lunedì 3 dicembre 2007

Le conseguenze dell'azione diciplinare contro Clementina Forleo


di Stefania Barbagallo
(Sostituto Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale per i Minorenni di Catania)


E’ ormai confermata la notizia che il procuratore Generale della Cassazione ha esercitato l’azione disciplinare nei confronti del G.I.P. di Milano Clementina Forleo, giudice ormai divenuto assai noto per diverse e svariate vicende.

I comportamenti della collega Forleo che secondo il Procuratore Generale sarebbero censurabili e che lo avrebbero determinato per la loro gravità all’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti della stessa, sarebbero, secondo le notizie apprese dalla stampa, vari , ma tra questi ve ne è uno che, a mio parere, merita più attenzione.

Si tratta dell’utilizzo da parte della collega Clementina Forleo di espressioni asseritamente non opportune nella richiesta di utilizzazione di alcune intercettazioni telefoniche che vedono coinvolti, fra gli altri, i parlamentari D’alema e Fassino e relative ad alcune scalate bancarie.

A mio parere, quello che per i media è ormai diventato “il caso Forleo” - mentre fino a poco tempo fa era “il caso Unipol” - è piuttosto complesso, perché in esso si intrecciano piani di valutazione diversi, che sono stati sovrapposti e confusi e che invece andrebbero distinti con chiarezza.

Nel valutare la vicenda che vede coinvolta la collega Forleo, si dovrebbe, innanzitutto, scindere, o meglio prescindere, dalla questione personale, di cui però tanto i giornali si sono occupati, relativa alla personalità della stessa, quasi che a dovere essere giudicato non dovesse essere il suo operato come magistrato, ma il suo modo di essere come persona (la si è incolpata persino di essersi abbandonata alle lacrime davanti alle telecamere, che, peraltro la seguono, a volte suo malgrado, ovunque).

Premesso che non conosco personalmente la collega Forleo, sotto questo profilo - che davvero ha ben poca se non nessuna importanza - vorrei solo evidenziare, per coloro a cui la cosa fosse sfuggita, una cosa che a me ha colpito molto e che mi ha fatto rivedere alcuni suoi comportamenti sotto una luce diversa: dopo che la stessa ha cominciato, per dovere d’ufficio, a occuparsi delle indagini relative al caso Unipol è stata destinataria di minacce anonime di morte per sé e i propri familiari e in particolare per i propri genitori, che fatalmente non molto tempo dopo sono deceduti a seguito in un incidente stradale. Sicuramente una fatalità, ma di quelle certamente che ti segnano profondamente, se a ciò si aggiunge anche solo un flebile dubbio che tutto ciò possa essere accaduto in conseguenza dello svolgimento del proprio dovere d’ufficio.

Ma ribadisco la questione se la collega Forleo ci stia simpatica o meno non ci dovrebbe interessare e dalla stessa dobbiamo prescindere nel valutare il suo lavoro, nonché l’operato di altri soggetti istituzionali intervenuti nella vicenda a vario titolo.

Clementina Forleo potrebbe essere il giudice più antipatico del mondo – io credo di averne comunque conosciuti di peggio – ma non è questo il punto cruciale, bensì se il suo operato professionale sia stato talmente carente e lacunoso da giustificare l’esercizio dell’azione disciplinare nei suoi confronti.

Sotto questo profilo è assolutamente necessaria una premessa, per i non addetti ai lavori, ovvero che l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di un magistrato, a differenza dell’esercizio dell’azione penale, non è obbligatoria, bensì discrezionale.

Ciò significa che nell’affrontare la vicenda relativa alla collega Forleo due sono i piani di valutazioni sui quali si deve riflettere.

Il primo è se effettivamente la stessa abbia tenuto un comportamento talmente grave e negligente da giustificare l’esercizio nei suoi confronti dell’azione disciplinare.

Il secondo è se era opportuno o meno l’esercizio in questo caso dell’azione disciplinare (opportunità che, a mio davvero modesto, avviso andrebbe motivata da chi esercita l’azione disciplinare, al fine di evitare che la discrezionalità si trasformi in mero arbitrio, ma tale motivazione non è prevista dalla legge).

Sotto il profilo della legittimità dell’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti della collega Forleo, è difficile esprimere compiutamente un giudizio complessivo su una vicende molto articolata e della quale sarebbe effettivamente necessario conoscere bene tutti gli atti. Ciò nonostante, sulla base delle informazioni acquisite dai media e mai smentite, mi sembra possibile fare alcune osservazioni.

La vicenda in estrema sintesi è questa.

La collega è stata investita dalla procura di Milano della richiesta di utilizzazione delle intercettazioni “incriminate”; visto che tali intercettazioni riguardavano soggetti che attualmente rivestono il ruolo di Parlamentari, la collega Forleo ha avanzato al Parlamento la richiesta di autorizzazione all’utilizzo delle stesse; tale autorizzazione è subordinata per legge alla rilevanza penale delle intercettazioni stesse e quindi la collega non poteva non indicare le ragioni per cui le ritenesse rilevanti, pena il rigetto della richiesta stessa; ciò di cui si discute è l’espressione “complicità” dalla stessa utilizzata per motivare tale rilevanza e per definire il tipo di coinvolgimento dei parlamentari intercettati in attività asseritamente illecite che risulterebbero contestate ad altri già iscritti nel registro delle notizie di reato.

E’ incontestato che, a seguito dell’istanza, proveniente dalla procura di Milano, di dichiarare utilizzabili quelle intercettazioni, la richiesta della collega Forleo al Parlamento fosse per la stessa un atto dovuto.

Altrettanto incontestato è che l’utilizzazione richiesta non poteva non avere come presupposto la rilevanza penale delle suddette intercettazioni nel procedimento in corso ovvero di un eventuale ulteriore procedimento a carico dei parlamentari intercettati, la cui iscrizione nel registro delle notizie di reato avrebbe potuto essere valutata dalla Procura sulla base di quelle intercettazioni, una vota dichiarate utilizzabili, e di altri elementi, allo stato coperti dal segreto di indagine.

Tutto ciò premesso, ovvero che l’atto incriminato della collega Forleo era non solo legittimo ma dovuto, anche sotto il profilo della necessaria motivazione di merito, a me sembra davvero pericoloso per l’indipendenza e l’autonomia di tutta la magistratura che si discuta, ai fini dell’applicazione di una sanzione disciplinare, del contenuto di provvedimenti che rappresentano l’esercizio dell’attività propria del giudice, anzi della forma utilizzata per esprimere un concetto di merito la cui correttezza non è mai stata da alcuno messa in discussione, neanche dai soggetti interessati.

Quanto al profilo dell’opportunità di esercizio dell’azione disciplinare nei confronti della collega - che a me in tutta onestà pare sia stata conseguenza del clamore mediatico sollevato della sua partecipazione alla trasmissione Anno Zero di Michele Santoro in cui si dibatteva della diversa vicenda riguardante l’avocazione da parte del Procuratore Generale di Catanzaro dell’inchiesta Why Not di cui era titolare il P.M. De Magistris - mi sembra che l’intervento del Procuratore Generale della Cassazione abbia almeno tre gravi risvolti negativi, sicuramente non intenzionali ma non per questo meno allarmanti.

Una prima conseguenza, a mio modo di vedere, è l’indebolimento rispetto all’opinione pubblica e al potere politico, della collega Forleo e, tramite la stessa, di tutta la magistratura, che in questa vicenda è dalla stessa rappresentata.

Una magistratura forte, che vuole dimostrare a se stessa e all’opinione pubblica di riuscire a portare a termine i propri compiti di giustizia in posizione di indipendenza rispetto al potere politico, in una vicenda tanto delicata che coinvolge importanti esponenti del mondo politico, forse avrebbe dovuto sostenere pubblicamente la collega Forleo, e non isolarla e indebolirla, almeno fino a quando la stessa si occupava del caso - ancora per poco, visto che tra breve a seguito delle determinazioni della Procura circa l’esercizio o meno dell’azione penale nei confronti dei parlamentari in questione, la vicenda sarebbe passata nelle mani del G.U.P. e la collega Forleo non avrebbe dovuto avere più alcun ruolo nell’ambito della stessa – o meglio fino a che non si era definitivamente chiarita la posizione dei politici coinvolti nelle annose vicende delle scalate bancarie.

Un secondo, e davvero allarmate, risvolto dell’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di una collega che si è imbattuta, nell’esercizio delle proprie funzioni, in un indagine che vede coinvolti politici e poteri forti, è costituito dal fatto che tale atto del procuratore generale potrebbe rappresentare un monito nei confronti di tanti, giovani e meno giovani, colleghi – ricordiamoci che i magistrati sono pur sempre uomini con le loro paure e debolezze - che imbattendosi nei c.d. “poteri forti” potrebbero essere tentati dall’essere un po’ distratti nel valutare la posizione dei potenti di turno (sembra sempre di grande attualità il motto di Mao Tse-Tung “colpirne uno per educarne cento”).

Infine, ulteriore gravissima conseguenza dell’avvio dell’azione disciplinare nei confronti della collega Forleo è quella di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalla questione di merito relativa alla natura del coinvolgimento dei parlamentari nella vicenda Unipol, con un meccanismo, politicamente ormai ampiamente sfruttato e ben descritto dall’ex Procuratore Francesco Saverio Borrelli nell’intervista a La Repubblica che si può leggere anche in questo blog, secondo il quale “se qualcuno indica la luna, il metodo per distrarre l´opinione pubblica è quello di focalizzare l´attenzione sul dito”.


11 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi colpiscono le dichiarazioni del membro laico del CSM, Letizia Vacca,nominata dal PDCI, ai giornalisti, questa sera.
«Lo spirito che ci muove - puntualizza la vice presidente - non è certo persecutorio nei confronti di Forleo.Il nostro problema è riportare la serenità negli uffici giudiziari di Milano». Lo spirito non sarà persecutorio, ma l'effetto lo è.E ancora:«Credo che sia necessario che emerga che sono cattivi magistrati, e non perchè fanno i nomi dei politici». No? E perchè? Questo artificio retorico lo chiamerei "excusatio non petita, accusatio manifesta", tanto per usare il latino che la dott.ssa Vacca conosce bene, visto che si è occupata di diritto romano come docente universitaria, non è mai stata magistrato, nè si è occupata di penale. Forse giudica il buon magistrato secondo le pandette del Corpus juris civilis o ha in mente Cicerone. "Quousque tandem Clementina abuteris patientia mea?".
Ma la Vacca continua ad esternare con i giornalisti (ma il buon magistrato non è quello che parla solo con le sentenze?...):«Dire 'ho fatto il nome di D'Alema e per questo mi perseguitanò, non è un sillogismo che può valere. Questa non è una magistratura seria - incalza Vacca -, e questi comportamenti sono devastanti. I magistrati devono fare le inchieste e non gli eroi». Ma la signora non ha finito. Le chiedono se ciò vale anche per De Magistris e lei risponde di sì. Toh, ma che c'entra adesso De Magistris?
Il sillogismo, com'è noto, consiste nel ricavare una proposizione da due precedenti, accettate come vere. Si tratta di deduzione, non d'induzione dai fatti accertati empiricamente.
Forse il buon sillogismo che ha guidato la vice Presidente è un preconcetto, un pre-giudizio. Su entrambi i magistrati. Le premesse principali del suo sillogismo.
Bacone ha fatto a pezzi la logica aristotelica e chiamava "idola" i pregiudizi. Era il 600, molto, molto dopo la storia dell'antica Roma.

Anonimo ha detto...

Voglio esprimere un sentito rin =graziamento alla Dott.sa Barabagallo
per le informazioni di carattere tecnico ,la capacità d'analisi,
la chiarezza d'esposizione del Suo intervento.

Anonimo ha detto...

Mi sembra evidente che la Vacca dovrà astenersi ove mai fosse chiamata a comporre la Sezione Dsciplinare del CSM che dovrà giudicare uno dei due "cattivi".

Anonimo ha detto...

Da Il Giornale di oggi :

«Il nostro problema - dice tagliente Vacca - è riportare la serenità negli uffici di Milano. Non possiamo preoccuparci dell’impatto che la nostra decisione avrà. A noi non interessa il merito, ma capire la situazione. Il comportamento del gip è devastante per la magistratura». E, ancora assimilandola a De Magistris: «Si tratta di figure negative».

Cio' conferma quanto appena detto dagli altri frenquentatori del blog.
O in questi casi c'e' una sospensione delle regole democratiche?
E poi chiedo, se e' devastante il comportamento di questo GIp, quale aggetivo dovremo usare per definire il comportamento di quei magistrati
-che fanno feste nelle tenute di indagati per mafia,
-che incassano assegni coperti da proventi di truffe all'AIMA,
-che prendono merce nei negozi senza pagare,
-che incontrano nella piazza del paese parenti di notori
mafiosi,
-che sono stati scoperti a passare notizie alla 'ndrangheta,
-che falsificano gli atti per sfuggire alle punizioni,
-che lasciano nei cassetti denunce gravissime su fatti di interesse rilevante per la collettivita', ma riguardanti personaggi di peso,
-che rivelano agli indagati i passi del loro ufficio,
-che "consigliano" avvocati ed iniziative,
-che tentano di farsi pagare decisioni favorevoli (uno e' stato condannato per questo giusto qualche settimana fa nel silenzio dei media),
-che caldeggiano assunzioni ed incarichi,
-che cercano di condizionare il lavoro di colleghi piu' giovani,
questi qui come li definiamo?
Negli scorsi mesi sul silenzioso sottobosco di tanta magistratura cattiva, questa si', si e' squarciato un velo sul quale NESSUNA PAROLA di decenza - ne' di smentita, per la verita'- e' provenuta dal CSM!
E si tratta di magistrati che sono tutti regolarmente ai rispettivi posti, alcuni di dirigenza.
Alla fine verra' da dire : ma che si va a fare in Tribunale?

Gennaro Giugliano ha detto...

Buongiorno a tutta la redazione,già sapete il mio pensiero sia sul CSM che su ANM questa decisione è solo l'ennesima conseguenza di quel mio pensiero e cioè che sono organi che vanno totalmente aggiornati e rivisti,mi rendo conto che a fronte di un pool di pochi valorosi combattenti ( in senso buono del termine) tutta una categoria possa essere messa in discussione,penso non abbiate dimenticato il caso de magistris,la sostanza è questa in questo paese non si possono fare le cose in maniera corretta e legale in quanto i primi ad essere corrotti ( e speriamo che questa deleteria situazione abbia fine al piu presto) sono coloro che ci governano,scusate ma se il pesce puzza dalla testa ( tutte le istituzioni a Roma) con tutti i partecipanti di cui personalmente salvo solo Antonio Di Pietro che speranza di legalità e correttezza desideriamo avere ? Apprestiamoci mestamente a vedere tra qualche giorno la fine di un altro valoroso combattente che si chiama Luigi De Magistris,con il bellissimo contributo dei suoi non colleghi del CSM

Unknown ha detto...

Stile Italiano

Spero di aver trovato lo spazio giusto in cui commentare un fatto di oggi che mi tormenta.

Si parla del Giudice per le Indagini Preliminari Clementina Forleo.

Bene, il CSM ha detto che a causa dei suoi comportamenti e delle sue dichiarazioni si è venuta a creare una situazione da separati in casa con gli altri togati milanesi, e che a causa di questa sopraggiunta incompatibilità ambientale la signora Forleo debba essere trasferita d'ufficio.

A me sembra che questa sia la tipica soluzione in STILE ITALIANO: nè carne, nè pesce.

Se la Forleo si è veramente comportata male, travalicando le sue mansioni e mettendo in cattiva luce gli altri magistrati di Milano, allora come è possibile che si permetta ad una siffatta persona di giudicare - ancora - se vi sono gli estremi per un procedimento penale o civile?

In un mondo ideale ci si aspetterebbe che un giudice che sbaglia in modo così grave venga semplicemente radiato dalla magistratura. Alla fine ci sono molti mestieri che un giurista può fare oltre al giudice, a partire dal consulente aziendale.

Come al solito le cose in Italia si fanno a metà: lei ha sbagliato ma non così tanto, mi sembra ancora di sentire la mia professoressa di storia dell'arte quando mi dava 6 - - -, ma non poteva semplicemente darmi 5 e dirmi che ero un fannullone?

Bè signori secondo me la Forleo ha detto cose che non si dovevano nemmeno pensare e il politicamente colluso (oh mio dio, spero di non aver commesso un reato...) CSM ha pensato bene di darle un 6 - - -.

Per concludere, credo che al nostro paese serva un legame più diretto e più trasparente fra errori e punizioni: se Clementina ha sbagliato paghi, se non ha sbagliato lei qualche altro signore dovrebbe pagare. Anche se onestamente sembra che a questi signori non arrivino mai gli estratti conta della carta del credito nei confronti dei cittadini...

Anonimo ha detto...

Gentile Dr.ssa Barbagallo,
poche notazioni a margine del Suo intervento che condivido pienamente nel merito, pur nella consapevolezza che ciò possa attirarmi il risentimento di qualcuno, soprattutto tra gli avvocati.
Mi stupisco in primo luogo del fatto che si debba sottolineare (ma evidentemente il comportamento di alcuni lo ha reso necessario) l'assoluta mancanza di rilievo della maggiore o minore simpatia della persona fisica che ricopre la funzione di giudice : in primo luogo perchè quando ci si trova in sedi formali è evidente che il giudice rappresenta un ufficio e non se stesso, in secondo luogo perchè comunque, anche se qualcuno immagina il contrario, ad un giudice non si richiede di essere simpatico ma solo di fare il suo dovere "in scienza e coscienza", così come eguale serietà si richiede a ciascuno di noi altri.
In secondo luogo ritengo utile sottolineare che io personalmente ho tante volte anche duramente e pubblicamente criticato sentenze o provvedimenti giurisdizionali (e continuerò a farlo ogni qual volta lo riterrò giusto), e che inoltre, in termini più generali, ho spesso anche criticato taluni atteggiamenti culturali ora di questa ora di quella componente della magistratura organizzata.
La mia storia personale insegna che non ho mai avuto peli sulla lingua e che tantomeno sono mai stato avvezzo, a differenza di tanti altri, a ricercare consenso a buon mercato, anzi troppo spesso mi sono ritrovato isolato a causa delle opinioni espresse e delle posizioni assunte pubblicamente : mi limito qui a sottolineare che sono stato io l'ideatore ed il materiale estensore del testo dell'art. 30 bis del codice di procedura civile (argomento scomodo quello della competenza per i processi civili in cui sia parte un magistrato) , così come sono stato io a scrivere alcuni degli ultimi referendum proposti dai radicali in tema di giustizia, ad esempio quello per l'abolizione dei termini ordinatori nel processo civile.
Proprio per questo, dunque, credo di meritare giusta attenzione se dico che nella vicenda Forleo non rinvengo, "in scienza e coscienza", alcun tipo di censura da addebitare al giudice.
Per richiedere al Parlamento l'autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni telefoniche, infatti, era non solo opportuno, ma addirittura doveroso, evidenziare la possibile rilevanza penale delle conversazioni trascritte, e dunque "incriminare" la Dr.ssa Forleo per avere usato il termine "complicità", o dire che per questa ragione quel giudice avrebbe posto in essere un comportamento "devastante", mi pare una vera forzatura, almeno per il codice che io conosco e pratico da 18 anni con risultati che non ho ho timore di definire incoraggianti, visto che il riconoscimento non viene da me ma dalle sentenze che i tribunali emettono dopo avere letto i miei ricorsi.
Ovviamente ben potrebbe essere che in 18 anni io in realtà non abbia mai imparato nulla, e magari qualcuno potrebbe consigliarmi di tornare sui libri.
Prima di tornare sui banchi a fare ripetizione, tuttavia, gradirei qui riportare le stesse notazioni che ho già esposto in altro post di questo stesso blog rispondendo al mio collega Fabio Lattanzi : ho scritto, e qui ripeto ancora, che se la legge assegna all'avvocato il diritto-dovere di esprimere senza rischio di sanzione penale le proprie convinzioni negli scritti e nei discorsi difensivi, ciò lo si deve a mio parere ad una naturale e corretta estensione del principio secondo cui l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere costituiscono una scriminante.
Da tale principio discendono, sempre a mio modestissimo parere, non soltanto l'art. 51 c.p. ma anche, ad esempio, l'art. 68 Cost. (traduco per i non addetti ai lavori : quando fai o dici qualcosa per esercitare un diritto o adempiere un dovere non ti si può addebitare una condotta antigiuridica).
Per me le arringhe dei difensori rientrano esattamente nel principio sopra descritto allo stesso identico modo delle motivazioni di un giudicante e della requisitoria di un pubblico ministero, e dunque un giudice che in un atto come quello della Forleo ipotizza delle "complicità" sta facendo null'altro che il suo dovere, e resta anch'esso dunque esente da sanzione giuridica, sia essa penale, che civile o disciplinare.
Quanto poi alla questione dell'avvenuta diffusione delle intercettazioni "incriminate", vale la pena di sottolineare un fatto che qui a molti è sfuggito, e cioè che allorquando venne il momento di consentire ai difensori di estrarne copia, il GIP Forleo tentò di apprestare un meccanismo tale da impedire che si potessero verificare fughe di notizie.
La fuga di notizie ci fu ugualmente, e dunque anche sulla questione del segreto d'ufficio forse si dovrebbe avere il buon gusto di smetterla di additare sempre e soltanto ignoti personaggi delle procure della repubblica quali unici responsabili.
A chiusura di questo mio commento vorrei infine aggiungere che non conosco personalmente la Dr.ssa Forleo, dunque non ho per lei nè "simpatia" nè "antipatia", le convinzioni che ho qui espresso non sono quindi "viziate" da alcun preconcetto nè in senso favorevole nè sfavorevole.
Ed in senso più generale (cioè senza riferimento alla persona della Dr.ssa Forleo), vorrei in ultimo sottolineare che generalmente, nel mio lavoro, non spero mai di trovare un giudice "simpatico" : quel che invece esigo è di trovare un giudice che sia preparato e che a sua volta non abbia nè simpatie nè antipatie : si chiama imparzialità.
Noi tutti predichiamo tanto, e giustamente, il valore dell'imparzialità, ma poi spesso dimentichiamo che per onorare tale valore dobbiamo tutti, indistintamente, esaminare e valutare i fatti ed i comportamenti, e non le persone.
Ed in questo caso, a mio parere, il GIP Forleo ha fatto quel che le era richiesto dai suoi doveri : ha fatto il giudice.
Niente di più e niente di meno che il Giudice.

Cordialmente

Andrea Falcetta

Gennaro Giugliano ha detto...

la legge sulla privacy va abolita del tutto,in quanto dietro questa finta legge la trasparenza dei movimenti dei politici e delle più alte cariche dello Stato viene utilizzata in modo illegale e improprio,una legge fatta apposta per il lascia passare alla corruzione e delinquenza con giacca e cravatta ed in un paese civile è inammissibile

Anonimo ha detto...

Mi scuso prima di tutto per la sintassi disordinata del mio precedente post : questo blog mi ha "risucchiato", come ho già scritto in precedenza a Stefano Racheli, e dunque quando sono qui a riflettere insieme a tutti voi lo faccio scrivendo deliberatamente e felicemente di getto, senza badare troppo alla forma, sicuro che quel che interessa anche i cittadini che ci leggono sia la sostanza, una sostanza il più lontano possibile dall'avvocatese o dal giuridichese.
Ho scritto neanche mezzora fa, ma ne sento nuovamente l'esigenza : in questo tempo che è intercorso è accaduto che sono andato a pranzo ma per una volta ho colpevolmente omesso di ascoltare i racconti scolastici dei miei due figli, perchè il TG3 ha catturato ogni mia attenzione, c'era una notizia, ed è una notizia grave.
Il CSM ha aperto la procedura di trasferimento per il GIP Forleo, per incompatibilità ambientale.
Ometto ogni considerazione giuridica, a beneficio di chi non pratica la giurisprudenza ma solo il buon senso.
Una persona che sia "incompatibile" per l'ambiente in cui vive dovrebbe secondo la comune percezione essere del tutto inadatta alla convivenza sociale, o comunque alle regole dell'ambiente in questione.
La Dr.ssa Forleo è un giudice ed appartiene ad un "ambiente" che è il tribunale di Milano.
Il tribunale di Milano è un ufficio giudiziario, e dunque la sola ed unica regola di "compatibilità ambientale" deve essere il rispetto della legge.
Credo dunque che se il CSM ritiene la Forleo incompatibile con il suo "ambiente" (cioè con il tribunale di Milano), delle due l'una : o il giudice Forleo non è "compatibile" con il rispetto della legge (ed in tal caso non avrebbe senso trasferirla da Milano ad altro Ufficio, giacchè la legge italiana vale in tutti i tribunali del nostro paese, di modo che la Dr.ssa Forleo sarebbe comunque "incompatibile" in qualsiasi tribunale della Repubblica), oppure, e per contrario paradosso, l'intero tribunale di Milano sarebbe "incompatibile" con un singolo magistrato che osserva ed applica correttamente la legge.
Ovviamente c'è una terza opzione, ed è quella per la quale io personalmente propendo : tanto la Forleo che il tribunale di Milano sono "compatibili" con la legge, e dunque chi la vorrebbe vedere collocata in altro ruolo sbaglia.
Ed in quest'ultimo caso, che ritengo assai più verosimile, vale lo stesso principio, ovvero delle due l'una : o chi sbaglia lo fa in buona fede perchè non conosce la legge, oppure, e di contro, chi sbaglia lo fa sapendo di sbagliare.
Non so sinceramente se in questo secondo paradosso esista la terza opzione.
Giudicate voi che leggete.
Io mi limito a ribadire che l'avvocato lo so fare, e che quando parlo, anche se può sembrare il contrario, in realtà ho ben misurate le parole in vista di una possibile querela.
Cordialmente, per tutte le donne e uomini di buona volontà

Andrea Falcetta

Anonimo ha detto...

Guardando la "luna" e leggendo qua e là da persona qualunque e non addetta ai lavori rilevo:
Milano 4 dic.(APCOM9 su internet:
Forleo/GIP Milano divisi,ma molta solidarietà - punto.
......documentazione Ufficio Studi Parlamento Europeo: In casi simili Strasburgo non ha concesso l'immunità perchè non si occupa di chi è stato deputato europeo e non lo è più.
Su Italia Oggi 5 dicembre F.Bechis
D'Ambrosio pranzò con i PM di UNIPOL
Conclude l'articolo (interessante)
Veri i pranzi del senatore D'Ambrosio con gli ex colleghi proprio mentre il Senato doveva prendere decisioni rilevanti sulle autorizzazioni a procedere per il caso Unipol?Vera l'intenzione dei pm di compiere atti giudiziari poi abbandonati proprio dopo quel pranzo?Non è dando un calcio nel sedere alla Forleo che si potrà chiudere un caso così...
Ancora sul Corriere della Sera 5 dicembre
Colpita la GIP per educarne altri cento (Mantovano)
Poi leggo su Guida al Diritto:
Sent: Corte Costituzionale 19-23 novembre 2007 Relatore Flick
I commi 2,5,e 6 dell'art.6 della legge n.140 del 2003vanno dichiarati costituzionalmente illegittimi nella parte in cui stabiliscono che la disciplina ivi prevista si applichi anche nei casi in cui le intercettazioni debbano essere utilizzate nei confronti di soggetti diversi dal membro del Parlamento le cui conversazioni o comunicazioni sono state intercettate.
La declaratoria di illegittimità costituzionale comporta che l'autorità giudiziaria non debba munirsi dell'autorizzazione della Camera, qualora intenda utilizzare le intercettazioni solo nei confronti dei terzi.Invece, qualora si voglia far uso delle intercettazioni sia nei confronti dei terzi che del parlamentare,il diniego dell'autorizzazione non comporterà l'obbligo di distruggere la documentazione delle intercettazioni, la quale rimarrà utilizzabile limitatamente ai terzi. PQM ....
Quindi mi chiedo adesso che fine fa il procedimento UNIPOL . Degli indagati c'erano mi sembra.
Fra l'altro sembre sul Corriere: circa l'altra scalata Antonveneta si legge:
Parte dei soldi della fallita scalata ad Antonveneta, sequestrati dal gip di Milano Clementina Forleo a Giampiero Fiorani serviranno alla costruzione di 7000 asili nido.
Ma questa è un'altra storia.
Mi chiedo se tante parole scritte, lette,comprese o no hanno più un senso in Italia.

Anonimo ha detto...

Vorrei fare una precisazione, che in questa materia è utile, relativa a quanto scritto in questo post dal magistrato Stefania Barbagallo
(Sostituto Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale per i Minorenni di Catania).
A differenza da quanto lei affermato, l'azione disciplinare è obbligatoria per il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. L'art.14 del d.Lgs.109/2006 così recita testualmente:"3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare, dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini, al Procuratore generale." Grazie e a presto