giovedì 27 dicembre 2007

La grazia a Bruno Contrada


di Salvatore Borsellino
(Ingegnere)

Mi sento in dovere di aggiungere queste mie considerazioni personali alle dichiarazioni di mia sorella Rita, che ho sottoscritto insieme a tutta la famiglia Borsellino, sulla incredibile vicenda della possibile concessione della grazia a un traditore dello Stato che finora ha scontato solo 7 mesi sui 10 anni di detenzione a cui e stato condannato in via definitiva dallo corte di Cassazione.

Personaggio sul quale pesano peraltro gravissimi sospetti, oggetto di indagini purtroppo ancora in corso dopo ben quindici anni, in merito alle telefonate intercorse, 80 secondi dopo la strage, tra il castello Utveggio, dal quale probabilmente stato azionato il telecomando per l'esplosione dell'autobomba, da una utenza clonata intestata a Paolo Borsellino e l'utenza dello stesso Contrada.

Come risulta da carte processuali “si segnala l'esigenza di approfondire ipotesi ed elementi sin qui trascurati, nella prospettiva di individuare complici e mandanti esterni all'associazione mafiosa. Si individua un cospicuo raggio di attività investigative aventi oggetto organismi e persone che potevano contare sulla disponibilità dei locali di Castello di Uvteggio, sede del Sisde, controllato a Palermo dal dottor Contrada”.

Quella sede del Sisde smantellata pochi giorni dopo la strage perché evidentemente aveva esaurito il suo compito.

Basterebbero questi sospetti e l'esistenza di queste indagini per rendere inopportuna anche solo l'ipotesi della concessione della grazia a un individuo sul quale pesano sospetti di questo genere ma per di più anche dal punto di vista tecnico mi risulta che per reati di mafia (compresi nell'elenco di cui all'art. 41 bis ord.pen.) non sono possibili né la sospensione della pena né le misure alternative tra cui la detenzione domiciliare, salvo che collaborino con la giustizia.

Non mi risulta che Bruno Contrada abbia mai mostrato l'intenzione di collaborare con la Giustizia; anzi ha sempre dichiarato sprezzantemente che mai e poi mai avrebbe presentato domanda di grazia e a questo punto risulta inverosimile la celerità senza precedenti con la quale il nostro custode della Costituzione ha appoggiato la richiesta di grazia e inoltrato la pratica al cosiddetto ministro di giustizia per un rapido espletamento dei passaggi necessari.

In quanto alle pretese esigenze umanitarie è bene ricordare che il Giudice di Sorveglianza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere si è pronunciato il 12 dicembre 2007 in maniera contraria alla possibilità di differimento della pena detentiva del Contrada poiché le patologie dello stesso potrebbero essere curate in carcere o in apposite strutture esterne.

Se peraltro tutti gli affetti di patologie come il diabete dovessero avanzare domanda di grazia per gli stessi motivi del sig. Contrada e ottenerla in tempi cosi rapidi il problema del sovraffolamento delle carceri italiane sarebbe rapidamente risolto.

Le attuali condizioni di salute del sig. Contrada (o meglio del Dottor Contrada, come lo hanno sempre chiamato con rispetto molti affiliati a Cosa Nostra) sono peraltro determinate da uno sciopero della fame attuato da qualche giorno dallo stesso, e i suoi numerosi fratelli, piuttosto che accusare mia sorella Rita di scarsa umanità perché si oppone alla concessione della grazia farebbero bene a impiegare le loro energie a convincere il proprio fratello a ricominciare a nutrirsi, per i prossimi anni, di quello che il regime carcerario, a spese dei contribuenti italiani, gli passa.

Per sapere quello che mio fratello Paolo pensava di Bruno Contrada basta ricordare l'episodio, riportato in atti processuali, nel quale avendo Paolo sentito fare quel nome a tavola da un funzionario di polizia amico della figlia, era sobbalzato dicendo “chi ti ha fatto quel nome, guarda che può bastare pronunciarlo a sproposito per morire”.

In quanto al cosiddetto ministro della giustizia non poteva che essere affidata a un uomo come lui, che ha cosi bene portato a compimento i compiti di sottrarre inchieste scottanti ai loro giudici naturali (…) di portare a termine questo compito.

Risulta così chiara la missione storica che lo stesso Mastella dichiara essergli stata affidata da Giulio Andreotti nel momento in cui, prima riluttante, fu convinto dallo stesso Andreotti, oltre che da Cossiga, ad accettare questo incarico.


35 commenti:

Anonimo ha detto...

Signor Borsellino,
ho letto con molto interesse le sue considerazioni sul "caso Contrada": sono del tutto d'accordo con lei e desidero esprimere a lei e a sua sorella la mia solidarietà.
Mi auguro (ma la speranza è esigua) che il nuovo anno non cominci con un altro, ennesimo atto di intollerabile prepotenza da parte di queste istituzioni.
Cordialmente
Silvana Lanzani

freesud ha detto...

E adesso graziamoli tutti. Contrada favorì la mafia. Punto.

staff freesud

www.riberaonline.blogspot.com

Anonimo ha detto...

L'ingegnere Borsellino, merita tutto il rispetto di cui sa essere portatore uno Stato normale. Far morire, però, un vecchio ammalato, anche se ritenuto colpevole di gravi ipotesi di reato, in carcere mentre, se dovessero essere vere le ipotesi accusatorie, i suoi burattinai rimangono impunemente in libertà, non mi pare altrettanto degno di uno Stato di diritto che abbia sottoscritto l'attuale Ordinamento legislativo internazionale in materia di diritti umani.
bartoloiamonte@libero.it

Anonimo ha detto...

Gentile Bartolo,

non c'è alcun problema di "far morire un vecchio ammalato in carcere".

Per questi problemi c'è un giudice apposito, che è il Tribunale di Sorveglianza.

Il problema è, come sempre, quello della giustizia "uguale per tutti" o no.

Personalmente non ho nulla contro e nulla a favore del dr Contrada. Chiedo solo che sia trattato come tutti gli altri condannati.

Trovo inaccettabile che in Italia, quando dopo anni di processi c'è - rarissimo caso - una condanna definitiva che porta in carcere qualcuno di "un po' famoso", si scateni subito una corsa a trovare il modo di tirarlo fuori.

Per Tanassi si fece la legge sull'affidamento in prova al servizio sociale.

Per Previti si è fatto un indulto dalle caratteristiche sorprendenti.

E così via.

Adesso c'è la grazia.

E per giunta, anche con riferimento alla grazia, che è già un istituto "speciale", si ricorre a procedure "specialmente" veloci.

E' questo che si discute. Non di cosa è giusto per il dr Contrada. Per questo ci sono i Tribunali.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Gentile dottor Lima,
sono perfettamente d'accordo con Lei!
In questo caso però si tratta di un detenuto quasi ottantenne che è anche molto ammalato, si proclama innocente, era il numero tre dell'apparato investigativo interno dello Stato, dipendente direttamente dalla presidenza del Cdm, ha un figlio attualmente in servizio nella Polizia di Stato, le accuse alla base della sua responsabilità derivano da pentiti che lui ha fatto arrestare, ed in ogni caso, qualora sia veramente un colluso, era soltanto un burattino gestito da raffinati burattinai che nonostante ciò rimangono impunemente ai vertici delle nostre Istituzioni. Per non aggiungere ancora, come dal Corriere di oggi, di tutte le testimonianze che ribadiscono la sua correttezza istituzionale a partire da diversi suoi superiori che ricoprivano incarichi ai vertici degli apparati di sicurezza dello Stato, nonché di parenti illustri di vittime della mafia stessa. Comunque, per concludere, il mio intervento è solo questione di umanità, lavoro con gli anziani e so quanta sofferenza vivono nella loro condizioni di fragilità.
bartoloiamonte@libero.it

Anonimo ha detto...

Nel libro Toghe Rotte del Dr.Tinti c'è il capitolo "Come ammazzare la moglie ecc:
Ora dobbiamo aggiungere anche questo.
Al solito ho sentito in TV l'ampio spazio dedicato alla richiesta da parte del legale di Contrada di richiesta di grazia per motivi di salute.
Ho poi sentito l'intervista al fratello di Contrada che, premettendo di non riconoscere la sentenza di condanna e di prossima richiesta di revisione del processo,ribadiva l'intervento di Mastella alla richiesta di grazia.
Per i motivi di salute, come per il caso Sofri, è stato il Magistrato che ha vagliato e trovato la soluzione.
Oggi a Firenze è intervenuta la portavoce delle vittime della strage di via dei Georgofili opponendosi recisamente a detta richiesta, ed anzi rilevando che anche Riina sta facendo di tutto per convertire la pena, e in riferimento all'età avanzata rilevava che anche altri esponenti mafiosi: Provenzano ed altri hanno un'età avanzata e relativi acciacchi di età, e cioè che la mafia adesso li vuole fuori dal carcere:
Non cambia niente, basta che una non notizia vada in televisione che si scomoda anche il Capo di Stato.
Alessandra

salvatore d'urso ha detto...

A prescindere... il dott. Contrada deve rimanere in carcere per ciò che ha fatto... se vuole avere delle riduzioni di pena deve collaborare con la giustizia, fare i nomi e cognomi di chi ha voluto la strage e il perchè... fino ad allora spero rimanga in carcere e che paghi il suo conto con la giustizia in nome di chi ha donato la sua vita per uno Stato poco riconoscente per tale prezzo pagato...

Al signor Contrada gli auguri li farò il giorno in cui si deciderà a parlare... fino ad allora è GIUSTO che rimanga in galera a scontare anche i suoi ultimi giorni di vita. E' ora di smetterla con questo falso buonismo, se avessero un minimo di coscienza ci avrebbero pensato due volte prima di commettere tali reati tanto orribili e nel caso specifico del signor Contrada di tradire lo stesso Stato che figurativamente serviva a favore di personaggi che hanno e stanno mettendo in pericolo lo Stato di Diritto e la democrazia nel nsotro paese.

Anonimo ha detto...

Condivido l'intervento del Dott. Lima.

Bisogna essere giusti.

E allora, se da un lato valuterà il Magistrato di sorveglianza sulla possibilità della scarcerazione di Contrada, dall'altro lato occorre che la legge sia UGUALE PER TUTTI, e che non si montino, del pari, campagne di stampa a favore di altri, non citati dal Dottor Lima, pluricondannati in via definitiva per fatti di sangue soltanto perché hanno come "amici" giornalisti, politici e conduttori televisivi che contano !

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 19.24 fa riferimento, credo, alla vicenda Sofri.

Mi scuso per non avere citato questo caso nel mio precedente commento.

Penso della vicenda Sofri le stesse cose che penso di quella Contrada.

Trovo davvero inaudito quello che si è fatto per Sofri.

Sofri ha goduto di tutte le garanzie di qualunque impuitato. Ha fatto tutti i ricorsi possibili. Adesso è un condannato definitivo per l'omicidio di un commissario di Polizia. Trovo incredibile che una fetta cospicua del Paese si comporti come se fosse un perseguitato.

Ripeto per Sofri quello che ho già scritto per Contrada: non ne penso né bene e né male. Prendo atto che ha riportato una condanna definitiva dopo un giusto processo.

Davvero non è possibile che se uno fa parte di una elite di qualunque tipo le sue eventuali condanne non debbano "valere".

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Sapevo che mi avrebbe risposto, Dottor Lima, e che ancora una volta la nostra visione della Giustizia sarebbe stata la stessa.

Grazie.

Anonimo ha detto...

Per contribuire ad arricchire il dibattito sul caso Contrada, fornendo un diverso punto di vista, a favore dell'innocenza di Bruno Contrada, rimando all'articolo di un giornalista che ha seguito personalmente le vicende processuali e ivi riassume le proprie conclusioni:

http://casocontrada.blogspot.com/

Secondo me, il punto di vista del Dott. Lima è senz'altro condivisibile, la legge deve essere uguale per tutti. Tuttavia io penso che si possa e si debba provare a rileggere la vicenda a partire anche da una possibile innocenza di Bruno Contrada. saluti a tutti,
Paola Risi

Gennaro Giugliano ha detto...

Il problema dovrebbe essere molto semplice,vi è una legge che dovrebbe essere uguali per tutti sia che si tratti di pinco pallino che del presidente della repubblica,quando arriveremo a stabilire questo concetto forse potremo avere la parvenza di un paese civile ( almeno per quello che concerne il settore giudiziario) diversamente allora non ci siamo ed è molto grave come aspetto

Anonimo ha detto...

Per Paola Risi.

Gentile Paola,

grazie del Suo contributo.

Mi permetta, però, di dissentire rispettosamente.

Scusi se replico. Spero che questa replica non la scoraggi dal difendere qui il Suo punto di vista, perchè credo sinceramente che solo da un confronto franco fra chi la pensa in modo diverso possano venire spunti per "crescere" e per il nostro blog la partecipazione di lettori come Lei è una ricchezza preziosa.

Ciò posto, credo che la grazia non possa diventare un quarto grado di giudizio.

Ce ne sono già tre in Italia!

Pensi che nei paesi anglosassoni c'è un solo grado di giudizio (l'appello segue una logica diversa dalla nostra; non è un diritto; non è un secondo grado di giudizio; viene concesso solo quando c'è una qualche nullità del giudizio ed è un nuovo giudizio valido al posto di quello nullo).

Non è possibile che, esauriti i tre gradi di giudizio, ancora discutiamo se uno è colpevole o innocente.

Se ci sono elementi per una "revisione del processo", si fa la revisione.

Ma davvero non è possibile che si usi la grazia come "valvola di salvezza" degli imputati eccellenti: se vinci il processo i giudici fanno schifo ad essersi permessi di processarti; se perdi il processo, vinci lo stesso perchè ti diamo la grazia.

Ma allora a che serve fare i processi?

Tutte le questioni relative alle concrete condizioni di espiazione della pena hanno una sede legale al Tribunale di Sorveglianza.

Mi creda, in nessun paese evoluto la giustizia è così ridicolizzata come da noi.

Inoltre tutta questa storia (quella di Contrada, quella di Sofri, tutte quelle del genere) assomiglia tantissimo a quello che nella storia dell'umanità è il cattivo giudizio per antonomasia.

Quello di Pilato, che chiede al popolo: "Chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù?"

In Italia, ormai, l'obiettivo di tutti gli imputati è avere un popolo che ne chieda a gran voce l'impunità, con conseguenze davvero devastanti per il "sistema" della giustizia.

Il processo è una struttura indispensabile della democrazia. Non è possibile che ormai non conti più niente, perchè quello che conta è ciò che si vuole "fuori" dal processo.

Gentile Paola, scusi ancora per la replica e grazie davvero per il Suo dissenso, che arricchisce la nostra conversazione.

Un caro saluto.

Felice Lima

Carlo Verdi ha detto...

Il dottor Lima ha scritto:
Per Tanassi si fece la legge sull'affidamento in prova al servizio sociale.

Per Previti si è fatto un indulto dalle caratteristiche sorprendenti.

E così via.

Adesso c'è la grazia.
E per giunta, anche con riferimento alla grazia, che è già un istituto "speciale", si ricorre a procedure "specialmente" veloci.
E' questo che si discute. Non di cosa è giusto per il dr Contrada. Per questo ci sono i Tribunali.

Credo che la pietà per l'uomo inerme e malato venga prima di tutto e che l'accanimento ed i giudizi severi che leggo nei confronti del dott. Contrada non facciano onore a nessuno, atteso che egli oggi è un povero vecchio malato.
Di fronte alla vita che si spegne ed alla malattia non c'è censore che tenga; è sempre auspicabile, a mio avviso, un atteggiamento umano e pietoso.

Ma, soprattutto, mi lascia perplesso il giudizio severo formulato nei confronti di leggi e del parlamento che - per me, almeno - rappresenta ancora il popolo sovrano.

una cosa, infatti, è la critica politica; altro è assumere che il parlmento approvi sistematicamente leggi importanti per favorire qualcuno.
Volendo cordialmente polemizzare, sarebbe facile dire che il prossimo passo è l'apertura di un'indagine per corruzione nei confronti dei parlamentari che hanno proposto o votato quelle leggi: cosa avranno ricevuto in cambio?
Ma io non condivido questo modo di ragionare.
Non accetto questo diffuso scetticiscmo nei confronti del legislatore e delle leggi.
Questo modo di ragionare, infatti, rende "normali" indagini per corruzione nei confronti di parlamentari, avviate addirittura interrogando i senatori il giorno prima di importanti votazioni.
Si è espressa - giustamente - comprensione per la dott.ssa Forleo, sentita dinanzi al CSM il gionro dopo una tensiva deposizione a Brescia.
Che dire del parlamentare chiamato a pronunciarsi dopo aver appreso che un eventuale voto in una certa direzione avrebbe comportato una sua qualificaizone in termini di illiceità penale?
Non è forse questa una sorta di abnorme misura cautelare con preoccupanti effetti poilitici?
Io auspico un maggiore rispetto per le leggi che, una volta approvate, sono di tutto il popolo italiano.
E vanno rispettate , come le sentenze, anche quando non si condividono.
Eichettarle come strumenti di favore e, quindi, come strumenti criminosi mi fa paura.

Soprattutto quando questi giudizi promamano da esponenti di una categoria che, mentre non esita a invadere il campo della politica, stenta a guardarsi dentro con la stessa severità che applica alle altre categorie.

Vogliamo parlare della lottizzazione "cencelli" e delle logiche correntizie interne all'ANM?
Non crede che, forse, se si intercettassero i telefoni di tanti epsonenti delle correnti prima dell'assegnazione di importanti posti oggetto di veri e propri bandi pubblici se ne sentirebbero delle belle?
Non le sembra strano che posti oggetto di formale pubblicazione siano oggetto di informale divisione tra le correnti (si dice "in quota" ad una o all'altra corrente).

Non capita forse troppo spesso che il potere giudiziario riservi ad altri giudizi e metodi di valutazione ben più severi di quelli che applica a sè?

Non crede che prima di criticare e di vedere il male dovunque occorra forse fare pulizia dentro se stessi?

Sono argomenti qualunquisti i miei, certo.
Ma esattamente come quelli di assume che il parlamento approvi leggi ad personam al solo fine (illecito) di favorire singoli criminali, strumentalizzando la funzione più nobile allo scopo di realizzare fini criminosi.

scusi lo sfogo e grazie per la comprensione.

Carlo Verdi

Anonimo ha detto...

A Carlo Verdi.

Gentile lettore, Lei pone molte questioni e al momento non ho il tempo per rispondere a tutte le Sue osservazioni.

Intanto, rispondo a un paio.

Lei ci sfida a guardare al nostro interno.

Ipotizza poi che noi possiamo ritenere "qualunquistiche" le Sue considerazioni.

Sul punto le dico che esse non mi appaiono "qualunquistiche", ma che sono con evidenza infondate con riferimento a ciò che stiamo facendo in questo blog.

Sappia, infatti, che qui ci stiamo sforzando di fare fondamentalmente proprio autocritica, afforntando le ricadute di questo atteggiamento nell'ambiente in cui normalmente operiamo.

La invito, se vorrà, a leggere alcuni degli articoli che trattano qui questo tema.

Mi permetto di citargliene almeno alcuni, in maniera non esaustiva:

“Presentazione”

“Le responsabilità dei magistrati nella crisi della giustizia”

“Una riflessione necessaria”

“L’A.N.M è gestita democraticamente o c’è aria di regime?”

“Una ‘Giustizia’ molto migliore è possibile … anche subito”

“I magistrati non riescono a rendersi conto delle loro inefficienze”

Creda, ce ne sono molti altri.

Dunque, non pensiamo in alcun modo di essere "migliori" di alcuno.

Ciò detto, mi consenta, però, di dirLe che l'atteggiamento che Lei propone non è quello proprio di una democrazia. In una democrazia - diversamente da quanto accade in un regno o in un regime - il popolo è sanamente critico nei confronti di chi lo governa.

Io ho il massimo rispetto delle istituzioni. Ma credo che chiudere gli occhi davanti alla realtà e non vedere cosa fanno delle istituzioni coloro che ne abusano - siano essi politici o magistrati o impiegati comunali o quello che sia - non sia "rispetto per le istituzioni", ma, al contrario "complicità con chi ne fa scempio".

Le aggiungo anche che il fatto che moltissime leggi sono state fatte in questi anni "ad personam", ossia per favorire Tizio o Caio, non è una ipotesi, ma un'evidenza documentale.

E questo è un evidente abuso della funzione parlamentare.

In una democrazia, il Parlamento è vincolato nei mezzi e ancora di più nei fini. Il fatto che non ci sia - per ragioni connesse alla logica del sistema - una autorità superiore che può sindacare la discrezionalità politica, non toglie che chi ha il potere politico ha il dovere - morale e giuridico - di utilizzarlo per i fini indicati dalla costituzione e non per fare eleggere in Parlamento e assicurare la pensione a un'amante o per assicurare l'impunità a un compagno di partito.

Mi creda, gentile Carlo, c'è una differenza abissale fra "rispetto" e "complicità", non comprendere la quale ci condanna a sentire telefonate come quella fra Berlusconi e Saccà o come quella fra D'Alema e i furbetti.

Il fatto che se intercettassimo dei magistrati sentiremmo cose ugualmente tristi non è un argomento che può condurre dove vorrebbe Lei, per un duplice ordine di considerazioni.

Per un verso, infatti, non è sano pensare: "Per evitare di finire sotto processo io, non processo gli altri".

E, per altro verso, personalmente reclamo nei confronti dei magistrati lo stesso rigore che auspico (ovviamente del tutto invano) nei confronti dei politici.

Concludo segnalandoLe che questo bisogno di credere ciecamente nella "bontà" dei "capi" è quello che ha portato nel secolo scorso migliaia di persone sotto il balcone di palazzo Venezia, nelle piazze di Berlino e in quelle di Mosca. E non era per niente una buona cosa.

Un caro saluto.

Felice Lima

Carlo Verdi ha detto...

Gentile dottore Lima,
le dò atto della serietà e dell'estremo interesse della sua iniziativa.
Questa, del resto, è la ragione per la quale essa ottiene tanti meritati consensi ed induce anche semplici cittadini - come chi le scrive - a partecipare alla discussione.
Leggerò con attenzione tutte le pagine che mi ha segnalato ed avremo modo di confrontarci cordialmente, se vorrà.

Ho letto la prima (presentazione).

La condivido in special modo nella parte in cui assimila la gestione correntizia dell'ANM alla peggiore politica italiana.

Spero davvero che il suo impegno (e quello di altri operatori del diritto) contribuiscano a cambiare le cose.

Mi consenta però un'ulteriore provocazione.

Se è vero che esiste una malapolitica ed una malagiustizia, come mai le indagini di certe procure della Repubblica colpiscono spesso - anche gratuitamente - la prima ed ignorano - o addirittura praticano - la seconda?

Per quanto a sua conoscenza, è stata mai aperta un'indagine sulle modalità di assegnazione degli incarichi da parte dell'ANM o del CSM?
Si è mai ironizzato sulle prove che i candidati magistrati debbono superare (e che forse non sono sempre di puro diritto?)
E' mai stata scrutinata la prassi nell'assegnazione di siffatti incarichi con la severità con la quale si verifica l'operato della più modesta giunta comunale?
E' noto un dato di fatto: ogni sindaco subisce decine di procedimenti penali e spesso questi si concludono con assoluzione con formula piena.
Mi sembra giusto (anche se spesso gratuito ed inutilmente dispendioso per le casse pubbliche, dato che le spese legali le pagano i cittadini ed i magistrati non rispondono dei loro errori) un siffatto controllo.

Ed ormai il controllo penale si estende anche all'esercizio della funzione politica più alta, quella parlamentare.

Mi chiedo: perchè questo controllo non viene neppure tentato quando gli incarichi vengono assegnati o le procedure pubbliche vengono svolte all'interno della magistratura?

E come mai tali atteggiamenti di pura lottizzazione non indignano i tanti magistrati che, invece, sono pronti ad ergersi a censori del parlamento, delle leggi e della funzione politica che le crea?

Gentile dott. Lima, le mie considerazioni possono sembrarle offensive ed inutilmente polemiche, ma invece rappresentano un vero e proprio grido di dolore da parte di chi sempre più si convince che il sistema giudiziario e quello politico sono egualmente deviati ed inidonei a curare l'interesse pubblico, senza alcuna concreta via d'uscita.

Per questo la giustizia e la politica sono sempre più avvertite come disservizi dalla gente comune, che non crede più nè ai giudici nè ai politici.

Con la differenza, però, che i primi non sono chiamati a rispondere di nulla, mentre i secondi subiscono anche iniziative pretestuose e di dubbia legittimità.

Cordialmente

Carlo Verdi

Anonimo ha detto...

Piano piano tutti i nodi stanno venendo al pettine.
E' vero che dobbiamo rispettare le leggi.
Ma è anche vero che da più di venti anni quello che mancano sono riforme seri durature e strutturali.
Da cittadina sento il diritto di poter osservare che da molto tempo con leggi ,secondo me, eccessivamente garantiste, l'imputato dopo aver subito un processo, esser stato condannato con sentenza definitiva, varca la soglia del carcere che fino a prova contraria e secondo il codice rappresenta la pena, diventa la vittima della società.
Mentre le vittime, le famiglie delle vittime subiscono la condanna a morte che nessuno ha decretato.
La mancanza di riforme serie organiche che affrontino sia il problema dalla parte delle vittime che dei colpevoli assicurando un processo giusto,celere, la certezza della condanna e della pena. Il carcere rappresenta appunto la pena da scontare che credo non sia un luogo piacevole per nessuno ma appunto, è la pena.
Le condizioni della permanenza in carcere poi fanno parte di altra organizzazione che ne deve assicurare le condizioni degne di un paese civile.
Occorrono riforme serie in ogni settore e se non si cominciano subito con serietà e impegno di tutti, è veramente una cattiva battuta di spirito sentirci dire che va tutto bene, che l'Italia va.
Alessandra

Anonimo ha detto...

A Carlo Verdi.

Gentile Lettore, La ringrazio della Sua cortesia e sensibilità.

Poiché credo davvero che il Suo sia un appello sincero, mi permetta, con altrettanta sicerità, di suggerirLe di approfondire meglio i problemi.

Le segnalo alcuni FATTI pacifici per chi cerca di informarsi, non limitandosi, come accade a molti, a leggere solo i giornali della propaganda berlusconiana.

Non è vero che la magistratura non indaga su se stessa.

Decine di magistrati sono stati arrestati da altri magistrati (anche in questo 2007, come in tutti gli altri anni precedenti, sono finiti in carcere anche magistrati che occupavano posti di notevole rilievo: fra gli altri, un Sostituto Procuratore Generale della Cassazione e un Presidente di Sezione di Tribunale) e decine sono stati puniti e destituiti dal C.S.M.. Altri (recentemente un Procuratore della Repubblica) si dimettono appena il C.S.M. avvia il procedimento disciplinare.

Sotto questo profilo, l'amministrazione della giustizia - che pure noi critichiamo fortemente - è decisamente la più rigorosa con i suoi dipendenti.

Nessuna altra amministrazione è così sorvegliata e così punita.
Così come nessuna altra amministrazione è tanto insultata quotidianamente su tutti i giornali e le televisioni.
Così come i provvedimenti di nessuna altra amministrazione sono così tanto "sotto gli occhi di tutti": come minimo gli avvocati di ogni processo.

Non è vero che tutti i sindaci subiscano decine di processi penali dai quali escono assolti. Moltisimi sindaci non subiscono alcun processo e moltissimi vengono condannati.

Il concorso di magistratura è CERTAMENTE un concorso ASSOLUTAMENTE CORRETTO E TRASPARENTE. Non per niente, il governo Berlusconi ha introdotto modifiche tendenti a rovinarlo.

E' un concorso fondato solo su prove tecniche anonime, con una commissione composta in modo tale da non potere essere "addomesticata".

La prova decisiva è che in magistratura entrano persone provenienti da tutte le classi sociali (ed è un bene) e che l'80% dei magistrati risulta laureato con il massimo dei voti (il che dimostra che il concorso è selettivo sotto il profilo tecnico). Le riforme introdotte dal governo Berlusconi minano grandemente tutto questo e, se non verranno abrogate, nei prossimi anni produrranno una magistratura molto diversa, molto più classista e molto meno libera.

Da che io sono in magistratura, allo scritto viene promosso un numero di concorrenti inferiore ai posti, sicchè all'orale (quando l'identità del candidato è nota) non c'è motivo di fare "magagne".

Non è vero che, come dice Lei, i magistrati non si indignano per la lottizzazione correntizia dei posti direttivi nella magistratura. Tanti si indignano. Ma avviene ciò che avviene nel resto del Paese: che il malcostume al momento è prevalente. Accanto a tanti politici deplorevoli, ce ne sono altri molto per bene che si indignano. Ma al momento sembrano in minoranza.

Questo, però, non può indurre a stroncare "la magistratura" o "la politica". Perchè queste "stroncature" generalizzate peggiorerebbero la situazione invece di migliorarla.

Per questo ci dobbiamo impegnare. Nella magistratura, nell'avvocatura, nella sanità, nel Paese.

Per questo dobbiamo provare a fare accettare alcuni valori culturali e costituzionali in modo che entrino nella vita della società, dalla quale al momento sembrano banditi.

Gentile Carlo, il problema è provare a migliorare le cose. Ciò che non va, a mio modesto parere, nel Suo atteggiamento (e glielo dico davvero con tutto il rispetto che la Sua cortesia e la Sua sincerità meritano e delle quali La ringrazio di cuore) è quanto segue:

1) Una società è un "tutto". Se la società è molto malata, non ci possono essere isole "felici". Dunque la giustizia sarà simile alla sanità e in qualche modo anche alla politica. E questo non può stupire.

2) Ci dobbiamo battere per migliorare le cose, sapendo, però, che non ci sono panacee e sapendo distinguere il buono dal cattivo. Altrimenti, si giunge al paradosso che emerge dai Suoi commenti. Da un lato, un disfattismo per il quale addossa alla magistratura anche colpe che palesemente non ha e, dall'altro lato, una "devozione" cieca per il potere, giustificata dal "rispetto" per le istituzioni.

Gentile Carlo, l'impegno di ciascuno in una società complessa è a sua volta complesso.

Si tratta di lavorare con pazienza, rispettando il buono che c'è (in ogni ambiente) e adoperandosi per cambiare ciò che non va (in ogni ambiente).

Sappia che chi Le promette soluzioni salvifiche, cambiamenti radicali che salveranno il mondo è un pericoloso criminale che tenta di usarla. Chiunque sia, di destra o di sinistra, cattolico o islamico. Gesù Cristo promise la più grande rivoluzione mai prospettata all'umanità, ma non disse mai che si sarebbe compiuta facilmente né in poco tempo.

Sul punto, mi permetto di segnalarLe l'articolo che segue:

“Democrazia e principi. Il pericolo delle politiche eudemoniste”

Spero che Lei colga in questo mio intervento un sincero contributo di dialogo e non una polemica.

La ringrazio della Sua attenzione per noi e spero che insieme si possa fare della strada, aiutandoci reciprocamente a crescere.

Un caro saluto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

"Il concorso di magistratura è CERTAMENTE un concorso ASSOLUTAMENTE CORRETTO E TRASPARENTE"

Ne è VERAMENTE sicuro ?

VERAMENTE ?

Non è forse un CONCORSO PUBBLICO STATALE...come tanti altri ?

E in quale Stato vive Lei, in Svezia, in Norvegia, in Germania, in Francia...oppure in Italia ?

Certo, non voglio dire che chi supera il concorso non sia preparato, anche se l'italiano parlato da certi soggetti, già magistrati, lascerebbe qualche legittimo dubbio...

Mi domando soltanto, astrattamente, ipoteticamente e semplicemente, se chi supera il concorso, OLTRE alla preparazione, non possa avere anche qualche "santo" in Paradiso...

E l'esser in pochi a superare il concorso non dà certo garanzie che detti "santi" non possano agire, potendo esser la "selezione" più rigida, ma nulla dicendo, tale circostanza, sui CRITERI usati per la stessa, né sulla RATIO del ristretto numero di candidati ammessi !

Riporto un recente articolo del Corriere, passato quasi sotto silenzio: "O la statistica è birichina assai o c'è qualcosa che non quadra nell'attuale concorso di accesso alla magistratura. Quasi UN TERZO degli aspiranti giudici ammessi agli orali, che cominceranno fra un mese, vengono infatti dall'area della Corte d'Appello di Napoli, che rappresenta solo UN TRENTACINQUESIMO del territorio e UN DODICESIMO della popolazione italiana. Un trionfo. Accompagnato però da una curiosa coincidenza: ERANO DELLA STESSA AREA, più Salerno, 7 su 24 dei membri togati della commissione e 5 su 8 dei docenti universitari. Cioè OLTRE UN TERZO DEGLI ESAMINATORI. Il che sta scatenando una serie di ricorsi che, insieme con l'inchiesta penale aperta dopo la scoperta dello scandalo della fotocopiatrice di cui il Corriere ha già scritto e con la denuncia di un giudice indignato che ha chiesto a Ciampi l'annullamento della prova, rischiano di far saltare tutto".

E ancora: "I numeri, però, danno da pensare: è mai possibile che gli ammessi agli orali dei distretti di Napoli e Salerno (un 25° dei candidati, inizialmente) siano 132 e cioè IL DOPPIO DI TUTTE LE REGIONI DEL NORD che messe insieme (tolta l'Emilia Romagna) arrivano stentatamente a 74? Possibile che i ragazzi laziali passati ai preliminari e agli scritti siano stati il 3,7% e quelli campani (tolta Salerno) addirittura il 12%? Possibile che la Campania abbia poco più degli abitanti della Sicilia ma il quadruplo (132 contro 36) dei quasi-giudici e tre volte la popolazione della Sardegna ma 22 volte più geni del diritto? Per non parlare del rapporto con alcune regioni settentrionali come il Veneto e il Friuli, che insieme fanno più abitanti della Campania ma si ritrovano con una dote di futuri magistrati OTTO VOLTE PIU' BASSA: 17 contro 132. Tutti mona? Domanda: c'entra qualcosa, in queste eccentriche coincidenze, un pizzico di campanilismo, familismo, favoritismo? A meno che non sia una domanda impertinente..."

In definitiva, vuol sapere cosa penso, caro Dottor Lima ? Che il concorso in Magistratura è semplicemente...un concorso pubblico dello Stato Italiano !

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 15.27.

Le confermo che il concorso di accesso alla magistratura è un concorso estremamente corretto.

Le aggiungo che ciò è noto a tutti coloro che vi hanno preso parte come candidati o come commissari e in genere agli "addetti ai lavori".

Si informi con persone nelle quali ripone più fiducia che in me.

Non a caso diversi politici in passato hanno cercato di ottenere (per fortuna senza successo) "immissioni" straordinarie di magistrati senza quel concorso.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Veramente è proprio in Lei che ho fiducia, anche se non la conosco personalmente, per quanto ha avuto il coraggio di scrivere sinora.

Mi permetta, però, di non crederLe, almeno questa volta, e non alla Sua indiscussa buona fede, ma soltanto a quanto ora sostiene.

Cordiali saluti.

Anonimo ha detto...

Per Anonimo delle 16.37.

Gentile Lettore, La ringrazio molto della fiducia che mi accorda.

Se può servire a qualcosa, mi permetta di dirLe che ho vinto il concorso del tutto onestamente.

E così posso dire con certezza di mia moglie (e, per evitare illazioni :-) preciso che ci siamo conosciuti in ufficio, dopo che eravamo entrati in magistratura, sicchè non è "strano" che nella stessa famiglia ci siano due magistrati), e di tanti amici a cui ho visto vincere e anche perdere questo concorso, per il quale, a suo tempo, abbiamo tanto studiato e penato.

E se può servire aggiungo anche di averlo visto vincere a persone di umilissima origine e perdere a figli di gente potente.

Questo è un vero vanto della magistratura: che è un corpo composto da persone di ogni estrazione e provenienza, economica, sociale, culturale.

Questo fa arrabiare "il potere". Che la magistratura non è, con riferimento agli 8000 e tanti magistrati che la compongono, un corpo "omologo".

Questo fa sì che il potere cerchi in tutti i modi di controllarla e omologarla (pensi a questa cosa gravissima della gerarchizzazione delle Procure messa in atto dalla riforma Castelli/Mastella, con il consenso trasversale di due legislature).

Per questo ci dispiace da morire che tanti magistrati (in posti di vertice) si prestino a "fare da mediatori" fra "il potere" e "la magistratura".

Per questo in questo blog cerchiamo di difendere l'indipendenza dei magistrati (di tutti singolarmente) e non della "magistratura" come corpo da omogeneizzare.

Sul punto, mi permetto di riportare qui il periodo finale di un articolo pubblicato in questo blog (“Clementina Forleo e tutti noi avremmo diritto a un giudice imparziale”).

Scrivevo lì: "Vorrei un C.S.M. corretto, equanime, rispettoso delle regole, tutore dell’indipendenza dei magistrati.
E ciò non solo per il bene dei colleghi Forleo e De Magistris, ma anche per quello di ogni magistrato e dell’intero Paese.
Fra l’altro, ciò che serve al Paese è l’indipendenza “dei magistrati” (di ogni singolo magistrato), che è cosa del tutto diversa dall’indipendenza della “magistratura”.
L’indipendenza della magistratura senza l’indipendenza dei magistrati si trasforma, infatti, soltanto in un privilegio corporativo e nello strumento di un potere che non serve il Paese – dal quale, infatti, è sempre più lontano e meno apprezzato – ma sé stesso".

Un'altra delle cose che ci preoccupa della riforma Castelli/Mastella è che questo venga meno e i magistrati vengano presi fra "chi se lo può permettere".

Un caro saluto ringraziandoLa ancora di cuore per la Sua partecipazione al nostro dibattito e per le gentili parole che mi ha rivolto.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Sapevo bene, gentilissimo Dottor Lima, che parlare di questo argomento avrebbe suscitato la legittima reazione di chi, come Lei, credo abbia vinto senz'altro onestamente il concorso.

Se fossi nella Sua posizione, sicuramente avrei reagito nella stessa maniera, perché si tende sempre a fare di tutta l'erba un fascio, laddove è certo che in magistratura vi sono tante persone che meritano, così come nei ministeri, negli enti pubblici, nei comuni...ciò non toglie che in Italia vi siano anche, e in misura maggiore rispetto a quanto avviene in altri paesi, persone che non meritano il loro posto, se non altro perché lo hanno sottratto ad altri più meritevoli, ma privi delle "spinte" adeguate.

Innumerevoli sarebbero gli aneddoti che ho sentito e che Le potrei riferire: dal custode della stanza ove sono depositati i temi che depone la chiave nella bacheca e se ne va a metà pomeriggio, lasciando libero accesso a numerose, non meglio identificate, persone, a tantissimi altri episodi...sono cose "sentite dire", per l'amor di Dio, non ho alcuna prova !

Come non avevo alcuna prova dei "famosi" esami di abilitazione alla professione forense di Catanzaro, superati per almeno un decennio dal 99,7% dei candidati, laddove a Genova passava il 17% o a Milano addirittura il 5%, per i quali la magistratura ha disposto soltanto un'inchiesta e per un solo anno, poi finita con la prescrizione !

Per questo mi sono limitato a riferire soltanto ciò che è certo, e a citare un articolo del Corriere, che riporta cifre e fatti incontestabili. Sono abituato a giudicare in base ai fatti, come Le dissi altrove, ma anche in base alle presunzioni, che, se sono gravi, precise e concordanti, non possono non contribuire a formarsi almeno un'opinione.

E siccome non vedo alcun motivo logico e razionale per cui il concorso in Magistratura debba essere "diverso" da tutti gli altri concorsi in Italia, continuo a mantenere questa opinione.

Cordiali saluti, e grazie a Lei per il tempo che dedica a leggermi !

Anonimo ha detto...

Leggete anche questa.

http://www.genovaweb.org/comunicati_2/2007/20071228_macaluso_contrada.htm

Buon Anno a tutti, con l'augurio che cambino davvero le coscienze e che il nostro Paese - cioe' tutti quelli che vi lavorano e che con la loro fatica lo fanno camminare, e non solo pochi eletti...- possa avere DAVVERO un po' di felicita'!

Francesca

Anonimo ha detto...

Gent. Dott. Lima,
la ringrazio per la cortese e intelligente risposta. Mi sono rivolta a lei e a questo blog proprio perché lo ritengo un'isola felice, dove si può discutere serenamente e si possono leggere articoli e commenti spassionati, esenti dalle coloriture forcaiole e pressapochiste che ho purtroppo dovuto leggere altrove. So che Lei è una persona integerrima, seria, amante della verità, e condivido tutte le Sue osservazioni sull'abuso dell'istituto giuridico della grazia, sull'assurdità di tre gradi di giudizio che umiliano la Giustizia anziché onorarla. Vi è qualcosa, tuttavia, che nella vicenda Contrada mi ha sempre profondamente turbato e continua a turbarmi. Forse perché tutto sommato Contrada -almeno così mi è parso - è stato già condannato prima che i tre processi avessero luogo, pressoché unanimemente, dalla vox populi e da una stampa superficiale, che raramente si è preoccupata di approfondire da un punto di vista legale (lettura dei documenti processuali) e umano, perché no, questa vicenda. Ecco perché mi permetto di suggerire ancora la lettura del blog, il cui link ho indicato precedentemente. Sono certa che lo troverà interessante, ben documentato e scritto, soprattutto redatto con uno spirito di verità che traspare da ogni parola. Io non so quale sia la verità in questa triste vicenda. Mi domando solo cosa sarebbe avvenuto se Pilato avesse approfondito la fatidica domanda "quid est veritas", se fosse stato disposto ad arrivare alle estreme conseguenze di quella fatidica domanda...forse non si sarebbe reso connivente di un atto di vile annientamento di un innocente. Mi permetto di riportare alcune parole dello stesso Contrada, scritte recentemente al suo avvocato: "Tutti coloro che, per qualsiasi motivo, vogliono dire qualcosa sulla mia vicenda giudiziaria" - scrive l'ex-poliziotto - "non parlino per sentito dire o sulla base di notizie dei mass-media; si informino, leggano gli atti dei processi, le sentenze, i motivi di appello, le memorie difensive, le testimonianze di più di 100 alti funzionari e ufficiali delle istituzioni dei corpi di polizia".
La ringrazio per la sua cortese attenzione e per la Sua squisita ospitalità, che in questi tempi di barbarie mi consola non poco.
Cordiali saluti,
Paola Risi

Anonimo ha detto...

Cara Paola, sono io che La ringrazio di cuore per i Suoi generosi complimenti ma, ancor di più, per la Sua presenza qui.

Felice Lima

Anonimo ha detto...

Ho riflettuto a lungo prima di intervenire sul caso Contrada.
So di dire cose gravi e so di non avere alcuna prova, per cui chi leggerà potrà considerare queste mie riflessioni come niente di più delle elucubrazioni di una testa calda un pò troppo appassionata di saggistica ed anche, un tantino, di dietrologia.
Inoltre questa è la prima volta, da quando sono qui sul blog, che mi trovo in disaccordo con Felice Lima, ma in fondo era anche importante che ciò accadesse, il dibattito più produttivo è proprio quello che nasce nel confronto di opinioni diverse, peraltro la stima reciproca e l'amicizia che sta nascendo sono sicuro continueranno ad evolversi positivamente.
E' vero che dopo due gradi di merito ed uno di legittimità dobbiamo considerare per accertata una verità storica, e tuttavia il dubbio ha diritto di continuare ad esistere laddove si tratti di vicende legate a straordinari sconvolgimenti storici, ai quali purtroppo il nostro paese non è nuovo.
Premetto (non è necessario, ma dovendomi qui esprimere anche su questioni di politica, credo sia utile sapere che nessuno dei nominati qui di seguito corrispondono alla mia "parrocchia" politica) di essere stato sempre e soltanto Radicale, salvo poi uscire dal Partito quasi 5 anni fa per una doglianza sacrosanta della mia amica Silvia Tortora nei confronti di Emma Bonino, documentata da comunicati stampa al vetriolo da me curati : questa è un'altra storia, che qui non c'entra nulla, tuttavia non sono mai stato nè socialista nè democristiano nè fascista nè comunista, ed oggi,come molti troppi altri italiani, sono privo di un riferimento politico affidabile.
Tuttavia gli anni in cui nasce la vicenda Contrada non sono anni qualsiasi, provo ad assemblare lo svolgimento degli eventi legando tra loro fatti che hanno anche una certa distanza temporale, ma che considero leggibili in una medesima ottica.
Dal crollo del muro in poi il Partito di Yalta (così definito da Marco Pannella l'accordo dei vincitori della guerra mondiale sulle reciproche zone d'influenza in Europa, su Quaderni Radicali n. 62) sta esaurendo la propria funzione.
Non ha senso per gli americani continuare a sovvenzionare giornali e partiti italiani anticomunisti, visto che il comunismo sta crollando su se stesso.
L'Italia era stato fino a quel periodo l'unico Paese Europeo sul quale il Partito di Yalta aveva concordato di esercitare una "libera concorrenza", facendone così una terra di frontiera e di scontro, come dimostrano sia la massiccia incidenza del terrorismo, drammaticamente superiore a quella di tutti gli altri paesi europei, che gli ormai noti retroscena della tragedia di Ustica.
In questo nostro Paese a "sovranità limitata" (G. Pellegrino, Segreto di Stato), una crisi politica senza precedenti, determinata anche (ma non solo) dalle sacrosante inchieste per corruzione di Tangentopoli, ottiene il duplice effetto di azzerare una classe politica che, grazie al sistema elettorale proporzionale, si era arroccata al potere e non se ne sarebbe mai scrollata pacificamente, nonchè di regolare alcuni conti in sospeso tra alcuni uomini politici italiani e gli americani : basti ricordare che Craxi, prima vittima del crollo del sistema (lo ripeto, non l'ho mai amato nè mai sono stato socialista), era stato il primo Capo del Governo che aveva osato mettersi sulla strada degli USA allorquando ordinò agli avieri italiani di Sigonella di armare i MAB per impedire ai marines di accedere alla base e prelevare il terrorista dell'Achille Lauro. Craxi aveva inoltre preso delle posizioni piuttosto decise di sostegno ad una ripresa delle inchieste sulla battaglia aerea di Ustica. Insomma, pur con tutti i suoi difetti, e le illegalità accertate dai processi, indubbiamente non aveva molti amici, soprattutto oltreoceano.
Nello stesso periodo gli italiani avevano scelto il sistema elettorale maggioritario, teoricamente all'anglosassone (cioè all'americana), grazie ad un Referendum proposto da un personaggio politico che prima era di fatto "invisibile" e che subito dopo ritornerà tale.
In quegli anni fonti particolarmente "illuminate" sulla tempistica, producono materiale probatorio che non può essere ignorato dalla Magistratura, la quale doverosamente inizia e prosegue inchieste e processi il cui effetto è anche quello di azzerare quasi tutti i vertici dei Servizi Segreti, ed inizia finalmente a disporre di strumenti e deposizioni tali da consentire anche di tentare di far luce sugli inquietanti rapporti tra mafia e politica.
Michele Coiro, procuratore capo di Roma (il cosiddetto "porto delle nebbie") muore di crepacuore.
Il Capo della Polizia Parisi muore di crepacuore.
In concomitanza con l'inizio delle inchieste sui rapporti tra mafia e politica, Bruno Contrada studia e propone la realizzazione di un piano di riconversione del SISDE in funzione antimafia, ma tale suo onorevole progetto rischia di sovrapporsi con le attività di altri apparati dello Stato che su quel terreno ci si trovano già da molto tempo e che stanno verosimilmente "amministrando" (lo dico senza alcun tipo di inflessione negativa) la complessa questione dei rapporti tra Stato e criminalità organizzata.
C'è un altro "sgradito" agli americani, Giulio Andreotti, lui anche è sempre stato notoriamente troppo "moderato" nei rapporti con il mondo arabo, ed il mondo arabo, nei progetti della NATO, è il nemico prossimo venturo.
Tuttavia lui ce la farà, perchè essendo più saggio di Craxi, avrà l'accortezza di fare un passo indietro politicamente, si asterrà dal lanciare anatemi pubblici denunziando "operazioni di politica internazionale", e forse è proprio per questo che il clima dei suoi processi è sempre dignitoso e sereno come si conviene, privo di interferenze esterne.
Tuttavia non dimentichiamo che, accantonato il piano Contrada per il SISDE, gli apparati che gestiscono i pentiti rimangono gli unici ad alimentare le inchieste di mafia, e che il nome di Andreotti uscirà proprio da queste fonti.
Dopo l'arresto di Contrada saranno altri Poliziotti a salire verso gli incarichi più importanti, tutti di grande valore, indubbiamente, ma anche evidentemente più in sintonia di lui con i progetti di ristrutturazione del Paese in ogni suo ambito, dalla politica, alle forze di polizia, ai metodi di indagine.
Contrada non è il solo caso di processo definitivo a monte del quale rimane il dubbio, lecito e ragionevole, che la sua celebrazione sia stata indotta da informazioni e confidenze o testimonianze di dubbia affidabilità : è poi naturale che un giudice debba giudicare solo quel che gli perviene in atti, e se hai decine e decine di pentiti che dicono tutti la stessa cosa non puoi far altro che attribuirgli, in sentenza, il peso che la legge ti impone di attribuirgli.
Non sto dunque parlando di errore giudiziario, nè tantomeno di accanimento da parte delle Procure, io credo sinceramente che il processo a Contrada possa essere assimilato a molti altri nei quali le notizie pervenute alla magistratura siano state "addomesticate" : la storia italiani insegna che purtroppo le informazioni servono a volte ad impedire un'indagine (vedi Ustica e le Stragi) ed altre volte invece possono servire a indirizzare una indagine.
Il processo a Sofri ne è un altro esempio.
Nasce anch'esso da rivelazioni "a tempo", e colpisce un uomo che, come Contrada, sebbene per storia e motivi assai diversi, a mio parere sa troppe cose di quegli anni misteriosi, esattamente come troppe cose sapeva quella che dicono essere stata la vittima di Sofri, e cioè l'onesto ed eroico Commissario Calabresi, che si era occupato di indagini che non riguardavano soltanto Pinelli bensì la sezione anarchica di cui Pinelli faceva parte e che aveva contatti un pò troppo "amichevoli" con alcuni vertici dell'allora PCI.
Allora sinceramente non me la sento di augurare a Contrada di morire in carcere.
La sua storia appartiene ad anni di guerra violenta anche all'interno delle Istituzioni, e forse la sua unica colpa è, come per Sofri, quella di non avere ritenuto importante offrire serenamente alla magistratura una propria lettura dei fatti, apportando particolari fatti e testimonianze che avrebbero potuto svelare scenari più complessi.
Si sono difesi con il catenaccio, insomma, senza mai fare contropiede, ma sono scelte loro che non mi permetto di giudicare non conoscendo quasi nulla delle loro vite.
Però la Grazia è una prerogativa legittima del Capo dello Stato, e se applicata ai due casi di Contrada e Sofri assolverebbe esattamente alla propria funzione giuridica, sociale e culturale : quella di dare al sistema una via d'uscita, necessaria quando nonostante due gradi di merito e uno di legittimità, il dubbio su inquinamenti esterni che si siano riflettuti negativamente sul processo sia comune a tanto grande parte di quel Popolo Italiano nel cui nome vengono pronunziate le Sentenze.

Andrea Falcetta

Carlo Verdi ha detto...

Gentile dott. Lima,
probabilmente mi sono espresso male.
Non intedevo dubitare delle modalità di espletamento del concorso in magistratura (anche se i dati sulla provenienza geografica dei candidati ammessi all'orale indicati da qualche commentatore sono effettivamente impressionanti) ma dell'assoluta assenza di indagini sul conferimento degli incarichi interni alla magistratura, i quali sono assegnati in forza di bandi pubblici che, però, sembrano essere gestiti non in maniera trasparente, ma secondo logiche squisitametne correntizie.
E la logica correntizia, ovvero la spartizione tra diverse "fazioni" di posti pubblici, credo meriti l'attenzione delle procure della Repubblica anche quando è praticata all'interno della magistratura.
Sul punto - per quanto a mia conoscenza, ma mi farebbe piacere essere smentito - le procure (pure così sollecite a indagare su ogni forma di assegnazione di altri incarichi nella società civile) restano assolutamente inerti.
Su questa provocazione, che le ho formulato ben due volte, non mi ha risposto.
E certo non sono pertinenti i casi di corruzione impropria susseguente contestati ad un Sostituto P.G. presso la Suprema Corte (al quale, anzi, avendo letto la sentenza della stessa cassazione a mio cire inusitatamente severa formulo la mia solidarietà) ovvero altre ipotesi di misure cautelari adottate contro magistrati accusati di associazione per delinquere.
Non era questo il punto in contestazione.
E, ancora, non mi ha risposto sulla contestazione relativa alla sostanziale impunità di una categoria (quella dei magistrati) che, indipendentemente dalla indiscussa serietà dei più, è abituata a non rispondere dei propri errori.
Pensi ai progressi in carriera di magistrati responsabili di gravissimi errori (vedi il caso Tortora) ed al ben diverso metro che la magistratuira usa quando giudica la negligenza di altre categorie (es.: medici).
E dia un'occhiata alla giurisprudenza sul risarcimento del danno ex l. 117/1988: un caso emblematico di violazione della sovranità popolare, una legge farsa che tradisce il referendum dal quale è scaturita.
Finchè esisteranno questi privilegi e queste impunità, a mio avviso, non saremo un paese che pratica la giustizia e troppo spesso coloro che per mestiere sono preposti a cercare anche le pagliuzze negli occhi altrui non sapranno scorgere le travi nei propri.
Cordialmente
Carlo Verdi

Anonimo ha detto...

da Corriere.it:

«UNA SENTENZA NON PUO' ESSERE VANIFICATA» - Le condizioni di salute di Bruno Contrada non devono rimettere in discussione quanto stabilito nei tre gradi di giudizio. È il commento del sostituto procuratore della Dda di Palermo, Antonino Ingroia, intervistato dal Gr Rai Sicilia, sulle recenti polemiche riguardanti la richiesta di grazia all'ex funzionario del Sisde, che sta scontando una condanna a 10 anni per mafia. «Io credo - ha detto Ingroia - che ci sia il rischio di disorientare ancora una volta l'opinione pubblica. Se si vuole tenere fede ai principi del diritto e della certezza della pena bisogna tenere distinti i vari profili che invece oggi rischiano di essere sovrapposti». «La sentenza di condanna - ha aggiunto - confermata per ben due volte dalla Cassazione sulla base di elementi costituiti dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, dei testimoni, persino dei magistrati, anche stranieri come Carla del Ponte, dalle intercettazioni telefoniche e ambientali e dai documenti, non può essere vanificata così se non ci sono degli elementi di uguale peso a discarico dell'imputato. Se questi elementi ci sono - conclude - li tiri fuori il difensore di Contrada, si farà un giudizio di revisione e la Cassazione interverrà nuovamente sul caso. Ad oggi esiste un giudicato, una sentenza di condanna che va riconosciuta e rispettata».

Anonimo ha detto...

Risposta a Carlo Verdi.

Gentile Carlo,

rispondo al Suo messaggio delle 20.20, dicendoLe quanto segue.

Mi creda, evidentemente non avevo compreso cosa esattamente Lei volesse dire. Me ne scuso sinceramente.

Detto nei termini di cui al Suo commento delle 20.20 e tenendo da parte il "caso Tortora", che richiederebbe tante precisazioni, sono assolutamente d'accordo con Lei.

E' vero che non ci sono inchieste penali sulla gestione dei concorsi interni alla magistratura e sono completamente d'accordo che questa è una omissione grave, alla quale le Procure territorialmente competenti dovrebbero porre rimedio.

Ed è vero che nella magistratura c'è una sostanziale impunità con riferimento alle responsabilità professionali e questo nuoce grandemente alla giustizia.

Da tre anni lavoro in una sezione civile che si occupa di risarcimento danni alla persona e sono completamente d'accordo con Lei che, se i magistrati venissero giudicati con il metro con il quale giudicano i medici, molti di noi suberibbero condanne davvero pesanti.

Per darLe prova della mia posizione sull'argomento che stiamo trattando, mi permetto di rinviare a un intervento che ho scritto per il congresso di Magistratura Democratica (corrente alla quale NON sono iscritto, come a nessuna altra corrente) di quest'anno, che può leggere a questo link.

Scusi l'autocitazione, ma in quello scritto ho detto cose chiare in un contesto in cui non era facile dirLe e, dunque, credo che esso possa testimoniare abbastanza l'onestà intellettuale della mia posizione. Inoltre esso risale a epoca "non sospetta" rispetto all'avvio di questo blog.

La ringrazio dell'opportunità che mi ha offerto di chiarire meglio la mia posizione e Le invio un caro saluto, pregandoLa, se può e vuole, di continuare a partecipare al dibattito che svolgiamo qui, per il quale il contributo che viene da persone come Lei è davvero prezioso.

Felice Lima

Carlo Verdi ha detto...

Gentile dott. Lima,
le sue parole le fanno onore e dimostrano che il successo del suo blog è ampiamente meritato.
La ringrazio per la franchezza ed il coraggio di dire anche cose spiacevoli.
Mi consentirà di osservare, però, che non basta riconoscere in astratto che la impunità dei giudici che sbagliano è una distorsione del sistema e che è ingiusto non aprire indagini sulle modalità di assegnazione degli incarichi all'interno della magistratura.
Basta osservare che le sole "voci" su operazioni strane relative al passaggio di senatori dalla maggioranza all'opposizione hanno rapidamente prodotto i risultati che sappiamo.
Bene.
Ma allora non si può accettare che le voci sulla spartizione degli incarichi all'interno della magistratura si rincorrano da anni senza che accada nulla.
Questà non è solo impunità: è una triste consapevolezza che mina alla base la fiducia nella giustizia.
E mi viene in mente l'aneddoto citato dal Calamandrei nell'elogio dei giudici, quando riferisce ironicamente all'angoscia dell'imputato che vede il Crocifisso campeggiare nell'aula di giusitzia: il simbolo del più clamoroso processo ingiusto della storia dell'umanità non è certo un auspicio incoraggiante!
Certo il Crocifisso simboleggia anche l'umanità, l'umiltà ed i valori cristiani che, invece, promettono di cambiare il mondo.
Ma, purtroppo, le cattive abitudini di una categoria che non riesce a fare pulizia al suo interno (ferma restando l'onesta è la serietà di tanti, sia chiaro)lasciano i cittadini con l'amaro in bocca e uccidono la speranza.
Un'ultima domanda: mi piacerebbe conoscere la sua opinione sul caso Tortora che - per me - è la riprova di quanto la giustizia possa essere ingiusta ed i giudici che sbagliano rimanere impuniti.
Una ferita profonda che brucia ancora nel cuore dlla società civile e che non è mai vano ricordare, sempre.
Cordialmente

Carlo Verdi

Anonimo ha detto...

Caro Carlo Verdi
il processo Tortora io l'ho visto da dentro casa delle sue figlie Silvia e Gaia.
Ovviamente poi ho cercato di guardarlo da molti altri punti di vista, ivi compresa la lettura quasi integrale degli atti processuali.
Dunque non è per spegnere il dibattito sul punto che intervengo ma, mi creda, ha ragione Felice Lima quando dice che affrontare questo argomento richiederebbe tante precisazioni.
Sarebbe molto interessante, sicuramente, discutere di questo e di altri processi, ma servirebbe uno spazio "straordinario" per poterlo fare adeguatamente.
Sinceramente non so se sia questa la sede opportuna, in ogni caso non mi tirerei indietro, ma quella vicenda (che ovviamente non è soltanto giudiziaria) ad oggi resta ancora un nervo scoperto per l'intera società civile, e credo quindi che sarebbero tantissime le componenti sociali che pretenderebbero, a giusto titolo, di parteciparvi.
Come Felice Lima considero anche io estremamente prezioso un contributo critico e vigile quale il suo.
Spero di ritrovarla anche nei prossimi giorni.
Con vera cordialità

Andrea Falcetta

Anonimo ha detto...

L'avvocato Lipera ha paragonato il suo assistito, Bruno Contrada, a Socrate, scomodando il Critone di Platone. Espediente retorico già ampiamente usato da un altro celebre condannato a 9 anni per reati di mafia, Marcello Dell'Utri. Ieri Il Foglio paragonava la prigionia di Contrada a quella di Gramsci. Di fronte allo svuotamento di senso delle parole, come in 1984, dove la guerra diventa pace, pare superfluo ricordare che Socrate non era un servitore dello Stato colluso con i suoi nemici, nè che Gramsci non era imputato per delitti mafiosi. Tutti i commenti a questo post seguono una lettera di Salvatore Borsellino, a cui, dopo un po', si è smesso di rispondere. Io mi attengo ai fatti. Non cerco verità metafisiche. Ma alla verità processuale cerco, concretamente, di attenermi. La verità processuale, con sentenza della Cassazione c'è. L'imputato Contrada è stato definitivamente giudicato colpevole. Sta male? Paolo Borsellino stava benissimo. Ed è morto. Assassinato. Il dottor Contrada deve ancora spiegare molte cose su quel castello e su quella telefonata del 19 luglio 1992. Ripeto: Paolo è stato assassinato.Non può invocare il suo corpo straziato per chiedere pietà. E sulla salute malferma di Contrada deciderà il tribunale. Posso dire che mi vergogno della fretta usata per un imputato ancora temuto e forse in grado di esercitare pressioni.

Anonimo ha detto...

CAINO E ABELE NON DEVONO MAI ESSERE UGUALI
Mastella sta valutando la possibilità di concedere la grazia a Bruno Contrada, l’ex dirigente del SISDE condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un atto dovuto, sostiene il Guardasigilli, e subito si scatena la giusta disapprovazione dei familiari delle vittime della Mafia. Lo Stato non deve usare la pietà per i reati di Mafia, specialmente se commessi da chi doveva difendere gli interessi del Paese ed ha, invece, preferito passare dall'altra parte della barricata.
L'Italia, in questi ultimi anni, è stata protagonista di una grande campagna di civiltà per la moratoria universale della pena di morte denominata"Nessuno tocchi Caino", ma in Italia qualcuno deve avere capito che si trattava di un'altra cosa! - La grazia a Contrada è uno schiaffo pubblico a tutte le vittime della Mafia e al faticoso divenire dei tanti familiari che spesso si sentono, a giusta ragione, abbandonati dallo Stato. Tutta l'umana considerazione per la salute di chiunque e in casi particolari ci sono altri strumenti Normativi che possono permettere la scarcerazione per gravi motivi di salute, ma ACCIDENTI! LA GRAZIA NO'! - E se la prostata, il diabete o il cuore di tanti mafiosi peggiorassero all'improvviso sarebbe UN ATTO DOVUTO concedere la grazia ai vari Brusca, Riina, Provenzano? - Siamo costernati di fronte all'offesa che si arreca, con questo provvedimento, alla MEMORIA di tanti servitori dello Stato e di tanti cittadini che non si sono voluti piegare alla logica perversa della criminalità.
Cosa vuol dire, caro Ministro Mastella, la GRAZIA!!! - Non basterebbe concedere a CAINO gli arresti domiciliari? E' mai possibile che non ci lasciate respirare un solo giorno in piena tranquillità? E' mai possibile che quando decidete di "pensare" in grande, partorite solo cavolate?

Anonimo ha detto...

Qualche informazione sulle iniziative dell'avvocato Lipera:

"Ancor piú inquietanti gli scenari tracciati da Tescaroli nella requisitoria
pronunciata nel 1999 dinanzi alla Corte di assise d’appello di Caltanissetta,
nel secondo processo ai killer di via D’Amelio (per chi la volesse leggere
integralmente: 'Perché fu ucciso Giovanni Falcone' di Luca Tescaroli, Soveria
Mannelli, Rubettino, 2000).
(...)
«La linea di attacco ordita dal 1991 non mirava a produrre una rottura fine a
se stessa, ma a una cesura protesa alla creazione di nuovi equilibri e alleanze
con nuovi referenti politico-istituzionali-finanziari: una frattura costruttiva
oggettivamente agevolata dal fiorire, all’inizio degli anni ’90, di una serie
di iniziative politiche, riconducibili in gran parte alla massoneria deviata o
all’estremismo politico di destra, e caratterizzate, tra l’altro, dal sorgere
di piccoli movimenti con vocazione separatista in piú punti del territorio
nazionale: le Leghe Italiane Pugliese, Meridionale-Centro-Sud-Isole, Molisana,
Marchigiana, degli Italiani, Sarda, La Lega delle leghe, quella Nazional
Popolare, Sud della Calabria, Toscana, Laziale, Sicilia Libera (che veniva
fondata il 28 ottobre 1993, a Catania, da Antonino Strano, poi divenuto
assessore regionale di An per il Turismo e lo Sport, nonché dall’avv. Giuseppe
Lipera e da Gaspare Di Paola, dirigente del gruppo imprenditoriale
riconducibile ai fratelli Costanzo), Sicilia Libera nell’Italia Libera ed
Europea (che veniva fondata in data 8 ottobre 1993, a Palermo, presso lo studio
del notaio Salvatore Li Puma, residente in Corleone, da Tullio Cannella, da
Vincenzo Edoardo La Bua, e da altri, e che avrebbe dovuto avere come referente,
nella provincia di Trapani, Gioacchino Sciacca), ecc."
(Elio Veltri, Marco Travaglio, "L'odore dei soldi", Editori Riuniti, Roma,
2001, pagg. 52 e 53)