesse con tali scuse riconosciuta pubblicamente la propria “ragione”. Ragione non più sul fatto che non doveva essere indagato (scuse che per altro ha chiaramente spiegato Lima prive di senso ); ma “ragione politica”, nell’intento di recuperare quella legittimità politica ormai persa (ma a tutti è dato di emendarsi, forse).
Spesso, il fragore delle notizie di iscrizione nel registro degli indagati di personaggi politici di rilievo non è dovuto al fatto in sé stesso, (in quanto parte di una logica processuale che dovrebbe risultare ormai chiara), ma in quanto l’indagine impatta su un sistema politico del tutto discreditato, privo della legittimazione necessaria ad essere avvertito come legale e operante per il bene comune; piuttosto avvertito come corrotto ed irrecuperabile. Il caso “De Magistris” non è un problema di cattiva disciplina di un magistrato, bensì di perdita di legittimazione del sistema politico.
Sono l'anonimo delle 20,22.
Carissimo Dottor Lima,
Lei dice:
"1 - La prima è quella che, perchè ci possa essere democrazia, devono potere interagire liberamente fra loro protagonisti diversi della vita pubblica, senza che gli uni rispondano delle attività degli altri.
Dunque, il magistrato che fa l'iscrizione nel registro non può rispondere dell'uso che dell'iscrizione fanno i giornalisti, né delle conseguenze che i politici traggono dall'una cosa o dall'altra."
Cosa giustissima; tuttavia, senza derogare al principio della obbligatorietà dell'azione penale; dell'uguaglianza di tutti i cittadini ecc. ecc., ma un PM non crede che debba porsi il problema SEMPRE, di fronte a qualunque cittadino, quali potrebbero essere le conseguenze derivanti da un'iscrizione nel registro degli indagati di un cittadino magari fatta, affrettatamente? non invoco nè ragioni di stato nè altro; non condivido alcuna opinione di Mastella nè il suo modo di fare; credo, però, che alla fine, dopo il giudizio espresso dal GUP di Catanzaro, il PM poteva pensarci qualche attimo in più, prima di iscriverlo nel registro degli indagati. Proprio per la ragione che lei esponeva, e cioè del fatto che giornalisti, politici, e cittadini possono trarre dalla iscrizione le conseguenze che ritengono utili ai loro fini, non sempre sinceri.
Non ricordo bene, ma c’era qualcuno che diceva che non solo la condanna è pena, ma anche il processo…
Buona Domenica.
Per Anonimo delle 20.22 e delle 9.17.
Gentile Lettore,
Lei scrive, fra l'altro:
"credo, però, che alla fine, dopo il giudizio espresso dal GUP di Catanzaro, il PM poteva pensarci qualche attimo in più, prima di iscriverlo nel registro degli indagati".
Io ho cercato di spiegare che l'iscrizione è obbligatoria se vuoi indagare nei confronti di quella persona.
Dunque, la Sua affermazione si traduce in: "credo, però, che alla fine, dopo il giudizio espresso dal GUP di Catanzaro, il PM poteva pensarci qualche attimo in più, prima di indagare nei confronti di Mastella".
Il che mette in evidenza il problema che avevo cercato di illustrare. Che, cioè, la questione è: i potenti possono essere indagati come i non potenti?
Questo è il problema italiano.
L'art. 3 della Costituzione sembrerebbe voler trattati tutti i cittadini in maniera uguale, ma evidentemente è una delle norme che andrà modificata in uno dei tanti prossimi restyling della Costituzione promessi dai "candidati premier".
Quanto al fatto che nel caso di specie si dovesse indagare, senza entrare nel merito del processo, che non conosco, stando alle notizie di stampa, risulta che il sig. Saladino gestiva milioni di euro di denaro pubblico e vantava di avere come referente sicuro il sen. Mastella.
Risulta pacifico e incontroverso (lo dice anche il G.I.P.) che il sen. Mastella e Saladino si frequentassero.
Verificare il grado di coinvolgimento del sen. Mastella negli affari del sig. Saladino a me pare fosse "doveroso". Quindi, come dice Lei, bisognava pensarci bene, ma poi bisognava farlo.
Lo sviluppo diacronico dell'indagine De Magistris dimostra che De Magistris ci ha pensato su più di un pochino prima di farlo.
Lei scrive anche:
"Non ricordo bene, ma c’era qualcuno che diceva che non solo la condanna è pena, ma anche il processo …"
Verissimo.
Ma qui deve considerare due cose:
1 - La prima è che, se è vero che anche il processo è una pena per i processati, è anche vero che i reati sono una pena per i non processati. Pensi che pene che sta patendo la Calabria.
Ora è ovvio che, se uno si concentra di più sulle pene dei "poveri senatori", deciderà che bisogna chiudere le Procure. Se invece si concentra di più sul degrado, la miseria e l'arretratezza di due milioni di calabresi, si indignerà per il fatto che nel distretto di Reggio Calabria ci sono state, in DICIANNOVE anni, TRE sole condanne per corruzione e concussione.
La cosa migliore è trovare un punto di equilibrio fra le garanzie dell'indagato e i diritti dei cittadini danneggiati dai reati.
Questo punto di equilibrio si chiama "codice di procedura penale".
E' un punto di equilibrio che non piace ai potenti, che, infatti, da anni non fanno altro che modificarlo in loro favore e, negli ultimi anni, pretendere una applicazione differenziata del pur già modificato e differenziato codice. Questa applicazione "differenziata", me ne dia atto, è quella che ispira nella sostanza il Suo commento.
2 - La seconda considerazione è che il "caso Mastella", come ho spiegato in altro articolo, costituisce uno sviluppo ulteriore e ancora più innovativo della cosa.
Lei scrive che "anche il processo è pena". Per noi tecnici il "processo" inizia con il rinvio a giudizio.
Prima del rinvio a giudizio NON C'E' "processo". Ci sono "indagini preliminari".
Dunque, la Sua frase che ho riportato non è pertinente al caso di specie.
Per esserlo, Lei dovrebbe dire che "anche le indagini sono pena".
Dunque, adesso, anche solo il "sospetto" (che è il motore delle indagini) sarebbe pena (che è quello che ho cercato di spiegare nell'articolo che stiamo commentando).
E c'è un G.I.P. che vuole sindacare non più - come la legge prevede - l'eventuale richiesta di rinvio a giudizio, ma addirittura l'avvio delle indagini.
In definitiva: i potenti non possono essere più neppure sospettati né indagati. Perchè questo è doloroso per loro.
Lei, gentile Lettore, comprende certamente cosa significa che in un paese i potenti non si possano neppure sospettare o anche che per sospettarli si debba avere il permesso del Ministro della Giustizia.
E comprende bene quanto dolore tutto questo provochi nei "non potenti" e quante norme della Costituzione violi e mortifichi.
E quanto sia assurdo che tutto questo alla fine appaia "normale" anche a una brava persona come Lei (che Lei sia una brava persona lo deduco dal modo cortese e disinteressato dei Suoi interventi).
Grazie di cuore per la Sua pazienza, attenzione e cortesia e per i Suoi interventi che mi hanno consentito di chiarire alcuni aspetti importanti di questa storia.
Storia che, ovviamente, non mi interessa per le persone concrete coinvolte - non è sotto alcun profilo una "guerra" pro o contro Tizio o Caio - ma per gli importanti principi di diritto, democrazia e civiltà che sono in gioco.
Un caro saluto.
Felice Lima
Suvvìa: non si può ignorare che a partire da Mani Pulite l'informazione di garanzia ha assunto un significato politico, e che c’è gente che per la semplice iscrizione a ReGe si è vista stroncare la carriera.
Chiunque sia indagato, del resto, si vede sbattuto in prima pagina, le sue telefonate divulgate ai quattro venti, additato come colpevole. E questo è il precipitato di un processo che non è più inquisitorio e non è ancora accusatorio, di un ordinamento giudiziario che dà ai PM la stessa dignità dei giudici, tanto è vero che nel linguaggio comune ci si rivolge a un sostituto chiamandolo “giudice” appunto. La conseguenza è che gli atti del PM vengono vissuti e percepiti come giudizi anticipati.
Definire tutto ciò come “garanzia” è francamente ironico.
La verità è che il sistema giudiziario non garantisce più nessuno, ed aspettarsi che i magistrati ne escano indenni, nascondendosi dietro al dito della procedura, significa non vivere nel mondo reale.
Perché il mondo reale non si cura di quello che sta scritto nei codici, ma di quello che appare. Ed è inutile anche prendersela con la stampa: perché tanti magistrati si sono dati volentieri in pasto alla stampa, quando faceva loro comodo, salvo dolersi quando hanno scoperto che era arma a doppio taglio.
Nel mondo reale, Mastella è politicamente finito. Io penso che sia anche un bene, ma nel paese normale in cui vorremmo tutti vivere, chi entra in parlamento e chi no lo dovrebbero decidere i cittadini. E la sovraesposizione mediatica della magistratura, la sovrana incoscienza che porta un magistrato ad inquisire Dell’Utri il giorno prima delle elezioni (non si poteva proprio aspettare?), alla fine si sono rivelati dei boomerang.
Quando piove, caro dott. Lima, piove per tutti. Non vi lamentate.
Dott. Lima, La ringrazio di vero cuore per quello che scrive. Le Sue parole sono sempre delle strigiliate.
Però debbo dirLe per esperienza che il Suo "secondo Legge e Logica" è il percorso meno battuto in ogni Tribunale. Ormai non vi faccio più affidamento e spingo a non farne più affidamento.
Grazie. Vermente Grazie.
Appena apro lo Studio la prima cosa che faccio è aprire questo blog.
Per Jean Baptiste Clamence.
Gentile Jean Baptiste,
mi scusi se non rispondo a tutte le questioni che Lei pone, ma gli argomenti che dovrei usare sono già tutti espressi o impliciti in ciò che ho già scritto. Sicchè ripetendoli tedierei solamente tutti.
Mi permetta solo di mettere in evidenza due evidenti pregiudizi che emergono dalle Sue parole.
Lei scrive:
"la sovrana incoscienza che porta un magistrato ad inquisire Dell’Utri il giorno prima delle elezioni (non si poteva proprio aspettare?)".
Lei dice di vivere nel "mondo reale". Dunque, Le chiedo: Lei si è accorto che ciò per cui Dell'Utri è inquisito sono brogli elettorali di QUESTE elezioni?
Se se ne è accorto, mi spiega il senso del Suo attendere che passino le elezioni che, in ipotesi, si stanno inquinando?
Lei parla di "sovrana incoscienza" di svolgere indagini su dei brogli in corso.
Se usassi il Suo lessico, Le potrei far notare la "sovrana incoscienza" di una persona come Lei che vuole che si lascino ipotetici inquinatori di elezioni tranquilli a inquinarle, salvo poi svolgere indagini nei prossimi anni.
Magari a Lei che vive ad Amsterdam non gliene importa niente che le nostre elezioni si svolgano in modo legale. A molti di noi, invece, questa cosa interessa.
E ancora: sempre dal mondo reale di cui Lei parla e a proposito di "colpe" dei magistrati, Lei ha letto in uno dei ventimila giornali che l'hanno pubblicato l'elogio pubblico e solenne fatto da Dell'Utri in campagna elettorale di un mafioso condannato anche per omicidio?
A proposito dei rapporti Dell'Utri-Mangano, un lettore mi ha segnalato un video che trova a questo link.
Il secondo Suo pregiudizio emerge dalla Sua affermazione:
"Quando piove, caro dott. Lima, piove per tutti. Non vi lamentate".
Gentile Jean Baptiste, Lei non troverà alcuna mia parola di "lamentela" nel mio interesse o in quello della mia categoria professionale.
Tutto ciò che scrivo qui e l'esistenza stessa di questo blog è disfunzionale al mio interesse personale ed è ispirato a preoccupazioni che ho come cittadino e padre di due figli e non come impiegato dello Stato/magistrato.
A riprove definitiva, ove Lei potesse davvero avere dubbi e il Suo non fosse solo un espediente retorico, mi permetto di citarLe un mio intervento che potrà leggere a questo link.
I magistrati non difendono sempre e solo se stessi. A volte anche ciò che la Costituzione affida alle loro cure.
Difendere i magistrati non è sotto alcun profilo un dovere civico. Difendere i valori costituzionali invece si.
Un caro saluto.
Felice Lima
Giudice Lima, le segnalo che la sua interpretazione della legge sul momento in cui si deve procedere all'iscrizione nel registro dgli indagati è errata, a mio parere.
Ciò sulla base di diversa e condivisibile interpretazione data da altri magistrati (ricordo Cordova e Borrelli) in occasione di chiarimenti forniti alla polizia giudiziaria sulla questione.
Secondo tale interpretazione,
è corretta l'iscrizione solo dopo che la polizia giudiziaria ha svolto una prima indagine, volta quantomeno alla corretta individuazione delle persone coinvolte.
Le disposizioni impartite alla p.g. lasciavano intendere che, nello stesso tempo, era necessario circostanziare sommariamente i fatti, riferendo il tutto nella prima c.n.r. o informativa.
Ciò per permettere l'esatta rubricazione dei reati ed il riscontro delle generalità delle persone da iscrivere (si pensi anche all'individuazione di residenza, domicilio o dimora presso cui fare le notifiche).
All'esito di questa prima indagine, si procede all'iscrizione e l'ufficio del p.m. impartisce tutte le direttive che vuole.
(Si, proprio lui)
Sarebbe bello che le differenti opinioni venissero rispettate senza per questo agitare il sospetto che chi ne è portatore abbia inconfessabili interessi.
Quanto al mio lessico, leggiamo il suo: “Lei si è accorto che ciò per cui Dell'Utri è inquisito sono brogli elettorali di QUESTE elezioni? Se se ne è accorto, mi spiega il senso del Suo attendere che passino le elezioni che, in ipotesi, si stanno inquinando?”
Ecco, un’ipotesi diventa certezza, la certezza richiede che si provveda con urgenza, il provvedimento avvalora l’ipotesi, e dunque la sua emissione crea nell’opinione pubblica la convinzione che il fatto sia reale, le prove ci siano, e grazie a dio sul nostro paese vegliano i magistrati. L’emergenza continua si crea così. Poi un domani il soufflé investigativo si sgonfia, ma intanto è stata sparsa altra merda.
Non ho mai scritto che è sbagliato fare indagini su ipotetici brogli. Ma che – a meno che le indagini non si concludano subito prima delle elezioni – è del tutto inopportuno non aspettare almeno un giorno (non anni) a spedire un’informazione di garanzia. Lei sa benissimo che si poteva aspettare, dunque la scelta di non farlo non è affatto neutra. Nel mondo reale ha un significato politico, piaccia o no. Può darsi che ci siano stati brogli, ma intanto chi ha interferito nel procedimento elettorale è il magistrato. So benissimo chi è Dell’Utri, e cosa ha dichiarato. Lui non mi piace. Ma credo che le garanzie ci debbano essere per tutti.
Ma non si accorge egregio giudice cha a furia di seminare sospetti senza prove, è la stessa affidabilità della giustizia che ne esce malconcia? Una giustizia seria crea certezze, non semina dubbi.
Cosa dice del padre di Ciccio e Tore, messo in prigione perché non si trovavano i suoi figli, e quando sono stati trovati trattenuto ugualmente in carcere perché forse poteva essere colpevole di un altro reato? Tutti hanno capito che bisognava fargli pagare a tutti i costi errori madornali nelle indagini e nel giudizio.
Non si faccia illusioni, in questa giustizia e in chi la amministra, un mucchio di gente, senza per questo essere connivente con i delinquenti ed i corrotti, ha perso fiducia.
PS. Lei dovrebbe leggere più letteratura francese.
Gentile dottor Lima,
da calabrese che vive e lavora in Calabria non credo che sia compito dei magistrati porsi il problema delle pene dei poveri calabresi.
Altrimenti affidiamo alla magistratura tutti e tre i poteri e non se ne parla più.
credo che anche per lei questa sia l'ultima cosa che desideri...
Con affetto e buona domenica
(sono sempre quell'anonimo...)
Le argomentazioni del dott. Lima sono a mio modesto parere impeccabili...se non faccio una gaffe chiederei al dott. Lima di andare da bruno vespa e sostituire gli ameni discorsi senza senso che si fanno in quello studio con un ragionamento al limite della perfezione che Lei ha fatto sul caso De Magistris...La razionalità delle Sue parole annienterebbe la vacuità delle argomentazioni che mediamente i politici adducono a molte cacchiate che fanno...Ciao a tutti
Per Jean Baptiste Clamence.
Lei scrive:
"Sarebbe bello che le differenti opinioni venissero rispettate senza per questo agitare il sospetto che chi ne è portatore abbia inconfessabili interessi".
Le rispondo:
Primo - Non ho agitato alcun sospetto su suoi "inconfessabili interessi".
Secondo - Non condivido l'idea che tutte le opinioni meritino rispetto. E' figlia di un equivoco culturale, figlio a sua volta della pochezza intellettuale di questi tempi. Tutte le persone in quanto tali meritano rispetto. Le idee il rispetto se lo devono meritare con gli argomenti. Se una persona si alza in un'assemblea è dice che secondo lui gli asini volano, lui va rispettato. La sua idea va qualificata per ciò che è: una sciocchezza. Io Le prometto di leggere più letteratura francese, Lei mi prometta che prenderà in mano qualche libro di buona filosofia.
Terzo - Lei chiede rispetto non solo per sé ma anche per le Sue opinioni, ma si presenta qui qualificando come "sovrana incoscienza" la scelta professionale di un mio collega. Io rispetto la Sua scelta di dare giudizi trancianti. Lei comprenda che con la stessa moneta che Lei offre verrà pagato. Se ritornerà qui con interventi dal taglio più "moderato" (termine che odio, perchè rovinato dai nostri politicanti), riceverà risposte più "dolci".
E' ingenuo pretendere di entrare da duro e trovare un terzino che la lascia passare.
Forse - mi permetto di ipotizzare da uomo molto meno colto di Lei - Lei ha deciso di incarnare la seconda parte della vita del Jean Baptiste Clamence di Camus, quella di Amsterdam, ma è ancora incastrato nella prima parte, quella parigina.
Lei scrive anche:
"Ecco, un’ipotesi diventa certezza".
Gentile Jean Baptiste, quando avrà acquisito dimestichezza con la logica (nel mentre io sarò a studiare letteratura francese), potrà rileggere i Suoi due commenti e constatare che sono tanto gravidi di certezze da essere solo certezze.
Ancora una volta Lei pretende dagli altri ciò che non offre.
Lei scrive:
"Non si faccia illusioni, in questa giustizia e in chi la amministra, un mucchio di gente, senza per questo essere connivente con i delinquenti ed i corrotti, ha perso fiducia".
Ho già cercato di spiegarglielo, ma Lei, sicuramente per essere fedele al Suo personaggio (parlo del Jean Baptiste Clamence di Camus, non di Lei), non ascolta per nulla i Suoi interlocutori. Ho già cercato di spiegarLe, dicevo, che io sono pienamente d'accordo son la sua affermazione che ho testé riportato (che la gente ha perso fiducia nella giustizia) e penso anche, mi pare di capire come Lei, che gran parte di ciò è dovuto a colpe dei magistrati.
Non pretendo che Lei legga troppi scritti di questo blog (essendo impegnatissimo già con letteratura francese e filosofia), ma se anche leggesse soltanto la Presentazione del blog, capirebbe che la Sua invettiva è del tutto fuor di luogo qui e nei miei confronti.
Quanto alla triste storia di Ciccio e Tore, trovo che sia un pessimo metodo - sotto il profilo dell'uso dell'argomentazione logica (ma confido nei Suoi studi futuri) - mettere insieme cose diverse.
Qui si discuteva di una vicenda, non di tutte. Perchè ogni vicenda ha le sue caratteristiche e non è possibile discuterle tutte in maniera adeguata.
A meno di essere il Jean Baptiste Clamence di Camus (appunto).
La prego accoratamente di credere che non desideravo in alcun modo essere polemico e che sarei davvero contentissimo che il nostro dialogo potesse continuare, perchè credo che Lei potrebbe apportarvi preziosi contributi.
Applico, però, in questo tipo di conversazioni una regola che consiste nel non consentire agli altri di imporre oltre alle loro idee anche le loro regole di comunicazione.
Discutiamo le prime e negoziamo le seconde. Altrimenti nonfunziona.
Un caro saluto.
Felice Lima
P.S. - Grazie per il suggerimento letterario.
Per Jean Baptiste Clamence (Amsterdam) e per l'anonimo delle 14.58:
Bene, sono perfettamente d'accordo con il Sig Jean e con l'anonimo. Il primo interviene, con riferimento all'indagine su Dell'Utri, richiamando la mancata applicazione di norme di opportunità visto il delicato momento delle elezioni in corso; ed è da capire, considerato che Dell'Utri, è un "colto" bibliofilo come egli un esperto di letteratura francese; il secondo a favore dei calabresi turbati dall'operato di de Magistris.
Che dire? Nulla!!! Jean, è troppo impegnato nello studio della letteratura francese e adesso della filosofia, l'anonimo preso dal suo lavoro, non hanno tempo di studiare i migliaia di casi di persone, in Calabria, indagate per ipotesi di reato che se solo si equiparassero a quelle degli indagati di de Magistris o all'ipotesi a carico di Dell'Utri si farebbero almeno una ragione.
bartolo iamonte
Jean Baptiste Clamence ha scritto:
"Non ho mai scritto che è sbagliato fare indagini su ipotetici brogli. Ma che – a meno che le indagini non si concludano subito prima delle elezioni – è del tutto inopportuno non aspettare almeno un giorno (non anni) a spedire un’informazione di garanzia. Lei sa benissimo che si poteva aspettare, dunque la scelta di non farlo non è affatto neutra. Nel mondo reale ha un significato politico, piaccia o no".
Mi piacerebbe sapere da Jean Baptiste Clamence dove ha tratto la notizia che sarebbe stata spedita un'informazione di garanzia.
Si può?
giuliano castiglia
Per Anonimo delle 12.24.
Gentile Anonimo,
mi piacerebbe accettare la Sua censura e non contraddirLa, ma, purtroppo, finché Lei non supporterà il Suo assunto con qualche argomento tecnico, mi troverò costretto a dirLe che, sul punto qui in discussione, purtroppo è Lei e non io a sbagliare. E con evidenza.
Gli argomenti che Lei adduce a sostegno della Sua tesi sono, purtroppo, tecnicamente inappropriati e complessivamente approssimativi.
Infatti:
1. Lei scrive:
"Secondo tale interpretazione, è corretta l'iscrizione solo dopo che la polizia giudiziaria ha svolto una prima indagine, volta quantomeno alla corretta individuazione delle persone coinvolte".
Ma è ovvio che, se De Magistris ha iscritto il sen. Mastella, ciò è segno CERTO che lo aveva già compiutamente identificato. La cosa peraltro non gli deve essere stata particolarmente difficile e non deve avere richiesto grandi indagini, essendo le complete generalità del sen. Mastella note a tutti.
2. L'indagine nel corso della quale è stato iscritto il sen. Mastella non era agli inizi, ma procedeva da tempo. Quando ho parlato di "inizio delle indagini", mi riferivo a "inizio nei confronti del sen. Mastella", ma "Why not" procedeva da tempo.
Consideri che già erano stati acquisiti, per esempio, i tabulati di cui alla relazione Genchi, dai quali emergevano le tracce delle telefonate del sen. Mastella.
Quanto poi alla Sua ricostruzione della dinamica delle indagini e dei rapporti fra p.m. e polizia giudiziaria, della quale mi sembra di capire Lei fa parte, essa è approssimativa e va bene con riferimento solo a certe tipologie di indagini.
A volte, infatti, il reato da accertare ha uno schema molto semplice e l’attività svolta dalla polizia giudiziaria prima dell’intervento del P.M. è il suo principale motore.
Ma altre volte – è, per esempio, il caso del quale stiamo discutendo – l’ipotesi di reato – con riferimento alla fattispecie o al possibile autore – sorge nel P.M. quando egli è già alla guida dell’indagine e, addirittura, sulla base di elementi dei quali la polizia giudiziaria non ha alcuna contezza.
Pensi, con riferimento al caso di specie, a dichiarazioni rese da una persona informata (nella specie Giuseppe Tursi Prati, per esempio, ma non solo) proprio al P.M. e non alla P.G..
In questo caso il P.M. ha già tutti gli elementi per compiere le sue valutazioni e non deve attendere un rapporto della polizia giudiziaria che sul punto non ci sarà, perché non avrebbe senso.
E ciò senza dire che il codice di procedura penale dispone che le indagini sono condotte dal P.M.. Sicchè P.M. zelanti e operosi tendono ad assumere immediatamente la direzione delle indagini e non ad attendere passivamente l’iniziativa della polizia giudiziaria.
In molti casi il rapporto di polizia non c’è proprio per nulla, ma, se del caso, ci sono solo relazioni su singole attività che vengono delegate alla P.G..
C’è stato sempre dibattito su come debbano essere i rapporti fra P.M. e P.G., ma ciò che Le ho appena scritto a me pare non sia mai stato tecnicamente in discussione.
Un caro saluto.
Felice Lima
Con tutta la buona volontà possibile, non riesco a non vivere come volere superficiale, le affermazioni del signor jean baptiste e dell’anonimo delle 14,58
Nella prassi quotidiana, ho sperimentato come la lingua sia importante per capire il grado di sedimentazione culturale e dei conseguenti stereotipi e pre-giudizi. Non è un caso che il linguaggio e i suoi valori riflettono l’organizzazione (sociale, politica, di genere).
Così per le parole “neutro” e “politico.”
Come giustamente sottolinea il dottor Lima se si conoscesse un pò di filosofia( filosofia del diritto ancora meglio)si saprebbe che niente e nessuno rientra nelle categorie “neutro o “neutrale”. Meno che mai il diritto.
Non potrebbe. Così come non esistono individui neutri (ma persone reali) non esiste un diritto neutro. Se una persona reale( e in più “politico”) sceglie un certo momento non “neutrale”(elezioni politiche) per mandare dei messaggi sublimali alla mafia , perché un magistrato (rappresentante del terzo potere costituzionale) deve aspettare un momento “neutrale” per cercare di impedire un reato applicando la legge (che non è neutra)? La storia, insegna che le maggiori ingiustizie, si sono perpetrate proprio in nome di questo universalismo neutro.
A meno (e mi pare che questa sia la logica, sottolineata giustamente, dal dottor Lima) di riconoscere una certa gerarchia (del potere politico avverso il potere giudiziario). Per una persona che legge letteratura francese, ripassarsi Montesquieu, non sarebbe male.
Inoltre, ho notato che la parola “politico”,”politica”, viene spesso usata in un’accezione negativa. “”Uso politico” che vuol dire?
Personalmente e qui, ho avuto qualche volta modo di ribadirlo,credo che la politica sia la gestione positiva delle cose. Così nella sfera privata che in quella collettiva.Allora,applicare la legge a garanzia dei/delle cittadini/ne, è sicuramente una gestione positiva(politica) della res-pubblica.
Un saluto
Lia Gambino
Egregio Dott. Felice Lima, a furia di arrampicarsi sugli specchi, come a mio avviso fa Lei difendendo a tutti i costi l'iscrizione dell'On Mastella, si scivola.
A questo proposito, non crede che il GIP di Catanzaro quando ha "bacchettato" De Maigistris si sia posto, come lei ha fatto, il problema "giuridico" dell'iscrizione ? O anche lui (il GIP) è un colluso ?
Per Jean Baptiste Clamence
Lei dice “è del tutto inopportuno non aspettare almeno un giorno (non anni) a spedire un’informazione di garanzia.”
Beh, prima cosa, non risulta da nessun organo di stampa che sia stato spedito un avviso di garanzia a Dell’Utri. Anzi, mi risulta che la Dda di Reggio Calabria abbia voluto tenere il massimo riserbo sull’identità dell’uomo politico coinvolto. A un certo punto il nome è venuto fuori, ma bisognerebbe capire per quale via.
A questo proposito invio due link interessanti:
http://www.strill.it/index.php?option=com_content&task=view&id=13756&Itemid=70
http://www.strill.it/index.php?option=com_content&task=view&id=13710&Itemid=70
Secondo: il fatto che si scopra, il giorno prima delle elezioni, un sistema di contraffazione delle schede bianche, un broglio da attuare sul voto degli italiani all’estero, è di una tale gravità, che, non solo merita di essere affrontato con urgenza PRIMA delle elezioni, e di essere bloccato, ma si deve altresì verificare che questi brogli non si verifichino da altre parti. Il fatto che, di fronte a una tale notizia, si reagisca discutendo di giustizia ad orologeria, e di “opportunità”, è di estrema gravità. Venire a sapere che, nel 2008, nel nostro paese, si cerchino di fare brogli elettorali di una tale portata, e peraltro la cui posta in gioco è il 41 bis, dovrebbe fare rabbrividire e indignare tutti.
Per chi ha detto:
“Credo che non sia compito dei magistrati porsi il problema delle pene dei poveri calabresi.”
In un paese normale i magistrati non dovrebbero avere un ruolo così importante. Se noi cittadini avessimo un maggiore senso della legalità e se il sistema politico non fosse marcio fino al midollo, se ci fossero più controlli a monte, se la corruzione fosse un fenomeno limitato, nello spazio e nel tempo, se non ci fosse una tale pervasività delle organizzazioni criminali nel paese, se gli organi di controllo a tutti i livelli funzionassero, forse i magistrati avrebbero molto meno da fare e non avrebbero un ruolo così importante.
Per quanto riguarda gli articoli riportati sul blog di Mastella, colpisce molto il fatto che si parli di errore giudiziario. Penso che ci voglia poco a capire che l’errore giudiziario non c’entra niente in questa storia, ma il fatto che un giornalista porti avanti un argomento del genere, svela la mistificazione della realtà che moltissimi giornali e giornalisti producono quotidianamente.
Per Anonimo delle 19.49.
Gentile Anonimo,
diversamente da ciò che Lei scrive, io non mi sto arrampicando: cammino sereno in pianura. :-)
Lei scrive:
"A questo proposito, non crede che il GIP di Catanzaro quando ha "bacchettato" De Maigistris si sia posto, come lei ha fatto, il problema "giuridico" dell'iscrizione? O anche lui (il GIP) è un colluso?"
Evidentemente non ha letto con attenzione il mio articolo che stiamo commentando.
Premsso che io non ho dato del "colluso" a nessuno, ma ho solo proposto delle riflessioni tecniche su quel decreto di archiviazione, nell'ultima parte del mio articolo (il penultimo capoverso, che inizia con "P.P.P.S.") ho scritto che il decreto di archiviazione di cui stiamo discutendo ha la sua parte tecnicamente più discutibile proprio laddove il G.I.P. ritiene, per motivi del tutto incomprensibili ed estranei al compito demandatogli dal suo ufficio, di sindacare l'iscrizione.
Ho già spiegato lì che la legge assoggetta al sindacato del G.I.P./G.U.P. solo la richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio e solo quello il G.I.P./G.U.P. deve e può sindacare.
L'iscrizione - per tutte le ragioni che ho già lungamente esposto - è atto rimesso interamente al potere e al dovere del P.M. e NON E' SOGGETTO AD ALCUN SINDACATO da parte del G.I.P./G.U.P..
Dunque, ribadendo che io non ho dato del "colluso" a nessuno e men che meno al G.I.P. di Catanzaro, resta il fatto che quella collega, affermando che l'iscrizione non si sarebbe dovuta fare, ha:
1. detto una cosa tecnicamente errata (per le ragioni che ho già esposto);
2. fatto arbitrariamente una cosa che la legge non le dà il potere di fare (sindacare l'iscrizione).
Non so se, come dice Lei, sono "scivolato". Se è successo, non me ne sono accorto.
Approfitto di questa risposta per ringraziare davvero di cuore tutti coloro che stanno dando vita a questo dibattito, che considero molto interessante, e soprattutto coloro che, esponendo tesi diverse dalla mia, arricchiscono la discussione di opinioni molteplici: cosa decisamente preziosa.
Approfitto dell'occasione anche per scusarmi della petulanza con la quale replico a tutti gli interventi.
Vi prego di credere che non è per prepotenza, ma perchè questa discussione è l'occasione per promuovere un modo di affrontare queste questioni che, purtroppo, non è per niente diffuso.
A mio modesto parere perchè ci sia democrazia ci deve essere critica.
La "critica", però, non è ciò che vedo praticato quasi sempre di questi tempi, che è più propriamente l'"invettiva" o l'"insulto".
Ciò che serve alla democrazia non è l'insulto gratuito. L'affermazione tranciante sparata lì come uno slogan. Ma il giudizio argomentato.
Dunque, ciò che propongo a tutti di fare è di studiare le cose, di sforzarsi di capirle, di farsi domande, di farle ad altri quando loro non sanno darsi le risposte.
Non si tratta di "vincere" o "perdere" una discussione, ma di chiarire a sé stessi e agli altri cosa ci sta capitando.
Dunque, non è questione di "arrampicarsi sugli specchi", ma di analizzare freddamente i fatti.
Solo così cresceremo. Insieme. Dialogando.
Grazie ancora davvero a tutti.
Felice Lima
Quando la dott.ssa Forleo si espresse pesantemente riguardo ai politici non iscritti dal P.M. nel registro degli indagati molti giuristi - tra cui se non ricordo male il Prof. Carlo Federico Grosso - parlarono di provvedimento abnorme. Non pratico molto la procedura penale, ma la tesi mi sembrò allora piuttosto sensata alla luce di una rapida ricerca della giurisprudenza di legittimità: la logica del sistema accusatorio prevede fisiologicamente che una fase del procedimento penale è di esclusiva "competenza" dell'organo di accusa e non consente al Giudicante di esprimere valutazioni di merito. Direi - e in ciò concordo pienamente con quanto osservato dal Giudice Lima -che in questo caso il Gip andrebbe criticato proprio per lo stesso motivo: ma - avendo prosciolto il politico sotto accusa - immagino che nessun Parlamentare avrà da dire alcunché su questo identico sconfinamento di campo.
Saluti a tutti,
Pierfrancesco La Spina
Carissimo Felice,
e' proprio analizzando freddamente i fatti che mi sovviene che un altro GIP e' sulla graticola ( anche mediatica) da mesi perche' qualcuno ha sostenuto che si sarebbe sostituito al PM nel valutare quando e come iscrivere e per che cosa qualcuno dei potenti.
Eppure in quel caso era proprio necessario, non potendo il PM inoltrare alcuna prescritta richiesta di autorizzazione alla iscrizione.
Insomma, per molto, molto meno, un altro GIP e' stato accusato di abnomita' ed invasione di campo, e qualcuno si e' mosso d'ufficio con solerzia per punirlo.
Mi sembra un fatto, sconcertante ma e' un fatto (fermo restando che chiunque ha il diritto di citare e diffondere i passi dei provvedimenti giudiziari che gli piacciono e criticare quelli che non lo sono, ma talvolta, in ossequio alla costituzione, chi lo fa dovrebbe osservare maggiore prudenza e terzieta'...).
Ah, quando davvero saremo pronti a pensare che la legge e' uguale per tutti, anche per i potenti (che proprio perche' tali dovrebbero anche dare il buon esempio....)?
Giudice Lima, vediamo di riassumere i fatti.
Il giorno 11 ottobre 2007 Tursi Prato viene sentito da de Magistris e dice, tra l'altro: (riferendosi a Saladino) Lui esterna molto l’amicizia con l’onorevole MASTELLA ... (e parlando del sistema politico calabrese) MASTELLA è amico mio, ci sentiamo sempre…, …quelli dell’UDEUR in Calabria fanno quello che dico io, se ci sono problemi chiamo MASTELLA.
Sulla base di questa dichiarazione il giorno 14 ottobre 2007 de Magistris dispone l'iscrizione di Mastella nel registro degli indagati.
Il 31 ottobre 2007, Tursi Prato innanzi al p.m. di Roma precisa: Non sono a conoscenza di fatti illeciti specifici che coinvolgano l'On. MASTELLA. Posso confermare come già detto nel verbale dell'11 ottobre c.a., che Antonio SALADINO e l'On. MASTELLA sono amici da molti anni e che questo fatto rafforza la posizione, solo ed esclusivamente sul piano politico, di SALADINO rispetto ai componenti locali.
Nei mesi seguenti vengono sentite alcune persone informate dei fatti che confermano l'esistenza di rapporti confidenziali tra Mastella e Saladino, e null'altro.
Tali rapporti confidenziali vengono confermati dalle intercettazioni telefoniche comunque fatte su un'utenza di Saladino.
Anche da queste intercettazioni telefoniche non emerge altro.
Il 4 marzo 2008 la Procura Generale di Catanzaro chiede l'archiviazione del procedimento per infondatezza della notizia di reato.
Si discute, quindi, se de Magistris abbia adempiuto al suo dovere d'ufficio iscrivendo nel registro degli indagati Mastella il 14 ottobre 2007.
Da quanto descritto appare del tutto evidente che de Magistris non ha operato correttamente.
Il de Magistris ha proceduto unicamente sulla base delle dichiarazioni ricevute da Tursi Prato tre giorni prima.
I tre giorni si suppone siano serviti per il deposito della trascrizione del verbale pubblicato da Panorama e da voi linkato.
Sulla base delle sole dichiarazioni di Tursi Prato risulta l'evidente indeterminatezza dell'ipotesi di reato.
Tanto evidente da risultarmi strano che si possa sostenere il contrario.
Il de Magistris, infatti, avrebbe dovuto incaricare la polizia giudiziaria di svolgere indagini conseguenti e all'esito, in presenza di fatti configurabili ipotesi di reato, procedere con l'iscrizione.
Per di più, neanche questo si sarebbe potuto verificare, dato che l'attività di p.g. successiva ha soltanto accertato il rapporto di conoscenza tra Mastella e Saladino.
La Procura Generale e il Gip, pertanto, hanno agito correttamente.
In proposito si è del parere che il Gip abbia correttamente motivato il provvedimento di archiviazione, il cui contenuto si intende richiamato e condiviso.
Nel provvedimento del Gip si richiamano una consulenza Genchi e un tabulato di un'utenza di Mastella.
Delle consulenza Genchi nulla è noto a me, mentre del tabulato il Gip dice che esso conferma soltanto la frequentazione telefonica tra Saladino e Mastella.
La presenza del numero dell'utenza di Mastella sul tabulato dell'utenza di Saladino (si presume precedente all'11 ottobre 2007 e considerata nella consulenza Genchi) è certamente motivo insufficiente per iscrivere il Mastella nel registro degli indagati.
Lei dice che de Magistris, prima di iscriverlo, ha certamente identificato con compiutezza il Mastella, dato che le generalità di questi erano note a tutti.
Le generalità, quindi, sarebbero state prese o da internet o da un precedente atto del fascicolo Why not.
Prendere le generalità da internet (sito del Parlamento?) mi pare del tutto illegittimo (serve sempre la p.g.), ma sconosco se questa sia la prassi, mentre nei documenti mai mi pare citato un atto precedente all'11 ottobre 2007 che riguardi Mastella e che abbia comportato la sua identificazione.
Lei dice che l'indagine Why not procedeva già da tempo al 14 ottobre 2007.
Di certo gli atti d'indagine precedenti non riguardavano Mastella.
Tralascio di replicare alle sue considerazioni sui rapporti tra p.m. e p.g. in quanto non riguardanti il caso de Magistris.
Le segnalo soltanto che le sue considerazioni sono a parere dello scrivente una interpretazione accademica (molto accademica) e non applicata del c.p.p.- contraddetta proprio dal caso de Magistris, che lei potrà approfondire da se mettendo da parte la presunta inappropriatezza e approssimazione di qualche interlocutore.
(Si, proprio lui)
E' tutto il giorno che vado pensando a questa storia della iscrizione di Mastella da parte del pm De Magistris e al conseguente decreto di archiviazione del gip di Catanzaro. Devo dire che non sono riuscito a formarmi una convinzione netta, neanche alla luce del dibattito che si è sin qui svolto. Che cosa deve intendersi per "notizia di reato"? Ovviamente dei rapporti confidenziali e delle telefonate possono ingenerare il sospetto della partecipazione in un reato, ma questo sospetto può assurgere a dignità di "notizia" quale è codificata nel nostro codice di procedura penale?
E' anche vero che l'iscrizione non è un atto che, di per sé, pregiudica l'indagato.Inoltre il gip non può valutare la fondatezza dell'iscrizione fino a quando non è investito in qualche modo, del procedimento. Per di più, (correggetemi se sbaglio) all'indagato non è dato alcun potere autonomo di chiedere l'archiviazione della propria posizione: dunque l'iscrizione è un atto esclusivo del pm per la quale gode, per forza di cose, di una grandissima discrezionalità.
Io la vedo così: il pm in una certa fase delle indagini si è convinto di dover indagare in una determinata direzione che coinvolge una persona identificata, la cui posizione, per il momento è molto nebulosa e non integra, a parere mio, una notizia di reato vera e propria. Che fare? Se iscrivo posso svolgere indagini ma corro il rischio di essere trasferito d'ufficio... e di essere rimproverato da un gip che con un tono un po' paternalistico mi fa notare che ho fatto il monello. Se non iscrivo non posso svolgere indagini e siccome il quadro, nella mia mente, è molto chiaro, devo prendere atto che su certi tipi di reati, commessi in certi tipi di ambienti, dove l'accordo spesso è tacito (si fa così... tutti fanno così... non c'è bisogno di parlarne espressamente...) non si possono compiere indagini, con buona pace di tutti coloro che credono nella giustizia.
E' un bel dilemma. Non so prendere una posizione netta. Tuttavia ci troviamo di fronte a un fiume di denaro scomparso misteriosamente: qualcuno deve avere tanto rubato e, di certo, non sono i poveracci... Difficilmente coloro che hanno gestito ed i loro referenti politici non ne sanno niente. Ma quando si parla di politici, si sa, spesso ci si nasconde dietro una maschera di ipocrisia e di vigliaccheria.
Per passare alla letteratura, voglio dire che di Camus ho letto "La peste" e "Lo Straniero" (che però ho trovato molto lontano dal mio modo di sentire e vedere le cose: sono grezzo o "zavurdo", come si dice dalle mie parti :-).
"La Caduta" mi era sfuggito :-)
Dal romanzo "La peste" vorrei riportare qui il brano finale: "Ascoltando, infatti, i gridi di allegria che salivano dalla città, Rieux ricordava che quell'allegria era sempre minacciata: lui sapeva quello che ignorava la folla, e che non si può leggere nei libri, ossia che il bacillo della peste non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice" (Traduzione di Beniamino Dal Fabbro)
Per Anonimo delle 21.57.
Gentile Anonimo,
la Sua ricostruzione dei fatti continua, purtroppo, a essere errata e approssimativa.
Io, ovviamente, non intendo privarLa delle Sue certezze e, dunque, non contesto i Suoi giudizi.
Sottolineo solo un paio di cose.
1. Lei scrive:
"Le segnalo soltanto che le sue considerazioni sono a parere dello scrivente una interpretazione accademica (molto accademica) e non applicata del c.p.p."
Devo, purtroppo, smentirLa di nuovo.
Non so chi Lei sia né dove operi (l'uso di espressioni proprie del linguaggio burocratico della polizia giudiaziaria - "lo scrivente", per esempio, oppure "Il De Magistris" - e il riferimento a direttive per la P.G. dei colleghi Borrelli e Cordova mi fanno ipotizzare che Lei sia un operatore di polizia).
Appare evidente, però, che tende a considerare universali le Sue esperienze.
Ma i magistrati italiani non sono tutti come quelli con i quali forse ha lavorato Lei.
Ho scritto molte pubblicazioni di carattere scientifico e ho anche insegnato il codice di procedura penale alla scuola superiore di polizia e, dunque, è vero che la mia preparazione è anche accademica; ma sono anche in magistratura da 22 anni e ho fatto il giudice del dibattimento penale, il giudice istruttore penale vecchio rito, il pubblico ministero, il giudice civile.
Le assicuro che ciò che ho scritto non è solo accademico, ma anche pratico e praticato, ovviamente, da tantissimi in tantissimi uffici.
Affronto ancora questo tema perchè c'è nella Sua impostazione del discorso un vizio prospettico (probabilmente conseguente al Suo ruolo professionale) relativo al ruolo della polizia giudiziaria e ai suoi (della P.G.) rapporti con il P.M..
Lei scrive, infatti:
"Il de Magistris, infatti, avrebbe dovuto incaricare la polizia giudiziaria di svolgere indagini conseguenti e all'esito, in presenza di fatti configurabili ipotesi di reato, procedere con l'iscrizione".
Le ho già spiegato che MAI il P.M. "DEVE" incaricare la polizia giudiziaria di nulla. Sempre PUO' e solo PUO' (se, quando e come vuole). Il P.M. può compiere da sé e senza l'ausilio della P.G. tutti gli atti che ritenga di non delegare.
Per farLe un banalissimo esempio con riferimento al caso di specie, se il P.M. voleva conoscere le generalità del sen. Mastella e non le conosceva poteva mandare una richiesta a Sua firma al Ministero della Giustizia o al Senato della Repubblica o al Comune di Ceppaloni chiedendo quelle generalità, senza usare la P.G. (ma bastava anche una telefonata - il c.d. "fonogramma" - o un fax).
Lei scrive anche:
"Sulla base delle sole dichiarazioni di Tursi Prato risulta l'evidente indeterminatezza dell'ipotesi di reato. Tanto evidente da risultarmi strano che si possa sostenere il contrario".
Ovviamente, non Le viene neppure in mente che l'iscrizione possa essere stata fatta NON SOLO sulla base delle dichiarazioni di Tursi Prato. Deve sapere che, sotto il profilo logico, il fatto che l'iscrizione venga fatta "dopo" quelle dichiarazioni non significa affatto "solo sulla base" di esse. Ma anche di tutti gli altri atti compiuti e/o acquisiti in precedenza.
Quanto all'indeterminatezza dell'ipotesi di reato, Lei dimostra ancora, purtroppo, di non sapere per nulla quale sia il meccanismo tecnico dell'iscrizione.
Concludo, facendomi carico di chiarire le ragioni per i quali ho espresso dei giudizi non sul Suo conto, ma sulla qualità tecnica delle Sue affermazioni.
Lei se ne duole (sotto un certo profilo) giustamente, perchè è sempre sgradevole criticare (come ho fatto io) chi ti presta la Sua cortese attenzione (come ha fatto Lei e gliene sono sicneramente grato).
Il problema, però, è quello che ho già esposto rispondendo ad altro lettore.
Vede, gentile Anonimo, Lei si dispiace che io Le attribuisca scarsa competenza tecnica e trova questo poco elegante, ma non si accorge di avere espresso giudizi decisi sulla asserita scorrettezza del mio collega De Magistris.
Scrive da ultimo:
"Da quanto descritto appare del tutto evidente che de Magistris non ha operato correttamente".
Purtroppo, rispetto ai Suoi giudizi così sicuri, non ho avuto altro modo di smentirLa che mettere in evidenza la loro palese infondatezza.
Insomma, ho solo replicato.
Mi scusi davvero, ma se non Le avessi risposto altri lettori avrebbero potuto pensare che i Suoi argomenti avevano un qualche pregio tecnico. E dunque, consequenzialmente, io ero davvero l'"accademico" che Lei dice, De Magistris lo scorretto che Lei dice e il mio articolo uno scritto privo di fondamento.
Un caro saluto.
Felice Lima
Premesso che non sopporto, letteralmente, Camus e il suo stile ( non è detto che a un nome esotico o a critiche "impegnate" corrisponda un effettivo valore ... ), devo dire che di tutta questa discussione avrei capito ben poco, se mi fossi posto nei panni della persona digiuna, o quasi, di diritto.
Forse sarebbe stato più opportuno, per la comprensione di tutti, che si fosse rimasti a considerazioni più generali e più facilmente comprensibili.
Ad ogni modo, comunque la si pensi, va detto che il Dottor Lima è letteralmente "sprecato" nel ruolo che attualmente riveste.
Intendo dal punto di vista della prosa, della logica e, ancor più, della capacità argomentativa.
Dottor Lima, ha mai pensato di cambiare i cordoni della sua toga ... magari inserendovi un poco di nero ?
Avrà ben compreso che non mi riferisco alla politica !
Cordiali saluti.
Prendo a prestito il titolo di Ada Mollica:
Parole giuste e parole ingiuste.
Nella patria delle "parole" vorrei dire soltanto che sono le azioni e i fatti a dare un senso alle parole e il suo giusto significato.
E le azioni che qui si discutono è che troppo spesso politici "si attivano" con interessi che confliggono con l'andamento della "democrazia" e dell'"interesse generale" e se non ci pensa la "legittima" politica ben vengano i Magistrati con la loro funzione di controllo della LEGALITA'.
Che Dell'Utri venga fuori(o peggio l'azione intercettazione telefonica) il giorno prima delle elezioni è soltanto una conferma alla necessità che in ITALIA venga combattuta principalmente la CORRUZIONE e questo è un FATTO.
Alessandra
Giudice Lima, ho ricostruito i fatti desumendoli dai documenti linkati nel suo articolo.
Lei dice che la ricostruzione è errata e approssimativa.
Però salta di dare una motivazione all'affermazione.
La ricostruzione, invece, la ritengo fedele e integrale, seppur sintentica.
I fatti di cui doveva rispondere Mastella, secondo de Magistris, erano quelli che io ho ricostruito, e non ve ne sono altri.
Solo sulla base di questi si deve discutere, al riguardo dell'archiviazione della posizione di Mastella.
Quali sono tutti gli altri atti compiuti e/o acquisiti in precedenza a cui lei si riferisce?
Nessuna iscrizione poteva essere fatta l'11 ottobre 2007, lo dico io, lo dicono anche la Procura Generale, il Gip ed buon senso.
E' la sua pervicace posizione di difesa di de Magistris sul fatto ad essere errata.
A proposito delle indagini senza la p.g., a parte il giusto e limitato esempio da lei proposto (quello del fax-ma lei aveva detto che le generalità erano già note a tutti), si parla di indagini senza testimoni (qualcun'altro oltre quello che riferisce al p.m.-ci riferiamo ad un atto tipico della p.g.), senza sopralluoghi, senza perquisizioni, senza accertamenti bancari, senza intercettazioni telefoniche, e quant'altro (con riferimento al caso concreto di Mastella).
Sarà un'indagine che cadrà davanti al Gip.
Il p.m. non avrà fatto altro che perdere tempo.
Ho detto che de Magistris avrebbe dovuto incaricare la p.g. di svolgere indagini.
Questo per andare alla ricerca di un ipotetico comportamento del p.m. confacente alla possibilità di perseguire penalmente il Mastella.
Meglio avrebbe fatto se non avesse fatto nulla, perchè non v'era alcun motivo di sospettare Mastella di ipotesi di reato.
La prego di sorvolare, nell'eventuale seguito, sulla sospetta appartenenza dello scrivente alla p.g., in quanto non interessante.
Lei dice: ""Quanto all'indeterminatezza dell'ipotesi di reato, Lei dimostra ancora, purtroppo, di non sapere per nulla quale sia il meccanismo tecnico dell'iscrizione"".
Il suo è un pregiudizio che la induce in errore sia nei miei confronti sia al riguardo del maccanismo citato.
Lei non ha motivato la sua affermazione.
La prego, infine, di tenere conto che il suo parere sul meccanismo in questione contraddice l'interpretazione data, quantomeno, dalla Procura Generale e dal Gip.
(Si, proprio lui)
Per Paolo Emilio.
Ho pensato molte volte ai cordoni neri. In passato, perchè sono figlio di un avvocato, e anche di recente, per reazione alla frustrazione che danno di questi tempi i nostri di cordoni.
Felice Lima
Per Anonimo delle 8.45
"Lei dice: ""Quanto all'indeterminatezza dell'ipotesi di reato, Lei dimostra ancora, purtroppo, di non sapere per nulla quale sia il meccanismo tecnico dell'iscrizione"".
Il suo è un pregiudizio che la induce in errore sia nei miei confronti sia al riguardo del maccanismo citato.
Lei non ha motivato la sua affermazione."
In realtà il giudice Lima ha speso un'ampia parte del suo articolo proprio per spiegare, anche con esempi molto efficaci, i meccanismi che guidano la decisione di iscrivere una persona nel registro degli indagati. Non si capisce perchè non la si voglia leggere.
Un cordiale saluto al giudice Lima e un ringraziamento per la sua preziosa attività di divulgazione e di informazione su argomenti su cui molti pontificano e pochissimi spiegano.
Mi sembra che il ragionamento di Felice Lima sia del tutto logico e convincente
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