Pubblichiamo un appello e delle osservazioni sulla incostituzionalità del cosiddetto “Pacchetto sicurezza” dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
L’appello è del 31 ottobre scorso e le osservazioni di ieri, 6 novembre.
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L’Unione Camere Penali Italiane, viste le misure legislative per la Sicurezza approvate dal Consiglio dei Ministri il 30 ottobre 2007,
denuncia
- la totale inutilità di tali misure per la tutela della sicurezza dei cittadini;
- la “truffa delle etichette” con cui si promette all’opinione pubblica la certezza delle pene mediante misure che con questa nulla hanno a che vedere avendo la funzione propagandistica di presentare un “volto feroce” dello Stato costruito con la violazione delle garanzie costituzionali;
esprime
in particolare, assoluta contrarietà agli interventi che, di solo significato demagogico, sono volti ad introdurre: un trattamento punitivo e processuale differenziato in ragione della natura del reato; l’applicazione di misure cautelari in via automatica in spregio ad ogni concreta valutazione di pericolosità; l’utilizzo dei rito immediato come strumento di giustizia sommaria per tutti gli imputati in stato di custodia cautelare; la formulazione di prognosi di recidiva fondate su informazioni di polizia; l’operatività di cause di sospensione e di interruzione della prescrizione come sanzioni al legittimo e doveroso esercizio del diritto di difesa; l’ampliamento delle ipotesi di assunzione anticipata della prova al di fuori dell’istruttoria dibattimentale; i gravi limiti introdotti all’ammissione al patrocinio per i non abbienti;
fa appello
a tutte le forze liberal-democratiche perché sia contrastata questa ulteriore fase di inefficienza dello Stato e di inciviltà giuridica;
chiede
di essere ricevuta dagli esponenti della maggioranza e dell’opposizione, e innanzitutto dall’on. Walter Veltroni e dall’on. Silvio Berlusconi, per rappresentare tale grave situazione e sollecitare un forte impegno politico di contrasto.
Roma, 31 ottobre 2007
Il Presidente
Oreste Dominioni
Il Segretario
Renato Borzone
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Roma, 6 novembre 2007
Onorevole Commissione Affari Costituzionali
del Senato della Repubblica
Oggetto: Osservazioni circa la conformità ai principi costituzionali della normativa introdotta con D.L. 1 novembre 2007 n.181 in materia di allontanamento dei cittadini comunitari dal territorio dello stato.
Al di là di ogni giudizio circa l’opportunità politica e la ragionevolezza delle norme contenute nel D.L. 1 novembre 2007 n.181, modificativo del D.lgs. n.30 del 6 febbraio 2007, l’Unione Camere Penali Italiane intende sottoporre all’esame della Commissione Affari Costituzionali taluni profili di illegittimità costituzionale presenti nella normativa.
1) La genericità dei “motivi imperativi di pubblica sicurezza”
I “motivi imperativi di pubblica sicurezza” che legittimano l’immediata esecuzione da parte del Questore del provvedimento di allontanamento adottato dal Prefetto sono così definiti: “quando il cittadino dell’Unione o un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, abbia tenuto comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana e dei diritto fondamentali della persona ovvero l’incolumità pubblica, rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l’ordinaria convivenza” (art. 20 comma 7 ter D.Lgs. n. 30/2007 come modificato dall’art. 1, lett. e) del D.L. n. 181/2007).
L’assoluta genericità di tali motivi e la discrezionalità (ai limiti dell’arbitrio) insiti nella formula normativa si pongono in palese contrasto con la previsione dell’art. 13 comma 3 della Costituzione, che legittima l’adozione di provvedimenti provvisori, limitativi della libertà personale, da parte dell’autorità di pubblica sicurezza soltanto “in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge”.
Il principio costituzionale di tassatività, introdotto proprio in ragione della eccezionalità dell’attribuzione all’autorità di pubblica sicurezza di siffatti poteri, impone certamente che le ipotesi legittimanti un simile eccezionale potere siano normativamente definite in maniera specifica, dettagliata, ed ancorata a parametri certi. Così è per esempio nelle ipotesi già regolate dal D. Lgs. n. 286/1998 all’art. 13 comma 2, laddove l’esercizio in via provvisoria di poteri limitativi della libertà personale è vincolato alla ricorrenza di fattispecie precisamente determinate e oggettivamente verificabili.
2) La rilevanza del comportamento del “familiare”
Fra i “motivi imperativi di pubblica sicurezza” che legittimano l’immediata esecuzione del provvedimento di allontanamento il decreto legge attribuisce rilevanza ai “comportamenti” tenuti dal “familiare” del soggetto destinatario del provvedimento (art. 20 comma 7 ter D.Lgs. n. 30/2007 come modificato dall’art. 1, lett. e) del D.L. n. 181/2007).
Una simile previsione viola apertamente il principio di “personalità” legittimante ogni compressione del bene primario della libertà personale, talchè non possono darsi limitazioni di essa in ragione di comportamenti tenuti da soggetti diversi dal destinatario del provvedimento di allontanamento.
3) La mancanza di ogni vaglio giurisdizionale nelle ipotesi previste dai commi 8 e 9 dell’art. 20 del D.Lgs. n. 30/2007
I commi 8 e 9 dell’art. 20 prevedono che qualora il destinatario di un provvedimento di allontanamento rientri nel territorio nazionale sia “nuovamente allontanato con provvedimento immediato”; quando il medesimo si trattenga nel territorio dello stato oltre il termine portato dalla intimazione, il questore disponga “l’esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento dell’interessato dal territorio nazionale”.
In entrambe le ipotesi l’immediata esecuzione del provvedimento di allontanamento, esercitabile tramite l’accompagnamento coattivo alla frontiera, non è presidiata da alcun controllo giurisdizionale.
Si darà dunque l’ipotesi di soggetto che, colpito da un provvedimento di allontanamento con termine per adempiere (privo dunque di qualsivoglia garanzia di giurisdizionalità), venga poi nuovamente rintracciato sul territorio nazionale e dunque accompagnato coattivamente alla frontiera, senza che, neppure in questo caso, sia attivato un controllo giurisdizionale.
Sul punto è noto l’orientamento della Corte Costituzionale, la quale, pronunciatasi più volte (fra le tante si vedano Corte Cost. n. 151 del 2001 e n. 222 del 2004) in materia di legittimità costituzionale del D. Lgs. 286/1998, ha ritenuto che il provvedimento di accompagnamento alla frontiera investa la libertà personale e pertanto richieda la piena operatività del controllo giurisdizionale previsto dall’art. 13 Cost.. In conseguenza di tali pronunce lo stesso legislatore è intervenuto sul testo sopra citato, modificandolo nel senso di subordinare al pieno controllo giurisdizionale l’esecutività del provvedimento di accompagnamento.
Consapevole di tale necessità la nuova normativa contempla, mediante il richiamo all’art. 13 comma 5 bis del D.Lgs. n. 286/1998, il ricorso al procedimento di convalida ivi previsto, ma si limita a rendere operativa tale previsione nelle sole ipotesi previste dal comma 7 bis dell’art. 20.
Le ipotesi di accompagnamento immediato previste dai commi 8 e 9 dell’art. 20 restano dunque prive di controllo giurisdizionale ed introducono pertanto in capo alla autorità di pubblica sicurezza un potere di compressione della libertà personale (l’accompagnamento alla frontiera) in aperta violazione del dettato dell’art. 13, comma 3, della Costituzione.
4) La irragionevolezza della attribuzione della competenza al Giudice di Pace, contemplata dall’art. 20, comma 7 bis, come modificato dall’art. 1 lett. e) del D.L. 181/2007
Se è vero che il “giudice di pace” è “autorità giudiziaria” e dunque astrattamente soddisfa i requisiti previsti dal dettato costituzionale, non vi è dubbio che l’attribuzione a tale organo giudiziario dei poteri di convalida del provvedimento immediatamente limitativo della libertà personale sia scelta assolutamente “irragionevole” (come già lo era quella operata con l’art. 1 della Legge 12.11.2004 n. 271, modificativa del D. Lgs. n. 286/1998) alla luce delle finalità sottostanti l’istituzione del giudice di pace e l’attribuzione ad esso di competenza in materia penale, nonché dei limiti posti dalla normativa ai poteri sanzionatori esercitabili da tale organo di giustizia.
Sotto il primo profilo non può sottacersi come il giudice di pace nasca come organo di composizione bonaria di conflitti fra privati e tale caratteristica conservi anche laddove ad esso sia consentito l’esercizio di poteri giurisdizionali in materia penale. Un simile funzione, che permea il ruolo di tale organo giudiziario (si consideri al riguardo non soltanto che dinanzi al Giudice di Pace il legislatore ha previsto come obbligatorio il tentativo di conciliazione, ma che tutti i delitti oggetto della competenza per materia del G.d.P. sono caratterizzati dalla procedibilità a querela), si connota di un carattere di assoluta eterogeneità rispetto a quella attribuita ad esso dal Decreto Legge, la quale si esplica nell’ambito di una categoria di controversie insorgenti tra la pubblica autorità nell’esercizio di funzioni pubblicistiche ed i privati, all’interno delle quali viene in rilievo la categoria potere pubblico-soggezione e le cui situazioni non sono nella disponibilità delle parti.
E irragionevole appare una simile attribuzione di competenza, destinata a legittimare l’immediato allontanamento dal territorio nazionale con il necessario conseguente esercizio di poteri di coercizione della persona, laddove si abbia a mente che al giudice di pace, nell’ambito della normativa che ne delinea le funzioni in materia penale, non è consentito infliggere sanzioni che comportino un immediato potere di coazione fisica sulla persona.
Con deferenza
Il Presidente
Oreste Dominioni
7 commenti:
Vi segnalo anche questo agghiacciante interrogativo ( pure se non c'entra nulla con il post, ma con la nostra storia presente purtroppo si..):
http://www.ccsnews.it/dettaglio.asp?id=6207&titolo=CHE%20FINE%20HA%20FATTO%20DE%20MAGISTRIS
mentre a Trani e comunque nella provincia BAT domenica si raccolgono firme a sostegno di De Magistris e Forleo ( ancora la gente comune invece che le voci istituzionali dell'ANM...).
Le ultime news sono infatti illuminanti, come la precisazione che non c'e' nessun procedimento disciplinare a carico del GIP milanese " per ora".....
Mamma mia mi è venuto un mal di testa a leggere questo post,praticamente volendo sintetizzare il medesimo per persone diciamo non addentrate in maniera tecnica e di normative mi sembra di capire che sta legge più che con la testa è stata fatta con i piedi e forse era meglio se si andavano a prendere un caffe alla buvette del bar,almeno cosi mi sembra di aver interpretato sinteticamente e con semplicità questo Vs post,come dire continua a piovere sul bagnato. Che l'ANM non si sia pronunciata pure mi sembra di capire che sta rientrando nella normalità e quasi non fa più notizia almeno per i non addetti al lavoro ( chissà invece Voi nell'animo come dobbiate sentirvi e forse molti di Voi ne farebbero a questo punto veramento a meno di questo organo ),quindi a finale domani è un altro giorno e ci diamo per l'ennesima volta un pizzico sulla pancia,ma non è che a furia di darci questi pizzichi sulla pancia alla fine ci troviamo con la medesima completamente andata ? Scusatemi sempre per le mie espressioni tra il colorato/ironico e la grande rabbia e frustrazione nel sentirmi totalmente impotente di fronte a certi argomenti e decisioni di terzi,buon lavoro a tutti Voi
ma cosa conta ucpi??
sono solo 8500 avvocati
i penalisti sono molti di più
gli avvocati quasi 200.000
sono 4 gatti
Saranno pure 4 gatti...
Ma almeno si fanno sentire... anzichè rimanersene zitti come i 200.000 avvocati che godono di questo stallo della giustizia...
"Ma almeno si fanno sentire... anzichè rimanersene zitti come i 200.000 avvocati che godono di questo stallo della giustizia..."
...o che lo subiscono, giacché il numero degli avvocati in Italia è ora superiore di ben 5 volte agli avvocati di tutta la Francia !
Questo grazie agli esami da avvocato che sono stati tenuti per anni a Catanzaro, ove tutti i candidati, potendo allora scegliere la sede dell'esame, sino a poco tempo fa si iscrivevano, perché a Catanzaro l'esame era superato dal 99% dei candidati, laddove a Genova passava solo il 17% o a Milano addirittura il 5%...
Il risultato è una classe forense fortemente squalificata e inflazionata, dove le differenze tra una ristretta minoranza che guadagna tanto e la gran massa di giovani avvocati che invece guadagna appena il sufficiente per vivere, e talvolta nemmeno quello, si fanno di giorno in giorno sempre più evidenti.
Ne conosco molti di giovani avvocati ed hai ragione sul fatto che non guadagnano abbastanza nonostante molti di questi risultano ben più preparati di quelli che si ingrassano sempre più giorno dopo giorno.
Ho degli amici e dei clienti in questa assurda situazione...
Il punto è che comunque loro in tutto ciò potrebbero decidere di contare qualcosa... ma non lo fanno perchè spesso molti giovani neo avvocati devono dei favori, e parlo di quelli che tu hai indicato come "squalificati", diciamo che devono sdebitarsi.
E' una situazione molto triste ma che comunque non giustifica il gran torto che vien reso al paese in termini di giustizia e dell'inefficienza voluta da questa categoria.
Da incredibile profano in materia di diritto comunitario quale sono, mi sorge un dubbio:
Il c.d. "Pacchetto Sicurezza" è valido per tutti i cittadini comunitari? compresi gli Italiani?
Come mi sembra di aver capito nelle osservazioni dell'UCPI, l'interpretazione di questi decreti è lasciata molto alla discrezionalità delle forze dell'ordine e subordinata al giudizio di un Giudice di Pace, quindi volevo chiedere se è specificata l'esclusione da queste norme per i cittadini italiani oppure se la cittadinanza italiana in sè "prevale" sulla cittadinanza comunitaria.
Ringrazio chiunque abbia qualche risposta e mi scuso per la mia infinita ignoranza.
Marco Zonta
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