di Francesco Faro
(Avvocato del Foro di Catania)
E’ da domandarsi se il modello occidentale, che ha trionfato ovunque, sia davvero così soddisfacente da non richiedere alcun confronto critico, magari partendo dalle istanze dei movimenti organizzati di lotta e di protesta formatisi a partire dai secoli scorsi, che nella vulgata corrente vengono considerati del tutto anacronistici, dimenticando che senza i loro sogni ed utopie, oggi non esisterebbe la nostra realtà.
Ed infatti, se noi oggi godiamo del suffragio universale, della libertà di parola e di opinione, di una legislazione che regolamenta le prestazioni e i compensi del lavoro, dell’assistenza sociale ecc., ciò non è certamente avvenuto per regalo e concessione delle élite e delle classi dirigenti, ma sono il frutto di dure e a volte sanguinose conquiste.
Ma queste conquiste, che regolano la nostra convivenza civile (e che sono assunte come paradigma di una superiorità morale dell’occidente), hanno camminato di pari passo con la costruzione nel mondo, di una società più giusta e solidale?
Mi è capitato recentemente di rileggere alcuni dati del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, che seppur vecchi di un decennio (ma la situazione al riguardo è peggiorata), sono altamente significativi: il 18% della popolazione mondiale disponeva dell’83% del reddito mondiale e le dieci persone più ricche del pianeta possedevano patrimoni pari ad una volta e mezzo il reddito nazionale dei 48 paesi più poveri.
Ma tale immorale disuguaglianza non risparmia neanche il maggiore paese occidentale: l’1% della popolazione degli U.S.A. possiede il 40% della ricchezza.
Ancora (secondo dati recenti dell’Unicef): 11 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni, muoiono ogni anno per cause che potrebbero essere evitate e nel mondo 850 milioni di persone sono analfabeti.
Se già Platone affermava che una società troppo divisa in ricchi e poveri è una società a rischio, è evidente che il capitalismo globale e il suo pensiero dominante (legato esclusivamente al profitto come unico valore), ha la necessità di essere ripensato.
E ciò non solo per ragioni etiche e morali, ma per la stessa sopravvivenza del pianeta, in quanto, non potrà reggere a lungo un modello che tende alla distruzione sempre più veloce delle risorse naturali, alla sempre più spinta mercificazione del lavoro, alla creazione di sempre più insopportabili diseguaglianze fra gli esseri umani causa principale di immigrazioni, conflitti e terrorismo.
In questo scenario, con le poche e dovute eccezioni, la Politica è assente (soggiogata dalla mondializzazione del mercato dei capitali e della finanza che regolano le regole del gioco), o nella migliore delle ipotesi superficiale (ritenere che il benessere e la felicità dei singoli e delle nazioni debba avere come unico parametro la crescita del P.I.L. è un’idea falsamente moderna e del tutto riduttiva).
In questo ruolo subalterno della Politica, le elezioni diventano delle gare per dividersi il mercato dei voti, esattamente come avviene tra le imprese.
L’ uomo politico tratta i voti come l’uomo d’affari tratta le merci.
Nel primo caso vi sono imprenditori politici ed elettori; nel secondo, imprenditori economici e consumatori.
Anche i metodi per conquistare consensi coincidono, chiamandosi nel primo caso propaganda, e, nel secondo, pubblicità.
Con la differenza che:
1) mentre viene legalmente sanzionata la pubblicità menzognera e/o fraudolenta, ciò non avviene per propaganda;
2) il consumatore si accorge facilmente se ciò che acquista è scadente; l’elettore invece o non si accorge o si accorge troppo tardi delle conseguenze del voto espresso.
Pertanto, secondo questo parallelismo avremo: l’imprenditore commerciale offre beni al consumatore, in cambio di denaro.
Nel mercato elettorale, l’uomo politico offre promesse in cambio di voti (e stante che l’efficacia del messaggio elettorale, come di quello commerciale, è determinata dal tempo di esposizione, si comprende l’importanza della distribuzione degli spazi televisivi e dei mass media e la differenza fra chi possiede tali mezzi e chi no).
Ma vi è di più. Durante le campagne elettorali si assiste ad un’estrema personificazione delle proposte politiche, con la conseguenza che non solo la campagna elettorale si trasforma in un mero tentativo di seduzione personale in cui l’elettore appare come un cliente da adescare; ma l’incertezza per il futuro suggerisce l’idea di dare più poteri alla figura carismatica.
Nel meridione, tutto ciò ha una propria specificità, a causa della presenza della criminalità organizzata, del voto di scambio e dell’inefficienza della P.A.
Una delle cause dell’affermarsi in Sicilia del sistema affaristico–mafioso va individuata nella sempre più evidente perdita di autonomia dell’amministrazione dal potere politico.
Specialmente una certa politica, ha asservito l’amministrazione regionale a logiche di parte, in primo luogo attraverso la scelta dei vertici burocratici.
Questi ultimi infatti sono stati spesso nominati secondo ben precise appartenenze partitiche della maggioranza ed anzi più precisamente seguendo tassativi manuali di correnti di partito (i casi della sanità, dei forestali e dei corsi di formazione sono emblematici).
E’ ovvio che un gruppo dirigente così formatosi ben difficilmente riesce ad esprimere “autonomia” nei confronti del potere politico che lo ha nominato.
Che fare allora in tale situazione?
L’unica ricetta che a me pare possibile è tentare di sollecitare ed accrescere la vigilanza, la consapevolezza e la partecipazione dell’opinione pubblica, tentando di scegliere la forza politica che sia se non la migliore almeno la meno peggio.
In altri termini, non credo che l’astensione sia una risposta efficace per tentare di cambiare le cose, in quanto “loro, i cattivi” hanno mezzi e strumenti per ottenere in tutti i modi il consenso.
Occorre viceversa comunque scegliere e fare proprio quanto scritto da Andrè Malraux: “Non si fa politica con la morale, ma non la si fa meglio senza”.
26 commenti:
Condivido totalmente l'idea espressa dal dott. Faro,in merito al concetto del voto come bene consumo.Dissento, nella parte in cui l'astensione sarebbe un male peggiore. Premetto che andrò a votare per le regionali (siciliane)perché ci sarà più possibilità di scelta.Le note dolenti riguardano il voto alle politiche. Ho sempre votato conscia del fatto che, il voto, oltre ad essere un diritto è un dovere. In virtù di quella "partecipazione" che è il presupposto della libertà e del cambiamento.
Oggi,che si chiede di andare a votare, non per scegliere un programma contrapposto ad un altro, bensì, per evitare "il male peggiore",oggi, non mi sento (più) libera. Attualmente, come giustamente sottolinea l'avv.Faro, la nostra è una società dipendente dal denaro. Che crea interdipendenza,legittimata dal potere politico.Potere che da gestione positiva (politica)del bene comune, diventa dominio.Dominio di pochi su molti,dei ricchi sui poveri, dei soggetti forti" su quelli "deboli".
La soluzione per uscire da questo giogo è sicuramente il tentativo di edificare, creare, un programma culturale (per me indispensabile) e politico diverso: non credo che si possa ridurre soltanto al ricatto del "voto utile" o "del meno peggio".Il cambiamento, la libertà, passa a mio parere, dal riconoscimento dei bisogni (sicuramente) ma/e soprattutto, dai desideri di cui soggetti (uomini e donne)sono portatori. Sempre.
Il che presuppone la creazione di un sistema di diritti(e doveri) che sono alla base di una legislazione civile e conseguemtemente di una civile società.
Fuori da tutto questo abbiamo soltanto:"un bipolarismo finto e tardivo... perché gli schieramenti che si affrontano in realtà sono sempre più simili tra loro, nelle pratiche politiche e nei programmi” (G.Galli).
Non ho ancora chiaro se voterò per le elezioni politiche:forse deciderò di passare all'opposizione e me ne andrò (non "al mare":per carità)in montagna...
Un saluto
Lia Gambino
Scusate, ma come faccio a rendere stampabili i post del blog?
Grazie per l'info
Zap
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La Redazione
Sono d'accordo sul senso delle considerazioni di Lia Gambino.
Non dirò cosa farò, se voterò e per chi, perchè faccio il magistrato e di questi tempi la gente vuole che il magistrato sembri privo di idee e non sia un cittadino completo. Sicchè, per qualche misterioso motivo, lo vuole "fuori dal mondo". E io non intendo tradire questa aspettativa popolare (per quanto mi paia non troppo sensata).
Mi permetto di dire, però, che anche io condivido complessivamente il bellissimo articolo di Franco (Faro), ma, come Lia, anche io penso che l'opzione "astensione dal voto" (che, lo ripeto, non dico che praticherò) abbia una notevole dignità politica e non sia equivalente a disimpegno.
Alcuni magistrati abbiamo praticato questa “opzione politica” in occasione delle elezioni del C.D.C. dell’Associazione Nazionale Magistrati, lo scorso novembre.
Rinvio, per le motivazioni di allora all’articolo di Stefano Racheli “Le ragioni dell’astensione alle elezioni del C.D.C. dell’Associazione Nazionale Magistrati”, che condivido integralmente.
E’ ovvio che non si possono paragonare quelle elezioni relative a una piccola associazione privata (l’A.N.M.) con le elezioni politiche, ma alcuni aspetti della questione tornano utili anche in questa discussione di oggi.
Mi limito ad aggiungere il racconto di una piccola cosa che mi è accaduta qualche settimana fa.
All’uscita di un incontro pubblico con dei giovani, mi si è avvicinato un conoscente impegnato in politica in un partito e mi ha chiesto se avrei votato per loro.
Gli ho chiesto di dirmi perché lo avrei dovuto fare e mi ha detto che “loro” erano “buoni”. Gli ho chiesto di farmi qualche esempio di cosa “buona” che avevano fatto e nella sostanza non è stato in grado di farmelo (nel senso che mi ha fatto esempi che gli ho smontato immediatamente).
A quel punto, mi ha fatto un sorriso un po’ di scherno e mi ha detto: “Vabbene, tanto alla fine sempre per noi voterai. Perché certo non puoi votare per gli altri” (sottintendendo: che sono peggio).
Questo mi pare il problema. Che finchè, in un sistema in cui i candidati li sceglie il potere, quelli che hanno il potere penseranno che li devi votare “per forza”, perché sono i “meno peggio” (e si badi che tutti, di tutti gli schieramenti, si rivolgono negli stessi termini ai loro elettori), questi continueranno a fare ciò che gli pare e piace, ritenendo che non ci sia bisogno di “meritarsi” il nostro voto.
Dunque, avremo sia al potere che alla opposizione gente abbastanza simile, e potremo scegliere solo fra un “meno peggio” e un “peggio”.
In questo quadro, a me pare che per provare a creare le condizioni per una democrazia (che allo stato non c’è in Italia), si debba sicuramente, come dicono sia Franco che Lia, adoperarsi nelle mille cose di cui vive una democrazia (e, fra queste, informazione, critica e opposizione senza potere).
Ma credo che anche dettare condizioni per dare il nostro voto non sia una cosa in sé sbagliata, né eticamente né politicamente.
In sostanza, credo che, così come viene del bene dal provare a far vincere alle elezioni i “meno peggio”, potrebbe venire del bene anche da una situazione nella quale il partito X o quello Y prendano coscienza di non essere stati votati perché gli elettori non si accontentavano che fossero “meno peggio”, ma li volevano anche solo un poco “buoni”.
Magari alle prossime elezioni, per ottenere i voti negatigli questa volta, faranno qualcosa di decente, invece che solo qualcosa di “meno peggio” degli altri.
E’ vero che questa opzione può fare prevalere i “peggiori”, ma sul piatto della bilancia dei pro e dei contro bisogna mettere da un lato le ennesime elezioni che finiranno nello stesso modo delle precedenti – centinaio di voti in più o in meno –, in ipotesi con la vittoria dei “meno peggio”; ma dall’altro lato anche la possibilità di creare le premesse perché domani, chi decida di partecipare alle prossime elezioni, si impegni a cambiare se stesso così da non essere solo “meno peggio”.
Non a caso, in questi giorni i partiti che si candidano al potere si preoccupano di convincere gli elettori cosiddetti “indecisi” a votare e a votare per loro.
Nella ricostruzione del meccanismo di ricerca del consenso illustrato da Franco in un modo che condivido, la minaccia dell’astensione è uno dei modi che ha l’elettore per “negoziare” il suo voto con il candidato.
Dunque, non so se voterò o no, continuo a esaminare i pro e i contro di entrambe le cose. Mi premeva dire che l’astensione a me pare politicamente utile come il voto.
Quanto al fatto che io penso che ci sia necessità assoluta di una “opposizione senza potere”, mi permetto di rinviare a un articolo che ho scritto su questo blog, nel quale, fra l’altro, ho anche cercato di illustrare le ragioni per le quali solo se è “senza potere” l’opposizione può essere davvero opposizione.
L’articolo è: “Cos’è e a cosa serve l’opposizione e cosa facciamo noi qui”.
Felice Lima
Non sono molto d’accordo sul non votare. Fino a qualche tempo fa pensavo anch’io di astenermi dal voto, essendo davvero nauseata e avendo abbastanza chiaro che in effetti su molte cose, anche di fondamentale importanza, gli schieramenti sembrano uguali. Ma dopo lunghe e attente riflessioni, sono arrivata alla considerazione che:
- non è vero che i due schieramenti sono uguali, ci sono in realtà delle differenze, e non possiamo non tenerne conto;
- anche ammesso che dobbiamo votare per il male minore, (nella mia vita penso di avere quasi sempre votato per il male minore, non è una grande novità), è sempre meglio che lasciare, non votando, ampio spazio al male maggiore, perché davvero al peggio non c’è mai fine…..
- se tutte le persone che sono consapevoli dei problemi, sono interessati al bene del paese e si pongono problemi di coscienza, si chiamassero fuori dal voto, che paese avremmo?
L’astensione è vero, può essere un’opzione politica, ma soltanto ad alcune condizioni:
1. che sia organizzata, che coinvolga cioè un numero di persone tale, da essere visibile sui grandi numeri;
2. che sia motivata, cioè chi si astiene dovrebbe dichiarare pubblicamente: io avrei votato per il partito x, ma non ritengo di votarlo per i seguenti motivi. Allora forse l’astensione potrebbe avere una valenza politica forte. Ma mi sembra che a livello nazionale questo non riesca ad incidere come dovrebbe. A meno che non ci sia una consistente parte di elettori di un partito o di uno schieramento che non andrà a votare, facendo crollare quel partito/schieramento a tal punto da farlo rimettere completamente in discussione. Ma siamo convinti che questo succederebbe? In Italia??
Il rischio è che e gli astenuti si confondano tutti in un unico calderone: gli eterni delusi, i qualunquisti, quelli che comunque non saprebbero cosa votare, quelli che vanno al mare, ed infine, quelli che hanno fatto una scelta consapevole.
Detto ciò, è chiaro che l’impegno per la democrazia non si esaurisce col voto, anzi è ben più ampio e gravoso, e da quello davvero non possiamo astenerci.
Dopo essermi "torturata" nel dilemma,(annullare la scheda, votare solo al Senato, o solo alla camera...) per diverso tempo, ho deciso, non andrò a votare. Mi rimane qualche dubbio di un probabile utilizzo delle schede bianche...
Se la situazione attuale, dovrà protrarsi più a lungo, non ci sarà almeno un aumento di tasse, è già stato previsto che anche per il prossimo anno non ci sarà sviluppo o ripresa, peggio di così.
Mi voglio crogiolare in questo limbo di "assenze istituzionali".
L'Italia oggi è stata bacchettata in una sentenza dalla Corte Europea e condannata nelle spese.
Un eventuale situazione di rimedio in caso di parità costringerà chiunque a ridurre le spese dell'inutile carrozzone prima di attingere ai cittadini stremati.
Una così ostinata volontà distruttiva non merita interesse.
Voglio dire al Dott.Lima, che ha scritto che qualcuno vuole che il magistrato "sembri privo di idee e non sia un cittadino completo""fuori dal mondo":
poichè qualcosa ho avuto modo di scrivere, ma nel senso che, il sapere il magistrato, apertamente schierato, mi condiziona la comprensione o l'accettazione di una sentenza. E' successo anche a me, che sia per lavoro che per mentalità, ogni sentenza era "cassazione" eventualmente da discutere, appellare, ma non disprezzare.
Non penso proprio che un magistrato possa mai essere "fuori dal mondo" purtroppo per lui ci sguazza dentro fino al collo tutti i giorni e penso invece che un grosso aiuto sia proprio il magistrato che può darcelo con sentenze illuminate, moderne, evolutive e "giuste per tutti".
Alessandra
Grazie mille! Ma se tecnicamente volessi inserire la "versione stampabile" anche nel mio blog, come dovrei fare?
Grazie
invisiblenews1@hotmail.it
Zap
Tiè facciamoci almeno due risate ogni tanto va...
http://www.nonrassegnatastampa.it/
In altre sedi e occasioni ho detto che la mia scelta è di andare a votare. Sostanzialmente il motivo è che trovo la scelta di non votare sostanzialmente inutile o quanto meno equivoca; come si fa, per esempio, a distinguere il non voto di protesta da quello di disinteresse? Come si può, a partire da una non azione, influire sulla politica e sull'incremento del tasso di democraticità di una società? Non che sia maggiormente incisiva la mia scelta: ovviamente io voterò per i perdenti :-).
La posizione di Felice Lima, riguardo alle elezioni ANM, è ben diversa: in quella sede la scelta di non votare ha un significato meno equivoco, una valenza provocatoria che, positivamente, può portare a riflessioni e discussioni, attacchi, tensioni etc. Ma alle politiche o alle regionali?
Per quanto mi sia sforzato non ho trovato nessuna risposta che mia abbia pienamente convinto.
Cari saluti a tutti
I.
Io non voto. Secondo me, non ha senso: votare significa esprimere una preferenza verso colui o coloro che essendo componenti di liste elettorali sono candidati a rappresentarmi in Parlamento. In questo caso, il 90% dei parlamentari che dovranno costituire la prossima legislatura sono già stati scelti dai capi partito. Ripeto, per me, quindi, il recarsi alle urne, rappresenta soltanto l'accettazione di essere stato preso in giro dai padri dell'attuale legge elettorale, incostituzionale.
bartolo
Per il Cane di Jack...
A prescindere che votare è un diritto e un dovere...
Comunque... per chi non vuol votare e distinguere il suo non voto da quello degli altri e quindi renderlo di protesta a mio avviso deve al momento della presentazione del certificato elettorale non toccare assolutamente la scheda e rifiutarla e verbalizzare che non intende votare... a mio avviso questo è il miglior modo e si evita per giunta che si possano spartire la tua quota di rimborso elettorale.
Inoltre però invito altrettanto a riflettere in questo delicato momento della vita politica del nostro paese su un eventuale scelta e le sue probabili conseguenze...
Non voglio condizionare nessuno ma solo invitare a cercare davvero tra i tanti simboli chi davvero ha dimostrato abbastanza coerenza fino ad oggi per apportare il proprio contributo davvero agli interessi del paese, chi ha dimostrato di non candidare tra le proprie fila filomafiosi e corrotti e tantomeno altro tipo di condannati... chi è davvero contro il male che affligge questo paese e come sta svolgendo la sua campagna politica... più che altro quindi ritengo che se c'è davvero qualcosa di buono deve essere ben sostenuto altrimenti lamentarci sempre è fin troppo facile se facciamo finta soprattutto di non vedere e saper distinguere...
un caro saluto.
Poichè ritengo che il grado di corruzione e collusione raggiunto in Italia sia il problema dei problemi, non c'è stato nessuno che lo ha affrontato chiaramente nè tanto meno con quali strumenti.
Il nodo cruciale è la Giustizia, e chi se ne vuole occupare è tacciato di "tutto".
Io non temo la Giustizia e non ci sto.
Alessandra
Alessandra
Pienamente d’accordo con Salvatore D’Urso.
A proposito dell’astensione, riporto quello che ha detto Marco Travaglio ieri alla presentazione del suo ultimo libro qui a Roma (spero di non semplificare troppo): lui sostanzialmente sostiene che, anche qualora vi fossero milioni di astenuti, la cosa non interesserebbe neanche un po’ ai partiti e agli schieramenti, se ne parlerebbe per qualche giorno, ma poi quello che veramente interessa è cosa hanno votato quelli che non si sono astenuti. Si spartirebbero i voti come se nulla fosse. In fondo ai politici piacerebbe che gli elettori fossero soltanto quelli che hanno interessi diretti nella politica, quelli che fanno parte dell’indotto della politica e che tutti gli altri se ne stessero a casa, come negli Stati Uniti.
Secondo punto che vorrei riportare: come al solito qui non si tratta di scegliere fra due schieramenti “normali”, ma siamo all’emergenza democratica. Perciò, votare significa arginare uno strapotere che altrimenti vuole diventare una dittatura personale.
Infine vi prego: le schede bianche NO, sono soggette a brogli, piuttosto annullatele o rimanete a casa.
Premetto che non intendo il voto come un dovere. Innanzi tutto per motivi costituzionali, in quanto la costituzione nulla dice di tale presunto obbligo. Solo alcuna dottrina costituzionale si spericola, con intenti strumentali e funzionali ad interessi politici le cui radici pescano in un passato di forte divisione ideologica, nell’attribuire obbligatorietà ad un esercizio di libero arbitrio che in quanto tale non può essere gravato da alcun vincolo di obbligatorietà. Quindi mi è facile comprendere, in linea di principio, quanti, come ultima cieca protesta e ribellione verso un sistema corrotto, giustamente avvertito come insanabile, optano per il non-voto come disperato tentativo di distinguersi da questa palude nauseabonda che chiamiamo “politica italiana”.
Eppure il tentativo è vano. Tutti ci stiamo dentro. E tutti ne siamo parte.
Semplificando all’estremo, un solo obbligo vige in democrazia: la partecipazione. Il voto è una semplificazione, al quale una società complessa ci impone di ricorrere. Si deve scegliere tra opzioni, quando si vota. Ma il vero problema è come tali opzioni si definiscono. Ed esse si definiscono con la partecipazione, idealmente di tutti, più praticamente del maggior numero possibile di soggetti. La vera sostanza della democrazia è la partecipazione. Nei sistemi dittatoriali o autoritari spesso si vota. Ma non può esserci partecipazione. Essa è antitetica ai sistemi autoritari. Il proprio malcontento si esprime attraverso la partecipazione e non attraverso il non-voto, che peraltro nella contingenza del “momento politico” italiano potrebbe portare ad effetti realmente devastanti.
Personalmente voterò. E voto il blocco PD-IdV. Non so bene ancora quale dei due. Tale titubanza deriva da ultimi confronti avuti tra amici, successivamente alla partecipazione alla presentazione del libro di Travaglio-Gomez “Se li conosci li eviti”. Votare il PD per quanto mi riguarda significa dare forza ad un progetto che pone come obiettivo un rinnovamento sostanziale, le cui probabilità di conseguimento risultano tuttavia molto basse, dato l’alto livello di corruzione che permane comunque tra le sue fila. Ma ciò è pacifico nella condizione di sfilacciamento e degrado sociale in cui tutti e ciascuno versiamo. Votare per l’Italia dei Valori significa rafforzare la componente legalitaria del raggruppamento, in quanto l’IdV per accordi intercorsi tra i due soggetti politici confluirà dopo le elezioni in un unico gruppo parlamentare con il PD. Da ciò appunto il rafforzamento della componente legalitaria di tale gruppo parlamentare, rappresentata dall’IdV.
Dopo aver spiegato la mia scelta di voto, cercherò brevemente di spiegare perché voto, perché scelgo di votare piuttosto che astenermi.
Di fronte alla situazione di grave crisi per la libertà di ciascuno e di tutti, di minaccia politica nei confronti di un sistema quantomeno formalmente democratico, mi sento chiamato a far leva su qualsiasi strumento al momento disponibile (nel nostro caso il voto). Ciò al fine di arginare l’involuzione autoritaria e “dirottare il corso degli eventi” verso un percorso che non porti alla dittatura personale di un solo soggetto che si troverebbe, in misura maggiore rispetto al passato, in una condizione di forte accentramento di potere e con la possibilità di disporre di parlamentari il cui destino sociale, economico ed anche giudiziario è a lui legato.
Insomma la degenerazione del sistema politico italiano ci ha portato a distinguere due principali corsi di eventi: uno orientato alla instaurazione di una dittatura personale, nella quale la corruzione (stante le maggiore incisività dei sistemi autoritari nella promozione del cambiamento della società, nel nostro caso cambiamento in peius) viene introiettata e diventa pratica comune, anzi tratto distintivo del potere e avvertita come normale e praticabile per chi detiene il potere; l’altro orientato alla “presa di coscienza” della sostanza oligarchica e corrotta del sistema politico italiano, passaggio imprescindibile per riformarsi, anche se nessuna sicurezza dà rispetto al successo del tentativo di riforma. Ma anche se una sola possibilità abbiamo- quand’anche del tutto incerta - và comunque tentata.
Primum arginare la degenerazione ulteriore verso una dittatura personale.
Cos’è una dittatura personale? Cercando di essere il più breve possibile esprimo il mio pensiero sulla questione: la dittatura personale è caratterizzata dalla concentrazione di poteri che diventano incontrollabili, come tutte le dittature, ma da esse si differenzia in quanto la dittatura personale è funzionale agli interessi (politici, sociali ed economici) di un singolo (compresi gli adepti che gravitano intorno), mentre la dittatura politica è solitamente funzionale agli interessi di ceti/classi sociali ben individuabili, sicuramente minoritari e posti ai vertici della struttura sociale. Quest’ultima è meno pericolosa, seppur egualmente odiosa, della prima.
Ecco perché voto. Forse potrà sembrare un vaneggiamento. Ma di quanto sopra detto sono intimamente persuaso.
Io, ribadendo che non intendo prendere una posizione decisa pro o contro l'una soluzione o l'altra, mi permetto di reintervenire nel bel dibattito che si sta tenendo qui ("bello", secondo me, perchè contenuto in toni molto costruttivi) per dire che, a mio modesto parere, ognuna delle due opzioni in discussione ha i suoi pro e i suoi contro.
I pro di andare a votare sono stati espressi già molto bene da chi ha proposto quella come soluzione “meno peggio” ed è possibile che io alla fine vada a votare.
Ma anche l’altra opzione a me pare avere delle buone ragioni.
In questo senso, con riferimento a quanto ha scritto da ultimo Caesare, vorrei fare due osservazioni.
La prima la propongo con un apologo.
Parto dalla storiella di Ascanio Celestini che si trova qui.
Celestini racconta la storiella di un piccolo paese nel quale si alternano al governo un partito di corrotti e uno di mafiosi.
Aggiungo io che, posto che tutti sono d’accordo che quei corrotti sono veramente corrotti e quei mafiosi sono veramente mafiosi, accade che gli elettori si rassegnino a essere governati da corrotti e mafiosi e si mettano a cercare qualche lato positivo che pure i corrotti e i mafiosi hanno (poche cose al mondo sono “solo” male).
Ora, immaginiamo che tutti gli aventi diritti al voto votino e che il popolo risulti diviso, sulla base di queste preferenze personali per questo o quel lato positivo dei corrotti o dei mafiosi, fra gli uni e gli altri.
E che, quindi, a uno dei due partiti vada il 53% dei voti e all’altro il 47%.
Dopo quelle elezioni, ogni volta che qualcuno dal popolo rimprovererà ai mafiosi di essere mafiosi e ai corrotti di essere corrotti, loro risponderanno: sarà come dite voi, ma resta il fatto che noi (per esempio i corrotti) siamo stati votati da enne milioni di italiani, che, quindi, hanno apprezzato la nostra politica”.
Senza dirlo, aggiungeranno dentro di loro: “Mi dispiace per questi che non ci apprezzano. Resta il fatto che la nostra politica “ha pagato”, perché tanti ci hanno comunque votato”.
Con riferimento a questo approccio, se chi non si sente né corrotto né mafioso non va a votare, i mafiosi e i corrotti saranno costretti a dire: “Abbiamo preso enne voti meno ics”, dove “ics” sono i voti persi a causa di quelli che non hanno votato. Pochi o molti che siano i voti ics in meno, sono voti per recuperare i quali alle prossime elezioni i corrotti e i mafiosi potrebbero decidere di essere migliori.
L’altra considerazione riguarda il fatto che “la democrazia è partecipazione”.
Io sono assolutamente d’accordo con questo.
Ma penso che la politica da anni in Italia faccia una cosa disonestissima consistente nel ridurre la “partecipazione” al “voto”. In sostanza, loro riducono in maniera indegna tutti gli spazi di vera partecipazione democratica – impadronendosi di televisioni, giornali, banche, sindacati, ordini professionali, uffici pubblici, autorità di controllo, giustizia, ecc. –, impedendo ai cittadini di fare i cittadini e trasformandoli in sudditi, e poi, al momento del voto, dicono: “ecco partecipa, scegliendo chi vuoi fra dei corrotti e dei mafiosi” (attenzione che non sto dando dei corrotti e dei mafiosi a questi o a quelli, ma sto ripetendo lo schema dell’apologo semiserio di Ascanio Celestini).
In questo modo, nel nostro paese manca l’opposizione, i partiti al potere sono sempre più simili fra loro e si gestiscono il potere con “inciuci” continui.
A queste condizioni, a me pare – e mi scuso se ripeto una cosa che ho già detto – che “ricattare” chi mi chiede il voto e si ricorda di me solo quando vuole il mio voto dicendogli che glielo darò solo quando lui avrà fatto qualcosa di decente, invece di promettere per l’ennesima volta cose che ha sempre promesso e non ha mai mantenuto sia un atto politico degno di rispetto e potenzialmente efficace.
Nel frattempo, ovviamente, proprio perché democrazia è partecipazione, cerco di partecipare alla vita democratica in ogni modo possibile oltre al voto. E stare qui è una – né l’unica né la più rilevante – forma di questa partecipazione.
Concludo ribadendo che ho scritto tutto questo in difesa dell’astensione non perché penso che ci si debba astenere né perché io abbia deciso di astenermi, ma perché:
1. penso che astenersi non sia irragionevole;
2. sto seriamente valutando questa cosa, con i suoi pro e i suoi contro;
3. penso che stigmatizzare come illogica e antidemocratica l’astensione (come fanno tutti i partiti al potere) faccia il gioco dei corrotti e dei mafiosi della favoletta.
Felice Lima
io son convinto che in Italia il sistema politico sia ancora ancorato al partito unico di fascista memoria (come del resto l'intero assetto economico-politico-sociale del paese).
dal 1926 in Italia governa un partito unico, che dal 1945 ha assunto una superficie pluralista per meglio mascherare il monolitismo sostanziale, con l'eccezione del partito dell'uomo qualunque, forse l'unico in ottant'anni a proporre analisi e soluzioni basate sul buonsenso, e sull'intelligenza, e proprio per questi motivi bandito e svilito dalla politica paludata, che ben s'era accorta del suo pericolo.
il problema pratico, una delle cause tra l'altro della schizofrenia e dell'arretratezza anche ecocnomica del sistema Italia, è che il partito unico di nome e di fatto era funzionale ad una società e un'economia su basi corporative, che infatti mandavano in parlamento rappresentanti delle corporazioni stesse. è un sistema discutibile quanto si vuole, ma ha funzionato per vent'anni, e sarebbe potuto proseguire anche di più, in circostanze diverse da quanto accaduto.
tant'è che funziona egregiamente ancora oggi, non fosse che la fondazione di una repubblica parlamentare fondata sui partiti ha ingenerato un grosso equivoco: ciò che è nato non è la rappresentanza delle varie componenti la società (rappresentanza già presente nelle "defunte" corporazioni), ma una corporazione aggiunta, che ora va di moda chiamare casta, ma che altro non è che la corporazione dei politici, con i suoi organi, i suoi membri, le sue spese, i suoi costi, la sua produttività (non ridete). il fatto che non si faccia chiamare esplicitamente corporazione deriva dal primo equivoco, che è quello di pretendere di aver superato o riformato dalle fondamenta lo stato fascista.
ciò non è avvenuto, questo è chiaro, e quindi non s'è potuta aggiungere una corporazione nuova a quelle già esistenti, in quanto quelle ufficialmente non esistono più.
ciò premesso, e sicuro di aver commesso innumeri errori di analisi storica, economica e sociale, constatando che nessuno all'interno della corporazione partitica mi è in alcun modo vicino per idee (?) o programmi (??), mi vedo costretto, se voterò validamente, a votare chi mi è meno lontano, o in alternativa ad annullare o rifiutare la scheda (mai dargliela bianca, non si sa mai come può uscire una scheda bianca da uno scrutinio "ben fatto").
ascolterò attentamente (se ne avrò il tempo) le dichiarazioni di intenti dei marinai candidati, e voterò in base a ciò che avrò capito o voluto capire.
quanto all'argomento finale dell'articolo dell'avv. Faro, mi duole ammettere che le soluzioni da lui proposte per sollevare il meridione dalla sua sciagurata condizione non sono praticabili, non con questi politici, non con questi cittadini.
dalla cruda e spietata analisi che egli fa della situazione politico-amministrative del mezzogiorno si può agevolmente giungere alla conclusione che là le garanzie e le libertà costituzionali sono state di fatto sospese, se non del tutto annullate.
di conseguenza, e lo dico da esterno ma sulla base di quanto afferma l'avvocato, votare il "meno peggio" in quella situazione equivale a votare il peggio, in quanto la malavita non scommette sul cavallo vincente prima della corsa, ma su quello che è arrivato primo alla fine.
i mafiosi non hanno pregiudizi ideologici (l'aveva scoperto La Torre, e per questo non è potuto tornare a Roma), e per loro le elezioni sono uno dei tanti strumenti a disposizione per meglio condurre i propri affari.
di conseguenza, se veramente si vuole estirpare quest'oscenità, occorre a mio parere prendere atto della situazione, e farne fronte con scelte dolorose, dal punto di vista delle libertà democratiche, ma necessarie. e tra queste non c'è di sicuro il voto, che sia per uno piuttosto che per l'altro.
baron litron
Per Felice Lima...
Giusto e condivido quasi in pieno il suo ragionamento che fa citando un pezzo di Ascanio Celestini.
Ma presupponiamo che dopo anni e anni di lotta politica tra il partito dei mafiosi e dei corrotti alla partecipazione della vita politica erano presenti anche partiti minori di cui uno chiamato il partito degli onesti, che per l'appiattimento culturale della politica italiana diffusa in tutta la società civile chi si definiva del partito degli onesti veniva:
A) Deriso;
B) Criticato perchè magari un corrotto o un mafioso demonizzava quel partito perchè illiberale o giustizialista...;
C) Perdente comunque;
D) Diffidato perchè son tutti uguali e non esistono politici onesti...
Quindi il partito degli onesti anno dopo anno, elezione dopo elezione, non ha mai potuto contare più di tanto fino a quando ha deciso di coalizzarsi con il partito dei corrotti pensando che in quel modo potesse aver maggior voce in capitolo... e difatti i voti si triplicano... dopo due anni i voti si raddoppiano ancora...
Intanto il partito dei corrotti continua a presentare più o meno le stesse facce, qualcuno va in panchina con una bella pacca sulle spalle e vien sostituito da qualche nuovo volto non tanto magari meritevole per quel che ha fatto nei confronti della società ma più per quel che ha fatto nei confronti del partito... + o - funziona così...
intanto il partito degli onesti continua a non farsi influenzare dai soliti atteggiamenti ed apre ulteriormente le proprie porte ad altri cittadini, associazioni e liste varie indipendenti che fino ad oggi non condividevano quel tipo di politica dei due partiti maggiori ma han ben notato il comportamento distinto del partito degli onesti...
Nel frattempo esiste anche un altro partito che nell'ultimo periodo si è formato, quello dei "delusi"... che non potendo partecipare a queste elezioni preferisce astenersi...
Il partito dei delusi però del partito degli onesti ha sempre parlato bene...
Il partito dei delusi non riesce a volgere critiche sul partito degli onesti...
Il partito dei delusi critica fortemente anche l'ultima campagna elettorale i due partiti maggiori e invita all'astensione... non valutando invece se quella massa di voti dei delusi andasse invece al partito degli onesti cosa accadrebbe...
Il punto è semplicemente questo... c'è un partito che magari avrà fatto anche lui qualche piccolo errore... spesso di valutazione più che di altro genere... a mio modesto avviso... però è un partito molto umile, almeno questa è stata la mia impressione, visto che ha saputo ascoltare ed adeguarsi alle critiche che vengono rivolte ultimamente alla politica soprattutto dal mondo della rete... è riuscito a coinvolgere associazioni varie e liste civiche... ho avuto la fortuna di conoscere alcuni dei candidati che verranno eletti, Franco Barbato il sindaco anticamorra di Nola, ancora sotto scorta... Pancho Pardi dei girotondini, Roberto Alagna ha militato sempre nelle liste civiche e si è sempre battuto per il civismo... tutti volti nuovi... tutte persone che ho ben saputo stimare... ne conosco altre altrettanto valide come il senatore Fernando Rossi... che solo per diversità ideologiche non potrà purtroppo unirsi a questo partito, Montanari, mi piacerebbe salvare magari anche altri politicanti di altri partiti quali Cesare Salvi e Tana De Zulueta avrei voluto veder ripresentata Franca Rame...
Insomma questo partito si chiama Italia dei Valori... ha 0 condannati... l'unico senza condannati... l'unico che prova a far politica con la P maiuscola visto che non può esser rimproverato per non essere coerente... l'unico che non ha deluso i suoi elettori...
Io credo che si debba saper scegliere più che altro... non per forza il partito più grande o vincente... ma il partito più coerente... ho deciso di rendermi attivo in questa campagna elettorale lavorando sulle coscenze delle persone, ad affidarsi prima di tutto a ciò che secondo loro è giusto... e quindi quale partito rappresenta il giusto... ne ho trovate molte disposte a discutere e a convincersi che forse non sono poi tutti tanto uguali... che qualche speranza c'è ma che spetta anche a noi da forza a questa speranza... e devo ammettere che dopo un pò mi son sentito riappagato... riappagato del fatto che molte persone riscoprivano insieme a me questa speranza e questa voglia di onestà... molte volte invece sono anche stato un pò scoraggiato soprattutto in partenza nel trovare persone non disposte al dialogo... chi per convenienza chi per posizione presa senza ragioni valide... ma in complessivo posso dire che mi sento meglio... forse perchè ho deciso di non rimanere a guardare...
Beh.. io non andrò a votare. Anzi, sono così convinto dell'impossibilità di votare nelle condizioni che ci sono state imposte, che ho deciso di esternare la mia protesta attraverso una lettera al Presidente della Repubblica, al quale ho inviato la mia tessera elettorale.
Questo il testo:
Ill.mo Signor Presidente,
mi permetta di rivolgere a Lei ed alle Istituzioni che Lei rappresenta il seguente appello.
Premesso che la Corte Costituzionale, pur non potendo entrare nel merito della legittimità della legge elettorale in vigore, per vincoli procedurali, con le sentenze 15/16/17 del 2008 ha recentemente espresso importanti rilievi, e considerato che la Corte è impossibilitata ad esprimersi, ho deciso come cittadino di non partecipare a queste elezioni e inviare a Lei la mia tessera elettorale (qui acclusa).
Si tratta di una decisione sofferta, essendo consapevole che il rifiuto ad esercitare il diritto di voto è in antitesi al dettato dell'articolo 48 della Costituzione, che ne sancisce il dovere civico, e costituisce implicitamente una delegittimazione degli organi istituzionali eletti.
Pur tuttavia, in tutta coscienza, non posso esimermi dal contrastare, pur simbolicamente, una legge elettorale che ritengo fortemente lesiva dei miei diritti costituzionali.
Non posso esimermi dal rifiutare di legittimare la nomina di "rappresentanti" che non posso contribuire a scegliere, essendo di fatto nominati da forze su cui non ho alcun controllo democratico, in violazione al primo articolo della Costituzione : la sovranità appartiene al popolo.
Non posso accettare che il mio diritto costituzionale di scegliere i miei rappresentanti sia ridotto al mero avallo di una lista bloccata, in palese violazione degli artt. 56 e 58 della Costituzione che prevedono il voto a suffragio universale e diretto, privandomi così del controllo sulle loro azioni.
Non posso accettare che attraverso la lista bloccata venga cambiata la natura del Parlamento, trasformando gli eletti da rappresentanti del popolo a rappresentanti dei dirigenti politici che li hanno selezionati, comprimendo i principi costituzionali della rappresentatività e della libertà dei parlamentari, vanificando di fatto il dettato costituzionale dell'art 67.
Non posso accettare che attraverso questa legge elettorale venga violato il principio della "scelta del corpo legislativo" sancito dall'articolo 3 del primo protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
In tutta coscienza non posso accettare di legittimare con il mio voto una legge elettorale che richiama alla mente un percorso che, in un passato tragico per la storia di questo Paese, portò alla promulgazione delle leggi elettorali Acerbo, del 1923, e Rocco, del 1928, di cui ricopia uno dei principi fondamentali : la lista bloccata.
Lista bloccata peraltro presente (e da lì ripresa) nella legge elettorale regionale della Toscana.
Per queste ragioni, signor Presidente, le rimetto la mia tessera elettorale, chiedendoLe nella Sua figura istituzionale di garante della Costituzione, di rappresentare al Parlamento prossimo venturo un appello alto e fermo, affinché vengano al più presto corrette queste perniciose crepe nella struttura portante delle nostre istituzioni.
Distinti saluti
Fabrizio Frosini
(cittadino italiano, attualmente conculcato nei propri diritti costituzionali)
complimenti vivissimi al dott frosini.
in poche e secche parole ha cristallizzato il disagio che dovrebbe provare qualsiasi elettore disinteressato alle logiche di partito e interessato al bene del paese e alla salvaguardia dei diritti degli italiani, quali dovrebbero essere tutelati dalla costituzione.
l'attuale presidente della repubblica è il naturale destinatario di quest'accusa di violazione dei diritti fondamentali del cittadino, anche se mi auguro abbia avuto la premura di inviarne una copia anche a monsù Ciampi, che tale legge ha consciamente avallato, garantendone la costituzionalità davanti al parlamento.
è assurdo che la politica ci renda tanto imbelli anche nel momento della nostra teorica massima libertà, nel vero secondo di piena sovranità che dovrebbe avere il cittadino quando incrocia due linee di matita su una scheda.
sono riusciti a rendere anche questo gesto meschino e vuoto. e nulla han fatto per cambiare le cose, pur avendo due interi anni a disposizione. si vede che fa comodo a tutti (loro), come fece comodo la legge Acerbo a suo tempo.
ennesimo segno che nulla è cambiato.
baron litron
Mi "associo" a Fabrizio Frosini.
Grazie, la tua lettera è encomiabile.
La mia invece è la solita giornaliera, misera, che invio al Quotidiano della Calabria.
Gentile De Luca,Eppur qualcosa si muove, ma non solo, grazie a questo movimento io ritorno a riprovare il nobile sentimento dell'orgoglio. Sono orgoglioso di avere avuto tra i miei docenti il professore Tonino Perna. Qualcuno doveva pur rispondere alle “follie” di un magistrato che ha perso il senno dell'intelletto nel gravoso intento di sconfiggere, da solo, la 'ndrangheta. Anche per questo (far impazzire quelli che non riesce ad uccidere) l'indegna organizzazione criminale va estirpata. Uno Stato civile e democraticamente organizzato nelle sue Istituzioni, ad ogni cittadino garantisce i diritti naturali, sociali, giuridici; e, da ognuno di essi, esige i doveri, derivanti dal rispetto del suo ordinamento giuridico e delle sue Istituzioni, pena le sanzioni previste. Ai cittadini calabresi che, man mano, son venuti meno i diritti giuridici e civili, con la proposta di Gratteri di togliere i figli ai mafiosi e/o presunti tali, lo Stato, si accinge a togliergli anche quelli naturali. Per quanto riguarda i doveri, invece, uno Stato che non garantisce diritti, si ritrova, anziché cittadini, disadattati. Alcuni dei quali, tra le altre cose, aderiscono all'organizzazione 'ndranghetistica. Come si spiega, diversamente, in questa Regione: il disastro dell'istruzione, primaria, secondaria e scientifica; il disastro della Sanità; il disastro della disoccupazione; il disastro della Pubblica Amministrazione; il disastro della giustizia; il disastro di logge coperte; il disastro di logge scoperte; il disastro dei media; il disastro della 'ndrangheta; il disastro della politica. Alla fine, per chiudere, se la 'ndrangheta è come l'acqua (tesi di Forgione, presidente della Commissione bi-parlamentare antimafia) che si insinua in ogni vuoto, lo Stato, certamente, in questa Regione, è come il gas, evapora da ogni luogo.
Con la solita stima, bartolo iamonte.
"Se un potere dispotico si insediasse nei paesi democratici, esso avrebbe certamente caratteristiche diverse che nel passato; sarebbe più esteso ma più sopportabile, e degraderebbe gli uomini senza tormentarli. Un sistema che potrebbe sembrare paterno, ma che al contrario cercherebbe di fissare gli uomini alla loro infanzia, preferendo che si divertano piuttosto che pensare[..]. Vedo una folla immensa di uomini tutti simili, che girano senza posa su se stessi per procurarsi i piaceri minuti e volgari di cui nutrono la propria anima. Ognuno di loro considerato in sé è come estraneo al destino di tutti gli altri [..]. Quanto al resto dei concittadini, non li vede; li tocca, ma non li sente..."
Alexis de Tocqueville, da De la démocratie en Amerique, 1840
Dopo attenta riflessione, non credo che il non voto sia la scelta migliore. Infatti, considerando la questione (purtroppo) da un punto di vista pragmatico, il non voto è oggettivamente ininfluente, mentre gli elettori del PDL si recheranno alle urne in massa. In questo modo, astenendosi dal votare, si consegnerebbe il nostro paese a quell'autentico pericolo pubblico per la democrazia che è Berlusconi. Io non ho mai votato per l'Italia dei Valori, mai, ma non posso permettere che il mio paese, che amo, grazie a una mia scelta sconsiderata cada nelle mani di Berlusconi. Questa la realtà, con cui bisogna necessariamente fare i conti, in maniera responsabile. Bisogna provare a fermarlo. Riporto qui le parole di Di Pietro, che ho mutuato dal blog dell'Italia dei valori. Penso che possano indurre a seria riflessione tutti coloro che sono comprensibilmente tentati dall'astensione:
"Antonio Di Pietro: Invito i cittadini a riflettere. Chi vuole governare il Paese non può rifiutare e sfuggire dal controllo di legalità. Chiedetevi perché Berlusconi è ossessionato da me, perché non può vedere l’Italia dei Valori e perché ce l’ha con i magistrati. Perché il controllo di legalità gli fa paura, perché vuole vivere in uno stato di illegalità, di prepotenze e di abusi, perché vuole che in Parlamento ci siano persone che meritano di stare altrove. Ecco, vi prego di riflettere. Vale la pena di affidare il governo ad una persona che di fatto rappresenta un pericolo democratico, una dittatura dolce, dove l’informazione la controlla lui, dove i magistrati non possono fare niente che non piaccia a lui, altrimenti li manda per insanità mentale in qualche manicomio, perché manda in Parlamento delle persone che hanno a che fare con la mafia. Vuole addormentarvi la coscienza con una dittatura dolce, fatta di veline, di sorrisi e di grandi disparità di trattamento".
Paola Risi
p.s.: mi scuso de non risultava il mio nome, sono stata io a postare il brano precedente di Tocqueville.
Cordiali saluti, grazie per il vostro prezioso lavoro.
Un saluto particolare per il Dott. Lima.
Insomma, i fatti sono evidenti: se uno vuole votare, vota, se non vuole votare, per salvare almeno la propria coscienza, non vota, e nessuno potrà obiettargli alcunché !
Per uno che non crede nell'idealismo e considera Hegel un folle visionario (delirio lucido, ovviamente ...), nonché il presupposto formale per tutte le folli teorie dei due secoli passati, la realtà è molto, molto semplice ... lasciate l' "assoluto" nell'Iperuranio, e ragionate invece con la VOSTRA testa !
Cordiali saluti.
A Salvatore D'Urso...
che racconta la "fiaba" del partito degli onesti alleatosi al partito dei corrotti... vorrei ricordare la lettera di dimissioni di Franca Rame da senatrice, i cui contenuti non mi sembrano esempi di coerenza, di difesa dei propri principi, etc etc... anche lei, come altri, adattatasi al ricatto.
per quanto mi riguarda... l'inchino dell' ex magistrato agli asservimenti economico-politici, alla nostra salute messa a rischio "ecocompatibilmente" per rimanere nei giochi, dico no.
Quindi, prendendo a prestito le parole del sagace Paolo Emilio, per salvare la mia coscienza domani sarà scheda nulla o voto non utile a quei "persi" de "Per il Bene Comune".
Onelio P.
X Onelio P.
Se hai letto attentamente la lettera di Franca Rame dove indicava le sue dimissioni avrai capito di certo che le sue dimissioni non erano motivate dal fatto che Italia dei Valori la forzasse a fare delle scelte diverse dalle sue convinzioni, difatti lei precisa che stima Antonio Di Pietro e tutto quanto ha fatto e sta facendo... lei si è rivolta all'intera Unione che non rispettava il programma elettorale e alcune ambigue decisioni che anche ideologicamente vanno in contrasto con quanto invece doveva rispecchiare il polo di sinistra...
Le precisazioni è sempre bene farle per evitare che qualcuno meno informato possa capire e convincersi di altro...
La Lista per il bene comune è un'ottima lista... forse ideologicamente mi sento anche più vicina a quella lista... ma votare quella lista in questo momento significa riconsegnare il paese alla finta destra che già in campagna elettorale ha abbondandemente e fortemente minacciato la democrazia già fragile e stuprata di questo paese... non vorrei quindi si finisse per peggiorare le cose... quindi rimando alle prossime elezioni la possibilità di poter valutare seriamente di votare per quella lista... adesso le priorità sono assolutamente altre... per il bene del paese.
Salvatore,
per quanto concerne la lettera di Franca Rame non ho fatto riferimenti all'IDV. Il punto cruciale e che ho semplicemente detto è, che LEI si è "abbassata" ad accettare determinate condizioni, i ricatti dei colleghi. E per chi gestisce il potere, magistrati compresi dato che ne rappresentano una parte, i piaceri agli amici o ai conoscenti sono collegabili, è la svendita del diritto, dell'autonomia della persona. Ahimè questi non sono comuni cittadini perchè ne rappresentano un certo numero (peccato non lo ricordino o non se ne rendano conto).
Per quanto mi riguarda, uno qualunque che lavora nel privato, i ricatti non li ho mai accettati, e la mia unica fonte di reddito è lo stipendio da lavoro.
Al contrario tuo, non ritengo la lista Per il Bene Comune un'ottima lista. O meglio, se rappresentasse una delle 2 maggiori "forze" politiche non l'avrei votata; ideoligicamente mi ritengo di destra e quindi alcuni punti sono contrari alla mia morale o a quello a cui "credo" vada fatto per il bene comune. I motivi quindi, sono altri.
Votare IDV o PD o quant'altro in questo momento equivale al solito nulla di fatto... e non perchè li ritenga uguali ma perchè ugualmente non faranno nulla per modificare lo stato attuale delle cose.
Non hanno la più pallida idea delle reali esigenze degli italiani... e cmq TAV e inceneritori non sono bazzecole... Si parla di miliardi di euro, di salute ("tangenti" e altro aprono un capitolo a parte)
l'IDV sarà succube del PD;
il PD, come altri, è a sua volta succube di banche e di altri "poteri/interessi".
E io dovrei leggittimare questi col mio voto?
Nessuno ha osato... nessuno.
Onelio P.
p.s. Montanelli diceva che Berlusconi è un bene, perchè sarebbe stato necessario un vaccino.
Il PD non è il vaccino... è un altro "disease".
pp.ss. purtroppo il "goto" mi rende prolisso
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